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CAPITOLO 3- TERAPIA ANTI-ANGIOGENICA

3.3 Meccanismo d’azione degli inibitori delle tirosina chinasi

Elementi chiave presenti nella composizione delle tirosina-chinasi regolano la loro attività enzimatica e di conseguenza sono essenziali per far esplicare in modo corretto le loro funzioni.

I domini catalitici delle tirosina chinasi presentano una struttura e una sequenza altamente conservate. Il dominio chinasico è costituito da una struttura bilobata. Il lobo N-terminale, di dimensioni più piccole, contiene un filamento β antiparallelo e un’α-elica che prende il nome di elica C, mentre il lobo C-terminale, più grande, ha una struttura prevalentemente elicoidale e presiede alla reazione catalitica. All’interfaccia tra i due lobi è presente una profonda fessura chiamata regione cerniera o hinge region nella quale trova alloggio la molecola ATP. Elementi fondamentali per la regolazione dell’attività enzimatica delle chinasi sono il segmento A nel lobo C-terminale e la C elica nel lobo N-terminale. Il segmento A contiene il motivo DFG (aspartato-fenilalanina-glicina), il loop di attivazione (A- loop), il P+1 ed altri elementi strutturali secondari. Quando la proteina si trova nello stato attivo, il segmento A adotta una conformazione aperta dalla fosforilazione agendo da piattaforma per il legame substrato. Il motivo DFG è così tenuto in una conformazione appropriata per il legame dello ione metallico alla catena laterale dell’aspartato. Questo stato attivo dell’anello è molto simile in tutte le strutture conosciute delle chinasi attive. Esiste invece una grande diversità nelle conformazioni di questo sito nelle chinasi inattive nelle quali può esserci un diverso orientamento dei due lobi o dell’elica C, uno spostamento del loop di attivazione

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oppure una diversa conformazione del motivo DFG tale per cui l’aspartato non può più legarsi allo ione Mg++. [38]

Gli RTKI generalmente instaurano legami a idrogeno con la regione dell’adenina ed interazioni idrofobiche intorno alla porzione purinica della molecola. I vari membri della famiglia delle chinasi presentano una elevata similarità della sequenza del sito di legame dell’ATP e questo spesso porta ad inibitori con scarsa selettività e con effetti collaterali indesiderati, che ne limitano l’impiego clinico. Da ciò deriva una ricerca di inibitori più specifici, nel tentativo di ridurre al minimo il rischio di effetti collaterali. Tuttavia, il rischio di una minore efficacia a causa della ridondanza di varie vie di trasduzione ha recentemente incrementato l’interesse verso farmaci multi-target (MTDD), ipotizzando che la modulazione di differenti bersagli, posso fornire maggiore efficacia e sicurezza terapeutica.

Tra gli inibitori diretti al sito dell’ATP, i derivati indolin-2-onici, identificati nel 1993, rappresentano una classe importante di agenti anti-angiogenici.

Il derivato ossindolico Sunitinib 1 (SU11248) è un inibitore di chinasi associate a vari recettori, ma quelle inibite più selettivamente sono PDGFR-α, PDGFR-β, VEGFR-1, VEGFR-2, VEGFR-3, c-kit, Kit, Flt3, RET e CSF-1R. E’ approvato per il trattamento del carcinoma renale avanzato e nei sarcomi gastrointestinali che progrediscono dopo Imatinib, o in caso di intolleranza a Imatinib.[34]

Il Sunitinib 1 è caratterizzato da una struttura indolinonica 5-fluoro-sostituita e portante un gruppo dietilamminoetilico che gli conferisce una buona solubilità. La struttura co-cristallina a raggi X del dominio catalitico del recettore dell’FGF con svariati oxindoli, suggerisce che il composto si lega a livello della tasca dell’ATP, con il sistema indolin-2-onico che partecipa al fondamentale legame a idrogeno donatore/accettore con il carbonile del Glu-915 e l’NH della Cys917, residui tipici della hinge region del VEGFR2.

