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3.3 Impostazione del problema

4.1.2 Metodi integrati

Come accennato in precedenza, l’idea che sta sotto la concezione di un me- todo integrato risiede nel voler riportare le equazioni ad un sistema di rife- rimento comune. La differenza con i metodi di disaccoppiamento `e quindi

evidente; lo `e di meno la profonda analogia. Per spiegare questo punto, oc- corre far presente che nel paragrafo precedente `e stato necessario, ad un certo punto, introdurre una trasformazione per poter trasportare le informazioni da un riferimento all’altro, il che era esiziale per la soluzione dei problemi rappresentati da F e S. Tale trasformazione era chiaramente integrale, nel senso che agiva su risultati definitivi, se non del passo temporale, quantomeno dell’iterazione di riferimento.

Nulla vieta, in effetti, di descrivere la trasformazione in termini differen- ziali (cosa che, tra l’altro, `e stata gi`a effettuata per la membrana elastica, in corrispondenza della descrizione della cinematica dei corpi solidi, nel relativo capitolo) e di applicarla alle equazioni del sistema da trasformare. In questo modo, dunque, `e possibile descrivere la dinamica della membrana in termini euleriani o le equazioni di Navier - Stokes in termini lagrangiani potendo, cos`ı, procedere alla soluzione di un sistema di quattro equazioni differenziali. Sulla base di queste considerazioni `e necessario scegliere quale dei due sistemi trasformare; si possono cos`ı elencare

1. metodi lagrangiani;

2. metodi euleriani a mesh mobile; 3. metodi misti,

a seconda del tipo di riferimento che viene scelto per il sistema globale. Di se- guito una breve descrizione degli ultimi due, seguita da una pi`u approfondita per il primo.

Metodo euleriano a mesh mobile

Nel caso della seconda categoria, ci si rif`a ad una descrizione spaziale, pagan- do il prezzo della mobilit`a del dominio. Infatti, questo tipo di metodologia

lascia inalterate le equazioni del fluido e modifica quelle del solido con una trasformata in grado di cambiare la descrizione della dinamica, portandola nei termini spaziali, ossia con funzioni di campo. Questo approccio `e uti- lissimo in tutte quelle situazioni in cui la geometria `e fissa ed il moto delle particelle `e indefinito; ci`o `e dovuto proprio al fatto che la funzione di campo perde di vista il punto materiale che, virtualmente, pu`o anche uscire fuori dal dominio (`e prassi comune che ci`o accada). Per questo motivo `e ampiamente diffuso in ambito fluidodinamico.

In presenza di un dominio mobile, per`o, le equazioni differenziali che descrivono il problema dipendono dalle coordinate: nel caso dell’interazione fluido - strutturale, quindi, la presenza di un corpo solido che si deforma (e quindi deforma anche il dominio del fluido in cui `e immerso), introduce delle non linearit`a di tipo geometrico.

L’approccio euleriano, inoltre, necessita di una mesh mobile, come risulta evidente dalla sua definizione: supponendo di aver adottato una certa discre- tizzazione al tempo iniziale, la deformazione del solido fa s`ı che esso si muova attraversando i nodi, il che rende necessario riaggiornare la mesh.

A causa dei summenzionati motivi, `e chiaro che, nonostante il metodo euleriano consenta di trattare anche problemi di grandi spostamenti, questo approccio non sia molto diffuso nell’ambito delle analisi di interazione fluido - strutturale che riguardano materiali poco rigidi, a causa delle molteplici difficolt`a algebriche nella risoluzione dei sistemi discretizzati. Viceversa, `e sicuramente il metodo migliore, vista la facilit`a di impiego ed il suo significato intuitivo, nel caso in cui le deformazioni del solido siano contenute.

Metodo euleriano-lagrangiano a mesh fissa

Prima di passare alla caratterizzazione del metodo ALE, si vuole descrivere un metodo appartenente all’ultima categoria presentata in precedenza, che riesce a combinare i due sistemi, senza alterarne i riferimenti congeniali.

Supponiamo di mantenere la descrizione euleriana delle equazioni di Na- vier - Stokes in un dominio che sar`a necessariamente mobile per via dello spostamento del solido; `e stato gi`a discusso il fatto che ci`o crea dei problemi dovuti al cambiamento della geometria che contiene inizialmente il fluido. Per ovviare a tale questione, si pu`o racchiudere la suddetta geometria in un volu- me pi`u grande e discretizzarlo. Se quest’ultimo dovesse risultare abbastanza grande da contenere anche le deformazioni del dominio fluido, previsione che pu`o essere facilmente disponibile, la parte discretizzata ma non attiva, in un certo istante temporale, costituir`a un prolungamento fittizio del quale solo la zona collocata in prossimit`a della frontiera mobile dovr`a essere inserita nella computazione; il vantaggio, che risulta ovvio a tal punto, `e che la mesh rester`a fissa, ma cambier`a una funzione che vale uno per i nodi attivi e zero per quelli inattivi.

