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Analisi Fluido-Strutturale di una Membrana Iperelastica Deformata da Moto Ondoso.

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(1)

Pierluigi Ciacci

Analisi Fluido-Strutturale

di una Membrana Iperelastica

Deformata dal Moto Ondoso

Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Universit`a di Pisa 2013-2014

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Universit`

a degli Studi di Pisa

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Relazione per il conseguimento

della laurea magistrale

in Ingegneria Meccanica

Analisi Fluido-Strutturale di una

Membrana Iperelastica Deformata dal

Moto Ondoso

Candidato:

Pierluigi Ciacci

Matricola 459439

Relatori:

Dott. Ing. Marco Fontana Dott. Ing. Rocco Vertechy

PercRo Laboratory

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Sommario

Il presente studio espone una tecnica di impostazione dei problemi strutturali con interazione fluidodinamica (FSI), che viene implementata con un model-lo agli elementi finiti (COMSOL 3.5a) e applicata al caso di deformazione di una membrana iperelastica dovuta al moto ondoso. La trattazione si limita al caso bidimensionale e procede analizzando prima separatamente il moto dell’elastomero e del fluido per poi riunire i due sistemi di equazioni diffe-renziali, scritti in sistemi di riferimento diversi (rispettivamente lagrangiano ed euleriano), mediante l’utilizzo del metodo ALE (acronimo per Arbitrary Lagrangian-Eulerian).

(7)

Abstract

The aim of this thesis is to implement a Finite Element Method (FEM) to analyse Fluid–structure Interaction (FSI) problems using the commercial software COMSOL 3.5a. The problem involves the deformation of a hypere-lastic membrane deformed by waves generated in a ”flume” and is assumed to be 2D. The elastomer and the fluid are studied separately at first and the equation of motion are described in both cases. Secondly, a monolithic tech-nique of solution is applied in order to couple the two systems of differential equation which are written in different coordinates (lagrangian the former, eulerian the latter). The chosen approach was the ALE method (Arbitrary Lagrangian Eulerian).

(8)

Indice

1 Introduzione 9

1.1 La produzione di energia elettrica tramite gli elastomeri

die-lettrici . . . 12

2 Analisi della membrana elastica 16 2.1 Teoria dell’elasticit`a non lineare . . . 17

2.1.1 Cinematica del continuo . . . 17

2.1.2 Equazioni di bilancio . . . 22

2.1.3 Il modello costitutivo . . . 26

2.2 Applicazione al problema in esame . . . 32

3 Analisi del moto ondoso 37 3.1 Equazioni fluidodinamiche . . . 38

3.2 La teoria di Airy . . . 40

3.2.1 Applicazione al generatore d’onda . . . 42

3.3 Impostazione del problema . . . 44

4 Il metodo ALE 51 4.1 Tecniche per la soluzione numerica . . . 52

4.1.1 Metodi di disaccoppiamento . . . 52

4.1.2 Metodi integrati . . . 55

(9)

4.2 Metodi lagrangiani - tecnica ALE . . . 59 4.2.1 Trasformazione delle equazioni di Navier-Stokes . . . . 60 4.2.2 La mappatura . . . 64

5 Simulazioni con elementi finiti 69

5.1 Simulazione della membrana . . . 71 5.2 Simulazione del flume . . . 77 5.3 Simulazioni accoppiate . . . 86

6 Conclusioni 91

(10)

Elenco delle figure

1.1 Flume visto di profilo. . . 11 1.2 Disegno schematico del sistema studiato. . . 11 1.3 Il sistema bivariante. . . 12 1.4 Grafico carico - lunghezza per diversi valori del potenziale. . . 13 1.5 Ciclo nel piano Φ − Q. . . 14 2.1 Sistemi di riferimento materiale (a sinistra) e spaziale (a

de-stra) usati per la dinamica. . . 32 3.1 Schema del sistema studiato. . . 40 3.2 Approssimazione per la determinazione della corsa del pistone

mobile. . . 43 4.1 Significato della mappatura . . . 61 5.1 Esempio di geometria e di mesh adottate per la membrana:

altezza (in orizzontale) 350 mm, spessore 10 mm, 100 elementi rettangolari del secondo ordine disposti su due colonne. . . 72 5.2 Confronto tra il risultato della simulazione ed un modello

ana-litico di soluzione delle equazioni di equilibrio della membrana. 73 5.3 Simulazione della membrana con deformazione in scala colorata. 74

(11)

5.4 Spostamento del punto medio del lato destro della membrana in caso di forzante sinusoidale con smorzamento interno. . . . 75 5.5 Integrale sul bordo del carico applicato. . . 75 5.6 Dominio fluido (lunghezza 12 m ed altezza 0.5 m) e relativa

di-scretizzazione con 1200 elementi con qualit`a minima superiore a 0.9. . . 79 5.7 Andamento della viscosit`a lungo la coordinata orizzontale. . . 80 5.8 Simulazione del moto ondoso per A = 0.04 m e τ = 1.2 s; la

deformazione `e amplificata di 5 volte. . . 82 5.9 Spostamento verticale di un punto sulla superficie libera nelle

condizioni di cui sopra. . . 83 5.10 Schema del sistema a doppia parete mobile. . . 84 5.11 Spostamento verticale di un punto sulla superficie libera nelle

condizioni parete destra mobile. . . 85 5.12 Sistema con protuberanza mobile. . . 85 5.13 Modello con canale di smorzamento. . . 87 5.14 Simulazione del sistema accoppiato con canale di smorzamento. 88 5.15 Simulazione del sistema accoppiato senza canale di

(12)

Capitolo 1

Introduzione

Il presente lavoro ha preso spunto dagli studi pi`u recenti riguardanti le fonti d’energia rinnovabili. Nell’ambito del progetto PolyWEC, infatti, `e in at-to una continua ricerca di meat-todi innovativi per la conversione dell’energia meccanica presente nel mare in energia elettrica (WEC `e l’acronimo di Wave Energy Conversion). Una possibilit`a sulla quale si sta indagando riguarda l’u-so di materiali dielettrici di comportamento iperelastico: tali materiali l’u-sono in grado di deformarsi in maniera macroscopica se sottoposti ad una variazione di potenziale elettrico, caratteristica che consente la creazione di attuatori e trasduttori molto precisi ed a basso costo, specialmente per applicazioni microscopiche.

Per la produzione di energia elettrica `e necessario sfruttare al rovescio il principio che sta sotto l’attuazione; supponendo di porre una certa carica su due superfici opposte di una membrana, la deformazione causata dall’im-missione di energia meccanica comporter`a anche una variazione di energia elettrica, dovuta all’aver portato le cariche ad un potenziale pi`u alto. L’i-deazione di un dispositivo che sfrutti questo principio per la conversione dell’energia presente nel mare, perci`o, prevede che la membrana elastica,

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coperta sulle sue facce pi`u estese da un sottile strato di materiale conduttore (che conterr`a la carica), venga deformata dal moto ondoso, realizzando, cos`ı, un nuovo modello di generatore idroelettrico. Ulteriori dettegli sono forniti nel prossimo paragrafo.

Tali sono, dunque, i motivi che portano all’esigenza di approfondimento degli studi riguardanti il moto ondoso e la caratterizzazione elettromecca-nica del materiale iperelastico, in modo da poter effettuare delle stime sul rendimento, sulle dimensioni e, infine, sulla praticabilit`a di questa soluzio-ne. L’indagine, chiaramente, viene condotta sia dal punto di vista teorico, attraverso la ricerca di metodi di analisi dei problemi, che dal punto di vi-sta sperimentale, mediante l’estrazione di dati ricavati per mezzo di apposite attrezzature.

Una di queste viene presa in esame e trattata, in modo semplificato, dal presente lavoro: si tratta di un generatore d’onda in acqua poco profonda (”flume”, Figura 1.1), la cui struttura consta di una vasca rettangolare de-limitata, sui lati pi`u piccoli, da un pistone oscillante e da una parete fissa o con movimento smorzato. Su quest’ultima parete `e posta una membrana elastica rettangolare, incastrata ai quattro lati, che si deforma liberamente per effetto delle onde.

Il problema `e chiaramente tridimensionale; tuttavia, per motivi di poten-za computazionale, nonch´e per il fatto che in prima istanpoten-za si `e interessati solo ad una stima sull’ordine di grandezza delle variabili di studio, si `e pre-ferito limitarsi ad un caso bidimensionale ispirato all’attrezzatura descritta in precedenza (Figura 1.2), analizzandone la sezione media e assumendo, di conseguenza, infinita la dimensione ortogonale a tale piano.

Nel seguito il problema verr`a analizzato per gradi: nel prossimo capitolo verr`a presentata la teoria dell’elasticit`a non lineare e la sua applicazione al

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Figura 1.1: Flume visto di profilo.

