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MANAGEMENT POST-OPERATORIO

3. MATERIALI E METOD

Per la stesura di questo lavoro sono stati analizzati una serie di pazienti con carcinoma ovarico utilizzando il database della Ginecologia Oncologica Universitaria dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP), in un periodo compreso tra Gennaio 2001 e Dicembre 2014. In tale ambito sono stati scelti i pazienti sottoposti ad intervento di resezione del retto-sigma associato a isteroannessiectomia bilaterale (chirurgia primaria) o isolato (secondo intervento per pazienti già isterectomizzate con recidiva pelvica). Gli interventi sono stati effettuati dai ginecologi della Unità Operativa Universitaria di Ostetricia e Ginecologia in cooperazione con una equipe della Chirurgia Generale dell’Università di Pisa. Sono state così individuate 43 pazienti. I dati d'interesse sono stati ricavati da cartelle cliniche, note cliniche ambulatoriali, programma Sirio, programma Facile.it, registro degli interventi programma Ormaweb e referti anatomo-patologici.

Per ogni paziente sono stati registrati età e BMI. E' stato inoltre acquisito il livello di rischio attribuito ad ogni paziente al momento dell'intervento secondo la classificazione della American Society of Anesthesiology (classificazione ASA). In base a tale classificazione, che valuta in maniera integrata il performance-status e le comorbidità, vengono identificate cinque classi che definiscono livelli di rischio crescenti dalla I alla V

Tabella 5: Classificazione, accettata internazionalmente, che permette una categorizzazione dei pazienti in funzione della presenza o meno di alterazioni organiche o funzionali dell'organismo al momento del trattamento chirurgico ed anestesiologico. Si distinguono 5 Classi che definiscono livelli crescenti di rischio a partire dalla Classe I fino alla Classe V. La maggior parte dei pazienti si colloca nelle prime due Classi di rischio(I-II).

CLASSE DESCRIZIONE

I Nessuna alterazione organica, biochimica o psichiatrica.

II Malattia sistemica lieve o correlata o no alla ragione dell'intervento chirurgico.

III Malattia sistemica grave con prognosi severa che pregiudica la sopravvivenza indipendentemente dall'intervento chirurgico.

IV Malattia sistemica grave con prognosi severa che pregiudica la sopravvivenza indipendetemente dall'intervento chirurgico.

V Paziente moribondo che non sopravviverà nelle 24 ore successive, che viene sottoposto all'intervento chirurgico come ultima possibilità

E Ogni intervento chirurgico non dilazionabile e che non consente una completa valutazione del paziente e la correzione di ogni anomalia. La lettera E viene aggiunta alla corrispettiva classe ASA.

Il tipo istologico del tumore è stato riassunto in 4 categorie: sieroso, mucinoso, indifferenziato, altri. E' stata inoltre registrata la classificazione del tumore in base allo stadio FIGO ed al grado di differenziazione .

Per ogni paziente inclusa nello studio è stato valutato il timing chirurgico rispetto all'intervento di resezione intestinale: le pazienti sono state divise in due gruppi, il primo del quali comprende le persone sottoposte ad intervento di resezione retto-sigmoidea in concomitanza con l'intervento ginecologico, mentre il secondo include le pazienti sottoposte a chirurgia intestinale successivamente all'isteroannessiectomia.

wedge resection: in questo caso la chirurgia intestinale si era limitata ad una semplice resezione a cuneo di noduli presenti sulla parete del retto o del sigma. La scelta di evitare una chirurgia demolitiva è dettata dal riscontro durante l'esplorazione chirurgica di una sproporzione tra l'impegno neoplastico della parete intestinale e l'entità della demolizione viscerale.

Intervento di Hartmann: con tale procedura viene eseguita una sigmoidectomia allargata

alla porzione prossimale del retto, con colostomia terminale in fossa iliaca sinistra e chiusura e affondamento del moncone rettale subito al di sotto della riflessione peritoneale in modo da consentire comunque l‟asportazione del peritoneo del Douglas (Fig.10). A meno di controindicazioni, a distanza di 4-12 mesi le pazienti trattate con questa procedura venivano sottoposte ad un secondo intervento laparotomico per consentire un ''second look'' del cavo peritoneale e la chiusura della colostomia con ripristino della continuità intestinale mediante anastomosi colo-rettale.

