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Sul ruolo degli intellettuali Un discorso für ewig

Capitolo secondo: una riflessione sull’autobiografia «concepita

3. Ritorno all’intellettuale organico?

3.1 Sul ruolo degli intellettuali Un discorso für ewig

Antonio Gramsci considerava la “società civile” l'autentico fondamento della stabilità e della continuità dello Stato, come un ambito controllato principalmente dagli intellettuali, produttori e distributori di idee egemoniche95 che vanno dalle formule

filosofiche dominanti sino al folklore popolare della vita quotidiana.

L’idea centrale gramsciana era quella di portare avanti un discorso für ewig “per l’eterno” - secondo una complessa concezione del Goethe96 - sul ruolo degli 95 Riguardo al concetto di egemonia facciamo riferimento ovviamente a quello formulato da Gramsci secondo

cui il potere è basato sulla presenza contemporanea di forza e di consenso. Se prevale l’elemento della forza, si ottiene il dominio, se prevale il consenso si ha l’egemonia. L’egemonia è quindi la forma di potere basata essenzialmente sul consenso cioè sulla capacità di conquistare con la forza delle convinzione l’adesione a un determinato progetto politico e/o culturale.

intellettuali, come era accaduto nell’autunno del 1926 con il saggio sulla Questione

meridionale, rimasto incompleto a causa del suo arresto l’8 novembre di quello stesso

anno ad opera dei fascisti nel quale vi è su tutte un’idea: quella del rapporto intellettuali-popolo. La classe contadina, secondo Gramsci, è integrata in un blocco storico dove gli intellettuali medi diffondono una Weltanschauung borghese, una concezione di vita elaborata dai grandi intellettuali della classe dominante. Per separare il contadino dal proprietario terriero, è necessario favorire la formazione di un nuovo strato di intellettuali che respingano la Weltanschauung borghese e, al suo posto, creino e diffondano una cultura proletaria.

I Quaderni sono la prosecuzione e l’ampliamento del saggio sulla Questione

meridionale, in essi lo studio della funzione degli intellettuali nella storia d’Italia, sino

alla formazione dello stato unitario, c’è la critica delle filosofie che danno un fondamento teorico al dominio borghese, in particolare di quella di Benedetto Croce, c’è la lotta alle interpretazioni economicistiche, meccanicistiche e positivistiche del marxismo, c’è l’elaborazione di una nuova Weltanschauung proletaria, di una nuova concezione di vita opposta a quella borghese e sostitutiva d’essa nella coscienza delle classi sfruttate97.

Il tema centrale dei quaderni è, dunque, quello degli intellettuali, visti come lo strumento attraverso cui, in ogni società, la classe dominante esercita sulle classi subalterne la propria egemonia, quella che Gramsci definisce direzione intellettuale e morale delle masse. Lo Stato, inteso come società politica e società civile, come

riflessioni per farne una testimonianza perenne di pensiero e azione.

apparato giuridico-coercitivo e apparato egemonico-educativo, utilizza gli intellettuali per ottenere il consenso, per diffondere una concezione della vita e per elaborare una coscienza collettiva uniforme98.

Ogni blocco storico, ogni ordine costituito, ha i suoi punti di forza non solo nella violenza della classe dominante, nella capacità coercitiva dell’apparato statale, ma anche nell’adesione dei governati alla concezione del mondo che è propria della classe dominante.

«Una classe è dominante in due modi, è cioè “dirigente” e “dominante”. E’ dirigente delle classi alleate, è dominante delle classi avversarie. Perciò una classe già prima di andare al potere può essere “dirigente” (e deve esserlo); quando è al potere diventa dominante ma continua ad essere anche “dirigente”»99.

L’intera vita di Gramsci è stata dedicata alla promozione e alla realizzazione di una “superiore concezione di vita” che favorisse l’emancipazione culturale, morale e materiale delle masse, che le portasse alla conquista del potere politico e che le facesse uscire da una condizione di perenne minorità.

