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Materiali per la storia della

Nel documento Sisifo 1 (pagine 41-45)

contrattazione

sindacale sotto il

regime fascista

di Giulio Sapelli W % archivio storico dell'Istituto w/ Piemontese dì Scienze Economiche e Sociali «Antonio Gramsci», così diligentemente e

intelligentemente ordinato, conserva taluni fondi il cui valore è per certi versi unico nel nostro panorama storiografico.

Mi riferisco a quelli che ci tramandano la

documentazione sull'attività contrattuale della provincia di Torino in epoca fascista, con importanti documenti che abbracciano anche una dimensione ben più vasta, nazionale.

L'importanza del fondo mi pare sia duplice. Cercherò di evidenziarne le caratteristiche in queste brevi note che spero siano d'aiuto agli studiosi.

Innanzitutto l'importanza è determinata dal fatto che la documentazione sulle pratiche contrattuali vigenti nell'Italia fascista è molto scarsa, quasi

inesistente, per quanto

riguarda completezza e precisione nel descrivere i rapporti tra gli attori sociali operanti in aree geografiche e merceologiche definite e compatte. La variabile del

medio-lungo periodo e quella della comparazione tra categorie diverse sono essenziali per lo studio della questione operaia durante la dittatura, non soltanto fascista. Infatti tali

condizioni sono necessarie ogni qual volta si è dinanzi a sistemi politici dittatoriali (dal totalitarismo

all'autoritarismo) che conservano (o addirittura creano e/o potenziano) sistemi di rappresentanza degli interessi sociali organizzati secondo una logica conflittuale che si sforza di elidere la natura classista e non corporativa ereditata dai sistemi precedenti oppure che si paventa possibile per il progredire del processo di modernizzazione. Questo non è il caso, come è noto, del nazismo ma, invece, di pressoché tutte le altre dittature instaurate, «declinate», ancora vive e destinate a un indefinito futuro.

Osservare come si sviluppa nel tempo il comportamento degli industriali, o in generale dei datori, simultaneamente a quello dei rappresentanti dei prestatori d'opera è essenziale. Si possono mettere in rapporto questi sincronici

comportamenti, cristallizatisi nel patto contrattuale, con quelli dell'autorità politica, partitica e amministrativa,

così da definire quali equilibri nel sistema di dominio di volta in volta il sistema dittatoriale nel suo complesso realizza. Si pensi, poi, al fatto che una delle condizioni soggettive del dominio dittatoriale è la capacità, che le élites dominanti possono manifestare, di provocare una logica delle aspettative differenziate e concorrenziali tra la forza-lavoro e tra il lavoro (nella fabbrica e nella società, quindi), così da ostacolare la coesione, così da ostacolare l'organizzazione autonoma e unitaria dei lavoratori contro la dittatura. Di qui l'importanza di questo materiale: si riferisce a un periodo di tempo che copre pressoché tutto il periodo fascista: interessa pressoché

la totalità delle categorie dei lavoratori; è una raccolta sistematica e a quel che mi risulta, sarei (con tutta la parte proba della comunità scientifica) felice di sbagliare, unica in Italia. Già queste considerazioni credo siano sufficienti per illustrare l'importanza del fondo. Vi è però una seconda ragione, come ho all'inizio accennato. Essa è di natura non più specificamente attinente allo stato delle fonti, ovvero, della loro accumulazione quantitativa, ma invece di natura

precipuamente metodologica, ossia di accumulazione

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qualitativa delle fonti medesime.