Figura 1.2: Disegno schematico del sistema studiato.

problema in esame; nel terzo capitolo, si esporranno i metodi di analisi della dinamica del fluido, in particolare la teoria di Airy per il moto ondoso; nel quarto capitolo si descriver`a il metodo ALE, necessario per l’accoppiamento delle equazioni ricavate nei due capitoli precedenti, in quanto esse si riferi-scono a due differenti sistemi di coordinate (rispettivamente lagrangiano ed euleriano). Infine, nel quinto e nell’ultimo capitolo, si mostreranno i risul-tati di alcune simulazioni ottenuti con l’implementazione di un modello agli elementi finiti e le conclusioni tratte dall’analisi effettuata.

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1.1

La produzione di energia elettrica

trami-te gli elastomeri dielettrici

In questo paragrafo si introdurranno alcuni concetti derivati dalle tratta-zioni termodinamiche per caratterizzare il comportamento di un elastomero dielettrico come sistema descrivibile mediante funzioni di stato, seguendo il metodo presentato in [9]. In tal modo si potr`a prendere coscienza della fisi-ca che sta dietro alle tecniche di conversione dell’energia elettrifisi-ca in energia meccanica e viceversa.

Ipotizziamo di avere un trasduttore composto da un involucro di elastome-ro dielettrico che ricopre due elettelastome-rodi caricati in modo opposto; supponiamo che ad uno dei due elettrodi sia collegato un peso, mentre l’altro sia perfet-tamente vincolato nella sua posizione. Infine, assumiamo che la differenza di potenziale tra gli elettrodi sia mantenuta costante mediante un generatore ideale e che la temperatura sia costante (Figura 1.3).

Figura 1.3: Il sistema bivariante.

Il sistema cos`ı descritto, seguendo un approccio di stampo termodinami-co, `e bivariante; `e possibile scegliere, come funzioni di stato che lo descrivono,

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il potenziale Φ ed il carico P , rappresentato dal peso. P e Φ possono esse-re esse-regolati indipendentemente l’uno dall’altro, quindi non c’`e pericolo che divengano uno funzione dell’altro.

`

E possibile riportare in un grafico (Figura 1.4) la curva caratteristica P (l), con l lunghezza in direzione del carico a Φ costante, per differenti valori di Φ

Figura 1.4: Grafico carico - lunghezza per diversi valori del potenziale.

Il sottografico di una trasformazione rappresentata da una linea che con-giunge due punti `e proprio il lavoro fatto dal carico; infatti, ha espressione

Z B

A

P dl. `

E chiaro che la scelta di Φ e P come variabili di stato `e solo una tra quelle possibili: seguendo i principi ben noti della termodinamica, la selezione pu`o ricadere tra due funzioni di stato a scelta tra Φ, P , l (lunghezza del materiale lungo la direzione del carico) e Q (carica sugli elettrodi). Il vantaggio che risiede dietro la scelta del carico e del potenziale elettrico sta nel poter scrivere l’energia libera di Helmotz (A) con

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δA= P δl + ΦδQ

cosa che, come si vedr`a nel prossimo capitolo, consentir`a di ricavare la legge che lega la tensione alla deformazione.

Come si pu`o notare dall’equazione di stato, i termini che contribuiscono alla variazione dell’energia libera di Helmotz sono il lavoro meccanico (primo termine del secondo membro) e l’energia elettrica (secondo termine); sor-ge dunque spontanea l’idea di realizzare un ciclo ”Carnot” realizzando due coppie di trasformazioni a carica e potenziale costante (Figura 1.5).

Figura 1.5: Ciclo nel piano Φ − Q.

Un ciclo che ricalca quello teorico pu`o essere realizzato, nella pratica, nel seguente modo: il tratto AB rappresenta il momento del ”pompaggio” della carica elettrica su due facce opposte di una membrana elastica che, pertanto, funge da condensatore. La deformazione causa una variazione di capacit`a e consente di portare le cariche ad un potenziale pi`u alto (tratto BC), con conseguente aumento dell’energia elettrica presente nel materiale. A questo

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punto, riducendo la carica elettrica e mantenendo fisso il potenziale (tratto CD) si pu`o sottrarre parte di questa energia e, infine, riportare il sistema allo stato iniziale (tratto DA). `E chiaro che maggiori propriet`a dielettriche e capacit`a di deformazione risultano in un incremento di energia convertibile, da cui l’interesse per gli elastomeri dielettrici.

La possibilit`a di convertire l’energia delle onde in energia elettrica, quin-di, `e strettamente connessa con la capacit`a di creare un dispositivo in grado di realizzare un ciclo come, ad esempio, quello appena finito di descrivere: analiticamente, seguendo un approccio di questo tipo, si pu`o determinare quale sia l’efficienza teorica di meccanismi funzionanti secondo questi prin-cipi. L’analisi meccanica e la simulazione, in aggiunta, servono per capire quanto ci si pu`o avvicinare al limite teorico e, pertanto, quanto possa essere efficace lo sviluppo di questa tecnologia per la produzione di energia elettrica.

(19)

Capitolo 2

Analisi della membrana elastica

Nel presente capitolo viene esposta la teoria dell’elasticit`a non lineare, le cui tecniche consentono di studiare la deformazione delle membrane ipere-lastiche, e la sua applicazione al caso preso in esame. Similmente a quanto previsto dalla teoria lineare, `e necessario trovare un modello costitutivo (per descrivere il legame tra tensione e deformazione), delle equazioni di equilibrio e delle relazioni cinematiche per connettere le deformazioni al campo degli spostamenti. Tuttavia, la membrana da studiare rappresenta una situazione in cui

• il modello costitutivo `e polinomiale o logaritmico, • le deformazioni non sono di piccola entit`a,

• lo stesso dicasi per gli spostamenti,

il che si traduce nella presenza di non linearit`a geometriche e costitutive. Questo aspetto, in alcuni casi, non giustifica l’abbandono delle tecniche clas-siche di analisi strutturale, essendo possibile studiare il corpo in questione con un metodo di linearizzazione a tratti, frazionando il caricamento in parti

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abbastanza piccole da consentire un’approssimazione al prim’ordine e aggior-nando la geometria di volta in volta. Il mescolarsi di queste complessit`a con la richiesta di una risposta dinamica del sistema, nonch´e la possibilit`a di im-postazione di una trattazione pi`u generale, ha portato ad escludere di poter utilizzare un simile approccio, che per`o potrebbe essere recuperato qualora si potessero ritenere trascurabili i termini inerziali ed a condizione di poter implementare un’efficiente approssimazione per il modello costitutivo (ricor-diamo che in teoria si dovrebbe tenere in conto anche di una componente elettrica).

La conseguenza di queste considerazioni `e stata la necessit`a dell’uso di una teoria in grado di generalizzare i procedimenti utilizzati nel campo li-neare elastico ai problemi non lineari, il che ha condotto ad un’indagine sui metodi presenti in letteratura che vengono brevemente richiamati nella prima parte di questo capitolo: in primo luogo vengono esposti alcuni concetti di cinematica (necessari anche per il capitolo sul metodo ALE) e sulle equazioni di bilancio (seguendo principalmente la trattazione in [10]); l’analisi dell’e-quazione di stato porta alla definizione del legame tensione - deformazione (riportata in [9]), cui segue la presentazione di alcuni dei modelli costitutivi pi`u utilizzati. Nell’ultima parte verr`a mostrato il risultato di una semplice applicazione della teoria al sistema cui si riferisce questo studio, il che ha consentito di avere un riscontro analitico per i dati estratti dalle simulazioni.

2.1

Teoria dell’elasticit`

a non lineare

2.1.1

Cinematica del continuo

Una delle ipotesi pi`u forti che vengono assunte nella trattazione dell’elasti-cit`a, nell’ambito dei piccoli spostamenti, riguarda la possibilit`a di

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confon-dere il sistema deformato con quello non deformato; `e chiaro che questa approssimazione deve essere subito rimossa, in presenza di grandi variazio-ni di posizione del corpo esaminato. D’altro canto, sarebbe bene cercare di non perdere il vantaggio dato dal non tenere in conto le variazioni di forma: la non linearit`a di tipo geometrico, infatti, comporta la dipendenza di alcu-ne grandezze associate al materiale dalla deformata. La soluzioalcu-ne a questo problema, che rende necessario lo sviluppo di un cinematica del continuo, `e data dallo scrivere le equazioni che regolano il comportamento del sistema in questione in un riferimento di tipo materiale. L’obiettivo che viene posto, infatti, `e quello di sviluppare i mezzi per passare da una descrizione di tipo euleriano ad una di tipo lagrangiano, il che consente di recuperare alcuni dei risultati della teoria lineare relativi all’equilibrio di corpi con geometrie complesse, per esempio i gusci, trattati in [1], trasformando le equazioni dal riferimento spaziale, in cui sono molto spesso ricavate, a quello materiale. Si fa presente, infatti, che pur se il materiale `e iperelastico, le equazioni di equilibrio scritte per una particolare conformazione geometrica (supponen-do, per esempio, di considerarla per un certo istante temporale) restano in ogni caso valide. Esprimendo nel sistema di riferimento lagrangiano, per`o, grandezze quali la tensione e l’elongazione (definite nel seguito) si otterr`a di riferirle alla posizione iniziale, il che consente di renderle indipendenti dalla geometria.