La scelta di questo intervento era associata principalmente all'evidenza di una malattia pelvica molto estesa o alla presenza di fattori di rischio oncologici e generali che controindicavano una anastomosi immediata.

Intervento di resezione anteriore del retto-sigma: l'intervento ha previsto, in caso di

prima chirurgia, una resezione del retto-sigma in blocco con annessi, utero e peritoneo pelvico; in caso di seconda chirurgia, è stata eseguita invece l'asportazione del tratto intestinale con le aree di recidiva pelvica. Tutte le anastomosi sono state costruite sul retto extraperitoneale in modo da consentire l'asportazione del peritoneo del Douglas e l'utilizzo di una parte del retto sicuramente non coinvolta da neoplasia. La resezione intestinale “en- bloc” con gli organi riproduttivi ed il peritoneo pelvico (chirurgia primaria) è stata compiuta con un approccio retroperitoneale (Hudson - Delle Piane), come descritto precedentemente nell'introduzione. Il colon prossimale e il retto sottoperitoneale sono stati sezionati con suturatrice meccanica. La continuità intestinale è stata quindi ristabilita mediante anastomosi end-to-end secondo la tecnica di Knight –Griffen utilizzando una suturatrice circolare per via transanale (Fig11 A,B). Requisiti necessari per la costruzione dell‟anastomosi erano la buona vascolarizzazione del colon prossimale, l'assenza di tensione, la prova idropneumatica negativa e l'integrità degli anelli di sezione.

A B

In casi in cui si è ritenuto elevato il rischio di deiscenza anastomotica quali obesità, malnutrizione, ipotensione introperatoria, ridotte difese immunitarie, cospicuo sanguinamento intraoperatorio, è stata confezionata una ileostomia laterale di protezione.

I dati sono stati espressi come media (range) per le variabili continue, come numero (percentuale) per le variabili nominali. L’analisi statistica è stata realizzata utilizzando il test t di Student per dati non appaiati per le variabili numeriche e il Fischer’s exact test per le variabili nominali; è stato considerato significativo un p<0.05.

4. RISULTATI

Le caratteristiche dei pazienti sono riportate in Tabella 6. L'età media era di 62 anni (range 37-83), il BMI medio 25 (range 17-35). Oltre l'80% delle pazienti risultavano distribuite in proporzioni simili nelle classi ASA 2 e 3; solo 2 pazienti (4,65%) erano in classe ASA 1, e 3 pazienti (6,98%) risultavano in classe ASA 4. Il tipo istologico predominante era quello sieroso (20 pazienti, pari al 46,5%); 7 pazienti (16,3%) presentavano invece un carcinoma ovarico di tipo indifferenziato ed 1 paziente era affetta da un carcinoma di tipo mucinoso; l'ultimo gruppo (15 pazienti, pari al 34,9%) era costituito da tipi istologici diversi, specificati in tabella. Per quanto riguarda la stadiazione FIGO sono state riscontrate 5 pazienti (11,6%) in stadio IIIB (tumore limitato alla piccola pelvi, linfonodi negativi, con disseminazione alla superficie peritoneale non eccedente i 2 cm); 31 pazienti (72,1%) presentavano invece un tumore in stadio FIGO IIIC (metastasi addominali di diametro > 2 cm e/o linfonodi retroperitoneali o inguinali positivi); altre 7 pazienti (16,3%) si trovavano in stadio FIGO IV (presenza di metastasi a distanza. Versamento pleurico con citologia positiva. Metastasi epatiche parenchimali). Il grado di differenziazione della neoplasia è risultato G2 (moderatamente differenziato) in 12 pazienti (27,9%), e G3 (scarsamente differenziato) in 31 pazienti (72,1%).