Dal lato del solido, invece, si pu`o mantenere la descrizione lagrangiana, senza ricorrere ad alcuna trasformazione, a differenza del metodo illustrato in precedenza. Ci`o `e reso possibile dalla formalizzazione dell’accoppiamento che, come esplicitato in precedenza, `e descrivibile in termini di compatibilit`a della velocit`a e della pressione all’interfaccia, cio`e alla superficie che delimita la zona fluida da quella solida. In effetti, sia dal lato del fluido che dal lato del solido, ciascun problema `e soggetto al vincolo imposto dall’altro; tale vincolo pu`o essere introdotto nei singoli sistemi tramite la tecnica dei moltiplicatori di Lagrange.

dotta dai moltiplicatori: essa rappresenta, sia dall’uno che dall’altro lato, la pressione all’interfaccia che, necessariamente, dovr`a coincidere, il che introdu- ce l’accoppiamento. Per concludere la formulazione, `e necessario aggiungere, al sistema composto dal problema del fluido e da quello del solido, l’equa- zione di congruenza del moto dell’interfaccia, e cio`e che la velocit`a del fluido sulla superficie di contatto sia pari alla derivata temporale dello spostamento della stessa superficie, calcolata nel sistema di riferimento del materiale, cio`e dal punto di vista del solido.

Con questo approccio, dunque, `e possibile formulare i due sotto - proble- mi nelle coordinate naturali; il prezzo da pagare consiste nell’introduzione delle due equazioni di interfaccia (uguaglianza della pressione e della velo- cit`a), che, invece, devono essere espresse in un riferimento comune (euleriano o lagrangiano che sia). Pur avendo presentato questa tecnica tra gli approcci integrati, `e chiaro, in ogni caso, che essa pu`o essere impiegata, una volta di- scretizzati i sistemi con una schema alle differenza finite, anche per formulare un metodo disaccoppiato.

4.2

Metodi lagrangiani - tecnica ALE

In questo paragrafo verr`a esposta la tecnica che `e stata adottata per la so- luzione del problema di interazione fluido-strutturale, basantesi sull’utilizzo di un sistema di riferimento lagrangiano anche per le equazioni che regolano la dinamica del fluido. A fronte dei ragionamenti esposti in precedenza, i vantaggi che reca un approccio di questo genere risiedono nella possibilit`a di descrivere il solido nelle coordinate del materiale, non alterando la naturale derivazione del moto, e di poter adottare un dominio fisso anche per il fluido, il che elimina alla base tutte le questioni riguardanti la non linearit`a di ti-

po geometrico, risultando, quindi, pi`u semplice da gestire rispetto ai metodi euleriani, in particolar modo se si adotta come riferimento fisso cui riporta- re il moto del fluido la condizione indeformata, come banalmente suggerito dall’intuito.

In aggiunta a ci`o, si vuole porre in evidenza che il metodo ALE consente non solo una naturale formulazione integrata del sistema, che si traduce, nella pratica, nell’accelerazione del processo di simulazione se relazionato ai metodi euleriani, ma anche di trattare in modo molto semplice le condizioni di interfaccia, dato che esse sono rappresentate dalla continuit`a della pressione e della velocit`a attraverso la superficie di contatto.

Lo svantaggio principale risiede nella trasformazione delle equazioni di Navier-Stokes, il che introduce un problema non di poco conto, che si con- cretizza nell’inadeguatezza della descrizione materiale per un fluido le cui particelle, prima o poi, potrebbero uscire dallo spazio di interesse (criticit`a trattata in precedenza e chiarita anche nel seguito). A tale problema si pu`o porre rimedio con delle tecniche che consentono di svincolare i punti materiali dalla discretizzazione del dominio.

4.2.1

Trasformazione delle equazioni di Navier-Stokes

Il processo di trasformazione delle equazioni di Navier-Stokes passa per la formulazione dei una mappatura, ossia una funzione in gradi di tenere trac- cia degli spostamenti del dominio fluido in funzione della posizione iniziale. Questo concetto `e gi`a stato introdotto nel capitolo di analisi della membrana: la mappatura, infatti, non `e altro che

~ x( ~X, t),

ossia la funzione che descrive la posizione del punto materiale. Essa consente di convertire le grandezze espresse in forma di campo in funzioni del punto materiale, per esempio

˜

v( ~X, t) = ~v(~x( ~X, t), t) p( ~˜X, t) = p(~x( ~X, t), t),

con ˜v e ˜pche rappresentano la velocit`a e la pressione nel riferimento lagran- giano.

