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Secondo lo psicologo statunitense Daniel Schacter12, il ricordo umano non è semplice recupero meccanico di fatti dal passato, ma un processo che si basa sulla costante ricostruzione del passato basata sul presente. L’idea è intuitiva: ogni evento del passato è rileggibile in base alle conseguenze che questo ha avuto sul nostro presente. Nell’arco di un’amicizia, è molto probabile che tra due persone venga detto o fatto qualcosa di sbagliato prima o poi, ma quegli eventi spiacevoli verranno in seguito ricordati alla luce dell’amicizia che, malgrado inevitabili inconvenienti, è rimasta immutata. Questo perché ogni frammento del passato viene ricostruito lungo un filo, lineare e continuo, del presente. Il presente è il contesto in cui i nostri ricordi vivono e si intrecciano fra di loro per creare la nostra memoria. La memoria “analogica” quindi è continua, costantemente rimodulata in base al presente ma grazie a questo sempre contestualizzata. Proprio come qualsiasi altra informazione analogica, il ricordo analogico è soggetto a rumore: modifiche, offuscamenti, perdita di dettagli che si aggiungono col tempo. Ma proprio grazie a questo “rumore” ogni evento del passato si armonizza con gli altri e acquista così la sua coerenza con il presente.

La memoria digitale invece, quella costituita da informazioni digitali ar- chiviate su supporti digitali, è immutabile nel tempo e non soggetta a rumore. Il passato digitale non si ricostruisce sul filo del presente, ma è un mucchio di frammenti del passato, cristallizzati così come al momento del loro “cam- pionamento”, che si sovrappongono al presente. La memoria digitale non produce l’intero ricordo ma solo gli elementi che ha registrato. Anni di vita vengono amalgamati in un collage di informazioni personali, ognuna delle quali era vera in un preciso momento del passato di un individuo. Ecco che dunque l’informazione digitale, per quanto perfetta nella sua risoluzione, è del tutto decontestualizzata.

In poche parole, ciò che differenzia la memoria analogica da quella digitale è il rapporto tra passato e presente: nella memoria analogica il passato è subordinato al presente, che costituisce il contesto in cui trova la sua ragione d’essere, nella memoria digitale passato e presente si trovano sullo stesso piano, si sovrappongono, si mescolano dando luogo ad una sorta di eterno

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D. Schacter, The seven sins of memory: How the mind forgets and remembers, Houghton Mifflin, Boston, 2001.

presente.

Proprio di memoria digitale parla Viktor Meyer-Schoenberger, noto pro- fessore di Internet Governance and Regulation a Oxford, quando definisce, nel suo saggio Delete 13la vera grande rivoluzione dell’età contemporanea, il cambiamento di paradigma della Società dell’Informazione rispetto a tutto il resto della storia dell’umanità: le tecnologie digitali hanno provocato la rottura di un equilibrio antico tanto quanto l’uomo per cui dimenticare è sempre stato la norma e ricordare l’eccezione.

Dimenticare è facile, è una legge biologica, un meccanismo necessario a filtrare le informazioni che i nostri sensi raccolgono ogni istante in enormi quantità su tutto ciò che ci circonda e tutto ciò che avviene dentro di noi. Se il nostro cervello non selezionasse drasticamente tutte queste informazioni non saremmo in grado di comprendere la realtà e prendere decisioni.

Ricordare invece è difficile, faticoso e costoso. Ricordare costa in termini energetici, in quanto è processo che va contro la seconda legge della termo- dinamica per la quale i sistemi si tendono a evolversi verso l’entropia e il disordine. Costa anche in termini di tempo, fatica e denaro per gli individui e per la società, perché devono compiere grandi sforzi per andare contro la tendenza naturale all’oblio.

Le tecnologie digitali hanno abbattuto nel giro di pochi anni tutti questi costi e così l’equilibrio tra ricordo e oblio si è sovvertito: oggi ricordare è diventato la norma e dimenticare l’eccezione:

Dall’inizio del tempo, per noi umani, dimenticare è stato la norma e ricordare l’eccezione. A causa della tecnologia digitale e delle reti globali questo bilanciamento è cambiato. Oggi con l’aiuto dell’altissima diffusione tecnologica dimenticare è diventata l’eccezione e ricordare la norma. 14

Oggi memoriziamo sui supporti digitali qualsiasi cosa, in poche parole ricordiamo tutto. Lo sforzo che prima impiegavamo per ricordare costituiva il nostro filtro per conservare ciò che era davvero utile, ma oggi questo sforzo non è più necessario e con lui anche il filtraggio viene neutralizzato.

Il tramonto dell’oblio nella contemporanea Società dell’Informazione com- porta una grave conseguenza: la perdita del controllo che gli individui hanno sulle proprie informazioni.

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V. Mayer-Schönberger, Delete. Il diritto all’oblio nell’era digitale, Egea, Milano, 2013.

La gratutità dell’informazione digitale ha come conseguenza la leggerezza con cui questa viene trattata dalle persone, compresa l’informazione che li riguarda. La struttura del Web 2.0, utilizzata ormai più come strumento di condivisione che di accesso alle informazioni, la diffusa inconsapevolezza degli utenti che le informazioni, una volta condivise, sfuggono al loro controllo e possono essere usate da terzi (aziende, governi ecc.) e la costante ricerca di visibilità dilagata con l’avvento dei social media hanno portato alla riduzione della libertà di scegliere se e quando portarsi alla ribalta e se e quando restare al riparo dagli sguardi altrui. Controllare l’immagine di sé sulla Rete è diventato un problema fondamentale.

Soprattutto, la memoria digitale sta cancellando di fatto la possibilità, che ogni essere umano aveva fino ad ora avuto, di ridisegnare periodicamente la propria identità. Nel tempo ognuno di noi si evolve, l’età e l’esperienza ci rinnovano sempre. Il perdigiorno può diventare uomo in carriera, il festaiolo può farsi prete, il playboy può sposarsi e dimostrarsi un marito fedele. Ma se le nostre identità passate diventano informazione digitale, indelebile e immutabile, la nostra società diventa incapace di perdonare perché incapace di dimenticare.