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La nuova legge sul matrimonio (1950): unione, divorzi e figli sotto il regime comunista, nuovo parente “acquisito”delle famiglie cines

4.1: Profilo storico: dall’arrivo dei giapponesi alla guerra civile

5. La famiglia “comunista” 1949-

5.2 La nuova legge sul matrimonio (1950): unione, divorzi e figli sotto il regime comunista, nuovo parente “acquisito”delle famiglie cines

305 L.TOMBA, op.cit, p.124.

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La nuova legislazione sul matrimonio della nascente Repubblica Popolare Cinese fu promulgata il 1° maggio 1950, a meno di un anno dalla proclamazione della nascita della nuova Cina comunista. La Legge sul matrimonio del 1950, che deve molto alle precedenti normative applicate durante il periodo di guerra nei Soviet cinesi, constava di 8 capitoli e 27 articoli in totale307. E’ da considerarsi come il vero terremoto che scosse dal basso le radici del tradizionalismo familiare (quelle ancora non recise dal rinnovamento dei movimenti del 15-19). Il PCC decise difatti, attraverso l’applicazione di questa legge, di stroncare definitivamente il potere di cui godevano ancora i jiazhang nelle famiglie, un potere che si frapponeva tra l’individuo e il partito, intollerabile barriera che non assicurava ai comunisti la totale dedizione che i cittadini cinesi dovevano avere per operare per la causa di partito e per la rivoluzione sociale maoista. Wai Kin Che nei suoi studi sull’argomento, nota poi l’instaurazione di un rapporto inversamente proporzionale tra partecipazione politica (attivismo) dei componenti giovani delle famiglie e potere “familiare”308. Più la partecipazione politica dei giovani aumenta, meno potere familiare si rifà sulla vita di questi. In pratica, quindi, solamente in realtà ancora “non attive” politicamente parlando, il potere dei jiazhang rimase forte e pressante. In questo senso, come sostiene inoltre Yang, lo stato diventa «nuovo centro di lealtà»309 del cittadini, escludendo in tal modo l’importanza che legami familiari

avevano tenuto fino ad allora. A sostegno della sua idea porta numerosi esempi di “empietà filiale” avvenuti durante alcune campagne di massa maoiste da cui si deduce la perdita di potere gestionale delle famiglie da parte dei jiazhang310. I vecchi legami familiari furono quindi soppiantati dalla ferma ideologia di partito e questa nuova visione pragmatica della famiglia fu evidente (soprattutto) in momenti di crisi sociali, in particolar modo, durante i movimenti di rettifica maoisti. Susan L. Glosser a tal proposito infatti ricorda che:

«le purghe politiche fecero tremende pressioni su sposi e bambini nell’anteporre gli

interessi politici agli affetti emotivi»311.

307 The Marriage Law of the People’s Republic of China (1950), Foreign Languages Press, Beijing, 1973 e Marriage Law of the People’s Republic of China (with original Chinese text), Traduzione di Allegiant Chen , Popular Legal Sciences Publishing Society, Shanghai, 1950.

308 WAI KIN CHE, op.cit.,p.71.

309 C.K.YANG, op.cit. , pp.173-182.

310 Un esempio per tutti: durante la campagna dei “Cinque contro” (1952) più di 600 membri della Lega Giovanile dei Nuovi Democratici dell’Università Fudan di Shanghai, furono “indottrinati” dalle cellule dirigenziali della Lega, al fine di convincere i propri familiari alla confessione di crimini commessi contro la nuova direzione politica del paese. «Molti giovani uomini e donne della Lega promisero: andrò a persuadere mio padre a confessare. Se si rifiuterà, lo smaschererò al governo». Tutto molto lontano e

scostante dalla tradizionale pietà filiale confuciana fino ad allora perno della famiglia cinese. C.K.YANG,

op.cit. , pp. 175.