Tabella 6: Caratteristiche della popolazione (N=43)

Media o numero (range o %)

Età (anni) 62 (37-83) BMI 25 (17-35) Classe ASA 1 2 (4,65) 2 20 (46,51) 3 18 (41,86) 4 3 (6,98) Tipo Istologico sieroso 20 (46,5) indiff. 7 (16,3) mucinoso 1 (2,3) altri* 15 (34,9) Grado differenziazione 2 12 (27,9) 3 31 (72,1) FIGO IIIB 5 (11,6) IIIC 31 (72,1) IV 7 (16,3)

Per quanto riguarda la strategia chirurgica di resezione intestinale (Tabella 7), 2 pazienti sono state sottoposte a wedge resection: la scelta è stata dettata dalla sproporzione tra l'interessamento neoplastico della parete intestinale e l'entità della demolizione viscerale. Nove pazienti (20,93%) sono state invece sottoposte ad intervento di Hartmann, di cui 7 come chirurgia primaria, per la presenza di una malattia pelvica estesa o di controindicazioni alla esecuzione di una anastomosi immediata. La riconversione con chiusura della stomia e ripristino della continuità intestinale mediante anastomosi colo- rettale è stata possibile per 6 pazienti (66,7%). Delle tre pazienti nelle quali non è stata eseguita la chiusura della stomia, due sono decedute e le condizioni cliniche della terza ne controindicano la riconversione. Trentadue pazienti (74,42%) hanno invece eseguito resezione anteriore del rettosigma con anastomosi colo-rettale immediata, di cui 23 (72%) in chirurgia primaria.

Tabella 7: Timing dell'intervento chirurgico nella popolazione di studio.

Chirurgia Primaria Chirurgia per Recidiva

Tipo di intervento (n=32) (n=11)

Wedge resection 2 0

Res. secondo Hartmann 7 2

Le variabili peri-operatorie sono riportate in tabella 8.

Tabella 8: Caratteristiche cliniche peri- e post-operatorie della popolazione.

Media o numero (range o %) Trasfusioni 15 (34,9) Complicanze chirurgiche 3 (7) Reintervento 3 (7) Resezioni associate 10 (23,3) Riconversione Hartmann 6 (66,7) Chiusura ileostomia 5 (62,5) Giornate di ricovero 12 (6-27)

Giornate totali di ricovero* 14 (6-27) Giorni totali di stomia 305 (27-960) Malattia residua (RD)

0 22 (51,1)

<2 cm 11 (26,6) >2 cm 10 (23,2) Mesi di sopravvivenza 40 (3-140)

* somma dei giorni di ricovero per l'intervento chirurgico di resezione intestinale e dei giorni di ricovero per la riconversione della stomia

Trasfusioni perioperatorie sono state necessarie in 15 pazienti (34,9%).

Non è stato registrato nessun caso di mortalità perioperatoria a 30 giorni, ma in tre pazienti (7%) sono emerse complicanze post-operatorie di natura chirurgica hanno richiesto un re- intervento laparotomico. Una di queste pazienti ha presentato la perforazione di un'ansa di tenue su un'area di speritoneizzazione. Si è inoltre verificato un caso di sanguinamento

massivo nel corso dell'intervento associato a instabiltà emodinamica, che ha imposto un packing durante l'intervento ed un successivo reintervento con depacking e confezionamento di un'ileostomia di protezione dell'anastomosi. In un altro caso la rottura dell'anastomosi ha necessitato di una relaparotomia, con take-down dell'anastomosi retto- sigmoidea ed il confezionamento di una colostomia terminale sinistra secondo Hartmann. Questa è stata l'unica complicanza riscontrata a carico dell'anastomosi colo-rettale (una su 32 pazienti che hanno eseguito l'intervento di resezione anteriore, pari al 3%).

In 10 casi (23,3%) sono state eseguite resezioni aggiuntive per interessamento di altri organi addominali.

In 8 pazienti del gruppo che ha eseguito resezione anteriore è stata praticata un'ileostomia laterale di protezione, la cui chiusura è stata possibile in 5 pazienti (62,5%). Una delle tre pazienti che non hanno eseguito la chiusura della stomia è deceduta; delle altre due, una è stata sottoposta a colectomia subtotale con confezionamento di ileostomia terminale, la seconda per deiscenza dell'anastomosi è stata sottoposta a resezione di Hartmann.

La media delle giornate di ricovero per la chirurgia intestinale è stata di 12 giorni, con un valore minimo di 6 ed un valore massimo di 27. I risultati oncologici, combinando i gruppi con l'intervento di tipo ''wedge'', intervento di Hartmann e di resezione anteriore del retto- sigma, hanno mostrato un residuo di malattia (RD) stratificato come segue:

1. nessun RD, 22 pazienti (51,1%);

2. RD <2 cm, 11 (26,6%)

Considerando ottimale una citoriduzione pari a zero o inferiore a 2 cm, e sub ottimale se maggiore di 2 cm, nel nostro gruppo un residuo ottimale è stato raggiunto nel 76,74% delle pazienti.

