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UNA CELLA DI FLUSSO TIPO RIJ

CAPITOLO 6: “SPERIMENTAZIONE E QUALIFICA DELLA CELLA DI FLUSSO”

6.4 Materiali e metodi di prova

Di seguito sono illustrati i materiali e metodi utilizzati nell’esecuzione delle prove sperimentali effettuate presso laboratori del gruppo di ricerca MAST dell’Istituto di Fisiologia Clinica presso il C.N.R di Pisa.

6.4.1 Preparazione della sonda

L’mRNA target scelto è quello che codifica per la proteina metilguanina-DNA- metiltransferasi (MGMT), enzima coinvolto nella riparazione dei danni da alchilazione al DNA e molto importante nella resistenza ai farmaci antitumorali alchilanti. Tale mRNA che codifica per questa proteina è una sequenza di 853 nucleotidi che è stata analizzata facendo uso di un software messo a punto nel laboratorio di Tecnologie Genomiche (sempre presso l’Istituto di Fisiologi Clinica) per individuarne, grazie a simulazioni dinamiche di folding, le

regioni accessibili. In particolare si è scelto di utilizzare come biorecettori dei probes di 25 o di 30 nucleotidi che dovrebbero assicurare una elevata selettività, e quindi un legame aspecifico trascurabile, ed anche una buon stabilità del complesso probe-target. La sequenza del mRNA di MGMT è stata perciò analizzata prendendo in considerazione 25 o 30 nucleotidi per volta e valutando la probabilità che questi siano liberi, non coinvolti cioè in appaiamenti intramolecolari.

Le sequenze migliori sulla base dell’accessibilità, sono state studiate per valutarne l’omologia con altre sequenze presenti nel genoma umano e sono state quindi selezionate quelle che risultano uniche, per fare in modo che il probe a loro complementare non vada a legarsi ad altri messaggeri potenzialmente presenti nelle cellule in esame. I probes complementari alle sequenze risultanti da queste analisi sono stati a loro volta sottoposti a vari studi: si è valutata la loro capacità di formare forcine e dimeri ed è stata calcolata l’energia di appaiamento tra probe e target e quindi la Tm (temperatura di melting) che fornisce una stima della stabilità del duplex. Queste analisi hanno portato alla scelta di 4 sequenze target, per le quali sono stati preparati altrettanti probes (3 di 25 nucleotidi e 1 di 30), scelti in modo da minimizzare la formazione di ripiegamenti e duplex sonda-sonda e rendere massima la stabilità target-probe.

Le problematiche relative alla sintesi e alla purificazione dei probes oligonucleotidici sono state affrontate ponendo particolare attenzione a diversi aspetti:

Ottimizzazione delle rese delle sintesi mediante la scelta delle condizioni migliori in termini di tempi di reazione e di reattivi impiegati e la scelta dei monomeri più reattivi e più stabili nelle condizioni di reazione.

Ottimizzazione delle procedure di deprotezione e di purificazione, con la messa a punto di condizioni analitiche e preparative che consentono una efficiente separazione del prodotto desiderato.

La sintesi di probes e targets è stata effettuata utilizzando un Sintetizzatore di DNA (Perseptive Biosystems, modello “Expedite 8909”) che consente il mantenimento delle condizioni di assoluta anidricità e di atmosfera inerte richieste. Inoltre è completamente programmabile e capace di eseguire automaticamente, in successione, le operazioni desiderate.

La programmazione del sintetizzatore, impiegando la chimica delle fosforoammiditi, la più diffusa, si basa su un consolidato schema ciclico di stadi presentato di seguito. A partire dal primo ribonucleotide, ancorato al supporto solido di CPG (Controlled pore glass) della

colonna di sintesi, si agganciano i successivi ribonucleotidi secondo la sequenza prescelta. La sequenza chimica descritta è riportata nello schema di Fig.(6.9).

Fig.(6.9): sequenza chimica del processo di sintetizzazione

Al termine della sintesi è richiesto un trattamento di deprotezione molto accurato per la rimozione dei gruppi protettori che sono serviti a “mascherare” alcuni gruppi funzionali. I probes oligonucleotidici, dotati di un gruppo amminico primario ad una estremità, sono stati legati ad una molecola cross-linker che permette di ancorarli stabilmente alla superficie sensibile del trasduttore previamente trattata con mercaptosilani. Infatti al fine di ottimizzare l’immobilizzazione delle sonde oligonucleotidiche, è stata messa a punto una tecnica che permette di legare in modo covalente le sonde alla superficie sensibile del quarzo.