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Ritornando all’analisi della nuova legge sul matrimonio del 1950, questa prevedeva come assoluta novità una concreta rivalutazione del ruolo delle donne e dei loro diritti e questo permise un ulteriore crescita di prestigio ideologico del PCC da parte dell’universo femminile. Come Mao stesso sentenziò nel 1956:

«le donne cinesi costituiscono una vasta riserva di manodopera. Questa riserva deve essere impiegata nella lotta per costruire un forte paese socialista»312.

Come constatò Marina Timoteo,

«la legge sul matrimonio del 1950 intendeva attuare un drastico rovesciamento degli schemi tradizionali del matrimonio e della famiglia proponendo un modello familiare basato sull’uguaglianza e indipendenza dei membri della famiglia e funzionale agli interessi della nuova comunità socialista»313.

Nei suoi scritti Marie-Claire Bergère, rilancia invece un idea che definisce “seducente”314

antitetica rispetto a quella fin’ora esaminata e preponderante nell’intera bibliografia da me esaminata. Seguendo recenti analisi sociologiche su questo tema, cita nel suo “La Cina dal 1949 ai giorni nostri” il parere di J. Stacey, il quale nei suoi studi tentò di dimostrare che:

«il PCC avrebbe cercato di preservare il sistema tradizionale e perfino di restaurarlo in una certa misura democratizzandolo per utilizzarlo a proprio vantaggio»315.

Secondo tale visione quindi:

«per soddisfarei contadini, il Partito non si sarebbe accontentato di distribuire loro la terra: li avrebbe anche aiutati a ricostruire la cellula familiare tradizionale che con la crisi dell’economia agraria aveva compromesso durante i primi decenni del secolo. Prima della rivoluzione un gran numero di braccianti o di contadini poveri non arrivavano più, in effetti, a crearsi delle famiglie. Semplificare il matrimonio fondarlo sulla volontà comune degli sposi è renderlo nuovamente accessibile ai contadini; offrire al matrimonio la garanzia morale del Partito è consolidare la sua stabilità, è fare della famiglia la cellula di base del nuovo ordine sociale. Anche se

312 MAO ZEDONG, “Le donne cinesi costituiscono una vasta riserva di mano d’opera” in Zhongguo

Nongcun ti shehui chuyi kaochao (Alta marea socialista nelle campagne cinesi) Renmin

Chubanshe,Pechino 1956 pp.674-675 ed.cinese in S.R.SCHARM, Il Pensiero politico di Mao Tse Tung

Vallecchi Editore, Firenze 1971, p.377.

313 M.TIMOTEO, op.cit. , p. 50.

314 M-C.BERGERE, op.cit. p.51.

95 il capofamiglia deve ormai dividere la propria autorità con il quadro politico le strutture familiari (dal punto di vista femminile comunque) non se ne trovano fondamentalmente sconvolte.[…] il patriarcato feudale sarebbe stato eliminato solo per lasciare spazio a un patriarcato socialista»316 .

La stessa Bergère, pur considerando intrigante il ragionamento di Stacey, lo mette accortamente da parte, notando che l’impresa di aggiornamento (l’autrice usa proprio questo termine che trovo assai duttile in tale frangente) di strutture sociali e culturali nel passaggio dal tradizionale al moderno è stata opera imponente e vasta. Convenire con la teoria di Stacey significava per la Bergère, dare al tentativo di riforma della famiglia del PCC un qualcosa di “machiavellico” discernimento che sicuramente non c’e stato317. Riprendendo il filo logico del discorso, sia la volontà di rottura col passato che la necessità di cambiamento utile alla costruzione della nuova nazione cinese comunista si evincono già dalla lettura dell’art.1 della legge che recitava:

«il sistema matrimoniale feudale basato sull’arbitrarietà e organizzazione obbligata, e la supremazia dell’uomo sulla donna, e il disinteresse verso gli interessi dei figli è abolito»318 ,

e prosegue

«entra in vigore il nuovo sistema matrimoniale democratico basato sulla libera scelta del partner sulla monogamia sugli eguali diritti di entrambi i sessi, sulla protezione legale degli interessi delle donne e dei figli»319.