I giorni totali di ricovero (ottenuti dalla somma dei giorni di ricovero per l'intervento chirurgico di resezione intestinale e dei giorni di ricovero per la chiusura di stomia) sono stati in media 14, con un valore minimo di 6 giorni e massimo di 27. I giorni totali in cui le pazienti sono state portatrici di stomia (considerando sia la colo- che l'ileostomia) sono stati in media 305 con un valore minimo di 27 e massimo di 960.

I referti anatomo-patologici dei pezzi operatori intestinali mostrano infiltrazione della mucosa in 12 casi (28%).

La sopravvivenza media attuale è di 40 mesi (range 3 -140 mesi).

Il confronto tra le pazienti trattate con intervento di Hartmann (Gruppo 1, comprendente 9 pazienti) e quelle trattate con resezione del retto-sigma e anastomosi primaria (Gruppo 2, comprendente 32 pazienti) è riportato in tabella 9.

Tabella 9: confronto tra le pazienti sottoposte a resezione secondo Hartmann e quelle sottoposte a resezione retto-sigmoidea anteriore (parte 1)

Hartmann (n=9) RARS (n=32)

Media o numero (range o %) p

età 61 (54-76) 62 (37-83) ns BMI 26 (20-31) 24 (17-35) ns ASA 1 2 (22,2) 0 (0) ns 2 4 (18,1) 15 (46,9) ns 3 3 (33,3) 14 (43,7) ns 4 0 (0) 3 (9,4) ns gg. di ricovero 12 (7-23) 11 (6-27) ns gg. totali di ricovero 18 (11-26) 12 (6-27) <0.05 gg. totali stomia 339 (152-960) 240 (27-378) ns trasfusioni 3 (33) 12 (37) ns complicanze chirurgiche 0 (0) 3 (9,4) ns resezioni associate 3 (33) 7 (22) ns Livello di significatività: p<0,05

Tabella 9: confronto tra le pazienti sottoposte a resezione secondo Hartmann e quelle sottoposte a resezione retto-sigmoidea anteriore (parte 2)

Hartmann (n=9) RARS (n=32)

Media o numero (range o %) p

istologia ca. mucinoso 0 (0) 1 (3,1) ns ca. sieroso 4 (44,4) 14 (43,7) ns indifferenziato 1 (11,1) 6 (13,9) ns altri 4 (44,4) 11 (34,4) ns FIGO IIB 0 (0) 5 (15,6) ns IIIC 9 (100) 22 (68,7) ns IV 0 (0) 7 (21,9) ns grado (G) 2 3 (33) 8 (25) ns 3 6 (66) 24 (75) ns residuo malattia 0 3 (33) 19 (59) ns <2 cm 3 (33) 7 (21,8) ns >2 cm 3 (33) 6 (18,7) ns Livello di significatività: p<0,05

I risultati ottenuti, per quanto l'analisi statistica effettuata sia stata fortemente limitata dall'eseguità delle dimensioni del campione, hanno dimostrato che i due gruppi sono omogenei per quanto riguarda età, BMI, classe ASA, istologia del tumore, stadio FIGO, e grado di differenziazione.

Anche per quanto riguarda il residuo post-chirurgico di malattia, la comparazione tra le pazienti sottoposte ad Hartmann e quelle con resezione anteriore del retto non ha mostrato differenze significative. Nelle pazienti sottoposte a resezione secondo Hartmann tuttavia il numero dei casi con residuo >2 cm è maggiore rispetto a quello osservato nelle pazienti con resezione anteriore (33% versus 18,7%).

I giorni totali di stomia sono stati in media 339 (minimo 152, massimo 360) nelle pazienti del gruppo 1 e 240 nelle pazienti del gruppo 2 (minimo 27, massimo 378). La differenza statistica anche in questo caso non è significativa.

Fig.12: Numero di giorni di stomia totali nelle pazienti con resezione secondo Hartmann e nelle pazienti con resezione retto-sigmoidea anteriore.