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Altro composto è il Sorafenib 2, simile al Sunitinib 1, in quanto inibitore a basso peso molecolare di numerosi recettori chinasici, tra cui VEGFR2 e VEGFR3, il fattore di crescita di origine piastrinica-β (PGFR-β) e la chinasi Raf. Inizialmente è stato approvato per il trattamento del carcinoma renale avanzato, grazie ad uno studio di fase II che dimostra un miglioramento di circa il 50% dei pazienti trattati con Sorafenib 2, rispetto al 18% dei pazienti trattati con placebo; recentemente, è stato approvato anche per il trattamento del carcinoma epatocellulare in fase avanzata. Attualmente si sta studiando Sorafenib 2 in associazione con Gemcitabina. Ad ora questa associazione ha dato un parziale esito positivo soltanto nel caso di cancro ovarico, mentre esito non confermato nel caso di tumore al pancreas. E’ stato notato però che gli effetti collaterali in seguito all’utilizzo di questi due farmaci sono diversi, ma di intensità e gravità tollerabile. [34,37]

Sorafenib 2

Un’altra importante classe di inibitori angiogenici è rappresentata dalle Anilinoftalazine, scoperte da Novartis. Questi composti risultano essere selettivi per il VEGFR umano.

Il derivato Valatinib 3 (PTK787/ K 222584) è una piccola molecola con attività inibitoria su tutti i VEGF; anche se leggermente più potente nei confronti di VEGFR2, ha attività anche nei confronti di PDGFR. Studi preclinici hanno dimostrato che questo farmaco induce la riduzione dell’angiogenesi in maniera dose-dipendente, dopo somministrazione orale. Il composto è ben tollerato e sono stati osservati lievi effetti cardiovascolari. L’associazione con gemcitabina ha portato ad una maggiore inibizione della crescita del tumore pancreatico, riduzione delle metastasi e aumento della sopravvivenza dell’animale. Attualmente è in fase III di trials clinici su pazienti con tumori diversi; in genere, dopo aver ricevuto

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Valatinib 3, gli interessati hanno presentato gli stessi effetti collaterali: nausea (47%), affaticamento (39%), vomito (36%) e vertigini (34%). Comunque sia Valatinib 3 è stato nella maggioranza dei casi ben tollerato e somministrato anche in associazione a chemioterapia.[37] Secondo alcune ipotesi il farmaco non

formerebbe legami a idrogeno diretti con i residui della hinge region, ma occuperebbe le regioni idrofobiche del sito di legame. Parte dell’anilina è situata in una tasca idrofobica, mentre il biciclo ftalazinico instaura contatti idrofobici con altri amminoacidi. Sebbene non venga stabilito nessun legame a idrogeno diretto con la hinge region, il gruppo NH dell’anilina forma legami a idrogeno mediati dall’acqua con Glu915 e Cys917 della regione cerniera del VEGFR, mentre l’azoto piridinico viene reclutato per formare un legame a idrogeno con la Lys1060, un residuo chiave dell’attivazione della chinasi.

Valatinib 3

Nell’ambito delle Anilinochinazoline, opportune modifiche dei sostituenti hanno condotto all’identificazione del Vandetanib 4 (ZD-6474, Astrazeneca), un nuovo farmaco inibitore delle tirosina chinasi, che presenta notevole attività agonista verso il VEGFR2, VEGFR3 e, in minor misura, verso EGFR. Questo composto inibisce due percorsi chiave nella crescita tumorale: angiogenesi tumorale dipendente da VEGFR e proliferazione e sopravvivenza delle cellule tumorali EGFR-dipendenti. In un modello preclinico per carcinoma pancreatico avanzato, Vandetanib 4 dimostra una significativa attività antiangiogenica, inibizione della crescita del tumore primitivo e riduzione del numero di metastasi. Studi di fase I, in pazienti con tumore solido avanzato hanno dimostrato che il farmaco è ben tollerato, quando

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viene somministrato oralmente una volta al giorno. Eventi avversi osservati più comunemente sono diarrea, eruzione cutanea, nausea, ipertensione e fatica.[37]

Vandetanib 4

Diversi studi clinici stanno valutando l’uso di questo inibitore in associazione con agenti antitumorali tra cui la Temozolomide 5 (Temodal®), un agente citotossico alchilante, per il trattamento del gliosarcomae il Bortezomib 6 (Velcade®), un inibitore del proteosoma, che degrada le proteine ubiquinate, con proteolisi intracellulare mirata ed effetti citotossici sulle cellule cancerose, per vari tipi di tumore.[34]