L’organizzazione della nuova famiglia era e doveva essere paritaria, con particolare riguardo verso gli interessi della parte femminile e dei figli. La tradizionale pietà filiale baluardo e nucleo portante del familismo cinese non viene citata espressamente e viene messa da parte da un individualismo doc ideologicamente proveniente dai dibattiti e dalle disquisizioni filosofiche del movimento del 4 maggio. La ancor più tradizionale sottomissione femminile, sia dentro la famiglia d’origine che in quella in cui entrava a far parte dopo il matrimonio, spazzata via con questo articolo. In questo senso, si deve leggere anche l’art. 2320 dello stesso testo, che vieta la bigamia, il concubinaggio, il

316 Ibidem.

317 Ibidem.

318 The Marriage Law of the People’s Republic of China (1950), op.cit. art.1. 319 Ibidem.

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matrimonio tra ragazzi/bambini, le interferenze nei secondi matrimoni delle vedove e l’esazione /estorsione di danaro o regali legati a unioni matrimoniali 321

.

Gli artt. 3, 4, 5, 6 regolamentavano le proibizioni legate alla contrazione del matrimonio. Oltre alla volontarietà dei due partner, liberi da qualsivoglia costrizione (art. 3), i richiedenti dovevano avere compiuto almeno 20 anni lui e 18 lei. Tale disposizione come correttamente ha notato Jaques Guillermaz:

«cerca di sottrarre i figli alle pressioni dei genitori e dei nonni sempre preoccupati di assicurare la loro discendenza e il culto dovuto agli antenati ma intende anche contribuire senza dirlo a indebolire la natalità»322.

Ma su tale punto si tornerà a riflettere nei paragrafi successivi. Le altre proibizioni erano legate a tre particolari condizioni:

a) gli sposi non dovevano essere parenti lineari di sangue o figli degli stessi genitori o essere fratellastri; se esisteva relazione di parentela entro il 5°grado tra i due partner, la proibizione o concessione era stabilita dalla consuetudine323 (questa è l’unica concessione alla consuetudine e alla tradizione che si il PCC fa in tutto la normativa sul matrimonio);

b) nessuno degli sposi doveva essere sessualmente impotente a causa di malattie fisiche324;

c) nessun contraente doveva appartenere alle seguenti categorie: persone affette da lebbra, malattie veneree, disordini mentali o qualsivoglia altra malattia che veniva considerata dalla scienza medica come causa di inabilità al matrimonio325.

L’ultima proibizione riguardava i riti domestici; l’unica via legale per contrarre matrimonio era, infatti, quella per la coppia di presentarsi personalmente, con i documenti richiesti, all’Ufficio territoriale preposto per la registrazione dell’atto che, dopo attenta analisi degli stessi e solo dopo aver appurato la volontarietà della scelta, se la documentazione era in regola, rilasciava il certificato di matrimonio ai novelli sposi326. Dal 1950, quindi, fu lo Stato stesso a ergersi ad unico spettatore del rito matrimoniale, in realtà per niente rituale ma molto burocratico, mettendo cosi fine all’intero cerimoniale tradizionale che in passato veniva svolto - come visto - nella casa

321 Non era invece espressamente proibita la pratica di dono della dote durante la fase del fidanzamento. M.J.MEIJER “Marriage law and policy in the People’s Republic of China” in D.C.BUXBAUM, op.cit. pp.457-459.

322 J.GUILLERMAZ, op.cit., p.59.

323 The Marriage Law of the People’s Republic of China (1950) op.cit. , art.5. 324 Ibidem.

325 Ibidem. 326 Ivi, art. 6.

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dello sposo. Nessuna portantina rossa, nessun inchino reverenziale verso altari degli antenati e suoceri onnipotenti.