Considerando, perci`o, un corpo che occupa una posizione ¯Ω nella confi-gurazione indeformata, ed una posizione Ω generica (dopo la deformazione), il campo di spostamento del corpo sar`a

~ x( ~X, t),

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(ap-partenente a ¯Ω) la posizione iniziale di un certo punto dell’ente in esame. Questa funzione verr`a richiamata anche nel capitolo sul metodo ALE, il che suggerisce di anticipare qualche considerazione per avere maggiore chiarezza sui procedimenti adottati in quest’analisi.

L’individuazione di ~x consente di ottenere una mappatura del dominio deformato in funzione della posizione iniziale. Tale mappatura `e ci`o che, in sostanza, espleta il legame tra il sistema di riferimento lagrangiano con quello euleriano perch´e traccia la posizione nel tempo di Ω in funzione di ¯Ω, cosa che verr`a formalizzata nel prosieguo. Come viene espresso nella stessa definizione di ”materiale”, la mappatura `e legata in modo indissolubile con le particelle presenti nel dominio all’inizio: ~x( ~X1, t) descrive il moto, istante

per istante, di una ed una sola particella che si trovava in ~X1 per t = 0. La

scelta di utilizzare ~x per tenere traccia del moto del corpo, dunque, `e naturale ed intuitiva, ma diviene problematica nel momento in cui, come si vedr`a nel quarto capitolo, si vuole descrivere un corpo che non si trova allo stato solido e che, quindi, pu`o subire rimescolamenti interni e pu`o ”uscire” dal dominio preso in considerazione: per esempio nel caso di un flusso d’acqua in un condotto, non interessa seguire il moto della singola particella ma il moto delle particelle che occupano un certo spazio al generico istante t (il che significa che, invece di fissare l’insieme di particelle, si preferisce fissare una zona dello spazio e indagare come si comportano le particelle che vi transitano); per questo motivo in fluidodinamica `e comune l’utilizzo del sistema di riferimento spaziale (ed il relativo concetto di campo) e risulta chiaro che, in tali casi, se si vuole adottare la descrizione lagrangiana non si pu`o utilizzare ~x ma si deve cambiare mappatura.

(23)

~

V(X, t) = ∂~x( ~X, t)

∂t oppure ~v(~x, t) = ~V(x

−1(~x, t), t)

a seconda che il sistema di riferimento sia lagrangiano (a sinistra) o euleriano (a destra); ivi si cominciano a vedere le prime differenze tra le due descrizioni, la prima legata al punto materiale, la seconda che introduce il concetto di campo vettoriale.

A livello infinitesimale, sussiste la relazione

d~x= ∂~x

∂ ~XX = F d ~X,

ove F `e, dunque, il gradiente di ~x rispetto a ~X, rappresentato da una matrice il cui determinante J `e il rapporto tra i volumi infinitesimi considerati nei sue riferimenti (quindi necessariamente maggiore di zero)

dv= JdV,

ove v `e un volume, da non confondersi con la velocit`a (~v).

La matrice F , oltre a rappresentare il gradiente della mappatura, ha un significato ancora pi`u profondo, comprensibile calcolando la relazione tra i quadrati degli incrementi infinitesimi

|d~x|2 = d~xTd~x= d ~XTFTF d ~X = d ~XCd ~X,

ove C viene detto tensore delle deformazioni di Cauchy, mentre il suo tra-sposto `e detto tensore delle deformazioni di Piola (B), che appare in

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ed `e chiaramente simmetrico, cos`ı come C. Tali tensori, come presentato nel seguito, saranno di fondamentale importanza per trasformare le equazioni dal sistema di riferimento spaziale a quello del materiale.

Supponiamo di voler calcolare l’allungamento di un vettorino che, nella configurazione indeformata, `e diretto lungo un versore ˆn ed ha modulo ~X:

|d~x|2 = d~xTd~x= nTCn|d ~ˆ X|2, da cui si ricava |d~x| |d ~X| = √ ˆ nTn= λ n,

con λ elongazione nella direzione n, che ricordiamo essere nient’altro che la deformazione estensionale (classicamente ε) addizionata ad uno, il che giustifica la denominazione di C come tensore delle deformazioni. Si noti, dunque, che i termini che appaiono nella diagonale di C non sono altro che le elongazioni lungo gli assi principali, relative alla direzione dei suddetti nel sistema indeformato (ricordiamo, infatti, che F `e espresso nelle coordinate materiali, cio`e rispetto ~X). Un procedimento analogo si pu`o fare per i termini fuori diagonale del tensore C, rappresentanti il valore del coseno dell’angolo formato dai versori indicati dai pedici della componente del tensore dopo la deformazione. `E chiaro che, come accade per lo stato di tensione nella teoria lineare, anche in questo caso `e possibile individuare delle direzioni principali tali per cui le deformazioni angolari (cio`e i suddetti termini fuori diagonale) sono nulle, il che consente, quindi, di avere una matrice C diagonale.

Infine, si noti che, come detto in precedenza, la funzione ~x( ~X, t), per come `e stata definita, descrive la posizione della particella che inizialmente occu-pava il ~X; se si `e interessati allo spostamento, basta sottrarre la stessa ~X. Considerando la relazione valida per gli incrementi infinitesimi, ci`o equivale

(25)

a sottrarre la matrice identit`a (I) al tensore di Cauchy, che, si noti, coincide con il togliere uno ai termini λii, passando, cos`ı, dalle elongazioni alle

defor-mazioni estensionali (ε). Da questo punto in poi, se si ipotizza che i termini della matrice siano sufficientemente piccoli, si pu`o ricavare la trattazione che porta alle arcinote relazioni valide per la teoria lineare.

2.1.2

Equazioni di bilancio

La teoria dell’elasticit`a non lineare prevede la scrittura delle equazioni di bilancio di massa, quantit`a di moto, momento angolare ed energia; que-st’ultima, che consente l’inserimento del modello costitutivo nel sistema da considerare, verr`a trattata a parte in modo semplificato, in un successivo paragrafo, seguendo un approccio di stampo termodinamico.

L’individuazione delle equazioni di bilancio, pratica usuale delle analisi fluidodinamiche, permette di determinare la relazione tra le variabili definite nel sistema del materiale e quelle note nel sistema spaziale; `e ovvio, quindi, che esse devono essere esplicitate per entrambi i riferimenti (le grandezze con la tilde sono espresse nel sistema di riferimento del materiale, eccezion fatta per quelle gi`a definite in precedenza).

Il bilancio di massa

Nel riferimento Lagrangiano, considerando la formulazione puntuale

dρ˜ dt = 0, equazione molto comoda, senonch´e

˜ ρ= dM dV = dM dv dv dV = Jρ,

(26)

ove J, in generale, dipende dallo spazio e dal tempo. Un’eventuale formula-zione in termini di ρ, pu`o essere trasformata in una relaformula-zione con ˜ρ, pagando il prezzo di dover introdurre J, annullando quasi la comodit`a dell’equazione di bilancio. Un’ipotesi semplificativa, che verr`a discussa in seguito, spesso adottata nell’ambito dell’elasticit`a, `e quella di assumere il volume costante durante la deformazione, il che vuol dire che J `e costante e pari all’unit`a.

Nel sistema di riferimento euleriano si avrebbe

∂ρ

∂t + ~∇ · ρ~v = 0,

ma se J `e costante allora la derivata temporale (totale) di ρ `e nulla perch´e (ρ = ˜ρ/J), il che porta, come facilmente prevedibile a

~

∇ · ~v = 0,

equazione molto nota in fluido dinamica. Come vedremo, questa semplifica-zione, seppur banale, `e possibile solo per quei materiali il cui coefficiente di Poisson `e molto vicino a 0.5, il che significa che se si volesse scrivere l’equa-zione di bilancio per un materiale che non si pu`o supporre incomprimibile sarebbe necessario sostituire il termine ρ presente nelle equazioni euleriane con ρ/J.

Il bilancio di quantit`a di moto

Nel bilancio di quantit`a di moto entrano in gioco l’inerzia del materiale, le forze esterne e la tensione interna. L’equazione nel sistema di riferimen-to euleriano conduce al sistema di equilibrio di Cauchy, denotariferimen-to in modo compatto ed in formulazione puntale con

~

∇Σ + ~f = ρd~v dt,

(27)

ove si `e posto Σ in grassetto per indicare il tensore delle tensioni nel riferimen-to euleriano, mentre la derivata di ~v rappresenta una derivata riferimen-totale (quindi bisogner`a esplicitare sia il termine di trasporto che quello temporale). Le forze per unit`a di volume sono raccolte in ~f.