Temozolomide 5

Bortezomib 6

Cediranib 7 è un analogo strutturale del Vandetanib 4. Inibisce VEGFR1, 2, c-Kit e PDGFR a concentrazioni nanomolari. La sua attività di inibitore sulle altre famiglie di chinasi come ABL, EGFR, ErbB2 è molto più debole, dato che si esplica a concentrazioni micromolari o inferiori. L’efficacia di Cediranib 7 nel trattamento del tumore epiteliale ovarico è stata valutata in uno studio di fase II. Generalmente le donne con questo tipo di tumore in stato avanzato hanno un ritorno del tumore anche dopo cicli di chemioterapia a base di platino e taxani. Un’alternativa nei tumori epiteliali ovarici ricorrenti è quella di andare a colpire VEGF e le vie di

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segnale del VEGFR. Tra le 46 pazienti che hanno ricevuto come terapia 45 mg al giorno di Cediranib 7, 11 sono state rimosse dalla studio in quanto hanno manifestato tossicità, 8 pazienti hanno avuto una risposta parziale, 6 hanno avuto una stabilizzazione della malattia superiore a 16 settimane, ma nessuna ha avuto una risposta completa.[39] Inoltre è stato condotto uno studio clinico di fase I utilizzando Cediranib7 in pazienti con tumori epatici avanzati. Gli interessati hanno

ricevuto una singola dose del farmaco, seguita da un periodo di washout di sette giorni, e da una terapia orale quotidiana alla stessa dose iniziale per 28 giorni. Circa 36 pazienti hanno generalmente ben tollerato il farmaco a dosi minori di 45 mg con effetti collaterali comuni come affaticamento, nausea, diarrea e vomito. Successivamente, sono state riscontrate due risposte parziali in studi fatti sulla terapia per il cancro alla prostata e per il cancro renale. I dati di risposta clinica per Cediranib 7 sono incoraggianti e si sta prendendo in considerazione il suo uso nella terapia contro il tumore al pancreas.[37]

Cediranib 7

Altro composto sottoposto a studi clinici di fase I e II è AEE7888 che agisce

potentemente su EGFR2, VEGFR1 e VEGFR2. Ha la capacità di indurre l’apoptosi e di inibire la proliferazione in linee cellulari AML alla concentrazione di 10 µM. Riduce i livelli di espressione di VEGF ed elimina la fosforilazione di Ftl-1, KDR, Ftl-3-WT e Ftl-3/ITD mutante. La sua combinazione con l’Acido Valproico, inibitore dell’istone deacetilasi, in cellule tumorali renali, porta ad una inibizione più forte rispetto a quella ottenuta dalle terapie con singolo farmaco.

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AEE788 8

Axitinib9 (AG-013736) è un nuovo inibitore che agisce potentemente su VEGFR1,

VEGFR2 e VEGFR3 e, a concentrazioni nanomolari, su PDGFR-β e Kit. Sono stati fatti studi su topi transgenici: dopo 24 ore dalla somministrazione di questo composto sono scomparse le fenestrazioni presenti nel tumore ed è cessato il flusso di sangue in alcuni vasi del cancro. Entro la prima settimana è stata osservata una diminuzione maggiore del 70% della densità vascolare ed una riduzione dell’espressione di VEGFR2 e VEGFR3 nelle cellule endoteliali sopravvissute. In uno studio di fase I con 36 pazienti con tumori solidi, sono stati somministrati da 5 a 30 mg di farmaco, che è stato assorbito rapidamente. E’ stato visto che la dose preferibile è quella di 5 mg, dato che quando questo dosaggio viene superato si hanno effetti avversi come ipertensione, emottisi e stomatite. Successivamente è stato eseguito uno studio di fase II su 52 pazienti con carcinoma renale metastatico, mediante quattro cicli ripetuti con la somministrazione di 5 mg di Axitinib 9. Dopo un anno 13 pazienti hanno riscontrato una progressione del tumore, 3 sono stati eliminati dallo studio a causa degli effetti avversi, e 36 sono ancora inseriti nello studio con risposta o malattia stabile. Axitinib 9 è in studio anche in un protocollo terapeutico in combinazione con gemcitabina per il trattamento del carcinoma pancreatico avanzato.