I diritti e i doveri dei coniugi erano basati sul concetto di libertà personale e la piena equità di trattamenti e obblighi. Le mogli - come i mariti - avevano il diritto di usare il proprio cognome e non adottare quello del partner (art. 11)327 , di mantenere le proprietà di ciascuno (art.10)328 e la capacità giuridica di eredità, senza che il partner potesse pretendere l’ingiusta appropriazione (art.12)329

.

Di diversa portata rispetto al passato, il capitolo “relazioni tra genitori e figli” in quanto diventa di primaria importanza il benessere dei figli, tutelato appunto da questa legge. All’art. 13 però si può notare un richiamo, seppur velato al valore della pietà filiale, in quanto prescriveva che i genitori allevassero e educassero i loro figli e che anche i figli avessero il dovere di assistere e supportare i loro genitori330. In questo caso specifico, troviamo che il previsto dualismo di scambio reciproco di attenzioni e aiuti durante la vita di genitori e figli sia più realistico e sicuramente moderno della precedente visione tradizionale.

La legge non discriminava i figli legittimi da quelli nati fuori dal matrimonio, che godevano quindi di egual diritti (art. 15) e allo stesso modo i genitori adottivi dovevano comportarsi come prescritto ai genitori naturali; proibiva inoltre l’infanticidio per annegamento (fenomeno che colpiva soprattutto le neonate) e attraverso altri atti criminali (art. 13, 3°comma)331.

La nuova disciplina giuridica dell’istituto del divorzio, della tutela dei figli e del mantenimento e proprietà dopo questo (capitoli V, VI e VII della legge), era incentrata sulle volontà del legislatore di:

 snellimento della pratica e dei tempi;

 nuova rivalutazione degli interessi di parti deboli quali donne e bambini. In caso di divorzio, per accordo tra i coniugi (non per vie legali), occorreva semplicemente presentarsi all’ufficio territoriale competente e farne domanda (art. 17)332. In caso di disaccordo tra i coniugi (con la domanda avanzata da almeno uno di essi) il governo del distretto territoriale provava innanzitutto una riconciliazione e se questa non era possibile, passava poi alla valutazione della domanda di divorzio333richiesta. In caso di ripensamento post divorzio, gli stessi ex coniugi

327 Ivi, art. 11. 328 Ivi, art 10. 329 Ivi art.12. 330 Ivi, art.13. 331 Ivi, art 13. 332 Ivi, art.17. 333 Ibidem.

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dovevano obbligatoriamente riavviare la pratica di matrimonio con la registrazione prescritta all’art. 6. La sentenza di divorzio quindi era definitiva, inappellabile e immutabile. Non era prevista la fase di transizione prospettata invece in molti ordinamenti di altre nazioni di separazione legale.

L’affidamento dei figli seguiva una regola guida che lasciava alla madre la completa custodia in caso di figli ancora neonati (la legge parla espressamente di bambini ancora allattati al seno). Solo dopo lo svezzamento le due parti potevano ridiscutere davanti alla Corte Popolare competente territorialmente una diversa decisione di custodia e affidamento (art. 20)334. Una vera rivoluzione sociale.

La responsabilità del mantenimento parziale o totale dei costi di vita e per gli studi dei figli era a carico del padre (in caso di custodia alla madre)335, se diversa soluzione non era prevista in sede di dibattito sulla custodia o se, in presenza di un nuovo marito della ex moglie, quest’ultimo decidesse di prendersi carico del mantenimento dei figli di primo letto della compagna (art.22)336. Per quanto riguardava le proprietà (a parte quelle pre matrimoniali che rimanevano ai singoli coniugi in quanto acquisite prima dell’unione) dovevano essere divise tramite un accordo tra le parti; se questo mancava la Corte Popolare preposta al caso, avrebbe deciso con sentenza la divisione, tenendo a mente per primi gli interessi della donna e dei figli (art 23)337. In caso di debiti contratti durante la vita matrimoniale, questi dovevano essere saldati utilizzando la proprietà di famiglia, o in mancanza di questa dell’uomo (art 24)338. Il mantenimento di una parte in difficoltà economica dopo il divorzio è previsto espressamente dall’art.25, senza distinzioni uomo/donna; tale mantenimento poteva essere deciso dall’accordo delle parti o per via giudiziale339.