L’equazione `e del tutto simile nel riferimento lagrangiano

~

∇Π + ~ξ = ˜ρd~V dt ,

ove Π, ~ξ sono i termini corrispettivi dell’equazione scritta in precedenza, riferiti al sistema del materiale. Per quanto riguarda le forze, si ragiona come per la densit`a, in quanto, detta ~F la forza agente sull’intero corpo

~ ξ= d ~F dV = d ~F dv dv dV = J ~f ,

che mostra che, in generale, le grandezze intensive volumetriche si trasforma-no con J; dato che essa verr`a assunta costante, la forza gravitazionale potr`a essere aggiunta senza il bisogno di alcuna trasformazione, esattamente come accade per ρ. Il tensore Π `e detto tensore nominale delle tensioni, la cui relazione con Σ verr`a ricavata nel prossimo paragrafetto.

Per favorire la chiarezza, si vuole riportare una breve riflessione sulla teoria lineare: quando si ricavano le equazioni della dinamica dei sistemi rigidi (per studiare le vibrazioni di travi, piastre ed altri elementi metallici per esempio), il sistema di riferimento che si adotta `e lagrangiano, il che giustifica il fatto che la derivata delle velocit`a `e spesso indicata come derivata parziale rispetto al tempo. Il fatto che le due configurazioni siano macroscopicamente indistinguibili, poi, fa s`ı che si possa assumere che il tensore delle tensioni nominali (Π) sia uguale a quello di Cauchy (Σ), detto delle tensioni effettive o reali, permettendo l’uso di quest’ultimo, che, invece, `e riferito allo spazio e non al materiale.

(28)

Il bilancio del momento della quantit`a di moto

Come `e ben noto, l’equazione del bilancio del momento angolare scritta nel riferimento euleriano porta, anche nel caso dinamico, alla conclusione che il tensore delle tensioni di Cauchy `e simmetrico

ΣT = Σ.

Nel sistema di riferimento lagrangiano, l’utilizzo del teorema della diver-genza introduce il gradiente F della funzione ~x in un processo che porta alla stessa conclusione di cui sopra

FΠ = ΠTFT.

Il fatto che Σ ed F Π siano entrambi simmetrici pu`o condurre al credere di aver trovato la legge di trasformazione che li lega, il che `e quasi corretto, se non fosse che il primo si riferisce ad un volumetto infinitesimo dv mentre il secondo a dV . Quindi, la trasformazione vera sar`a

Π = JF−1Σ,

detta trasformazione di Piola, che si pu`o ricavare in modo analogo alla trasformazione delle grandezze intensive volumetriche, anche se con qual-che complicazione in pi`u. Si noti, in ogni caso, che generalmente Π non `e simmetrico.

La legge or ora ricavata sembra non consentire di passare facilmente da una descrizione all’altra, n´e che si possa descrivere la dinamica nel sistema di riferimento del materiale senza imbattersi nella fastidiosa situazione di dover considerare un tensore non simmetrico, il che comporta un incremento dei parametri da gestire per la soluzione del problema.

(29)

Tuttavia, la relazione summenzionata, se riferita nel sistema di riferimento principale del tensore Σ, assumendo le ipotesi che sono state elencate all’inizio del paragrafo, consente di scrivere che le tensioni effettive principali σi e le

tensioni nominali si sono legate dalla semplice relazione

si = σ1λi,

ove i termini λi sono la radice quadrata degli autovalori del tensore C di

Cauchy, spesso definite come elongazioni principali.

Cos`ı come il bilancio di massa, di quantit`a di moto e del momento ango-lare, insieme alla descrizione della cinematica dei corpi solidi, hanno consen-tito di presentare un metodo per passare dalle equazioni in forma euleriana a quelle in forma lagrangiana, si potrebbe far vedere che `e possibile ricavare i modelli per il legame costitutivo dal bilancio energetico. Tuttavia, in questa sede si `e ritenuto pi`u efficace procedere alla derivazione di tale legame con un approccio termodinamico, discusso nel prossimo paragrafo.

2.1.3

Il modello costitutivo

I modelli costitutivi per gli elastomeri dielettrici sono ricavabili dalla carat-terizzazione termodinamica del sistema, assumendo due ipotesi fondamentali

• le trasformazioni avvengono a temperatura costante, • il volume del corpo non varia.

Si noti che solo la prima di queste due asserzioni `e mutuata dalla teoria classica dell’elasticit`a, al netto di quelle parti che vogliono studiare l’effetto di accoppiamento tra tensione e temperatura (la cosiddetta teoria termoe-lastica). La seconda affermazione `e palesemente in contraddizione con la

(30)

teoria lineare, che addirittura prevede il calcolo del ”Bulk Modulus” che lega la variazione di volume alla componente idrostatica dello stato di tensione.

Sorge, quindi, spontanea l’obiezione derivante dal fatto che in ipotesi di piccole deformazioni `e possibile analizzare il comportamento meccanico di una gomma con la teoria lineare. Una risposta, che si coniuga perfettamente con il fatto che nella teoria della plasticit`a si ritiene il volume costante, `e data dalla macroscopicit`a delle deformazioni stesse, per cui rispetto alle variazioni di lunghezza, la variazione di volume risulta essere trascurabile. Chiamando in causa la definizione di Bulk Modulus si pu`o evincere quando si pu`o fare una tale approssimazione. Infatti, da

K = E

3(1 − 2ν),

si vede che K tende a infinito se ν tende a 0.5. In sostanza, il Bulk Modulus pu`o essere diversi ordini di grandezza maggiore del Modulo di Young, a patto che il Coefficiente di Poisson sia abbastanza vicino a 0.5, il che si traduce nell’avere una variazione di volume molto inferiore a quelle estensionali, da cui il comportamento isocoro.

Nel capitolo introduttivo si era giustificata la scelta dell’energia libera di Helmotz per la descrizione delle trasformazioni cui `e sottoposto il materiale; si vuole, ora, ampliare il ragionamento, partendo dal fatto che, dal punto di vista termodinamico, risulta

A(T, V ) = U − T S δA= pδv − SδT = 0,

cio`e l’energia libera di Helmotz (A) non varia durante la trasformazione. Quanto su riportato, tuttavia, `e chiaramente falso, in quanto nell’energia interna non `e stato incluso l’apporto elettrico, n´e quello dovuto all’elasticit`a del materiale. In ogni caso, l’indipendenza di A da altri parametri fa s`ı che il

(31)

sistema possa essere considerato bivariante; infatti, supponendo una tensione monoassiale, definendo W l’energia libera di Helmotz nell’unit`a di volume e considerando le grandezze riferite al sistema del materiale (cio`e indeformato), sar`a

δW = s1δλ1+ ˜Eδ ˜D,

ove s1 `e la tensione, λ1 `e detta elongazione, ˜E `e il campo elettrico e ˜D `e

l’induzione elettrica. Poich´e, come detto in precedenza, W dipende solo da λ e da ˜D, sar`a

δW = ∂W ∂λ1

δλ+∂W ∂ ˜Dδ ˜D che, confrontata con la relazione precedente, fornisce

∂W ∂λ1

= s1

∂W ∂ ˜D = ˜E,

estendibile, con molta semplicit`a, al caso membranale, aggiungendo σ2 e

λ2. `E altrettanto semplice ricondursi al sistema di riferimento deformato (la

descrizione euleriana), dato che

σi = s1λi D=

˜ D λ1λ2

,

che rende possibile cambiare facilmente il sistema di riferimento i cui sono espresse la tensione e l’induzione elettrica.

Una volta stabilite le relazioni che consentono di calcolare lo stato di tensione ed il campo elettrico in funzione dell’energia libera di Helmotz e che, di conseguenza, definiscono implicitamente il legame costitutivo (sia in termini elettrici che meccanici) `e necessario scegliere quale modello adottare per il caso in esame. Una volta definiti gli invarianti

(32)

I1 = X i λ2i I2 = X i6=j λ2iλ2j I3 = λ21λ 2 2λ 2 3,

tra i quali il terzo, nel caso in esame, `e costante e pari a 1 (rappresenta J2),

le funzioni di densit`a di energia libera di Helmotz pi`u utilizzate sono • quella per i materiali Neo-Hookeiani

W = C10(I1− 3),

• quella per i materiali di Mooney-Rivlin

W = C10(I1− 3) + C20(I2− 3), • quella di Gent W = −µJ 2 ln  1 −I1− 3 Jm  , cui si aggiunge il termine

˜ D2 2¯ελ −2 1 λ −2 2

(¯ε`e la costante dielettrica del mezzo), per considerare anche l’energia imma-gazzinata elettricamente.