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Tra gli inibitori di VEGFR1 troviamo anche Pazopanib 10, un potente inibitore multitarget di tirosina chinasi che agisce anche su PDGFR e c-Kit. In vitro inibisce la proliferazione delle cellule endoteliali indotta da VEGF, mentre in vivo inibisce l’angiogenesi del carcinoma renale.

Pazopanib 10

Introduzione alla Parte

Sperimentale

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Il cancro viene definito come una patologia molto aggressiva, spesso accompagnata da esito fatale e associata ad un ridotto periodo di sopravvivenza. Ad oggi, comunque, gli approcci multimodali costituiti dalla combinazione di chirurgia, chemioterapia e radioterapia costituiscono un valido rimedio e offrono benefici incoraggianti. Recenti studi hanno dimostrato che l’insorgenza di vari tipi di tumore è spesso regolata da fattori proangiogenici; tra questi uno dei più importanti è il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), che esercita i suoi effetti cellulari legandosi principalmente a due recettori transmembrana tirosin-chinasici: VEGFR-1 (Flt-1) e VEGFR-2 (KDR/Flk-1). Da ciò deriva che mutazioni a livello di questo fattore o una sovraespressione di chinasi recettoriali o citosoliche siano collegate con la crescita, lo sviluppo e l’aggressività della neoplasia. Tuttavia, bersagliare specificatamente le cellule tumorali può non essere sufficiente a frenare la crescita del tumore e lo sviluppo di metastasi. Di contro invece, farmaci che inibiscono direttamente il processo angiogenico possono migliorare l’efficacia, superare la resistenza ed evitare gli effetti collaterali associati alla chemioterapia. Negli anni, diversi approcci terapeutici sono stati studiati con lo scopo diinibire[40] le principali tirosin-chinasi coinvolte nello sviluppo dei tumori. Tra questi il più interessante è quello che prevede l’utilizzo di piccole molecole capaci di competere con l’ATP per il legame al suo sito specifico a livello del dominio chinasico del recettore. L’occupazione di questo sito fa sì che non avvenga l’autofosforilazione e la successiva attivazione della proteina e di conseguenza impedisce l’attivazione di ulteriori via di trasduzione intracellulare dipendenti da tale legame. Studi di docking di una serie di composti nella struttura cristallina delle proteine VEGFR hanno portato all’identificazione di diverse classi di derivati. [40,41,42]

I composti più promettenti, progettati come molecole competitive nei confronti dell’ATP, sono risultati in grado di ancorarsi saldamente al sito catalitico dei recettori, che è altamente conservato nella maggior parte delle tirosinchinasi. Nello specifico, questi composti si legano alla struttura principale del sito mediante interazioni idrofobiche, le quali, nella maggior parte dei casi, sono rinforzate da legami a idrogeno formati da uno o più gruppi contenenti eteroatomi. Per di più, altri sostituenti, tra cui gruppi amminici e/o ammidici, possono protrarsi verso altre

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due regioni del sito dell’ATP: la “regione accessibile al solvente” e la “regione nascosta”.

In questo ambito, il gruppo di ricerca dove ho svolto la mia tesi sperimentale si occupa da diversi anni della progettazione e della sintesi di diversi derivati policiclici, quali potenziali inibitori delle tirosin-chinasi. In questo contesto, è stata progettata e sviluppata una serie di derivati benzotiopiranopirimidinici con formula generale I. I Semaxanib Tabella 4. Comp. Z X R1 R2 R3 KDR(%) KDR IC50(µM) 11a - H H H H <20 - 11b - H H OCH3 H 31 - 11c - H H Cl H <20 - 11d - OCH3 H H H <20 -

11e - OCH3 H OCH3 H <20 -

11f - OCH3 H Cl H <20 - 11g - Cl H H H <20 - 11h - Cl H OCH3 H 41 - 11i - Cl H Cl H <20 - 12a NH H H H H 54 8.20 12b NH H H OCH3 H 67 2.70 12c NH H H Cl H <20 >50 12d NH OCH3 H H H 35 >50

12e NH OCH3 H OCH3 H 39 17.50

50 12g NH Cl H H H <20 >50 12h NH Cl H OCH3 H <20 >50 12i NH Cl H Cl H 61 5.60 12j NH H H H OCH3 75 0.97 12k NH H H H Cl 13 n.d. 12l NH H H H Br 17 n.d. 12m NH H H H F 52 n.d. 12n NH H H H CF3 <20 n.d.

