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3. MATERIALI E METOD

3.1. Materiali e strumentazione

3.1.1. Reagenti:

Metanolo (MeOH) e acido acetico (CH3COOH) (Romil, Cambridge, Regno Unito); H2O bisdistillata,

filtrata con filtro 0,22 µm; Sodio fosfato bibasico, Solfato d'ammonio (J.T. Baker, Center Valley, Pennsylvania, Stati Uniti); NADP+, NADPH, D,L-gliceraldeide, EDTA (Sigma Aldrich, Saint Louis, Missouri, Stati Uniti); L-idosio (Carbosynth, Compton, Regno Unito); HNE sintetizzato secondo la procedura descritta da Moschini et al. (2015).

3.1.2. Materiale vegetale:

Fagioli gialli (Phaseolus vulgaris L.), varietà Zolfino, essiccati, ottenuti dall’Azienda agricola “Agostinelli Mario” di Leccio-Reggello (Firenze).

3.1.3. Strumentazione:

Centrifuga Z323K (Hermle, Gosheim, Germania); Filtri da siringa Phenex in PTFE, porosità 0,22 µm e 0,45 µm; Cromatografo HPLC SpectraSystem (Thermo Scientific, Waltham, Massachusetts, Stati Uniti); Colonna Kinetex 5 µ C18 100 Å, 250 x 4,6 mm I.D. core shell (Phenomenex, Torrance, California, Stati Uniti); cartucce Supelco Discovery DSC 18 da 6 mL (Supelco, Bellefonte, Pennsylvania, Stati Uniti); evaporatore rotante Laborota 4000 (Heidolph, Schwabach, Germania); Spettrofotometro Libra S32 (Biochrom, Cambourne, Regno Unito).

3.2. Metodi:

3.2.1. Estrazione e purificazione in HPLC di semi di fagiolo Zolfino:

Tutti i campioni di fagiolo “Zolfino” utilizzati nelle varie procedure sotto descritte erano costituiti da semi secchi (umidità circa 15-20%), conservati a temperatura ambiente per un intervallo di tempo variabile tra 1 e 12 mesi.

32 Procedimento 1)

Sono stati pesati circa 40 g di semi di Zolfino. Il campione veniva polverizzato con un macinacaffè per circa 2 minuti, evitando il suo surriscaldamento. La polvere veniva poi posta in un beker da 1000 mL con 200 mL di metanolo (MeOH) all’80% + 0,6% di acido acetico (CH3COOH). Il rapporto di

estrazione fissato quindi corrispondeva ad 1:5 peso/volume.

Veniva compiuta una prima estrazione in agitazione, con ancorina magnetica, a 4 °C.

Dopo 5 h: centrifugazione 7000 xg 10 minuti a 4 ºC del campione. Il sovranatante è stato conservato a 4 °C in bottiglia da 500 mL con tappo a vite.

Seconda estrazione: il pellet post-centrifuga veniva riestratto con 200 mL di MeOH 80% + 0,6% CH3COOH, posto in agitazione (con ancorina magnetica) overnight a 4 °C. L’estratto è stato poi

centrifugato a 7000 xg 10 minuti a a 4 ºC. Il supernatante è stato riunito a quello ottenuto dall’estrazione precedente e l’estratto totale è stato filtrato con dischi di carta n. 4, diametro 90 mm (Whatman, Little Chalfont, Regno Unito). Dopo aver misurato il volume del filtrato, esso veniva suddiviso in 4 frazioni: a) 90 mL, corrispondenti a 9,23 g di fagioli, come peso fresco (FW) iniziale, da utilizzare per i saggi sull’estratto grezzo; b) 90 mL, corrispondenti a 9,23 g FW iniziale, da conservare a -20 ºC, per test di verifica della stabilità chimica dell’estratto; c) 110 mL, corrispondenti a 11,28 g FW iniziale per il frazionamento/purificazione mediante HPLC; d) 100 mL (suddivisi in aliquote da 10 mL ciascuna), corrispondenti a 10,26 g FW iniziale da conservare a -80 ºC per eventuali ulteriori saggi o purificazioni cromatografiche.