Ma per raggiungere uno scopo così alto era indispensabile avvalersi, a suo avviso, dell’ausilio di un “nuovo tipo” di intellettuale, capace di interessarsi seriamente alle concrete esigenze del proletariato, che avrebbero dovuto stabilire un “rapporto egemonico” con esso. Per rapporto egemonico egli intendeva una relazione pedagogica attiva, reciproca e dialettica, simile a quella tra insegnante e allievo in

98 Cfr. MARIOALIGHIEROMANACORDA, Introduzione, in L’alternativa pedagogica, La Nuova Italia, Firenze, 1972,

p. XXII.

ambito scolastico, finalizzata all’arricchimento vicendevole, che coinvolgesse la società intera e, quindi, “governanti e governati”, “élites e seguaci”, “dirigenti e diretti”, “avanguardie e corpi di esercito” e che interessasse anche le altre nazioni.

In quest’ottica anche l’intellettuale era chiamato alla crescita e alla messa in discussione, perché l’ambiente culturale così modificato fungeva esso stesso da “maestro” in quanto, acquisito un maggior senso storico-critico, era in grado di reagire su di lui ponendo interrogativi e problemi sempre diversi100.

Gramsci definisce gli intellettuali non come una classe, bensì come una categoria organica a ogni classe, utilizzata da quella dominante per elaborare una coscienza di sé e per imporla alle classi subalterne. Una volta formatasi, però, tale categoria tende a cristallizzarsi: nei primi decenni del Novecento, esistevano intellettuali tradizionali o di casta (il clero), intellettuali organici alla borghesia, quindi alla classe all’epoca dominante e, infine, i nuovi intellettuali organici al proletariato, cioè alla classe che si avvia a conquistare l’egemonia sociale101.

Egli stesso, già nel 1919, con la fondazione della rivista l’“Ordine Nuovo”, dalla quale nascerà il movimento dei consigli di fabbrica, perseguiva fortemente l’intento di formare degli intellettuali di “nuovo tipo”, nei quali fosse forte il nesso teoria-pratica che possedessero conoscenze sia di tipo tecnico-scientifico sia conoscenze di tipo storico-umanistico, senza dubbio maggiormente funzionali alle esigenze della grande industria dell’epoca moderna.

100 Cfr. A. GRAMSCI, op. cit., vol II, pp. 1131-1132. 101 Cfr. M. A. MANACORDA, op. cit., p. XXII.

Il vecchio tipo di intellettuale è rappresentato dall’avvocato, dall’impiegato, dal letterato, dal filosofo, dall’artista, ecc., il cui compito era fondamentalmente quello di convincere e di persuadere le masse popolari. Nel mondo moderno, dice Gramsci, l’educazione tecnica è strettamente connessa al lavoro industriale e forma il nuovo tipo di intellettuale: il tecnico legato alla produzione industriale.

Non è più l’eloquenza a caratterizzare il nuovo intellettuale, ma una formazione teoretica e pratica. Nel mescolarsi alla vita pratica, l’intellettuale di nuovo tipo è organizzatore, è costruttore, è “persuasore permanentemente”; “dalla tecnica-lavoro arriva alla tecnica-scienza e alla concezione umanistico-storica”.

L’educazione umanistico-storica è per Gramsci irrinunciabile poiché, senza di essa, si rimane specialisti e non si diventa dirigenti, ossia produttori e intellettuali insieme. Il dirigente è perciò lo “specialista più il politico”.

Ma il nucleo fondante del discorso gramsciano risiede nella convinzione che ogni uomo, al di fuori della propria professione, è portatore di valori, di una propria morale, di una personale concezione della vita, di un proprio gusto poetico, letterario, artistico. Ogni uomo è, quindi, un filosofo, un artista, esplica un’attività intellettuale e contribuisce a suscitare nuovi modi di pensare e, dunque, a promuovere e a modificare una determinata concezione del mondo.

Secondo Gramsci ci sono diversi gradi di attività specifica intellettuale. Non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo sapiens. Ogni uomo al di fuori della propria professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista,

partecipa di una concezione del mondo, quindi contribuisce a sostenerla o a modificarla, cioè suscita nuovi modi di pensare.

Il modo di essere del nuovo intellettuale non può più consistere nell’eloquenza ma nel mescolarsi attivamente alla vita pratica come costruttore, organizzatore e «persuasore permanente»102.