12o NH OCH3 H H OCH3 62 n.d.

12p NH OCH3 H H Cl 40 n.d. 12q NH OCH3 H H Br 93 0.62 12r NH OCH3 H H F 35 n.d. 12s NH OCH3 H H CF3 21 n.d. 12t NH Cl H H OCH3 44 n.d. 12u NH Cl H H Cl <20 n.d. 12v NH Cl H H Br <20 n.d. 12w NH Cl H H F 42 n.d. 12x NH Cl H H CF3 <20 n.d.

12y NH H H OCH3 OCH3 97 0.11

12z NH OCH3 H OCH3 OCH3 <20 0.27

12aa NH Cl H OCH3 OCH3 87 n.d.

12bb NH H OCH3 OCH3 OCH3 81 n.d.

12cc NH OCH3 OCH3 OCH3 OCH3 46 0.73

12dd NH Cl OCH3 OCH3 OCH3 73 1.60

13a NHCH2 H H H H <20 -

13b NHCH2 H H OCH3 H <20 -

13c NHCH2 H H Cl H <20 -

13d NHCH2 OCH3 H H H <20 -

13e NHCH2 OCH3 H OCH3 H <20 -

13f NHCH2 OCH3 H Cl H <20 -

13g NHCH2 Cl H H H <20 -

13h NHCH2 Cl H OCH3 H 35 -

13i NHCH2 Cl H Cl H <20 -

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La tabella 4 riporta le attività dei composti 11, 12 e 13, espresse come percentuale di inibizione dell’enzima tirosin-chinasico KDR. I composti sono stati testati ad una concentrazione di 7µM. Semaxanib è stato utilizzato come composto di riferimento, per la sua elevata selettività nei confronti di VEGFR1 e VEGFR2, nonostante una modesta attività inibitoria.

In generale, i derivati benzotiopiranici portanti una porzione fenilamminica in posizione 2 dell’anello triciclico (12) sono risultati i più attivi, in quanto, sia l’aggiunta di un gruppo metilenico (13), che l’eliminazione del gruppo spaziatore amminico (11), provocano una drastica riduzione dell’attività; questi dati evidenziano il ruolo cruciale della lunghezza della catena laterale.

I risultati relativi ai derivati 2-anilino-p-sostituiti (12a-i) evidenziano che la percentuale di inibizione enzimatica, per i composti non sostituiti (12 a,d,g) o portanti un gruppo metossilico (12 b,e,h), diminuisce progressivamente quando in posizione 8 è introdotto un gruppo metossilico e, in maggior quantità, se presente un atomo di cloro. Al contrario, quando in posizione para dell’anello pendente è presente un atomo di cloro (12 c,f,i) il derivato portante in posizione 8 un atomo di Cl (12i) presenta la migliore attività inibitoria.[43]

I risultati relativi ai derivati anilinici m-sostituiti portanti un atomo di H in posizione 8 (12j-n), indicano che lo spostamento del gruppo metossilico dalla posizione para alla posizione meta dell’anello fenilico pendente determina un aumento dell’attività, mentre la sostituzione del gruppo OCH3 con un atomo di Cl, un gruppo

CF3 o un atomo di Br, porta ad una drastica riduzione dell’attività (composti 12

k,l,n,). L’unica eccezione è rappresentata dal composto portante un atomo di fluoro

in posizione meta (12m), che mostra una percentuale di inibizione pari al 52%. La serie di composti 8-metossi sostituiti 12o-s mostra valori di attività inibitoria comparabili o superiori rispetto al Semaxanib. In particolare, tra questi il composto

12q portante un atomo di bromo è in grado di indurre un’inibizione enzimatica

quasi completa. Al contrario, la presenza di un atomo di cloro (12p) o di fluoro (12r), provoca una riduzione dell’attività rispetto al composto 12q che diventa paragonabile a quella del composto di riferimento.