Figura 4.1: Significato della mappatura

Nella trattazione della cinematica del corpo solido sono stati introdotti il gradiente F della trasformazione ed il suo determinante J; il gradiente ha un ruolo dominante nelle regole di trasformazione delle derivate. Le relazioni, ottenute sfruttando le propriet`a di composizione delle derivate, consentono di trovare l’operazione che nel sistema materiale `e equivalente alla derivazione spaziale. ∂f ∂t = ∂ ˜f ∂t −  F−1∂~x ∂t · ~∇m  ˜ f , ∇f = F−T mf ,˜ ~ ∇~v = ∇m˜vF−1,

(~v · ~∇)f = (F−1v · ~˜ m) ˜f ,

ove con il pedice m si `e indicato l’operatore ∇ espresso in coordinate la- grangiane; idem dicasi per le funzioni con la tilde, che per`o `e stata omessa per F , anch’esso dunque espresso in coordinate materiali, come suggerisce la definizione.

Prendiamo in esame la prima di queste quattro relazioni: essa si ricava con banali passaggi di derivazione composta

∂f(~x, t) ∂t = ∂( ˜f(~x−1(x, t), t)) ∂t = ∂ ˜f( ~X, t) ∂t + ∂~x−1( ~X, t) ∂t · ~∇mf ,˜ da cui si ricava la forma finale considerando che

~

x o ~x−1 = 1,

cio`e che la composta di ~x e di ~x−1 `e chiaramente l’identit`a. Risulta, infine

∂(~x(~x−1(~x, t))) ∂t = ∂~x ∂t + ∇m~x ∂~x−1 ∂t

che, considerando che il gradiente di ~x `e proprio F , invertendo la relazione, fornisce

∂~x−1

∂t = −F

−1∂~x

∂t.

Questa equazione, che sembra il risultato di un mero passaggio matemati- co, in realt`a non `e altro che la formalizzazione, a rovescio, della derivata materiale espressa in coordinate euleriane. Infatti, supponendo di seguire il procedimento per la trasformazione inversa, cio`e per passare dalle coordinate lagrangiane a quelle euleriane, si ottiene

∂ ˜f ∂t =

∂f

∂t + ~v · ~∇f, formula ben conosciuta in ambito fluidodinamico.

Applicando queste relazioni alle equazioni di Navier - Stokes e ricordando che

dv dV = J,

ove v e V sono volumi e non velocit`a, si giunge a

~

∇m· JF−1v˜= 0

per l’equazione di continuit`a e

Jρ˜ ∂˜v ∂t +  F−1(˜v − ∂~x ∂t  + ~F−T∇m  Jp˜  = J ˜ρ ˜f per il bilancio di quantit`a di moto.

Grazie a questa formulazione delle relazioni della dinamica del fluido, si `e arrivati ad un sistema di quattro equazioni differenziali espresse nello stesso riferimento. L’imposizione delle condizioni al contorno che, come anticipato, sono la continuit`a della pressione e della velocit`a attraverso l’interfaccia fluido - solido, consente di avere un problema ben definito che pu`o essere trattato numericamente in forma integrata.

In ogni caso, `e necessario trovare un metodo per costruire la mappatura che, si ricorda, `e incognita in quanto dipende dallo spostamento del soli- do, quindi dalla soluzione stessa. Questo problema `e trattato nel prossimo paragrafo.

4.2.2

La mappatura

La determinazione della funzione ~x `e essenziale per poter eseguire la trasfor- mazione delle equazioni fluidodinamiche; in analogia ai problemi riguardanti i solidi, la mappatura pu`o essere costruita in modo naturale, imponendo che la derivata temporale della deformazione del dominio (o, in modo equivalen- te, lo spostamento delle particelle fluide uf) sia uguale alla velocit`a dei punti

materiali

∂~uf

∂t = ~vf.

L’integrazione di questa formula consente di ricavare il campo di spostamento (~u) e, di conseguenza, la funzione ~x,banalmente data da

~x= ~u + ~X.

In precedenza si era accennato al problema introdotto da una descrizione materiale per un modello fluido, dovuto alla possibilit`a che le particelle esca- no dal dominio e non vi rientrino pi`u. Si pensi, ad esempio, ad un flusso d’acqua in un tubo: servirsi del metodo presentato or ora per la costruzio- ne della mappatura porterebbe allo spiacevole inconveniente dato dall’avere un dominio che si deforma indefinitamente, proprio perch´e l’utilizzo di que- sto approccio naturale si concretizza nel seguire il moto delle particelle che sono presenti nell’istante iniziale e che con molto difficolt`a rimarranno in prossimit`a della loro posizione di partenza.