Si noti che, procedendo in tale maniera, si `e tacitamente assunto che il comportamento dielettrico del materiale non sia modificato dalla deforma-zione (ipotesi di elastomero dielettrico ideale o comportamento simil - fluido, presente in [11]), che si traduce nel non considerare la variazione della co-stante dielettrica relativa del materiale dovuta alla variazione di forma, ossia nell’avere una relazione lineare tra il campo elettrico ed il campo di induzione elettrica (cosa, come `e ben noto, difficilmente assumibile in generale).

(33)

Modelli viscoelastici

I modelli riportati in precedenza non tengono in considerazione la presenza di fenomeni di scorrimento viscoso all’interno del materiale. cosa che causa la dissipazione dell’energia elastica immagazzinata. Sebbene possa sembrare opportuno, in prima istanza, adottare un modello non dissipativo, bisogna considerare anche il problema della stabilit`a del metodo numerico: in presen-za di un elastomero senpresen-za alcuno smorpresen-zamento interno, l’avere una forpresen-zante armonica pu`o causare la divergenza della soluzione in prossimit`a delle fre-quenze proprie del sistema solido. Inoltre, anche in assenza di divergenza, non sarebbe possibile filtrare la risposta armonica dalla soluzione alla pulsazione naturale, il che giustifica, di fatto, l’introduzione della dissipazione. L’alter-nativa sarebbe quella di limitare la deformazione dell’elastomero mediante una funzione di densit`a di energia definita a tratti, in grado di irrigidire la membrana una volta superata una certa elongazione di soglia, metodo che oltre a perdere di vista la fisica del sistema presenta anche il difetto di non essere semplice da implementare.

Il modello viscoelastico, a differenza del caso della dinamica dei corpi rigidi, pu`o non essere inserito direttamente nelle equazioni del moto della membrana come un termine dipendente dalla derivata prima, nel tempo, della posizione; inserendolo nelle equazioni costitutive si pu`o ottenere un’ottima corrispondenza con i dati sperimentali.

La descrizione privilegiata `e stata formulata da Reese e Govindje, am-pliando la legge di Gent presentata in precedenza: il gradiente del campo di spostamento (F ) `e scomposto in due contributi, uno elastico ed uno viscoso, tali che

(34)

Lo stesso viene fatto per la densit`a di energia, per la quale si individuano una componente di equilibrio ed una di non equilibrio

W = Weq+ Wneq,

di cui la prima non dipende dal tempo, ma solo dalla deformazione e dal cam-po elettrico; la seconda dipende s`ı dal temcam-po, ma non dal camcam-po elettrico, n´e dalla componente elastica della deformazione. Tacitamente, dunque, si impo-ne il sistema reagisca alle perturbazioni elettrostatiche molto pi`u rapidamente di quanto non faccia per quelle meccaniche.

In precedenza `e stato ricavato il legame tra le elongazioni e l’energia interna; tralasciando la dimostrazione rigorosa, presentata in [5], per analogia si comprende che, se in campo elastico valgono relazioni del tipo

si =

∂W ∂λi

, in campo viscoelastico varranno leggi del tipo

si = ∂Wneq ∂λe i +∂Weq ∂λi ,

ove λe si riferisce alla sola componente elastica, mentre λ si riferisce a quella

comprensiva di entrambi i contributi. Per poter risolvere queste relazioni, le componenti viscose dell’elongazione vengono definite parametricamente in funzione di quelle elastiche, cosicch´e siano note entrambe nel momento in cui bisogna valutare si.

Questo metodo, come detto in precedenza, descrive la fisica del proble-ma in modo pi`u accurato rispetto al prevedere uno smorzamento di tipo proporzionale (tipo Rayleigh), ossia

(35)

ove C, M e K sono le matrici, rispettivamente, di smorzamento, di massa e di rigidezza nodale e α e β sono costanti, ma `e decisamente pi`u ostico da implementare; per tale motivo si `e preferito in primo luogo accontentarsi di stabilizzare le simulazioni con una dissipazione classica per poi implementare una funzione di densit`a di energia in grado di prevedere la smorzamento.

2.2

Applicazione al problema in esame

L’applicazione della teoria presentata fino a questo punto ha consentito la derivazione delle equazioni che descrivono il moto della membrana nel sistema preso in considerazione (Figura 2.1).

Figura 2.1: Sistemi di riferimento materiale (a sinistra) e spaziale (a destra) usati per la dinamica.

Supponiamo di adottare una coordinata ξ verticale che descrive la po-sizione nella configurazione ideformata; le funzioni che legano la popo-sizione finale a quella iniziale sono

(36)

x(ξ, t) y(ξ, t),

ove x e y sono le coordinate illustrate nella Figura 2.1, ove appare anche la pressione p, che agisce deformando la membrana. Si noti, inoltre, che l’al-tezza della membrana nella configurazione indeformata sarebbe inferiore alla corrispettiva deformata anche qualora non agisse nessuna pressione, il che si-gnifica che la membrana ha una elongazione, lungo l’asse ξ diversa da uno nel-l’istante iniziale, ossia `e montata con una pretensione. Lo stesso,volendo, si potrebbe supporre nella direzione ortogonale al piano del foglio; `e chiaro che, avendo assunto il modello bidimensionale, essa dovr`a essere necessariamente costante.

Le equazioni per un guscio avente una superficie generica, scritte in un riferimento euleriano, si possono trovare in [1]; in questo caso banale, molti termini si semplificano e, ragionando per analogia e sfruttando le relazioni presentate in precedenza per trasformare le grandezze, si giunge a

ρ∂ 2x ∂t2 = p H ∂y ∂ξ + ∂ ∂ξ  s1 λ ∂x ∂ξ  , ρ∂ 2y ∂t2 = − p H ∂x ∂ξ + ∂ ∂ξ  s1 λ ∂y ∂ξ  ,

H`e lo spessore della membrana, λ `e l’elongazione lungo la coordinata ξ; ricor-diamo che si pu`o assumere costante (per esempio pari all’unit`a) l’elongazione in direzione perpendicolare al piano in cui si `e modellata la membrana (λ2),

il che consente di ricavare l’elongazione nello spessore (ˆλ)

ˆ λ = 1

(37)

con l’eventuale aggiunta di un λ2a denominatore se si vuole assumerla diversa

da 1. L’aggiunta del modello costitutivo consente di legare l’elongazione, la tensione ed il campo di induzione elettrica.

`

E interessante notare che in questo caso, con alcune manipolazioni al-gebriche, si riesce ad ottenere un risultato per le deformazioni statiche in termini di un’equazione y(x). Supponendo nulle, infatti, le derivate parzia-li temporaparzia-li, confrontando le due equazioni in termini della pressione, cosa possibile solo con l’ipotesi che le derivate parziali di x e y rispetto a ξ non siano nulle (ipotesi semplice da verificare, visto che la membrana `e pretesa e che la deformata non pu`o essere rettilinea), ed effettuando un’integrazione in ξ (assumendo la pressione costante), si ottiene

s1 λ ∂y ∂ξ(ay + c1) = − s1 λ ∂x ∂ξ(ax + c2), da cui risulta, con generalit`a

a(x2+ y2) + c

1x+ c2y+ d = 0 con a =

p 2λH,

con c1, c2 e d costanti di integrazione. Pur dovendo determinare tre

parame-tri, in realt`a i gradi di libert`a della soluzione si possono ridurre a due, dato che l’altezza del centro della circonferenza, la cui equazione `e qui riportata, `e fissata per simmetria. In questo modo, per`o, si perde anche un’equazione di vincolo; resta da capire, dunque, quale altra condizione bisogna imporre al fine di ottenere la soluzione finale: chiaramente, essa dovr`a tener conto della rigidezza della membrana (cio`e dell’equazione costitutiva), dato che, come facilmente prevedibile, un elastomero pi`u molle si deformer`a di pi`u. La solu-zione, infatti, sta nell’imporre la tensione agli estremi vincolati, dato che essa `e facilmente calcolabile, in modo parametrico, con semplici considerazioni di

(38)

equilibrio globale della membrana. La conseguenza sar`a quella di imporre anche la relativa elongazione.

Il fatto che la deformazione sia perfettamente cilindrica non costituisce una novit`a: il modello di guscio trascura deliberatamente la rigidezza flessio-nale del corpo in esame che, quindi, risponder`a alla sollecitazione di pressione disponendosi nell’unico modo in cui si pu`o fronteggiare una pressione radia-le costante, ossia descrivendo una circonferenza. Per averne la conferma, si pensi alla teoria delle travi ed alle caratteristiche di sollecitazione per un arco di circonferenza soggetto ad un simile carico: l’unica presente `e la forza normale.