L’art. 27340

si occupava infine esplicitamente del caso dei cittadini cinesi facenti parte di una delle minoranze etniche presenti nel paese. La maggioranza della popolazione, di etnia Han era il soggetto principe di tale normativa; per i cittadini facenti parte delle altre minoranze il PCC si riservava di emanare in breve tempo normative ad hoc sull’argomento, per la preservazione e il mantenimento in vita di tradizioni e rituali tanto peculiari da essere meritevoli di protezione e preservazione.

334 Ivi, art. 20.

335 Ivi art. 21. 336 Ivi, art. 22.

337 Ivi, art.23; l’articolo prosegue però notando che nel caso in cui la proprietà venga rilasciata per sentenza alla moglie e ai figli e questa sia di valore cospicuo tanto da supportare i costi di vita e di educazione dei figli, il marito è esentato dal mantenimento, perché già “incluso” nell’importante proprietà di famiglia.

338 Ivi, art. 24 339 Ivi, art.25. 340 Ivi, art.27.

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Diverse le osservazioni da compiere dopo l’analisi della normativa. Le prime, sempre di Guillermaz che dedicò all’argomento un intero paragrafo del suo “Il Partito Comunista al potere” riguardano il dualismo teoria –pratica. In teoria, la nuova legge sul matrimonio è da considerarsi una legge di emancipazione. L’applicazione pratica però delle norme si scontrava con la dura realtà di «dolorose situazioni di fatto»341 quali ad esempio «scacciare dalla famiglia seconde mogli attaccate al marito, separarle dai loro figli, lasciarle senza risorse»342. E proprio durante in primi tre anni di governo del PCC la nuova legge sul matrimonio fu sì applicata, ma con molte deroghe subdole e dimenticanze volute e fu solo a partire dal 1953 che si diede inizio ad una reale e concreta applicazione della stessa, (guanche zhixing hunyin fa 贯彻执行婚姻法)343. La campagna per la reale implementazione della nuova legge venne compiuta tramite l’utilizzo e la propaganda di casi-modello, quali la pubblicazione di notizie riguardanti:

«mariti che uccidono le loro mogli, genitori adottivi che ammazzano le loro figlie adottive, vedove che forzano le figlie a matrimoni non voluti portandole al suicidio, vedove assassinate perché desiderose di sposarsi una seconda volta lasciando cosi la casa degli ex suoceri, disonorando la memoria del defunto non preservando la loro castità luttuosa come richiesto dalla tradizione»344.

Fu inoltre data enorme “pubblicità” ai casi di suicidio femminili sotto il sistema familiare tradizionale. Nella stessa fase di implementazione della legge, numerosi furono anche i casi di inchieste a livello territoriale su matrimoni a 2, 3 4 partner con mogli e concubine al seguito. Una seconda, terza moglie o una concubina «difficilmente potevano essere nascoste ai vicini di casa» nota lecitamente C.K Yang345. La campagna denominata dei Tre contro (seguita subito dopo da quella dei Cinque contro) aveva già mostrato alla popolazione cinese le cruente tipologie di azioni repressive346 di cui poteva essere capace il partito e le segnalazioni di “irregolarità” altrui pagavano, spesso, la serenità di evitare controlli sulla propria pelle. In questo senso il PCC scardinò gli ultimi legami di clan e di sereno vicinato allo scopo di ergersi quale unico referente che ogni buon cittadino cinese comunista doveva avere. Gli standard morali dovevano