Sintetizzo la questione ponendo la seguente domanda: quante

informazioni possiamo trarre, oltre quelle sulle strategie del dominio soggettivo della dittatura e su!

comportamento politico delle élites, sulle condizioni oggettive del dominio sociale sulle classi lavoratrici analizzando i fatti

contrattuali? Non è domanda di poco conto e non vale naturalmente, soltanto per le situazioni dittatoriali, ma in modo più accentuato per esse. Il perché è evidente: il contratto stipulato tra due attori sociali, di cui uno è rappresentato sì

istituzionalmente, ma in condizioni di debolezza e di minorità (essendo stato privato dell'autonoma possibilità di creare I propri strumenti di rappresentanza secondo regole

democratiche), come è appunto il caso delle classi lavoratrici in situazioni di dittature fasciste o autoritarie privilegianti le classi proprietarie, non rappresenta molto spesso le reali condizioni normative vigenti nelle fabbriche prima o durante la stipula del patto. Più che un riflesso di ciò che è, si tratta di ciò che si vorrebbe che fosse, di ciò che gli imprenditori vogliono che sia per meglio, e in modo meno conflittuale, affermare i loro interessi e cristallizzarli nella pratica negoziale. Faccio un esempio: quante delle categorìe professionali, sancite in forma normativa, sono più uno strumento per realizzare una

riparametrazione ampia e tendente a spostare verso il basso i livelli salariali, di quanto non siano invece il ritratto fedele della effettiva condizione professionale, delle effettive caratteristiche della forza-lavoro erogata nel luogo di produzione (o di distribuzione)?

Non è questione di lana caprina, questa. È essenziale acribia filologica

nell'interpretazione della realtà riflessa dalla fonte, che, in questo caso, diventa essa stessa frammento di quella realtà analizzata. E diviene un invito ad allargare lo spettro delle fonti per cercare di

raggiungere un più alto grado di esaustività, di verità, di verità storiografica. Spero di avere stimolato nel

lettore di queste brevi note la curiosità per l'utilizzazione di questo fondo. E

nell'Istituto l'interesse per una iniziativa che ne

valorizzi quell'importanza che qui ho sottolineato.

Le immagini di questo numero

Sono tratte dal ciclo di incisioni La città (1925), di Frans Masereel, considerato tra le opere più significative del maestro belga e

appartenente all'epoca più feconda della sua produzione

artistica.

«Masereel che, come pittore (era nato a Blankenberge presso Geni nel 1889, e aveva frequentato quella Accademia di Belle Arti per poi trasferirsi, nel 1909 a Parigi, e in seguito, a partire dal 1916, a Ginevra) ebbe una attività discontinua e non particolarmente originale, si affermò invece soprattutto negli anni tra le due guerre e nell'immediato dopoguerra, per la

sconfinata serie delle sue incisioni: in prevalenza xilografìe (ma anche disegni, acqueforti, litografie), che venne producendo quasi a getto continuo dalla prima giovinezza fino agli ultimissimi anni della sua lunga esistenza (morì ad Avignone, dove s'era trasferito negli ultimi anni, nel 1972).

Ma l'aspetto più curioso nell'attività di questo grande incisore è il suo essersi dedicato soprattutto al genere che qui viene presentato, ossia al «racconto per immagini», che si realizza anche nelle moltissime illustrazioni di opere narrative altrui, come in quelle per Tolstoj, Zweig, Leonhard Frank, Ch. L. Philippe, P. J. Jouve, Barbusse, Maeterlinck, Werfel, Baudelaire, e In

primo luogo per il Jean

Christophe di Romain

Rolland — una delle grandi saghe letterarie dell'epoca — per la quale l'artista ebbe un 'autentica venerazione, tanto da illustrarla attraverso 660 xilografìe».

(Gillo Dorfles, in Frans Masereel, «La città, un viaggio appassionato», Gabriele Mazzotta editore, Milano, 1979).

In tutta Italia, una catena di 41 moderni alberghi è a portata di auto: i MotelAgip. Tranquillità, assistenza a te e alla tua auto, giusto prezzo e convenienza anche se ti fermi solo per mangiare, per gustare "piatti" regionali, preparati ancora come una volta.

Essere presenti in modo

Nel documento Sisifo 1 (pagine 41-45)

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