Dalla frazione c) suddetta veniva prelevata un’aliquota di 4,86 mL (equivalenti a 500 mg di FW), che veniva portata a secco sotto bassa pressione, mediante evaporatore rotante. Il campione era ridisciolto in circa 500 µL di 10% MeOH e 90% di H2O contenente lo 0,1% di CH3COOH e filtrato con filtri per

siringa Phenex. Il campione veniva cromatografato mediante l’HPLC, e suddiviso in 22 frazioni, ciascuna di 2 mL. Le condizioni della run cromatografica erano le seguenti:

- Fase stazionaria: colonna Kinetex C18;

- Fase mobile: flusso costante di 1 mL min-1, 10% solvente B da 0 a 4 minuti, seguito da un gradiente lineare dal 10 al 100% di B in 30 min, al termine del quale veniva mantenuto il 100% di B per 10 min, per una durata totale del run pari a 44 min. Solvente A = H2O

bidistillata + 0,1% CH3COOH; solvente B = MeOH.

- Lunghezza d’onda del detector: 254 nm.

Le 22 frazioni ottenute sono state conservate a -20 ºC e successivamente sottoposte a saggio (entro un tempo massimo di 24 ore).

33 Procedimento 2)

Allo scopo di migliorare la separazione cromatografica dei composti potenzialmente bioattivi e di ottenere una maggiore ripetibilità dei risultati, veniva modificata la composizione del solvente B dell’HPLC rispetto al Procedimento 1).

Sono stati prelevati 3,5 mL, corrispondenti a 500 mg di FW, dell’aliquota d), che era stata estratta precedentemente e conservata a -80 ºC. Il volume veniva portato a secco come descritto nel Procedimento 1).

Il campione veniva ridisciolto in circa 450 µL di 10% MeOH contenente lo 0,1% di CH3COOH e 90%

H2O contenente lo 0,1% di CH3COOH; successivamente veniva filtrato con filtri Phenex da siringa.

Il campione veniva cromatografato mediante l’HPLC e suddiviso in 22 frazioni, ciascuna di 2 mL. Le condizioni della run erano:

- Fase stazionaria: come il Procedimento 1);

- Fase mobile: flusso costante di 1 mL min-1, 10% solvente B da 0 a 4 min, seguito da un gradiente lineare dal 10% al 100% di B in 30 min, al termine del quale veniva mantenuto il 100% del solvente B per 10 min. Solvente A = H2O bidistillata + 0,6% CH3COOH; Solvente

B = MeOH + 0,6% CH3COOH.

- Lunghezza d’onda del detector: 254 nm.

Le 22 frazioni ottenute sono state conservate a -20 ºC e successivamente sottoposte a saggio (entro un tempo massimo di 24 ore).

Procedimento 3)

Nel tentativo di prevenire la formazione di particolati, a causa della precipitazione di sostanze debolmente polari, veniva modificata la composizione del solvente in cui disciogliere il campione prima dell’HPLC e, conseguentemente, le condizioni della run cromatografica.

Sono stati prelevati 3,5 mL, corrispondenti a 500 mg di FW, dell’aliquota d), che era stata estratta durante il Procedimento 1) e conservata a -80 ºC. Il volume veniva portato a secco sotto bassa pressione e ridisciolto in circa 450 µL di 30% MeOH contenente lo 0,1% di CH3COOH e 70% H2O

contenente lo 0,1% di CH3COOH; successivamente veniva filtrato con filtri Phenex da siringa.

Le nuove condizioni della run che sono state impostate erano: - Fase stazionaria: come il Procedimento 1);

- Fase mobile: flusso costante di 1 mL min-1, 30% di solvente B da 0 a 4 min, seguito da un gradiente lineare dal 30% al 100% di B in 30 min, al termine del quale veniva mantenuto il 100% del solvente B per 10 min. Solvente A = H2O bidistillata + 0,6% CH3COOH; Solvente

B = MeOH + 0,6% CH3COOH.

34 Le 22 frazioni venivano conservate a -20 ºC prima del saggio (che veniva effettuato entro un tempo massimo di 24 ore).

Procedimento 4)

Al fine di rendere più efficiente la purificazione e la separazione cromatografica delle componenti bioattive, veniva introdotto un passaggio di purificazione e pre-frazionamento mediante cartucce SPE (Solid Phase Extraction) Supelco.

Sono stati pesati circa 5 g FW di semi di Zolfino. Il campione veniva polverizzato con un macinacaffè per circa 2 minuti, evitando il suo surriscaldamento. La polvere veniva poi posta in una bottiglietta Pyrex da 200 mL con 50 mL di metanolo (MeOH) all’80% + 0,6% di acido acetico (CH3COOH). Il

rapporto di estrazione fissato quindi corrispondeva ad 1:10 peso/volume.

