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Memoria e identità

Capitolo secondo: una riflessione sull’autobiografia «concepita

4. Il ruolo della memoria collettiva

4.3 Memoria e identità

A questo punto, ricordando quanto più sopra affermato a proposito del legame tra memoria e identità, non possiamo esimerci dall’esplicitare, seppur nell’economia del presente lavoro, in cosa consista la relazione tra queste due entità.

Se, come avviene con una certa convergenza tra i vari studiosi nell’ambito delle scienze sociali116, si accetta il fatto che l’identità può essere analiticamente scomposta

in alcune fondamentali dimensioni costitutive, tra cui è fondamentale –quella temporale. In relazione alla nostra angolatura argomentativa, la memoria fornisce a ogni individuo – nell’unitarietà di una biografia ricomposta attraverso una narrazione di sé, un «racconto d’identità», una «totalizzazione esistenziale»117 – un quadro

interpretativo all’interno del quale assumono armonia e linearità gli eventi del passato, del presente e anche del futuro. In altre parole, la memoria è ciò che consente la costruzione e il mantenimento di un’identità nel tempo a dispetto dei continui e

116 Per un quadro aggiornato ed esaustivo, cfr. G

IANFRANCO PECCHINENDA, Dell’identità, Ipermedium libri,

Napoli, 1999.

incessanti cambiamenti che in esso si susseguono e che fanno sì che gli individui cambino costantemente: in questo senso l’identità sarebbe la percezione che un soggetto ha di essere sempre lo stesso, o meglio identico a se stesso, avendo la certezza che colui che agisce oggi è lo stesso individuo che era ieri e che sarà anche domani. Una continuità che è soltanto il frutto di una “finzione” della nostra mente, «Le diverse strategie della memoria che usiamo per facilitare l’illusione della continuità storica implicano l’atto mentale di “gettare un ponte”. Come classico artifizio per l’integrazione di spazi non contigui, il ponte è una metafora perfetta dello sforzo mnemonico per integrare le manifestazioni temporali non contigue di ciò che noi consideriamo “la stessa” entità (persona, organizzazione, nazione)»118. La

memoria, questa particolare forma che racchiude il senso della durata e della continuità, fornisce stabilità, permanenza e coerenza all’identità, «centrata sull’autocoscienza, la memoria pone l’identità come integrazione del sé». Dunque, la memoria è decisiva per il nostro senso d’identità poiché ricordare il passato ci permette di confermare ciò che siamo; quello che “io sono” si fonda su, e deriva sempre da, quello che “io sono stato”, ragion per cui «in un certo senso un individuo non ha una storia, ma è una storia»119.

Una storia che però – è importante sottolinearlo – non è sempre uguale, ma assume, ogni volta che viene narrata e riattualizzata, una fisionomia, una coloritura emotiva e dei significati diversi che cambiano fortemente in quanto vengono influenzati dal contesto, dalle situazioni e dalle contingenti esigenze del presente. Ciò che si è nel

118 E. ZERUBAVEL, Mappe del tempo, op. cit., p. 71. 119

momento dell’evocazione provoca una retroazione sulla scelta degli elementi del passato e sul senso ad essi attribuito, in un intreccio continuo del piano individuale con quello collettivo: ciò vuol dire che quanto si narra del passato non corrisponde mai esattamente a ciò che si sta rievocando. «Il lavoro della memoria è dunque una maieutica dell’identità, sempre rinnovata a ogni narrazione»120.

È per questo che si dice che l’identità è sì fatta di memoria, ma anche di oblio, che, lungi dall’essere un difetto, una carenza delle facoltà mnemoniche umane, ne costituisce un indispensabile contraltare, la funzione che consente l’opera di selezione, di discernimento di quanto è necessario conservare nel campo del memorabile e quanto, invece, va abbandonato al fine di costruire e preservare la stabilità dell’identità ancora una volta individuale e collettiva. Senza una selezione, infatti, non avremmo a disposizione quell’insieme di esperienze particolarmente e soggettivamente dotato di senso identificandoci con il quale soltanto possiamo dar forma e consistenza alle nostre identità, le quali, altrimenti, sarebbero un coacervo di dati indistinti e indistinguibili, di elementi puramente accidentali senza quella interconnessione personalmente rilevante che sola, come abbiamo appena visto, costituisce e nutre l’identità.

A questo punto, sarà meglio chiarire il fatto che il termine “memoria” viene usato per designare indistintamente due concetti ben diversi tra loro, quello di memoria come archivio o deposito (mneme) e quello di reminiscenza intesa come riflessione, rievocazione e rielaborazione del passato (anamnesis). L’esistenza di un archivio – sopratutto se in forme esteriorizzate e oggettivate attraverso mezzi e supporti

tecnologici – non è affatto condizione sufficiente all’appropriazione di un’identità; è piuttosto l’anmnesis a svolgere un ruolo decisivo per la costruzione del sé. Nonostante le enormi potenzialità di conservazione del passato offerte oggi dalle tante innovazioni tecnologiche, molti studiosi concordano nel sostenere la grande rilevanza di queste ultime per la mneme e la quasi totale ininfluenza per l’anamnesis e, «laddove acquistano significato, lo fanno nella tendenza opposta a quella che comunemente si crede: esse fanno cioè ridurre, e non aumentare, le capacità di anamnesis». Infine, crediamo che giovi ribadire e sottolineare quanto già si è sostenuto, cioè che probabilmente è sbagliato pensare alla memoria e all’identità come due fenomeni distinti, l’uno preesistente all’altro, dal momento che «anche se ontogeneticamente e filogeneticamente la memoria viene necessariamente prima rispetto all’identità – quest’ultima non è che una rappresentazione o al massimo uno stato acquisito, l’altra è una facoltà presente fin dalla nascita e dall’apparizione della specie umana – diventa difficile accordare la preminenza all’una o all’altra non appena consideriamo l’uomo in società. Infatti, memoria e identità si compenetrano. Indissociabili, esse si rafforzano reciprocamente, dal momento del loro emergere fino alla loro ineluttabile dissoluzione. Non c’è ricerca identitaria senza memoria e, inversamente, la ricerca memoriale è sempre accompagnata da un sentimento d’identità»121.