Per quanto riguarda le giornate di ricovero, i giorni di ricovero per l'intervento chirurgico di resezione intestinale sono risultati in media 12 nel primo gruppo (range 7-23), e 11 nel secondo gruppo (range 6-27), in assenza di differenze significative. Si è evidenziata invece

i giorni di ricovero per l'intervento di resezione intestinale che quelli per la chiusura della stomia: il valore medio è stato infatti 18 giorni per il gruppo 1 (range 11-26) e 12 giorni per il gruppo 2 (range 6-27), p<0.05. (fig.13)

Fig.13: Giornate di ricovero per la chirurgia intestinale e giornate di ricovero totali nelle pazienti con resezione secondo Hartmann e nelle pazienti con resezione retto- sigmoidea anteriore.

*Giorni totali di ricovero: somma delle giornate di ricovero per l'intervento chirurgico di resezione intestinale e delle giorante di ricovero per la chiusura della stomia.

La sopravvivenza media dall'intervento è risultata sovrapponibile nei due gruppi (40 mesi, con un range di 6-132 mesi, nel gruppo delle Hartmann; 40 mesi, con un range di 3-140 mesi, nelle donne sottoposte a resezione anteriore).

5. DISCUSSIONE

Il fattore principale che influenza la prognosi del cancro ovarico in stadio avanzato è il residuo di malattia dopo la chirurgia59-67. L'entità del residuo influenza sia la sopravvivenza e la durata dell'intervallo libero da recidiva che la risposta alla chemioterapia adiuvante platino-taxolo37. Il residuo di malattia è inoltre l'unico dei fattori prognostici (tipo istologico, grado istologico, stadio della malattia, età) sul quale è possibile agire.

Nello studio di Barber68 del 1965 si era già riscontrato che la sopravvivenza era più lunga nelle pazienti con il minore residuo di malattia post-chirurgia, ed il concetto è stato confermato in studi successivi. Griffiths51 stabilì una relazione lineare tra il volume residuo di malattia dopo chirurgia e la sopravvivenza. Altri lavori e studi retrospettivi hanno stabilito come un'accurata chirurgia primaria di citoriduzione che consenta di ottenere il minor residuo post- chirurgico possibile sia il fattore prognostico più importante43-45. Bristow, in una meta-analisi condotta in una popolazione di 6885 pazienti in chemioterapia a base di platino, ha dimostrato che ogni 10% di aumento di chirurgia ottimale si produce un aumento di sopravvivenza media del 5.5%32.

La definizione di residuo ottimale si è modificata nel tempo. Negli anni '70 una citoriduzione si definiva ottimale per un residuo di malattia non superiore a 2 cm70. Nei primi anni 80 il GOG (Gynecologic Oncology Group) aumentò l'entità del residuo definibile come ottimale a 3 cm (protocollo GOG numero 47)70. Successivamente lo stesso GOG sulla base di considerazioni di carattere clinico stabilì che un residuo di malattia per essere considerato ottimale doveva essere inferiore ad 1 cm70,71. Ancora oggi non c'è

valore varia tra 0.5 e 2 cm. In tutti i lavori comunque la rimozione completa di tutta la malattia macroscopica si dimostra associata ad un considerevole miglioramento prognostico72-78. Le T et al.79 hanno osservato che pazienti con un esteso volume neoplastico trattate con chirurgia radicale avevano una prognosi analoga a quella delle pazienti con un'iniziale malattia addominale microscopica, e la loro prognosi era migliore rispetto alle pazienti che non avevano avuto una chirurgia ottimale. Altri studi condotti da Eisenkop hanno portato alla conclusione che il risultato della chirurgia influisce sulla sopravvivenza più dell'iniziale volume della malattia o delle procedure chirurgiche richieste per rimuovere l'intera massa addominale74,80.

In uno studio retrospettivo svolto alla Mayo Clinic si evidenzia che la sopravvivenza a 5 anni è del 75% per le pazienti che hanno raggiunto una citoriduzione completa, 30% per quelle con un residuo macroscopico di malattia inferiore ad 1 cm, e 15% per le pazienti con residuo maggiore di 2 cm41. Alcuni Autori hanno però suggerito che oltre alla rimozione completa di tutta la malattia macroscopica sia importante ai fini prognostici anche valutare la biologia della neoplasia, che è importante ai fini della recidiva del tumore, ed hanno posto l'accento sulla necessità di ridefinire uno standard condiviso di residuo ottimale di malattia78.