Il campione veniva sottoposto a due estrazioni e filtrato con le stesse modalità descritte per il Procedimento 1).

L’estratto, dopo essere stato portato a secco con evaporatore rotante era stato ridisciolto in circa 5 mL di 30% MeOH e 70% di H2O; entrambi i solventi contenevano lo 0,6% di CH3COOH.

A questo punto si procedeva con la purificazione tramite SPE, con l’ausilio di un manifold porta cartucce, collegato ad una pompa da vuoto.

La procedura si svolgeva secondo le seguenti fasi, durante le quali il flusso di solvente era di circa 0,5 mL min-1 e il sorbente della cartuccia veniva sempre mantenuto saturo di solvente:

1) Condizionamento: ciascuna cartuccia era flussata con 5 mL di MeOH + 0,6% CH3COOH, poi con 5

mL di H2O + 0,6% CH3COOH e infine con 5 mL di 30% MeOH + 0,6% CH3COOH.

2) Caricamento del campione: veniva fatto passare il campione attraverso il sorbente della cartuccia, mantenendo comunque quest’ultimo sempre saturo di solvente.

3) Lavaggio: 5 mL di 30% MeOH + 0,6% CH3COOH e successivamente 5 mL di 50% MeOH + 0,6 %

CH3COOH. I due lavaggi venivano raccolti separatamente in tubi di vetro da 10 mL; successivamente,

aliquote di essi venivano sottoposte a saggio.

4) Eluizione: 5 mL di 100% MeOH + 0,6% CH3COOH. In questo caso la raccolta dell’eluato

proseguiva fino a che le cartucce non si fossero svuotate completamente, cioè essiccando il sorbente. Anche questa frazione veniva raccolta in tubi di vetro da 10 mL e una sua aliquota veniva poi sottoposta a saggio.

La maggior parte della frazione di eluato (100% MeOH acidificato) veniva essiccata sotto bassa pressione e disciolta con 500 µL di solvente per l’HPLC (40% MeOH + 0,6% CH3COOH; 60% H2O +

0,6% CH3COOH). La percentuale iniziale di MeOH era più alta rispetto ai procedimenti descritti in

precedenza, perché i composti più polari erano già stati separati mediante i lavaggi delle cartucce SPE. Il campione era poi purificato e frazionato mediante l’HPLC, nelle seguenti condizioni:

35 - Fase mobile dell’HPLC: flusso costante di 1 mL min-1, 40% solvente B da 0 a 6 minuti, seguito da un gradiente lineare dal 40 al 100% di B in 20 min, al termine del quale veniva mantenuto il 100% di B per 10 min, per una durata totale del run pari a 36 min. Solvente A = H2O bidistillata + 0,6% CH3COOH; solvente B = MeOH + 0,6% CH3COOH. Il leggero

prolungamento della fase iniziale in isocratica (da 4 a 6 min) aveva lo scopo di far compattare maggiormente le molecole meno polari in testa alla colonna. Il gradiente più rapido (20 min, invece dei 30 min precedentemente utilizzati) doveva impedire che le sostanze bioattive, il cui comportamento cromatografico era già stato parzialmente determinato, permanessero in colonna per tempi troppo lunghi.

- Lunghezza d’onda del detector: 254 nm.

Come risultato si ottenevano 18 frazioni totali per run, che venivano conservate a -20 ºC e successivamente sottoposte a saggio (entro un tempo massimo di 24 ore).

Procedimento 5)

Questo protocollo era identico al Procedimento 4) descritto sopra, ma ad esso veniva aggiunto un ulteriore passaggio cromatografico in HPLC. Infatti, grazie alla purificazione mediante SPE, il lavoro si poteva concentrare su un ristretto numero di frazioni a bassa polarità (ottenute dalla cromatografia HPLC fin qui utilizzata). Nel tentativo di purificare più a fondo e di separare le componenti presenti in tali frazioni, queste venivano ulteriormente cromatografate nelle condizioni seguenti:

- Fase stazionaria: Colonna Kinetex C18;

- Fase mobile della seconda HPLC: flusso costante di 1 mL min-1, 55% solvente B da 0 a 4 minuti, seguito da un gradiente lineare dal 55 al 100% di B in 30 min, al termine del quale veniva mantenuto il 100% di B per 10 min, per una durata totale del run pari a 44 min. Solvente A = H2O bidistillata + 0,6% CH3COOH; solvente B = MeOH + 0,6 % CH3COOH.

