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Meter avesse poteri terapeutici pare si possa desumere anche da Diog Ath fr 1,5 K

Sn.

345

, Diod. Sic. III 58,2

346

, ed è attestato con

342 Come nello stasimo euripideo in H. Hom. 14,3-5, probabilmente la prima testimonianza letteraria che

definisca gli attributi e la dimora della dea, si associano suoni strumentali orgiastici ai suoni della natura selvaggia:

343

/

/ / . Van der Weiden (1991, 68) crede che

la Mater sia la frigia Cibele, sulla base di Strab. X 3,13, testimone di questi versi, e degli attributi che sono qui descritti. Lavecchia (2000, 116s. e 139) ritiene invece che in questo ditirambo la Mater coincida con Demetra, dea poliade di Tebe (per cui era composto il ditirambo) a cui è associato Dioniso anche in I. 7,3s., dove la dea è detta . In realtà, anche su questa espressione gli studiosi si dividono tra chi, come Farnell (1932, II 372), ritiene che non vi sia un implicito accostamento tra Demetra e Meter, e chi, come Moreux (1970, 1ss.), Henrichs (1976, 256) e Lavecchia (1994, 40) lo ravvisa ‒ cf. schol. Pind.

I. 7,3a e schol. Ar. Ach. 708a su Demetra Achaia. Lehnus (1979, 15 n. 38) pensa a «una qualche forma di

mimetismo metroaco», ma ritiene che sia più probabile che Pindaro dica Demetra pensando alla Madre che il contrario. Lavecchia (l.c.) considera inoltre il fr. 346 M. – in cui si parla dell’importazione a Tebe del culto eleusino di Persefone e Madre, e probabilmente dell’iniziazione di Eracle – come parte di questo ditirambo. All’inizio del ditirambo, però, si parla di una (v. 6) archetipica, svoltasi nella dimora di Zeus e i termini riferiti a Dioniso e alla Madre non sembrano richiamare con certezza nulla di eleusino ( , ). Infine non pare si debba necessariamente connettere gli descritti nell’incipit con l’eventuale successivo fr. 346, poiché all’inizio la performance divina è richiamata come modello ispiratore del nuovo canto ditirambico (v. 5) che ci si appresta a intonare.

344

Il poeta sembra alludere al rituale notturno in onore della divinità. Per il dibattito su questo passo pindarico e sulla Meter a Tebe si vedano Schachter 1986, II 138ss., Lehnus 1979, 3-55, Lavecchia 1994, 39 n. 30, Gentili 1995, 77 n. 2.

345

Vd. Diog. Ath. fr. 1 K.-Sn. (dalla Semele)

La descrizione degli strumenti e dei suoni del rituale di Cibele è assai simile a quella euripidea (vd. soprattutto i vv. 3s. dove si parla di e si usa il verbo ). Wilamowitz (annotazione ap. Nauck 1856) considera presente una lacuna dopo il v. 4, proposta accolta dagli ultimi editori.

346

90

evidenza per i riti coribantici (cf. Latte, l.c., Linforth 1946, con una raccolta dei passi

platonici, Jeanmaire 1972, 130-136, Giammarco Razzano 1995, 124ss., Pretini 1999,

che raccoglie le testimonianze antiche, Dodds 2005, 122-125 e 141 n. 90

347

, Guidorizzi

2010, 58-62). La musicoterapia rituale da loro operata era di tipo ‘omeopatico’ (cf. Plat.

Ion 536b, Phaedr. 244d-e, Leg. 790d-e, e Guidorizzi 2010, 60 «nel momento in cui ci si

ammala di “coribantismo”, si guarisce da esso»): «i Coribanti erano considerati essi

stessi folli e il “coribantismo” una vera e propria malattia mentale; tuttavia, o forse

appunto per questo, a loro si ricorreva per curare stati di alienazione mentale: essi sono

folli, guaritori di follia e nello stesso tempo autori di rituali estatici, fondati su un

particolare tipo di musica e di danza» (cf. Guidorizzi 2010, 58s.)

348

. Guidorizzi (2010,

60) osserva che il rituale coribantico sembra essere specificamente maschile, a

differenza dagli

dionisiaci, ma si veda Plat. Leg. 790d, in cui si parla di

, che testimonia, oltre a un’esplicita funzione

terapeutica dei riti, anche una partecipazione femminile alle cerimonie coribantiche

349

.

Un confronto con le Baccanti si rivela interessante da un punto di vista religioso e

musicale: la parodo è come il secondo stasimo dell’Elena uno

in cui si

definisce anche la

specifica di Dioniso e dei suoi riti, che comprende tra l’altro

347 Relativamente al rapporto tra Cibele e Coribanti ‒ e tra i rispettivi riti ‒ Dodds osserva che sebbene in

Eur. Hipp. 143s. ( ) e Dion. Hal. Dem. 1022 (

) se ne parla come se fossero due culti distinti, di certo in origine i Coribanti erano ministri della dea, ed entrambi sembrano connessi a una funzione terapeutica (sono associati e.g. in Eur. Ba. 125, Men. Th. fr. dub. 8ss. Sandbach e schol. Eur.

Hipp. 143 Dindorf B). Lo studioso pensa si possa

ipotizzare «che il rito coribantico fosse una figliazione del culto di Cibele, che ereditò la funzione risanatrice della dea e pervenne gradatamente a un’esistenza indipendente». Sebbene in origine il loro nome indicasse demoni connessi con Cibele/Meter, sicuramente nel V sec. ad Atene i Coribanti «occupano un ruolo riconosciuto nella gestione della follia e degli stati paranormali».

348 Il problema maggiore che presentano le testimonianze sul coribantismo è se «i Coribanti siano o meno

essi stessi i responsabili del malessere che veniva poi trattato con il rituale a loro dedicato, e, cioè, se si debba parlare di possessione anche prima dell’iniziazione al rituale» (Pretini 1999, 289): mentre Rohde (2006, II 47ss.) pensa che esistesse un disturbo detto ‘malattia dei Coribanti’, di cui i Coribanti erano ritenuti responsabili, che fu poi ritualizzato, Linforth (1946, 146ss.) ritiene fermamente che la possessione avvenisse solo durante il rito, su soggetti che soffrivano di disturbi di vario tipo, e che proprio per questo il verbo sia passato dall’originario valore di ‘essere posseduto dai Coribanti’ a quello di ‘partecipare ai riti coribantici’. Pretini (1999, 307) attribuisce questo valore al verbo usato per es. da Platone, ma pensa anche che spesso si parli di da parte dei Coribanti intesi come divinità/demoni (e.g. Eur. Hipp. 143) al di fuori del rito. Del resto non è così strano pensare a una tale duplicità semantica (che ha generato problemi nell’interpretazione delle fonti poco dettagliate), se si ipotizza una cura ‘omeopatica’: i sintomi della sono simili al processo della terapia. Interessanti relativamente al rito ‘terapeutico’ sono la scena parodica di Ar. V. 115ss. e gli schol. Ar. V. 8a-b Koster

349

Si vedano le descrizioni dei riti estatici in onore della Meter dei in Aret. (CMG II) SD 6,11 e dei riti dionisiaci in Aristid. Quint. 3,25, che sottolineano gli effetti di questa forma di ‘psicoterapia’.

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