Questa tecnica consiste nel depositare sull’elettrodo in oro del quarzo un sottile strato di

ossido di silicio (SiO2), in modo da poter utilizzare le metodologie proprie

6.4.2 Preparazione della soluzione “target”

La soluzione “target” viene ottenuta a partire dalla preparazione del “buffer”, il quale ha il compito di trasportare le particole di mRNA verso il substrato “probe” favorendone la deposizione e il legame chimico. Il buffer utilizzato nel corso delle prove è la Trissina, costituita da:

• 20 mM TRIS (IDROSSI-METIL-AMMINO-METANO) e HCl • 100 mM NaCl

in 500 mL di H2O sterile. In particolare per poter arrivare alla soluzione finale con pH 7.7 si sono utilizzati 6,6 ml di TRIS-HCl (1,5 M) a pH 8.8 e 10 mL di NaCl (5 M) da diluire poi sotto pH-metro con aggiunta di HCl.

Una volta sintetizzato il buffer questo viene unito, per la concentrazione desiderata, con una soluzione pre-dosata di oligofluoresceina (mRNA marcato a fluorescenza) 1,25 10-4 M e centrifugato per alcuni secondi.

Nelle prove, come si vedrà, è anche utilizzata in diverse fasi una soluzione di lavaggio costituita da buffer puro.

6.4.3 Pre-setting e modalità di prova

Le operazioni di pre-setting prevedono il montaggio dell’elemento sensibile (sonda), costituito da un vetrino circolare da microscopio con diametro 18 mm e spesso 0,2 mm, sul rispettivo supporto; la manipolazione della slide deve avvenire rigorosamente con pinzette da laboratorio sterili; la cella di flusso viene poi serrata con accuratezza, come spiegato nel Cap.(5),. A questo punto la cella viene collegata all’elettrovalvola già collegata in tutte le sue parti con il circuito idraulico complementare.

La cella di flusso viene immersa, assieme alle provette della soluzione target e buffer in bagno termostatato a 37°C; si aspetta qualche minuto per il raggiungimento della temperatura del corpo cella e delle soluzioni dopo di ché si da inizio alla prova.

La dinamica della prova prevede un ciclo iniziale con una serie di flussi di lavaggio con

buffer per equilibrare la superficie dell’elemento sensibile dopodiché, azionando

l’elettrovalvola, viene fatta fluire la soluzione target costituita, come noto, da sequenze di

mRNA complementari a quelle immobilizzate come probe; in questo lavoro di tesi la

concentrazione è la variabile di processo su cui è stata improntata la sperimentazione; in

lavori successivi sarà necessario verificare la dipendenza del flusso depositivo anche da

Fatta fluire la soluzione target con tempi e modi desiderati, viene successivamente smontato l’elemento sensibile dalla cella di flusso ed eseguiti ripetuti lavaggi manuali col buffer, in modo da asportare qualsiasi forma particellare non intimamente legata con il substrato; anche in questa fase, la manipolazione della slide deve avvenire rigorosamente con pinzette da laboratorio sterili.

A questo punto il vetrino viene essiccato sotto vuoto; una volta asciugato l’elemento sensibile viene posizionato sul microscopio (Olympus) per l’indagine ottica a fluorescenza: il riferimento è eseguito tramite una maschera di centraggio in Plexiglass appositamente realizzata per la sperimentazione; opportunamente sagomata e vincolata al microscopio [Fig.(6.10.a-b)], la maschera permette che ogni lettura avvenga sempre in asse con il centro del vetrino (zona di massimo interesse), garantendo ripetibilità e affidabilità del dato.

Fig.(6.10.b): maschera di centraggio in Plexiglass per la lettura dell’elemento sensibile

Il rilevamento e il salvataggio delle immagini avviene con fotocamera digitale Nikon mod. Coolpix 3200 da 3 mega-pixel, come descritto nel Par.(6.2).

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