Con questo semplice esempio, si chiarisce subito che `e necessario definire la mappatura in un modo che consenta di svincolare la descrizione dal singolo punto materiale, a meno che non si voglia descrivere il flusso ristagnante in

una cavit`a (ed in ogni caso sperando che non ci siano eccessivi rimescolamenti dello stesso).

Definiamo le caratteristiche che deve possedere la funzione ~x:

1. la funzione deve essere invertibile, ossia biunivoca, perch´e deve asso- ciare ad ogni punto materiale un solo punto spaziale e viceversa; 2. lungo l’interfaccia tra il fluido ed il solido, essa deve coincidere con

l’analoga trasformata costruita sul modello del solido;

3. deve essere regolare, il che si traduce nell’avere determinante J stret- tamente maggiore di zero.

Il punto 2 fa balenare in mente l’idea di introdurre un’equazione differen- ziale in grado di descrivere le equazioni del moto; la condizione di interfaccia, infatti, pu`o essere sfruttata come condizione al contorno. Lo stesso dicasi per altre eventuali condizioni al contorno da porre al bordo del dominio fluido, a seconda delle esigenze (per esempio, fissando la deformazione a zero).

La scelta pi`u semplice `e

∇2~u= 0,

cio`e un’equazione di Laplace (da cui prende il nome questo metodo). L’uti- lizzo di questa relazione `e molto efficace in quei problemi in cui il moto del fluido segue effettivamente delle traiettorie armoniche (le onde, per esempio), ma perde di precisione in presenza di spigoli vivi. In tali zone, se presenti, della mesh, infatti, la soluzione teorica prevederebbe che

J → ∞

Un approccio che garantisce maggiore stabilit`a passa per l’impiego di un’equazione biarmonica

∇4~u= 0

il che formalizza il metodo di Winslow. Questa tecnica consente di abbassare la criticit`a dovuta agli spigoli, ragion per cui viene utilizzata quando si vuole avere un metodo robusto. Non `e consigliabile, invece, se bisogna privilegiare la rapidit`a computazionale, in quanto il calcolo di ~u richiede molto tempo.

Infine, si pu`o utilizzare una descrizione di tipo elastico, trattando il fluido come un solido di rigidezza molto bassa. Supponiamo di conoscere F che, come sappiamo, `e il gradiente della trasformata. In termini del campo di spostamento, sussiste la relazione

F = I + ~∇m~u,

che si pu`o sostituire nella definizione della matrice E:

E = 1 2(F

TF − I),

ottenendo

2E = ~∇m~uT + ~∇m~u+ ~∇m~uT∇~m~u,

da cui risulta chiaro il significato della matrice E: supponendo che gli sposta- menti siano piccoli, infatti, essa coincide con il tensore delle piccole deforma- zioni, presente nella teoria dell’elasticit`a lineare, in quanto si pu`o trascurare l’ultimo termine a destra. L’equazione che descrive la mappatura, dunque, `e del tipo

con λ e µ costanti elastiche che servono per la caratterizzazione del problema. Questo tipo di equazione ha il difetto di tendere a descrivere un materiale incomprimibile, da cui deriva la particolarit`a di dover adottare un Coefficiente di Poisson negativo per evitare che gli elementi della mesh che si allungano molto in una direzione possano invertirsi (proprio a causa della contrazione poissoniana), cosa che condurrebbe al fallimento della simulazione.

Per concludere questo capitolo si richiamano i punti pi`u importanti: 1. l’idea che sta sotto il metodo ALE `e quella di portare le equazioni del

fluido in un riferimento lagrangiano;

2. le relazioni cinematiche tra i riferimenti euleriano e lagrangiano con- sentono di formalizzare la trasformazione delle derivate da un sistema di descrizione all’altro;

3. per calcolare la trasformazione `e necessario definire la mappatura (inco- gnita) del sistema mobile nel sistema fisso, il che viene fatto implicita- mente, mediante l’introduzione di un’ulteriore equazione differenziale; 4. il problema finale `e quindi definito da

• trasformata dell’equazione di continuit`a del fluido;

• trasformata dell’equazione di bilancio di quantit`a di moto del fluido;

• equazioni della dinamica del solido; • equazione di definizione della mappatura;

• compatibilit`a della velocit`a e della pressione all’interfaccia fluido- strutturale;

Nel prosieguo della trattazione si illustreranno i modelli sviluppati in COMSOL 3.5a per l’implementazione di analisi agli elementi finiti incentrate sui sistemi trattati finora.

