5. Implementazione sperimentale delle Normative Internazionali
5.3 Metodi di misura e strumentazione per prove elettriche
I procedimenti per l’esecuzione delle prove elettriche, da effettuare sulle connessioni a spostamento di isolante, sono stati dettagliatamente descritti nella sezione 4.5 del precedente capitolo. In questa sezione si vuole focalizzare l’attenzione sui metodi di misura e sugli strumenti necessari per effettuare al meglio le Prove di Tipo elettrico.
5.3.1 Misura di resistenza a 4 terminali
La prova elettrica più significativa è sicuramente la misura della resistenza di contatto. Tale resistenza deve essere bassa (dell’ordine di alcuni milliohm) e deve rimanere il più possibile costante nel tempo. Ci sono diversi metodi per misurare le piccole resistenze (metodi di zero, volt-amperometrica a 2 terminali, ecc.); le Normative Internazionali e gli standard industriali prescrivono che la misura della resistenza di contatto di una connessione IDC venga effettuata con uno schema a 4 terminali.
In una misura di resistenza classica, realizzata con due terminali (vedi Figura 5.9), si ha sempre il contributo delle resistenze di collegamento e delle resistenze di contatto nelle connessioni degli
strumenti, le quali devono essere sottratte dal valore di resistenza misurato. Le resistenze di
collegamento sono le resistenze dei fili impiegati per comporre il circuito di misura. Le resistenze di contatto, che si presentano nei punti di connessione del circuito, dipendono dalla superficie di contatto, dalla pressione tra le parti in contatto, dal tipo di lavorazione superficiale e dalla purezza delle parti in contatto; tali resistenze hanno inoltre un comportamento non lineare in funzione della corrente.
Amplificatore di uscita Generatore di segnale Compressore Amplificatore di potenza Amplificatore di condizione Livello impostato SHAKER Accelerometro Campione Tavolo vibrante
Implementazione sperimentale delle Normative Internazionali
176
Figura 5.9 – Misura di resistenza a 2 terminali.
In Figura 5.9 abbiamo un misuratore di resistenza generico (ad esempio un multimetro) racchiuso nel rettangolo. Esso è composto da un generatore di corrente “Ig” e da un voltmetro “Vm”. La corrente I generata da “Ig” scorre attraverso la nostra resistenza incognita Rx di piccolo valore (si intendono piccole resistenze quelle di valore inferiore a 1 ohm). Misurando la tensione ai suoi capi e applicando la semplice legge di Ohm (Rx=V/I) otteniamo il valore della nostra resistenza incognita Rx. Al valore di resistenza misurato si devono però togliere le resistenze dei collegamenti (Rs1, Rs2) e le resistenze di contatto dei due morsetti di collegamento.
Un modo per ovviare il problema delle resistenze parassite è lo schema di misura a 4 terminali (vedi Figura 5.10).
Figura 5.10 – Misura di resistenza a 4 terminali.
Possiamo notare che in questa configurazione il voltmetro ora misura la tensione a valle della resistenza dei cavi, direttamente a contatto della nostra Rx. Teoricamente ci sarebbero anche le resistenze Rs1a e Rs2a da considerare, ma trattandosi di frazioni di ohm o al massimo qualche ohm in serie alla resistenza di ingresso del voltmetro, che anche nel peggiore dei casi è di diverse decine di kiloohm, l'errore risultante è trascurabile. Collegando inoltre i morsetti voltmetrici internamente a quelli amperometrici è possibile evitare anche il contributo delle resistenze di contatto delle connessioni. Le resistenze di contatto dei morsetti voltmetrici hanno un effetto tanto minore quanto più elevata è la resistenza del circuito voltmetrico (sono quindi resistenze molto piccole).
Nello specifico (vedi paragrafo 4.5.2), la misura della resistenza di contatto per le connessioni IDC viene effettuata fornendo un alimentazione secondo norma ed eseguendo le connessioni voltmetriche con appositi puntali in zone che non siano influenzate dai contatti amperometrici.
Implementazione sperimentale delle Normative Internazionali
5.3.2 Strumenti per le misure elettriche
In un laboratorio adibito alla realizzazione di misure elettriche sono fondamentali le sorgenti di
alimentazione. Le sorgenti di tensione continua possono essere costituite da batterie di accumulatori,
quando sono necessarie tensioni di valore costante, prive di irregolarità e funzionanti per tempi limitati. Anche il raddrizzamento della tensione di rete a frequenza industriale fornisce un ottimo mezzo per disporre economicamente di potenze, anche rilevanti, in corrente continua. L'impiego di raddrizzatori a semiconduttore permette costruzioni semplici e compatte; la regolazione può essere fatta, entro certi limiti, sia agendo sulla tensione alternata di alimentazione, sia parzializzando la conduzione (se i raddrizzatori sono comandabili come innesco) a scapito però di un elevato contenuto di armoniche. Particolarmente compatti sono gli alimentatori switching, dove la tensione di rete viene prima raddrizzata e poi convertita ad alta frequenza per poterne controllare successivamente il valore.