341 J.GUILLERMAZ, op. cit., pp. 60-61.

342 Ibidem.

343 S.L.GLOSSER, op. cit. p. 169. Annuncio Implementazione in REN MIN RI BAO, Beijing, edizione del

25 Febbraio 1953. M.J.MEIJER” in D.C.BUXBAUM, op.cit. p.451.

344 Ibidem.

345 C.K.YANG,op.cit., p.60.

346 La campagna di rettifica denominata dei “Tre Contro” sanfan 三反 e quella dei “Cinque Contro”

wufan 五反 erano datate rispettivamente agosto e dicembre 1951. Entrambe avevano lo scopo di epurare

personaggi “scomodi” dentro e fuori il partito rei di corruzione, spreco di risorse, burocratismo, evasione

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cambiare velocemente e prova di questo furono le retate nei bordelli delle grandi città, la più famosa delle quali avvenne a Beijing nel 1950, con la chiusura di più di 200 case di tolleranza e la successiva “rieducazione forzata” delle prostitute che ci lavoravano347

. La scelta di attuazione più effettiva e totale della normativa del 1950 fu dovuta ad un’arguta pianificazione politica governativa del PCC. Dal 1950 al 1953 infatti, il partito si impegnò anche e soprattutto nell’applicazione della riforma agraria, molto traumatica e in numerosissimi casi violenta. La vera mobilitazione propagandistica quindi si ebbe dal 1953 fino al 1958, anno di inizio del movimento maoista del Grande Balzo in Avanti che riprese l’attenzione della classe dirigente, offuscando il problema famiglia. Nei primi anni sessanta, conclusosi il GBA si riprese la propaganda per poi metterla da parte durante la Rivoluzione Culturale, finendo quasi nel dimenticatoio fino alla morte di Mao (1976)348.

E’ datato settembre 1954 un altro caposaldo legislativo della nuova Cina comunista: il testo costituzionale349. Di particolare interesse la lettura dell’art. 96 del testo in questione in cui si legge:

«Zhonghua Renmin Gongheguo fu nu zai zhengzhi de, jingji de, wenhua de,shehui de he jiating de shenghuo ge fangmian xiangyou tong nanzi pingdeng de guanli. Hunli jiating muqin he ertong shou guojia de baohu 中华人民共和国妇女在政治

的、经济的、文化的、社会的和家庭的生活各方面享有同男子平等的权利。 婚姻、家庭、母亲和儿童受国家的保护 Le donne nella Repubblica Popolare Cinese hanno uguali diritti degli uomini in ogni sfera, politica, economica, culturale, sociale e nella vita familiare. Lo stato protegge il matrimonio, la famiglia e le madri e i figli »350.

In questo articolo si ribadisce l’intenzione del legislatore di protezione di donne e bambini e l’importanza del riconoscimento del matrimonio e della famiglia per lo stato stesso. Il testo costituzionale riprende solamente in questo articolo l’argomento famiglia concentrando l’attenzione sulla descrizione dell’apparato statale e della politica comunista sulle proprietà agricole e industriali in regime semi cooperativo.

L’applicazione e l’educazione popolare della legge del 1950 fu - come visto - altalenante e sconnessa, e fu forse per questo che i cittadini cinesi dell’epoca maoista la ricordavano come “legge del divorzio” e non legge sul matrimonio351

. Il numero di

347 Ivi, p 62.

348 D.C.BUXBAUM, op.cit., pp. 452-454.

349 Testo inglese e frontespizio cinese in http://e-chaupak.net/database/chicon/1954/1954bilingual.htm#j 350 Ivi, art 96.

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divorzi dei primi anni di applicazione di quest’ultima fu notevole352

e importante cosi come quello riguardante i suicidi di persone che non riuscirono ad ottenerlo (poiché negato dalle corti, in quanto la domanda priva di requisiti di base). La maggior parte di questi divorziati faceva parte del largo gruppo di cittadini sposatisi seguendo il sistema