Capitolo 5

Simulazioni con elementi finiti

Nel presente capitolo verranno presentate le simulazioni effettuate su COM- SOL 3.5a per l’implementazione di un metodo agli elementi finiti in gra- do di discretizzare i sistemi di equazioni differenziali presentati nelle parti precedenti.

L’impostazione del modello ad elementi finiti ha richiesto particolari at- tenzioni a causa dei frequenti problemi incontrati in fase di calcolo, princi- palmente dovuti all’instabilit`a del solutore. Un altra considerazione riguarda tutte le simulazioni che pur non dovendo fare fronte al suddetto problema (anzi mostrando chiari segnali di convergenza) non sono state portate a ter- mine per via del tempo di computazione stimato addirittura in giorni, nei casi pi`u complessi.

Per le ragioni appena esposte, come gi`a affermato pi`u volte in precedenza, si `e ritenuto opportuno suddividere il problema, studiando singolarmente le parti che lo costituiscono. Nella prima parte del capitolo sono mostrate le simulazioni relative alla membrana elastica; `e stato, infatti, necessario ga- rantire la possibilit`a di uno studio dinamico dell’elastomero, senza il quale non avrebbe avuto alcun senso tentare di risolvere il problema di interazione

fluido - strutturale. Di conseguenza, varie combinazioni di carico (statico e variabile), diversi tipi di mesh ed alcune geometrie (ottenute cambiando lo spessore e lunghezza della membrana) sono state messe alla prova per ve- rificare la convergenza del metodo, la stabilit`a del solutore e la velocit`a di computazione. Una volta trovata una combinazione soddisfacente, si `e prov- veduto a modificare le leggi costitutive (utilizzando i modelli presentati nel secondo capitolo), introducendo anche la dissipazione che, in prima istanza, `e stata inclusa con uno smorzamento di tipo Rayleigh. I risultati sono stati comparati con la soluzione analitica semplificata per stimarne la precisione.

Nella seconda parte, viene presentato lo studio relativo al moto ondoso innescato nel ”flume”: in principio, `e stato ricostruito il sistema presentato in [6], implementando lo stesso setup e verificando la corrispondenza dei risul- tati. Si `e cos`ı ottenuta una simulazione con pistone mobile e strato spugnoso, cos`ı come `e stata descritta sul finire del terzo capitolo. In seguito, numerosi tentativi sono stati messi a punto per oltrepassare il metodo di dissipazione a viscosit`a crescente; essi si sono concretizzati nella realizzazione di un modello con due pareti a moto imposto, delle quali la seconda (quella destra) dotata di moto sinusoidale in fase con l’onda incidente generata dal pistone mobile, il che consente, come previsto da [2], a tale parete di assorbire la radiazione incidente e di eliminare la riflessione. Tale risultato `e stato poi applicato ad un tentativo di studio interamente fluidodinamico del sistema, imponen- do ad una protuberanza posta in corrispondenza del punto di attracco della membrana un moto alternato.

Nell’ultima parte del capitolo, infine, sono esposti i tentativi di simulazio- ne accoppiata fluido - strutturale, che hanno usufruito dei parametri ottenuti nelle analisi di cui sopra; la membrana, idealmente, dovrebbe provvedere da sola ad una buona parte dello smorzamento dell’onda incidente, ma per mo-

tivi di potenza di calcolo non si `e riuscito ad ottenere un tale risultato che richiederebbe una deformazione molto grande dell’elastomero, il che rende la computazione molto onerosa. Pertanto, si `e in primo luogo affiancato al corpo elastico un canale di sfogo con innalzamento fittizio della viscosit`a per poi procedere alla sua progressiva eliminazione, per casi ad onda lenta e di altezza ridotta.

5.1

Simulazione della membrana

Diverse simulazioni sono state condotte sulla membrana iperelastica per tro- vare le impostazioni pi`u favorevoli. In primo luogo, si `e scelto di adottare un modello bidimensionale, decisione dovuta alla necessit`a di accoppiamento con il problema fluidodinamico (anch’esso bidimensionale), che ha imposto di non operare ulteriori semplificazioni. Il tipo di elemento utilizzato `e ret- tangolare del secondo ordine, ed `e stato l’unico in grado di garantire la buona riuscita delle simulazioni dinamiche. L’altezza della membrana `e stata fis- sata a 350 mm; lo spessore `e progressivamente ridotto da 100 mm a 5 mm. Per quanto riguarda la discretizzazione, `e stato imposto il numero di elementi

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