avevano provocato sulla Meter nell’Elena: la musica orgiastica è uno dei mezzi con cui
il dio ‘ridente’
414fa cessare le sofferenze e trasforma il pianto in riso.
La vicenda delle Baccanti però, come è noto, mette in luce la duplicità,
l’ambiguità potenzialmente pericolosa insita in Dioniso e nel dionisismo
415, qualora il
cittadino vi opponga una
(vv. 374s.), e il premio che otterrà la ‘menade’
Agave, colpevole di non aver riconosciuto Dioniso come dio e ignara cacciatrice del
figlio
, non sarà il riso gioioso dei cori che fanno cessare le sofferenze, ma una
vittoria di lacrime, come dichiara il messaggero: Ba. 1144-1147
/
/
/
, «sta
arrivando fiera della sua preda sventurata, qua dentro le mura, e invoca Bacco, come
compagno di caccia, compagno della cattura, il glorioso vincitore: ma lacrime gli riporta
in premio». Anche il Coro subito dopo ‒ conscio della ‘vittoria’ di Dioniso ma còlto da
pietà per la casa reale investita dalla sciagura e, in particolare, per Cadmo (cf. vv. 1327s.
)
416‒ userà un’espressione tristemente duplice: Ba. 1153s.
/
, «celebriamo con la danza Bacco, alto gridiamo la
sciagura»
417. Come sostiene Segal (1994, 13), «on the one hand, the menads share the
414 Cf. Ba. 439 e 1021 , un riso, in questo caso, molto ambiguo. Dioniso è anche
detto in Nonn. D. VIII 32.
415 Cf. Segal (1982, 70-77), che individua gli aspetti negativi, violenti nella seconda parte del dramma
corrispondenti o, meglio, contrapposti, a quelli positivi esaltati specialmente nella parodo e nel primo stasimo. In generale vd. Seaford 2001, 30-52, soprattutto pp. 31s. sulla duplicità del dio stesso, pp. 42-44 sulla fusione degli opposti nel rito, pp. 45-48 per alcune proposte interpretative di quella che l’autore definisce un’«aetiological crisis». Lo studioso riconosce un «tragic paradox» nelle Baccanti, ma lo considera risolto «in favour of the communality represented by the god, in benefit for the polis» (la stessa morte di Penteo, ‘cattivo cittadino’, è letta come la morte del capro espiatorio, del tiranno tebano a cui sarebbero attribuiti i sentimenti ambivalenti che i cittadini di V secolo provarono rispetto ai culti orientali di recente introduzione). Una visione del finale del dramma in parte diversa ha Di Benedetto (2007, 159- 163), che riconosce nel quinto stasimo una tonalità ossimorica, con «la funzione di scandagliare una realtà profonda, per rivelare aspetti contrastanti che ora nella parte finale della tragedia impongono […] la loro compresenza, uno stare insieme forzato, e non per bizzarria escogitatrice del creatore del testo poetico». La lettura di Segal (1999/2000, 289-291) è altrettanto problematica: l’epifania di Dioniso alla fine appare come tragica anagnorisis, e nella versione tragica del mito di resistenza dionisiaco «the emphasis is on the suffering of the mortals rather than the triumph of the god». Il finale, insomma, esalterebbe il potere del dio ma solleva domande sulla sua natura di dio vendicativo. Del resto, come osserva lo studioso in un altro contributo (1996, 161), «ritual closure does not necessarily mean complete resolution of the conflicts raised by the play».
416 Sulla posizione particolare del Coro di straniere seguaci di Dioniso rispetto a Tebe e alla famiglia reale
nelle Baccanti si veda Segal 1997. Si noti che Cadmo stesso aveva detto nei versi immediatamente precedenti, a conclusione della sua rhesis sulla rovina che ha coinvolto tutti per colpa dell’empietà di Penteo e delle sorelle di Semele, tra cui Agave (vv. 1325s.):
417
108
mad Agave’s joy in the victorious ‘hunt’ [...] but, on the other hand, their song
intervenes structurally at just the point where, in a ‘normal’ tragedy, one would expect
an ode of lamentation» (cf. i versi ossimorici 1160-1162:
)
418. Nel finale la madre in lutto, mentre lascia la
città, rifiuta, più tristemente rispetto alla rinuncia di Antigone nel finale delle Fenicie,
gli
sul Citerone (vv. 1381-1387):
419/
/
/
/
/
421/
, «portatemi, mie guide, dalle sorelle, così che misere le prendiamo
come compagne d’esilio. Che io giunga dove né il Citerone veda me? , l’immondo, né
io con i miei occhi il Citerone, e neppure dove sia consacrata la memoria del tirso: ad
altre stia a cuore fare le baccanti». Mentre Antigone sembrava conservare un ricordo
felice delle sue oribasie, Agave, che ha sperimentato il lato vendicativo di Dioniso,
vuole cancellare qualsiasi visione che le possa suscitare la memoria di quei riti e lascia
quei luoghi e quelle pratiche ad altre che intendano partecipare davvero ai riti bacchici.
Nelle Baccanti sembra esserci, dunque, un’evoluzione interna, che mette in luce la
duplicità del dionisismo (e della sua musica) qualora i cittadini non onorino il dio e
rifiutino di celebrare il suo culto; il contrasto risulta evidente anche per il Coro di
seguaci del dio e per Agave vittima della vendetta, che alla fine del dramma rimangono
attoniti
422: mentre nella prima parte della tragedia la musica orgiastica tipica del
dionisismo è celebrata, come nell’Elena, anche per il suo potere rispetto ai dolori, nel
finale, dopo la drammatica punizione inflitta dal dio a Penteo, emerge con evidenza il
contrasto tra eccitamento bacchico e dolore (tradizionalmente espresso a questo punto
del dramma con il modulo del lamento funebre)
423. La musica dionisiaca potrebbe
418 Non sembra convincente, d’altro canto, l’idea di Segal (1994) per cui si intenderebbe mostrare così
l’affinità tra l’esaltazione, l’eccitamento menadico e il lutto, le lamentazioni femminili.
419
Cf. tra gli altri Dodds 1960, 242 (pace Roux 1972, 629), che giustamente ritiene che le non siano le baccanti del Coro ma donne tebane. Di Benedetto (2007, 504) ipotizza che siano cittadine sopraggiunte nel momento del seppellimento di Penteo (nella lacuna post v. 1329).
420 Musgrave (post ) : Kirchoff.
421 Cf. Kalke (1985, 420s.), che osserva che è usato in Euripide per indicare «a tomb or a memorial
to someone dead» e che quindi l’espressione «suggests a memorial to Pentheus, a reminder to Agave of her son, who himself became the crown on her thyrsus».
422 Si noti che il Coro non interviene più dopo i vv. 1327s. sopraccitati, dove esprime compassione per
Cadmo.
423 Segal (1999/2000, 291) osserva: «the joyful, exuberant side of Dionysiac worship described in the
odes of the first half of the play ‒ the participation in the vital energies of nature and the mood of liberation and ecstasy in the trilling rhythms of Dionysiac song and dance ‒ keeps retreating further into the background as the play goes on».