- Lunghezza d’onda del detector: 254 nm.

La percentuale iniziale di MeOH nella seconda HPLC dunque cresceva dal 40 al 55% per non allungare troppo il tempo di permanenza in colonna delle componenti meno polari (che risultavano essere maggiormente bioattive). Ciò era motivato dal fatto che il gradiente era stato rallentato (30 min, anziché 20), allo scopo di separare le diverse componenti contenute in singole frazioni prodotte dalla prima HPLC.

Le 22 frazioni ottenute sono state conservate a -20 ºC e successivamente sottoposte a saggio (entro un tempo massimo di 24 ore).

36 Procedimento 6)

In questo procedimento, che seguiva i vari passaggi del Procedimento 5), sia nelle quantità di campione iniziale che nei volumi utilizzati, sono state introdotte alcune variazioni nel frazionamento finale all’HPLC, nel tentativo di separare l’una dall’altra le diverse componenti maggiormente bioattive.

L’obiettivo di questo procedimento era rifrazionare il campione in modo diverso rispetto al Procedimento 5), focalizzandosi sulla frazione maggiormente bioattiva, che aveva un tempo di ritenzione compreso fra 24 e 26 min alla prima HPLC e cercando di suddividerla in tre diverse sub- frazioni: A, B, C. Il frazionamento durante la seconda HPLC era eseguito manualmente, seguendo costantemente il tracciato del cromatogramma e raccogliendo separatamente, in ciascuna delle tre sub- frazioni suddette, l’eluato che produceva i picchi di area maggiore in questa parte del cromatogramma. Le 3 sub-frazioni ottenute sono state conservate a -20 ºC e successivamente sottoposte a saggio (entro un tempo massimo di 24 ore).

Ulteriori perfezionamenti del protocollo analitico:

- Inizialmente si è modificata la preparazione per l’HPLC dell’eluato SPE: il campione portato a secco sotto bassa pressione veniva inizialmente disciolto con 400 µL di MeOH + 0,6% CH3COOH, a cui poi venivano aggiunti 600 µL di H2O + 0,6% CH3COOH. In questo modo si

cercava di prevenire più efficacemente la precipitazione delle sostanze meno polari, di cui questo eluato SPE era relativamente arricchito rispetto all’estratto iniziale.

- La preparazione dei campioni per la SPE e per l’HPLC è stata poi ulteriormente modificata l’evaporazione sotto bassa pressione era interrotta prima che i solventi fossero completamente portati a secco, lasciando un piccolo residuo acquoso. Si misurava il volume di quest’ultimo e vi si aggiungevano i volumi di H2O e MeOH acidificati che erano necessari per svolgere le

operazioni successive. Lo scopo era di prevenire la formazione di precipitati.

- Dopo i primi test (Procedimento 4)), su ciascuna cartuccia SPE veniva caricata una minore quantità di campione, cioè l’equivalente di un minor FW iniziale (1 g FW, anziché 5 g FW), per migliorare l’efficienza di separazione delle cartucce stesse.

3.2.2. Analisi dell’attività catalitica dell’AR attraverso dosaggi enzimatici:

L’attività enzimatica dell’aldoso reduttasi ricombinante umana utilizzata (AKR1B1), è stata determinata a 37 ºC, come descritto da Maccari et al. (2010), per via spettrofotometrica, valutando il

37 decremento di assorbanza a 340 nm dovuto all’ossidazione del NADPH a NADP+

(utilizzando un coefficiente di estinzione differenziale, associato a tale reazione, con un valore pari a 6.22 mM-1 cm-1). La miscela di reazione del saggio standard, in un volume finale di 0,7 mL, veniva allestita in tampone sodio fosfato 0,25 M pH 6,8 contenente: solfato d’ammonio 0,6 M, Na-EDTA 0,47 mM, NADPH 0,18 mM e un’opportuna quantità di enzima.

L’azione inibente di estratti e frazionati derivati dai diversi campioni di fagiolo Zolfino è stata valutata utilizzando separatamente come substrati L-idosio 0,6 mM o HNE 0,04 mM ed una quantità di enzima nel saggio pari a 8 mU (un’unità enzimatica viene definita come la quantità di enzima che determina la formazione di 1 μmole di substrato al minuto).

