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III. IL NE BIS IN IDEM EUROPEO E I RIFLESSI SUGLI ORDINAMENTI INTERNI 44

6. Le decisioni della Corte di Giustizia e i risvolti sul piano interno

6.2. Il caso Menci

6.2. Il caso Menci Maggiori spunti di riflessione provengono dalla decisione assunta dal Tribunale di Bergamo133 a seguito del rinvio pregiudiziale nel caso Menci.

Il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, nella parte in cui non prevede l’applicabilità del divieto di un secondo giudizio

nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi protocolli.

In particolare, il Giudice a quo ha messo in evidenza il contrasto fra l’art. 649 c.p.p. e il principio di ragionevolezza intrinseca dell’ordinamento (sancito dall’art. 3 Cost.), rilevando come, sulla base della sentenza dalla Corte di Giustizia “la valutazione rimessa dalla Corte al giudice nazionale deve risolversi nel senso della eccessività dell’onere, rispetto alla gravità del reato, risultante concretamente per l’interessato dall’applicazione della normativa nazionale e dal cumulo dei procedimenti e delle sanzioni che la medesima autorizza”

Ebbene, secondo il Tribunale, tale eccessiva onerosità “produce peraltro un’ingiustificata disparità di trattamento, specialmente se rapportata al quadro sanzionatorio delle fattispecie originarie del D.Lgs. 74/2000 […], nonché un problema di ragionevolezza intrinseca dell’ordinamento. L’art. 649 c.p.p., enunciando il divieto di un secondo giudizio penale per il medesimo fatto, opera solo se l’imputato è stato già giudicato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili, presuppone cioè la formazione di un giudicato penale; neppure appare possibile superare la previsione letterale della disposizione con un’interpretazione costituzionalmente orientata o applicare in via analogica l’art. 649 c.p.p.”. Più in dettaglio, nel caso di specie, oggetto di contestazione era il reato previsto dall’art. 10 ter D. Lgs. 74/2000, che – come già rilevato - costituisce anche un illecito tributario di carattere (formalmente) amministrativo, sanzionato dall’art. 13, comma primo, D. Lgs. n. 471/1997. Infatti, all’imputato era già stata irrogata, in via definitiva, una sanzione amministrativa di euro 84.748,74, pari a oltre il 30 per cento

dell’imposta evasa, ma ciò non aveva impedito, ai sensi degli artt. 19, 20 e 21 del D.Lgs. n. 74/2000, l’avvio del procedimento penale.

Al riguardo, il Tribunale ha evidenziato che il sistema del doppio binario sanzionatorio si applica a tutte le fattispecie contenute nel D. Lgs. n. 74/2000 “indipendentemente cioè dalla circostanza che il procedimento penale e quello amministrativo abbiano ad oggetto un idem factum”.

A ben vedere, i reati di omesso versamento (di cui agli artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. n. 74/2000, peraltro introdotti successivamente all’entrata in vigore del Decreto) presentano una struttura ben diversa rispetto agli altri reati tributari.

Infatti, mentre le fattispecie originariamente contenute nel Decreto134 mirano a punire un’aggressione indiretta al bene giuridico tutelato (i.e. l’interesse dello Stato alla percezione dei tributi), posta in essere mediante l’impiego di mezzi fraudolenti da parte del contribuente, le fattispecie di cui agli artt. 10 bis e 10 ter del Decreto puniscono un’aggressione diretta al bene giuridico, ovvero il mero mancato versamento delle somme che correttamente, e senza l’utilizzo di alcun mezzo fraudolento, il contribuente ha indicato nella relativa dichiarazione.

Con riferimento a tali ipotesi, la ratio punitiva posta alla base delle fattispecie di reato e quella posta alla base dei correlati illeciti amministrativi coinciderebbero.

134 Ci si riferisce alle fattispecie di dichiarazione fraudolenza o infedele (artt. 2,3,4 D.Lgs 74/2000), omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs 74/2000), emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D.Lgs. 74/2000), e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000)

E allora, secondo il Tribunale, “la coincidenza fattuale sulla quale valutare la sussistenza del bis in idem sostanziale non solo origina dalla intrinseca univocità materiale e temporale della condotta di omesso versamento, ma è altresì sorretta dalla circostanza che tra la sanzione amministrativa e penale previste dal nostro ordinamento intercorre la medesima ratio punitiva”.

Tale perfetta coincidenza (tanto sotto il profilo fattuale, quanto sotto quello politico criminale) impone di ritenere non soddisfatte le condizioni al verificarsi delle quali, secondo la Corte di Giustizia, il doppio binario sanzionatorio non integrerebbe la violazione del ne bis in idem: difetta il requisito di complementarietà degli scopi delle sanzioni; non sussiste alcun elemento di differenziazione, anche solo a livello strutturale, fra le condotte punite; non esistono, a livello legislativo, forme di coordinamento dei due procedimenti, né strumenti in grado di garantire la proporzionalità della complessiva risposta sanzionatoria, tali da limitare a quanto strettamente necessario l’onere supplementare che deriva dal cumulo procedimentale.

Alla luce delle argomentazioni espresse nell’ordinanza, si può ritenere che la Corte Costituzionale sia oramai investita dell’onere di valutare se, così come congeniato, il sistema del doppio binario sanzionatorio in materia di illeciti tributari concernenti l’omesso versamento, possa soddisfare il principio del ne bis in idem sul piano processuale.

Invero, come già rilevato, per quanto nell’ambito degli illeciti tributari la concreta applicabilità della sanzione amministrativa sia subordinata alla mancata irrogazione di quella penale, ciò non appare di per sé sufficiente a escludere la violazione del ne bis in idem processuale, a meno che, come sembra fare la Corte EDU, non si intenda sovrapporre

al piano processuale, quello sostanziale del ne bis in idem, risolvendo, dunque, la questione facendo ricorso al principio della proporzionalità sanzionatoria. Ma se la tutela della dimensione individual-garantista si esplica proprio sotto il profilo della violazione sul piano processuale del ne bis in idem, allora tale soluzione non appare del tutto soddisfacente.

IV. IL DOUBLE JEOPARDY PRINCIPLE NEI SISTEMI DI