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Maurizio Millenotti nasce a Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, il 12 giugno 1946. La sua formazione non è di tipo classico: il padre, corridore motociclistico e proprietario di una piccola officina, lo convince ad iscriversi all’Istituto Tecnico Industriale, subito abbandonato a causa del totale disinteresse del ragazzo per la motoristica. Attratto dalla sartoria e dal mondo della moda, preferisce abbandonare gli studi e lavorare in un maglificio.301

297 Ibidem.

298 E. Hammer, L’Orfeo, paesaggi e moti dell’animo, libretto di scena de L’Orfeo di Claudio Monteverdi,

Milano, Teatro alla Scala, stagione lirica 2008-2009.

299 V. Crespi Morbio, I costumisti..., Op. cit., p. 81. 300 Ivi, p. 82.

Verso la metà degli anni Sessanta la svolta decisiva: Millenotti trascorre un lungo periodo a Parigi, dove raffina la sua cultura, frequenta l’atelier di alcuni amici pittori e segue un corso presso l’Accademia di Belle Arti. Al ritorno in Italia, lavora per qualche tempo presso una casa milanese di confezioni per signora, fino al 1969, anno in cui approda alla sartoria teatrale di Umberto Tirelli. Nei due anni trascorsi da Tirelli si fa apprezzare da costumisti come Lucia Mirisola; così, agli inizi degli anni Settanta, lavora al suo fianco come assistente in una serie di pubblicità e nel film Tosca di Luigi Magni. Millenotti diventa, da quel momento in poi, uno degli assistenti più apprezzati dai costumisti italiani: collabora con Gabriella Pescucci, Elena Mannini e Franco Carretti.302

Il suo esordio come costumista nel cinema avviene nel 1982 per il film di Segio Corbucci Bello mio, bellezza mia. Ma è Federico Fellini, già conosciuto sul set de La città

delle donne, dove Millenotti è impegnato come assistente della Pescucci, ad offrirgli la

grande occasione in E la nave va. Un sodalizio destinato a rinnovarsi felicemente ne La

voce della luna.303

Il costumista alterna frequentemente il teatro al cinema. Suoi i costumi per la

Carmen di Bizet che inaugura la stagione 1985 al Teatro alla Scala di Milano, dove ritorna

l’anno successivo con un balletto dedicato a I promessi sposi, su coreografie di Mario Pistoni. Nel 1987 collabora con il coreografo Amedeo Amodio per un altro balletto, Ai

limiti della notte, realizzato dall’Ater Ballet di Reggio Emilia. Insieme ad Anna Anni,

Maurizio Millenotti si è guadagnato una candidatura all’Oscar per i costumi dell’Otello di Zeffirelli.304 Sempre per il Teatro alla Scala realizza, nel 2015, i costumi per il balletto

Cinderella di Prokof’ev.

Al Teatro La Fenice di Venezia nel 2000 cura due titoli con la regia di Ermanno Olmi e le scene di Arnaldo Pomodoro: Cavalleria rusticana di Mascagni e Sarka del compositore ceco Bedřic Smetana. Collabora con diversi registi, tra cui Luca Ronconi, sia in ambito cinematografico che teatrale, vincendo diversi Nastri d’argento.305

La solida esperienza nel campo del costume si forma con la gavetta presso la sartoria Tirelli di Roma. Verso la fine degli anni Sessanta vi si respira un’atmosfera magica: da lì uscivano i costumi per Visconti, Pasolini e per spettacoli televisivi, all’epoca di alto livello.

302 Ibidem. 303 Ibidem. 304 Ibidem.

L’incontro decisivo è con Piero Tosi, che gli fa comprendere “il modo di guardare gli abiti”.306 Nel risistemare e integrare i costumi per una ripresa307 dell’edizione scaligera di

Aida si accosta all’arte di Lilia De Nobili, meritandone la stima.308

Il debutto alla Scala è avventuroso. Sostituisce Milena Canonero, chiamata da Sydney Pollack per La mia Africa, e si trova a lavorare al fianco di Piero Faggioni, dal carattere notoriamente difficile. In poco tempo deve creare il guardaroba per la Carmen di Bizet che apre la stagione, il 7 dicembre del 1984. Si lavora fino a notte fonda. A quattro giorni dalla prova antigenerale l’opera è a buon punto, ma succede l’imprevisto: al momento di invecchiare un tessuto con la fiamma, una scintilla provoca un incendio notturno che si porta via parte dei costumi. Nonostante l’accaduto lo spettacolo godrà di straordinario successo.309

Il costumista torna a lavorare alla Scala, al fianco di Anna Anni, nello sterminato repertorio del Lago dei cigni, e firma la ricca produzione di Aida messa in scena da Zeffirelli nel 2006.310

Il coreografo Mauro Bigonzetti richiama Millenotti alla Scala nel 2015 per la novità assoluta di una Cinderella, balletto sulle musiche di Prokof’ev.311

Per questa fiaba, depurata in questa sede da cenci, scope, piumini e carrozze, il costumista disegna dei meravigliosi abiti di scena, punto focale dello spettacolo. La favola viene reinterpretata: il principe cerca la proprietaria non più di una scarpetta di cristallo, bensì di una gonna rossa dal girovita sottilissimo; la matrigna e le sorellastre sono costrette a muoversi nonostante la pesantezza di un triplice costume che fa loro smarrire la fisionomia umana. Il fulcro della scena sarà proprio questa ‘gabbia’ tripartita, lavorata minuziosamente e matericamente in superficie (fig. 140), per cui Millenotti si ispira ai dipinti seicenteschi di Diego Velázquez. I costumi sono vere e proprie sculture, realizzate in resina e rivestite da tessuti dipinti e plastificati. La forma richiama il guardinfante

306 Testimonianza orale di Maurizio Millenotti a Vittoria Crespi Morbio, luglio 2017.

307 Aida di Verdi, Roma, Teatro dell’Opera, 30 Novembre 1993, direttore Daniel Oren, regia Franco Zeffirelli,

scene e costumi Lilia De Nobili.

308 V. Crespi Morbio, I costumisti..., Op. cit., p. 85. 309 Ibidem.

310 Ibidem. 311 Ibidem.

seicentesco, ornato con motivi decorativi rinascimentali e barocchi in oro e argento, su fondo blu scuro, verde pavone, rosso bordeaux. La lavorazione è materica: si utilizzano passamanerie, cordoni, pizzi, tessuti goffrati, metallizzati e plastificati (figg. 141-142). Il metodo di lavoro di Maurizio Millenotti non prevede figurini: il costumista lavora direttamente sul costume con le sue proprie mani, come fa uno scultore con la sua opera. Egli stesso definisce il suo stile una sorta di ‘bricolage costumistico’.312 Gli abiti di scena

della matrigna e delle sorellastre sono completati da gorgiere in crine sintetico, elaborato con incrostazioni di pizzi, macramè e passamanerie. L’esito è stupefacente, un capolavoro di invenzione, di abilità artigianale e buon gusto, percorso da un tocco di divertita ironia.