La bassa affinità dell’AKR1B1 per il glucosio aveva reso indispensabile, per la valutazione dell’attività dell’enzima, l’uso di molecole alternative che mimassero le caratteristiche del glucosio ma che esibissero parametri cinetici più vantaggiosi per la sperimentazione. La GAL è stata usata a lungo nei saggi enzimatici come principale substrato, anche grazie alla sua elevata reattività, dovuta al fatto che il suo gruppo aldeidico risulta ampiamente disponibile per la riduzione. Tuttavia la GAL non sembrava sostituire efficacemente il glucosio, in quanto quest’ultimo in soluzione si ritrova soltanto in minima percentuale allo stato di aldeide libera, che è la forma che interagisce con l’AR. Come substrato alternativo è stato recentemente proposto l’L-idosio. Questa molecola è un epimero del glucosio a livello dell’atomo di carbonio C5. Questa differenza strutturale rende più instabile l’anello emiacetalico: di conseguenza, la molecola di L-idosio in soluzione è presente come aldeide libera in misura molto più elevata rispetto al glucosio (circa 60-80 volte di più). Quindi, l’L-idosio è particolarmente adatto come substrato per i saggi dell’attività dell’AR, sia per la sua estrema affinità strutturale con il glucosio, sia per la sua maggiore reattività in soluzione rispetto al glucosio stesso (Fig. 27) [73].

Dopo incubazione per 4 min a 37 °C, la reazione veniva avviata tramite aggiunta del substrato. Per il calcolo delle unità enzimatiche, al decremento in assorbanza (per unità di tempo) che veniva misurato, veniva sottratto il decremento in assorbanza misurato in una miscela nella quale il substrato era assente (questo decremento veniva nominato “bianco”).

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4. RISULTATI

Il lavoro descritto nella presente tesi era finalizzato all’individuazione di potenziali ARDI in estratti di semi di fagiolo Zolfino. Il punto di partenza è stato quello di progettare un protocollo analitico semplice e in grado di recuperare un ampio spettro di molecole con proprietà chimiche differenti. Successivamente, sono state introdotte e testate numerose modifiche, mirate ad ottenere frazioni di estratto sempre più pure e relativamente arricchite delle sostanze di interesse, in modo da poter giungere all’identificazione dei potenziali ARDI eventualmente presenti; per raggiungere quest’ultimo obbiettivo, si è ricorsi alla collaborazione con il Dipartimento di Farmacia del nostro Ateneo, che può valutare anche le possibilità di ottenere per sintesi gli ARDI identificati. Inoltre, la messa a punto del protocollo analitico si è svolta in parallelo con un lavoro di valutazione e di sperimentazione preliminare di un processo di purificazione degli estratti su vasta scala, il cui sviluppo potrebbe portare all’isolamento di potenziali ARDI in quantità tali da essere utilizzabili per scopi commerciali.

La valutazione dell’efficienza dei vari protocolli analitici testati si basava sul confronto fra il saggio dell’attività dell’AR e il profilo cromatografico (HPLC) dell’estratto di volta in volta esaminato. Di seguito sono riportati i risultati ottenuti per i vari procedimenti descritti nella sezione Materiali e metodi.

Il Procedimento 1) era quello più semplice e produceva estratti il cui profilo cromatografico si presentava come quello in Fig. 28. Gli alti valori di assorbanza mostrano la presenza di un’elevata quantità di sostanze diverse presenti nell’estratto, che potrebbero creare dei problemi nel successivo saggio.

39 Come mostrato dalla Fig. 29, diverse frazioni mostravano attività inibitoria differenziale: esse sono riconoscibili dal fatto che la barra che rappresenta la percentuale di inibizione della reazione di

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 % d i in ib iz io n e frazioni L-idosio HNE

Fig. 28 Cromatogramma HPLC ottenuto dal Procedimento 1). La linea blu rappresenta la variazione di assorbanza (in

milli Absorbance Units, unità arbitraria) a 254 nm; la linea celeste mostra l’andamento del gradiente (variazione della percentuale del solvente B, riportato sull’asse y a destra)