`

E chiaro che tali conclusioni dovrebbero essere considerate con molta cautela: la soluzione `e ricavata dalle equazioni di equilibrio, ma trascura la presenza del pretensionamento, di tensioni di taglio e di inomogeneit`a, que-ste ultime due ipotesi derivanti dall’assumere lo spessore della membrana sufficientemente sottile; anche il vincolo non `e descritto nella maniera pi`u efficace, dato che `e stata fissata la sola posizione del punto estremo, mentre potrebbe essere pi`u corretto fissarne anche la derivata, in modo da ricreare le condizioni di incastro. Ciononostante, si pu`o considerare l’aver ottenuto que-sto risultato come controprova della bont`a del sistema di equazioni, essendo presente in numerose altre trattazioni, compresa la teoria lineare dell’ela-sticit`a. A ci`o si pu`o aggiungere una costatazione sull’elongazione nel senso della simmetria infinita (cio`e nel verso ortogonale al piano in cui `e descritto il sistema): essa, in virt`u di tale simmetria, non varia lunga la coordinata ortogonale, ma pu`o variare con la coordinata ξ del materiale. mentre nel ricavare la soluzione, `e stata supposta costante. Ci`o impone, per definizione, una condizione di ”plane strain” e, in virt`u delle simmetria gi`a presente e di quelle che si vengono a creare per via della particolare sollecitazione cui

(39)

`e sottoposta la membrana, questa assunzione impone che anche l’elongazio-ne l’elongazio-nella direziol’elongazio-ne verticale sia costante, anche per il fatto che altrimenti si avrebbe una contrazione poissoniana differente tra i vari conci per i quali vige una ripetizione angolare. Ne risulta che anche la componente s1 `e costante,

il che si coniuga perfettamente con la deformata ad arco di circonferenza. Infine, si noti che le equazioni della dinamica sono di tipo iperbolico: esse sono molto difficili da trattare numericamente ed `e principalmente per questo motivo che `e stata presa la decisione di simulare il sistema attraverso un modello ad elementi finiti. Questa scelta ha comportato, per`o, una perdita di precisione dal lato della fluidodinamica; tuttavia, come specificato pi`u volte nel testo, il risultato che si vuole ottenere `e pi`u simile ad una stima dei valori in gioco che ad un tentativo di ricreare il sistema con buona precisione a livello di computazione, il che giustifica, almeno in parte, la mancata ottimizzazione del metodo di soluzione delle equazioni fluidodinamiche.

(40)

Capitolo 3

Analisi del moto ondoso

Dopo aver esposto le tecniche di analisi della membrana elastica, si procede con la presentazione delle teorie relative al moto del fluido, le cui caratteri-stiche fisiche (densit`a, viscosit`a, ecc.) sono quelle dell’acqua a temperatura ambiente.

Per effettuare la simulazione delle onde generate nel ”flume” sono sta-te utilizzasta-te le equazioni di Navier - Stokes, ricavasta-te dai bilanci di massa e quantit`a di moto, che vengono richiamate nella primissima parte del capito-lo. Nella maggior parte dei casi, l’implementazione delle suddette equazioni basterebbe, al livello teorico, per descrivere la dinamica dell’acqua; il sistema preso in esame in questa analisi, tuttavia, presenta condizioni non usuali al contorno, ossia la parete mobile che innesca il moto e la superficie libera del fluido; ci`o rende necessario approfondire la teoria lineare di Airy per il moto ondoso, i cui risultati, oltre a costituire un punto di riferimento per le simu-lazioni, vengono utilizzati per impostare le condizioni ai bordi del dominio. Tale teoria viene esposta, insieme ad alcuni elementi che essa sfrutta, quali il moto potenziale, nella seconda parte del capitolo, che si conclude con una dissertazione sui metodi di impostazione delle condizioni al contorno.

(41)

3.1

Equazioni fluidodinamiche

Le equazioni di riferimento per il flusso nella cavit`a si ricavano dal bilancio di massa e di quantit`a di moto, con l’assunzione che il fluido sia incomprimibile e che la viscosit`a sia indipendente dalla temperatura e segua il modello new-toniano, cosicch´e tali equazioni siano indipendenti dal bilancio di energia. Quest’ultima ipotesi porta come conseguenza una notevole semplificazione del calcolo della velocit`a e della pressione del fluido. Il prezzo da pagare `e la perdita di informazioni di tipo termico; tuttavia, le condizioni in cui vie-ne effettuato l’esperimento che si vuole studiare sono tali da poter ritevie-nere costante la temperatura stessa, affermazione che potrebbe perdere la sua cor-rettezza in presenza di un’inferiore massa di fluido, ossia con una versione in scala ridotta dell’attrezzatura.

Attraverso queste semplificazioni, si giunge all’arcinoto sistema di equa-zioni di Navier - Stokes.

∇~u= 0, ∂~u ∂t + ~u · ∇~u = − 1 ρ∇p + µ∇ 2~u,

ove ~u `e la velocit`a del fluido in questione, µ `e la viscosit`a, ρ `e la densit`a e p `e la pressione.

Un’ulteriore ipotesi che viene spesso aggiunta quando si vuole risolve-re questa tipologia di problemi (specialmente per lo studio del moto ondoso oceanico, senza coinvolgere le interazioni con il fondale) `e quella di considera-re il moto potenziale (irrotazionale), cio`e di assumeconsidera-re che esista una funzione Φ tale che, dette u e v le componenti della velocit`a lungo gli assi coordinati, sia

(42)

∂Φ ∂x = u

∂Φ ∂y = v,

il che consente di trasformare l’equazione di continuit`a nella classica forma di Laplace

∇2Φ = 0,

mentre il bilancio di quantit`a di moto pu`o essere descritto, mediante un passaggio d’integrazione, con una relazione detta equazione di Bernoulli non stazionaria ∂Φ ∂t + f (t) = ~ u2 2 + p ρ + Ψ,

ove Φ `e la funzione del potenziale della velocit`a, mentre Ψ `e il potenziale delle forze di volume conservative (ad esempio quello gravitazionale).

Nel caso in esame, tuttavia, si `e preferito rinunciare a questa ipotesi a causa dei problemi relativi all’imposizione delle equazioni al contorno, che non sono facilmente gestibili in termini di Φ, come si potr`a anche evincere dalla discussione delle suddette condizioni, riportata successivamente. Inol-tre, ci`o consente di effettuare un’analisi pi`u generale, dato che l’aderenza del fluido al fondale fa s`ı che il moto non possa essere considerato irrotazionale, il che si traduce nel poter adottare un modello pi`u realistico, anche se pi`u oneroso a livello di computazione. In ogni caso, la teoria lineare di Airy par-te proprio dal presupposto che il moto possa essere considerato popar-tenziale, motivo per il quale si `e voluto richiamarne la definizione. Questa teoria `e descritta brevemente nel prossimo paragrafo.

(43)

3.2

La teoria di Airy

Come anticipato in precedenza, il moto ondoso `e stato oggetto di numerose dissertazioni (Laplace, Poisson, Cauchy, per citare i pi`u famosi), alcune delle quali hanno portato a delle soluzioni semplificate al problema delle onde. Il primo a proporre un metodo di risoluzione che arrivasse alla formulazione poi confermata da studi successivi fu Airy, nel 1841, che si avvalse delle ipotesi di fluido irrotazionale, presentata sul finire del precedente paragrafo, e non viscoso.

Figura 3.1: Schema del sistema studiato.

Alle suddette equazioni bisogna aggiungerne delle altre che caratterizzano il problema. Detta η(x, t) la funzione che descrive la superficie libera della cavit`a, supposta rettangolare bidimensionale (Figura 3.1) e di infinita lun-ghezza, si dovr`a introdurre in primo luogo la condizione di impermeabilit`a sulla parete inferiore

∂Φ

∂y = 0 per y = −h,

ove h `e l’altezza del fluido in condizioni stazionarie, mentre sar`a h + η in condizioni perturbate. In secondo luogo si dovr`a imporre che la velocit`a verticale del fluido sia uguale alla variazione di altezza nel tempo, cio`e

(44)

∂Φ ∂y =

∂η

∂t per y = η(x, t),

il che fu sufficiente ad Airy per ipotizzare che la funzione della superficie fosse della forma

η(x, t) = A cos(kx − ωt)

e, quindi, per ricavare le incognite A (ampiezza), k (numero d’onda) e ω (ve-locit`a angolare osservata), imponendo le summenzionate condizioni insieme ad un’altra, ottenuta trascurando alcuni termini di Bernoulli non stazionario sulla superficie

∂Φ

∂t + gη = 0 per y = η(x, t),

in cui il termine gη `e chiaramente il potenziale gravitazionale. L’ipotesi di fluido non viscoso ha consentito di levare il termine diffusivo dell’equazione; la pressione in superficie `e chiaramente nulla (in termini relativi), e ivi si pu`o ritenere trascurabile l’apporto del termine ~u2/2.