Nelle prove elettriche da effettuare sulle connessioni a spostamento di isolante vengono utilizzati degli alimentatori elettronici, i quali possono operare sia come generatori a tensione costante sia come generatori a corrente costante. In alcune prove elettriche, come la prova di carico di corrente ciclico e di carico elettrico e temperatura, sono previsti dei cicli di funzionamento che possono far durare la prova molte ore. In questo caso è necessario che la sorgente sia programmata per alimentare automaticamente il circuito di misura seguendo i cicli di funzionamento.
Nella misura della resistenza di contatto (piccola resistenza) sono necessari, oltre all’alimentatore, il voltmetro per rilevare la tensione ai capi del contatto (dotato di appositi puntali) e l’amperometro per rilevare la corrente che attraversa, a questo proposito vengono utilizzati due strumenti digitali. L’incertezza sul valore di resistenza ricavato dal rapporto fra tensione e corrente misurate è pari alla somma delle incertezze proprie dei due strumenti.
Nel paragrafo 4.5.3 è stata invece decritta la misura della resistenza di isolamento (grande resistenza) per le connessioni elettriche a spostamento di isolante. Lo strumento necessario per la misura è il megaohmetro digitale, il quale è in grado di misurare resistenze di isolamento dell’ordine delle centinaia di gigaohm e può essere impiegato anche con elevate tensioni di prova (fino a 1 kV).
Un altro strumento necessario per le prove elettriche è il Contact Chatter Detector, il quale è in grado di verificare la continuità elettrica dei circuiti di misura e di eseguire la prova di perturbazione di contatto (vedi paragrafo 4.5.1) in maniera immediata. Questo strumento non è altro che un alimentatore in grado di recepire le brevi interruzioni di un circuito (interruzioni dell’ordine dei millisecondi o dei microsecondi). Ogni connettore viene alimentato con una certa tensione e corrente predefinita (secondo normativa) e collegato ad un canale del dispositivo, il quale segnala con l’accensione di un led luminoso l’eventuale interruzione di contatto. Questo strumento viene utilizzato durante le prove di vibrazione e di piegatura del filo.
Le prove elettriche da effettuare sui connettori in materiale plastico necessitano di particolari dispositivi. Per quanto riguarda la prova di resistenza alle correnti superficiali l’apparecchiatura necessaria è già stata descritta nel paragrafo 4.7.2. La verifica della rigidità dielettrica richiede un’apparecchiatura abbastanza simile alla prova appena citata. La strumentazione è costituita infatti da due elettrodi, i quali possono essere anche ad uso manuale, che permettono di applicare la tensione di prova nei punti specificati (vedi paragrafo 4.7.2). Entrambi questi strumenti, utilizzati da INARCA, sono prodotti da Volta S.p.a.
Si ricordi infine che la prova di carico elettrico e temperatura (vedi paragrafo 4.5.5) richiede di sottoporre i campioni a delle particolari condizioni ambientali. I dispositivi utilizzati per queste esigenze sono le camere climatiche, le quali verranno descritte nella sezione successiva.
Implementazione sperimentale delle Normative Internazionali
178
5.3.3 Termocoppie
Le prove elettriche di carico di corrente ciclico (vedi paragrafo 4.5.4), di carico elettrico e temperatura (vedi paragrafo 4.5.5) e di portata di corrente (vedi paragrafo 4.5.4) richiedono delle misure di temperatura. In questo paragrafo sarà definito il principio di funzionamento delle termocoppie, le quali rappresentano il sensore di temperatura utilizzato nelle prove elettriche relative alle connessioni elettriche a spostamento di isolante.
Si considerino due fili conduttori di metalli diversi uniti ad entrambe le estremità (giunzioni) in modo da formare un circuito chiuso. Se una delle due giunzioni viene riscaldata, accade che una corrente elettrica fluisce con continuità nel circuito dando luogo a quello che si chiama effetto Seebek. Un circuito che incorpori sia gli effetti termici sia quelli elettrici prende il nome di circuito termoelettrico, mentre un dispositivo che funzioni utilizzando un tale circuito è detto dispositivo termoelettrico.
L’effetto Seebek ha due principali applicazioni: la misurazione della temperatura e la produzione di energia elettrica. Se il circuito termoelettrico viene interrotto la corrente non può circolare e si può misurare con un voltmetro la forza elettromotrice o la tensione elettrica che si genera nel circuito (vedi Figura 4.11). Poiché la tensione risulta essere funzione della differenza di temperatura tra le due giunzioni, oltre che dei materiali costituenti i due conduttori (tramite il coefficiente di Seebek), ne consegue che misure di temperatura possono essere effettuate mediante semplici misure di tensione elettrica. In tal caso, i due conduttori utilizzati per misurare la temperatura con questo sistema costituiscono una termocoppia, che attualmente è il sensore di temperatura più versatile e più utilizzato. Per esempio, una comune termocoppia è costituita da un filo di rame e uno di costantana e genera una tensione elettrica di circa 40 µV per grado Celsius di differenza di temperatura tra le due giunzioni. I campi di impiego delle termocoppie vanno da -250 °C fino a circa 1000 °C. In ambito commerciale sono denominate da una lettera e spesso esiste anche una codifica dei colori degli accessori e degli isolamenti dei singoli fili; per questi valgono specifiche rigide per quanto riguarda la purezza della composizione. In Tabella 5.16 sono definite le sensibilità dei principali tipi di termocoppia:
Implementazione sperimentale delle Normative Internazionali
Figura 5.11 – Rappresentazione circuitale di una termocoppia.