40 riduzione dell’L-idosio è più alta di quella relativa all’inibizione della riduzione dell’HNE. In base a questo, le frazioni 1, 4, 5, 13, 17 e 21 sono state inizialmente ritenute potenzialmente interessanti. Fra di esse, quella che mostrava l’attività di inibizione più elevata era la 17, il cui tempo di ritenzione all’HPLC era compreso fra 32 e 34 minuti: la Fig. 30 mostra un ingrandimento del cromatogramma riportato in Fig. 27, in cui si può evidenziare come nella frazione 17 siano presenti almeno due picchi di rilevanti dimensioni, sebbene a questo stadio sia prematuro cercare di attribuire la bioattività della frazione a uno o entrambi questi picchi. Le sostanze attive della frazione 17 mostrano una bassa polarità, dal momento che, in corrispondenza di questi tempi di ritenzione (32-34 min), la percentuale di MeOH nella fase mobile è compresa fra circa il 95 e il 100%.

Nel Procedimento 2), al fine di migliorare sia la separazione cromatografica dei composti bioattivi, sia la ripetibilità dei risultati, si modificava il solvente B (MeOH), a cui veniva aggiunto lo 0,6% di CH3COOH.

Fig. 30 Ingrandimento del cromatogramma riportato in Fig. 27, in cui è evidenziata la variazione

dell’assorbanza a 254 nm registrata fra circa 22 e 35 minuti dall’inizio dell’analisi: la frazione 17 è stata raccolta fra 32 e 34 minuti

41

Osservando il cromatogramma risultante dal Procedimento 2) (Fig. 31), non si notano differenze apprezzabili nel profilo di eluizione. Tuttavia, ripetendo l’applicazione di questo protocollo all’analisi di vari campioni di semi, si riscontrava un miglioramento della ripetibilità dei risultati. Il Procedimento 2) produceva delle frazioni in cui l’attività differenziale a carico dell’AR era distribuita in modo pressoché identico a quello del Procedimento 1: infatti, anche nel Procedimento 2) le frazioni con attività differenziale erano la 1, la 4, la 5, la 13, la 17 e la 21, con tracce di attività differenziale

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 % d i in ib izi o n e frazioni L-idosio HNE

Fig. 31 Cromatogramma HPLC ottenuto dal Procedimento 2)

Fig. 32 Risultato del saggio dell’attività dell’AR eseguito sulle

42 anche nella 3, nella 14 e nella 22 (Fig. 32). Inoltre, anche mediante il Procedimento 2) la massima attività inibente si registrava nella frazione 17.

La frazione 17 sembrava quindi la frazione di maggiore interesse, su cui concentrare l’attenzione. La preparazione dei campioni per l’HPLC ha dato spesso problemi: in seguito all’aggiunta del solvente all’estratto essiccato, si evidenziava la formazione di precipitati e di particolati in sospensione, dovuta probabilmente all’insolubilizzazione di alcune sostanze meno polari. Infatti, l’estratto era disciolto in MeOH 80%, mentre il solvente iniziale dell’HPLC conteneva soltanto il 10% di MeOH. Il tentativo di far disciogliere le componenti meno solubili allungava i tempi di analisi, con aumento dei rischi di degradazione di alcune molecole, senza peraltro che si potesse ottenere la completa solubilizzazione dei residui solidi. Inoltre, le operazioni di filtrazione dei campioni erano lunghe, complesse e quindi potenzialmente dannose per la stabilità di alcuni composti. La precipitazione di sostanze apolari aveva luogo anche in seguito alla filtrazione del campione, perciò si correvano rischi anche per lo svolgimento della cromatografia, durante la quale la strumentazione raggiungeva pressioni estremamente alte, tali da causare in qualche caso l’arresto automatico della run e quindi la perdita del campione. Con il Procedimento 3) si è cercato di prevenire questi problemi di insolubilizzazione disciogliendo l’estratto essiccato in un solvente che conteneva il 30% di MeOH acidificato (anziché il 10%). Conseguentemente, era necessario modificare anche le condizioni analitiche dell’HPLC, perciò ogni run aveva inizio quando la fase stazionaria era in equilibrio con una fase mobile contenente il 30% di MeOH acidificato (anziché il 10%). La Fig. 33 mostra un cromatogramma HPLC prodotto con il Procedimento 3): il profilo cromatografico appare più pulito rispetto ai procedimenti precedenti, probabilmente perché una parte relativamente abbondante delle sostanze più polari eluiscono dalla colonna nei minuti iniziali (4-5 min) della run. La modifica delle condizioni cromatografiche probabilmente aveva ripercussioni anche sulla distribuzione dell’attività di

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