La soluzione, in termini di potenziale, a questo problema `e data da

Φ = ω kA

cosh(k(y + h))

sinh(kh) sin(kx − ωt),

dove i parametri ω e k non sono scorrelati, in quanto l’imposizione dell’ultima condizione riportata fa s`ı che debba essere

ω2 = gk tanh(kh)

che, per`o, in ipotesi di acqua poco profonda (come per il caso in esame), tipicamente per h < 0.05λ, con λ = 2π/k, si approssima molto bene con

(45)

ω = kpgh,

il che consente di rendere pi`u facile la determinazione di k per una data ω, processo che altrimenti richiederebbe una procedura di calcolo iterativa. Nel-l’interesse delle simulazioni, `e chiaro che, volendo imporre una certa frequen-za al moto ondoso, l’uso di quest’ultima relazione rende questa procedura parecchio pi`u semplice.

In conclusione, si riportano le componenti della velocit`a previste dalla teoria, ossia

u(x, y, t) = Aωcosh(k(y + h))

sinh(kh) cos(kx − ωt), v(x, y, t) = Aωsinh(k(y + h))

sinh(kh) sin(kx − ωt),

in quanto esse possono essere sfruttate per imporre le condizioni al contorno. `

E chiaro che tali espressioni possono essere derivate mediante la definizio-ne del potenziale Φ che `e stato riportato in precedenza e che costituisce la soluzione del problema differenziale studiato da Airy.

3.2.1

Applicazione al generatore d’onda

La teoria che si `e appena finito di presentare `e funzionale alla descrizione di un generatore di moto ondoso del tutto analogo a quello dell’esperimento cui ci si riferisce, in cui una parete mobile innesca l’onda che si propaga in una cavit`a rettangolare. Una tale trattazione fu effettuata in modo semplificato da Galvin nel 1964 (riportata in [2]), il quale assunse che il volume d’ac-qua spostato da un pistone, posto come delimitatore sinistro, dovesse essere uguale al volume d’acqua contenuto sotto la prima cresta, al netto di quello gi`a presente nella cavit`a (Figura 3.2).

(46)

Figura 3.2: Approssimazione per la determinazione della corsa del pistone mobile.

Supponendo che il pistone abbia semicorsa pari ad S, in prima approssi-mazione il volume spostato in un emiciclo sar`a

V1 = Sh,

mentre per il volume sotto la prima cresta si dovr`a integrare in una semilun-ghezza d’onda (λ/2) la funzione che descrive la superficie

V2 =

Z L/2

0

Asin(kx)dx = 2A k,

ove compare il doppio dell’ampiezza, pari alla differenza tra l’altezza massima dell’onda e l’altezza minima; eguagliando i volumi cos`ı ottenuti, si arriva a

2A S = kh,

valida solo in caso di pistone ossia una parete perfettamente verticale, che si muove rigidamente con moto sinusoidale. Un altro tipo di generatore molto utilizzato `e costituito da una parete rigida incernierata sul fondale, con moto angolare sinusoidale: `e chiaro che in questo caso, oppure qualora si voglia beneficiare di una descrizione pi`u accurata del flusso causato dal moto

(47)

di una parete, sia necessario risolvere le equazioni presentate nella sezione precedente, modificando la condizione al contorno sul limite mobile, in modo da imporre che ivi la velocit`a del fluido sia pari a quella del generatore. La soluzione a tale problema, ottenuta con le semplificazioni introdotte da Airy, porta a

A S =

2(cosh(2kh) − 1) sinh(2kh) + 2kh,

ottenuta in [2] con uno sviluppo al prim’ordine della velocit`a al contorno mobile (da cui il nome di teoria lineare) di cui si `e omesso il procedimento che porta al risultato per brevit`a. Si noti che, in caso di onde lunghe (o equi-valentemente di acqua poco profonda, cosicch´e il prodotto kh si possa con-siderare molto minore dell’unit`a), sviluppando i termini di questa relazione, si riottiene

2A S = kh, il che suffraga l’ipotesi di Galvin.

Nel seguito vedremo come i risultati presentati in queste ultime sezioni possano essere impiegati per impostare il problema in questione.

3.3

Impostazione del problema

Per poter condurre la simulazione numerica dell’esperimento cui `e riferita questa analisi `e necessario definire il dominio e le relative condizioni iniziali ed al contorno.

Il comportamento dinamico del fluido (nel sistema schematicamente ri-portato in Figura 3.1) sar`a regolato dalle equazioni di bilancio menzionate in precedenza (massa e quantit`a di moto); come condizione iniziale si impone la

(48)

soluzione al problema reso statico, ossia con velocit`a nulla e pressione data dalla legge di Stevino (−ρgy).

La definizione delle condizioni al contorno, come anticipato, risulta essere pi`u delicata: nelle attrezzature tipo ”flume” il moto ondoso viene realizzato in una cavit`a nella quale la parete inferiore `e fissa, quella laterale sinistra si sposta con un moto sinusoidale, quella laterale destra, cui nel nostro caso `e agganciata la membrana, possiede di solito un sistema di dissipazione per smorzare le onde ed evitare cos`ı la riflessione delle stesse (che inquinerebbe il risultato) e la superficie superiore `e priva di vincoli. Le pareti laterali sono fisse, ma qui non sono prese in esame, per via dell’ipotesi di bidimensionalit`a. La parete inferiore `e la pi`u facile da modellare: avendo rinunciato all’ipo-tesi di moto potenziale, si pu`o imporre la condizione di aderenza per attrito, ossia che la velocit`a ~u si annulli in corrispondenza della parete.

~

u= 0 per y = −h.

La parete superiore `e un po’ meno semplice da trattare: la condizione di superficie libera si pu`o implementare imponendo che la pressione sia quella atmosferica, cio`e

p= p0 per y = η,

ma `e necessario anche che la mesh sia deformabile, in modo da assecondare il moto dell’acqua e far s`ı che si formi il fronte d’onda. Dato che nel seguito si esporr`a la necessit`a di implementare il metodo ALE, la soluzione trovata con-siste nel rendere la mesh deformabile secondo questa tecnica, il che giustifica il non prendere in considerazione altre soluzioni presenti in letteratura che non consentono l’accoppiamento fluido - strutturale. In tal modo, dunque, detto Uy lo spostamento verticale della mesh, sar`a

(49)

∂Uy

∂t = v per y = η,

che impone l’uguaglianza delle velocit`a verticali dell’acqua e del dominio. Per la parete sinistra esistono varie possibilit`a. La prima consiste nell’im-porre il profilo di velocit`a che si ricava dalla soluzione di Airy, riportato in precedenza, dato da

u(x, y, t) = Aωcosh(k(y + h))

sinh(kh) cos(kx − ωt),

v(x, y, t) = Aωsinh(k(y + h))

sinh(kh) sin(kx − ωt),

che consente di mantenere fissa la posizione della parete, in linea di principio, e, quindi, di ottenere una simulazione pi`u rapida. `E bene tener presente, per`o, che questo risultato `e stato ricavato dalla teoria lineare e che, quindi, `e un’approssimazione al prim’ordine. Per tenere conto dei termini di ordine superiore, dunque, `e necessario prevedere una seconda possibilit`a, ossia di conferire alla parete un moto oscillatorio, la cui ampiezza (S) `e stimata con la teoria di Airy, imponendo una certa altezza (A) delle onde, mediante una delle due relazioni che riportano il legame tra S ed A. `E chiaro che, nella simulazione, le onde avranno un’ampiezza differente da quella stimata, a causa degli effetti della non linearit`a; a posteriori, in ogni caso, `e stato possibile verificare che la differenza tra la stima e l’altezza reale, pur essendo significativa, non `e tale da inficiare i risultati dell’analisi numerica.

La parete, quindi, avr`a un moto di tipo

x(t) = S cos(ωt),

che deve coincidere con lo spostamento orizzontale della mesh, secondo una relazione simile a quella della superficie libera, cio`e

(50)

˙x = ∂Ux

∂t = u per x = 0,

che impone l’uguaglianza della velocit`a della parete alla velocit`a del fluido per x = 0 ed a quella del bordo della mesh. L’ultimo accorgimento che `e stato preso, seguendo il procedimento riportato in [6], `e stato quello di moltiplicare la condizione al contorno con una funzione a gradino preceduta da una rampa lineare per motivi di stabilit`a numerica; in termini di velocit`a

˙x(t) = Sω sin(ωt) t τ



per t ≤ τ, ˙x(t) = Sω sin(ωt) per t > τ, ove τ `e il periodo dell’onda, dato, banalmente, da 2π/ω.