L’inserimento di un Cl in posizione 8 (12t-x) porta all’ottenimento di composti che presentano un’attività inibitoria paragonabile a quella dei composti non sostituiti

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(12j-n). In particolare, i composti portanti sull’anello fenilico un gruppo metossilico o un atomo di fluoro presentano un’attività inibitoria verso KDR maggiore rispetto agli analoghi portanti un atomo di Cl, Br o un gruppo CF3.

Risultati interessanti sono stati ottenuti con l’inserimento di due o tre gruppi OCH3

sull’anello fenilico pendente e con la posizione 8 sia sostituita che non (12y-dd). In particolare, i composti 8-non sostituiti (12y e 12bb) e 8-cloro sostituiti (12aa e

12dd), sono i composti più attivi all’interno dell’intera serie, probabilmente a causa

di effetti elettronici che favoriscono l’interazione a trasferimento di carica con la proteina bersaglio. Al contrario, per i derivati 8-metossi-sostituiti (12z e 12cc), si osserva minore attività inibitoria, probabilmente a causa di una dimensione eccessiva dell’intera molecola che determina la perdita di interazioni fondamentali con la proteina target.

Per i composti più attivi è stata inoltre misurata l’IC50 (concentrazione dell’inibitore

necessaria a inibire il 50% dell’enzima bersaglio). I risultati hanno evidenziato valori di IC50 compresi nell’intervallo tra 0.11-1.6 µM per la maggior parte dei

composti (12j, 12q, 12y, 12aa, 12bb, 12dd). E’ stata inoltre valutata la capacità del derivato 12y di inibire un set di altre sei chinasi (AurA/Aur2, CDC2/CDK1, EGFR, PDGFRb, RAF-1 e Src). I risultati ottenuti suggeriscono che 12y è un inibitore multi-target, dato che oltre a KDR inibisce in ugual misura o comunque significativamente altre chinasi.[43]

Studi di modellistica molecolare sono stati effettuati per meglio chiarire l’interazione a livello molecolare tra il composto 12y, che è uno dei composti più attivi, ed il dominio catalitico del VRGFR-2 (Figura 16). Questo modello dimostra che lo scaffold benzotiopiranopirimidinico risulta ben inserito nel sito dell’ATP ,dove l’atomo N3 della pirimidina ed il gruppo NH dell’anilina stabiliscono due

legami ad idrogeno rispettivamente con i gruppi NH e CO della Cys919 nella regione cerniera (hinge region) dell’enzima. Il sistema tricilico forma legami con la porzione idrofobica che comprende residui di Leu840, Val548, Ala866, Val899 e Leu1035. Inoltre, si osservano interazioni a trasferimento di carica con residui di Phe918 e Phe1047. L’anello anilinico pendente è orientato verso l’esterno del sito attivo ed è stabilizzato da una interazione catione-π con la catena laterale della Lys838. Questi studi spiegano la diversa attività inibitoria mostrata dai composti in

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relazione ai vari sostituenti sull’anello fenilico pendente. Infatti la presenza di uno o più gruppi elettrodonatori, come il gruppo metossilico, provoca un aumento dell’energia elettrostatica negativa dell’anello aromatico favorendo quindi l’interazione ligando-proteina; questo non avviene con i gruppi elettonattrattori Cl, CF3 e Br. Infine, in generale, la sostituzione in posizione 8 non è ben tollerata a

causa della limitata estensione della fessura del recettore, che non consente la presenza di sostituenti voluminosi.

Questo studio spiega quindi l’elevata attività inibitoria del derivato 12y e dei suoi analoghi e conferma il ruolo cruciale della porzione anilinica nell’interazione con l’enzima.

Figura 16. Legame tra il composto 12y e il sito attivo del recettore VEGFR2. Il

ligando è rappresentato da bastoncini verdi, la proteina è arancione, i legami a idrogeno sono rappresentati da linee gialle tratteggiate. [44]

Sulla base di questi risultati, lo scopo della mia tesi è stato quello di sintetizzare una serie di derivati 2-fenilammino-chinazolonici di formula generale II, caratterizzata da un sistema benzopiranico, ottenuto dall’eliminazione dell’atomo di zolfo non implicato nell’interazione con il sito attivo del recettore VEGFR2 e da una porzione pirimidinica anilino sostituita, ritenuta invece essenziale. E’ stato inoltre

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