Nel nostro studio noi abbiamo ottenuto la rimozione completa di tutta la malattia macroscopica in 22 pazienti su 43 (51,1%), ed in altri 11 pazienti (26,6%) il residuo di malattia era comunque inferiore a 2 cm. Un residuo di malattia superiore a 2 cm è stato osservato in 10 pazienti (23,2%).

Allo scopo di ottenere il minore residuo di malattia possibile sono state proposte nel tempo numerose procedure chirurgiche radicali. Per primo Joe V. Meigs, un chirurgo del

Massachussetts General Hospital, descrisse nel 1934 una chirurgia radicale del cancro ovarico al fine di migliorare gli effetti della terapia radiante, in un'epoca in cui non era ancora disponibile la moderna chemioterapia81. A causa del limitato beneficio clinico, tuttavia, il concetto di chirurgia radicale del cancro ovarico non trovò applicazione per molti anni. Ancora nel 1965 Barber e Brunschwig68 riscontrarono un elevato tasso di mortalità post-operatoria (23%) in uno studio condotto in 22 pazienti sottoposte ad eviscerazione pelvica, delle quali solo due sopravvissute a lungo termine. Questo studio è stato il primo di una serie di lavori successivi volti a migliorare la chirurgica radicale del carcinoma ovarico. Nel 1968 Hudson e Chir82,83 descrissero una tecnica di ''ovariectomia radicale'' con approccio retroperitoneale, allo scopo di rimuovere il tumore in blocco con il peritoneo e le strutture circostanti. La tecnica chirurgica è stata affinata e migliorata nel corso degli anni47,48,84,85, ma in ogni tecnica proposta o studiata è stato comunque mantenuto l'approccio retro-peritoneale al tumore, sfruttando la sua caratteristica di rimanere confinato dalle demarcazioni peritoneali, che permette al chirurgo di sviluppare gli spazi retro-peritoneali liberi da malattia, favorendo la dissezione centripeta.

Il carcinoma ovarico in stadio avanzato coinvolge spesso il colon retto-sigmoideo, o per estensione diretta o per impianto del tumore sulla sierosa. Il segmento più basso del retto giace al di fuori del peritoneo ed è solitamente libero da tumore, e può così esere sfruttato per effettuare una sezione libera da malattia86. Talvolta il tumore può occupare completamente la pelvi ed il peritoneo del cavo del Douglas, spesso determinando un'obliterazione dello spazio retto-uterino fino a causare una occlusione intestinale. In questi casi per ottenere una citoriduzione ottimale si esegue la resezione in blocco della massa primaria o della recidiva insieme agli organi pelvici, al peritoneo ed al colon retto-

sigmoideo. Queste tecniche mirano ad ottenere una citoriduzione massimale, estendendo la rimozione di malattia quanto più possibile a tutti gli impianti tumorali48,53,87-90.

Non è invece chiaro il ruolo della cosiddetta chirurgia ultra-radicale, che viene eseguita quando la malattia si estende ai quadranti addominali superiori. Questo tipo di intervento prevede, in associazione all'intervento di rimozione in blocco della neoplasia pelvica, l'esecuzione di resezioni associate: parziale epatectomia, splenectomia, colectomia subtotale e resezioni multiple segmentali dell'intestino tenue, con l'obiettivo di raggiungere una citoriduzione ottimale. Non tutti i chirurghi eseguono tali resezioni: una localizzazione del tumore nei quadranti superiori dell'addome sembra infatti suggestiva di un comportamento biologico molto aggressivo, con un beneficio in termini di sopravvivenza incerto, a fronte di un numero maggiore di complicanze che nel caso delle resezioni epatiche, diaframmatiche e della splenectomia possono non essere di facile gestione91-93.

Secondo alcuni Autori94, 95 la chirurgia ultra-radicale comporta scarsi vantaggi, mentre altri centri riportano un aumento di sopravvivenza nelle pazienti sottoposte96-98.La scelta del trattamento chirurgico più indicato da eseguire nei casi di interessamento neoplastico dei quadranti addominali superiori deve essere basata sulle indicazioni cliniche, per scegliere il percorso terapeutico anche in considerazione dei suoi effetti sulla qualità di vita. Altro elemento da tenere in considerazione sono i costi. Questi temi non sono stati ancora affrontati in maniera dettagliata in letteratura. Sicuramente è fondamentale indirizzare le

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