La condizione da imporre alla parete destra `e particolarmente difficile da implementare: i problemi fondamentali risiedono nel fatto che non si pu`o adottare il modello di parete fissa a causa della riflessione delle onde, che por-terebbe all’inquinamento della prova, anche se nell’esperimento che coinvolge la membrana essa risulta essere immobile. Infatti, la presenza dell’elastomero e la conseguente dissipazione che deriva dalla sua deformazione rende possibi-le l’assorbimento dell’onda incidente, cosa che, ovviamente, non pu`o accadere in caso di parete rigida. In ogni caso, la soluzione al problema deve essere ottenuta considerando il sistema privo di membrana, cio`e implementando un sistema di dissipazione che non coinvolga corpi deformabili.

Una riproduzione fedele degli esperimenti realizzati con i ”flume” richie-derebbe di controllare il moto della parete destra con uno smorzatore; per seguire questa via, per`o, essa deve essere descritta come un corpo solido, anche se rigido (per evitare le complicazioni dovute al considerare la de-formazione), collegato ad un dissipatore. La pressione del fluido, integrata

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lungo la parete, costituir`a la forzante, mentre la dinamica va descritta a par-te, creando un accoppiamento tra il solutore fluidodinamico ed un solutore di equazioni differenziali (nello specifico quelle di un sistema con massa, molla e smorzatore), che gestisce il moto della parete.

Il metodo or ora descritto, seppur promettente, risulta essere dispendio-so, dato che va ad introdurre un accoppiamento fluido - strutturale (anche se pi`u semplice del caso relativo alla membrana, visto che si tratta di un mo-to rigido), con un conseguente aumenmo-to del cosmo-to computazionale. Per tale motivo, si `e preferito adottare una condizione che potesse essere gestita nel-l’ambito dello stesso simulatore del fluido, il che ha condotto ad un’indagine delle metodologie pi´u applicate nel campo di studi del moto ondoso.

La soluzione che inizialmente `e sembrata confarsi di pi`u agli intenti del-lo studio effettuato, adottata in [6], per motivi di semplicit`a e di stabilit`a numerica, consiste nel prevedere uno strato spugnoso, da implementare con un fittizio incremento della viscosit`a del fluido nella parte finale del dominio (che deve essere, pertanto, opportunamente allungato) secondo una legge del tipo

νf = ν(1 + e−(x−¯x)

2

),

ove ¯x`e la coordinata del limite destro (le lunghezze devono chiaramente inten-dersi come coordinate, cio`e adimensionali) da moltiplicare con una funzione a gradino, in modo da eliminare gli effetti dell’amplificazione nella prima parte del dominio.

Questo espediente `e stato adottato anche nel caso in cui compare la mem-brana: sebbene, come menzionato in precedenza, nell’esperimento analizzato l’elastomero costituisce l’unico elemento smorzante, dal punto di vista della possibilit`a di convergenza della soluzione `e molto pi`u affidabile riferirsi ad un

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sistema in cu`ı vi `e interazione tra i due metodi di dissipazione. Infatti, data l’assenza di garanzie sulla buona riuscita della simulazione, dovuta non solo a questioni di potenza computazionale, ma anche al fatto che un corpo sog-getto a grandi spostamenti non risulta in nessun caso semplice da studiare, `e bene pensare di poter ripiegare su un meccanismo a deformazione contenuta, seppur macroscopica. In una situazione di questo genere, l’elastomero non pu`o assolvere all’intero assorbimento dell’onda incidente, perch´e ci`o compor-terebbe la capacit`a di sottendere un volume d’acqua significativamente vicino a quello messo in moto direttamente dal pistone. Da questa considerazione, l’idea di suddividere la parete sinistra in una parte deformabile ed un canale di sfogo con lo strato spugnoso. Per l’implementazione del sistema di veda il quinto capitolo.

Un’altra possibilit`a, in linea del tutto teorica, sarebbe quella di impor-re sulla paimpor-rete destra il profilo di velocit`a esatto che si avimpor-rebbe in caso di propagazione infinita dell’onda; in assenza della soluzione esatta, una buona approssimazione si pu`o ottenere con il profilo dato dalla teoria lineare. An-cora pi`u semplicemente, come mostrato in [2], si pu`o far muovere la parete destra perfettamente in fase con l’onda incidente in modo tale che quando essa interagisce con il limite destro, questo si sposti in accordo con il moto del fluido, risultando ad esso invisibile. Pur sembrando questo un metodo molto elegante, esso reca con se la problematica della fasatura delle onde, stimabi-le con un errore non sufficientemente piccolo, il che richiede una correzione manuale realizzata per tentativi.

La presenza di una tale opportunit`a e la sua implementazione hanno suggerito un’ulteriore metodo di studio del problema da un punto di vista puramente fluidodinamico: dal punto di vista dell’acqua, infatti, la presenza della membrana si espleta nell’avere un bordo mobile secondo una certa

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leg-ge e con una certa pressione imposta. Supponendo di misurare il moto della membrana e, quindi, di poterlo ricostruire o in maniera approssimata median-te la soluzione delle equazioni della dinamica oppure con un’inmedian-terpolazione numerica dei dati ottenuti dagli esperimenti, sarebbe possibile realizzare una simulazione con mesh mobile imponendo lo spostamento dell’elastomero. Per ottenere una buona corrispondenza con l’esperimento reale, per`o, sarebbe ne-cessario controllarne la fasatura rispetto all’onda incidente. A questo punto, dalla considerazione che quest’ultima viene assorbita dalla deformazione del-la membrana risulta evidente che una buona approssimazione, in mancanza di un riscontro sperimentale, possa essere quella di adottare la stessa fase che si dovrebbe dare alla parete destra per far s`ı che essa risulti invisibile al mo-to del fluido. Un tale tipo di simulazione `e stamo-to provamo-to e verr`a presentamo-to, insieme agli altri, nel quinto capitolo.

(54)

Capitolo 4

Il metodo ALE

L’analisi dei problemi sull’interazione tra un fluido ed un componente elasti-co pone diverse criticit`a dal punto di vista dell’impostazione della soluzione: anche se non `e molto difficile arrivare alla scrittura delle equazioni che re-golano la parte fluida e quella solida del sistema, `e spesso molto complicato riuscire ad accoppiarle. Si ricorda, infatti, che finora sono stati utilizzati due tipi di riferimento diversi e cio`e

• uno lagrangiano per descrivere il moto della membrana, • uno euleriano per descrivere il moto dell’acqua,

il che non rende possibile la risoluzione del problema senza che sia stato introdotto un modo che consenta di passare da una descrizione all’altra.

Un’ulteriore complicazione, non sempre comune alle analisi di questo ti-po, ma caratterizzante il sistema preso in esame, `e costituita dal variare della geometria del dominio del fluido che, come mostrato in precedenza, deve si-mulare la presenza di una superficie libera (che, quindi, deve incresparsi per l’effetto delle onde) e deve assecondare il moto della membrana, cio`e defor-marsi come questa nei punti in cui i due domini si tangono, nonch´e riempirne

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il volume ”sotteso”. In questo capitolo si presenteranno brevemente le tec-niche numeriche che consentono di superare i problemi relativi alla riunione delle equazioni in un singolo sistema di riferimento e all’avere una discretiz-zazione mobile (cos`ı come riportate in [8]); seguir`a l’esposizione, in modo pi`u approfondito, del metodo ALE (Arbitrary Lagrangian Eulerian), che `e stato gi`a introdotto, seppur in sordina, nella parte sull’elasticit`a non lineare, cos`ı come `e stato necessario per procedere all’analisi fluidodinamica, in quanto utilizzato per calcolare la deformazione della mesh.

4.1

Tecniche per la soluzione numerica

Le tecniche per la soluzione numerica dei problemi di interazione fluido-strutturale (FSI) possono essere distinte in due grandi gruppi:

1. metodi di disaccoppiamento; 2. metodi integrati o monolitici.

Al primo insieme appartengono tutte le metodologie che risolvono i due siste-mi (quello fluido e quello solido) separatamente, per poi importare nell’uno le grandezze ricavate dall’esame dell’altro. Al secondo insieme, invece, ap-partengono quegli approcci che descrivono il sistema in modo tale da poter risolvere, nello stesso momento, tutte le variabili incognite del problema.

4.1.1

Metodi di disaccoppiamento

Supponiamo di congelare il tempo in un certo istante, assumendo di aver calcolato tutte le grandezze relative al problema per i passi temporali prece-denti; un modo di procedere potrebbe essere quello di fissare il valore delle variabili della parte strutturale (S) per poter risolvere quella del fluido (F).

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Ipotizzando, quindi, che lo stato di tensione e la deformazione, per esem-pio, siano tali e quali a quelle relative al passo temporale precedente, si pu`o risolvere la parte fluida con

Sn−1, Fn−1 → Fn,

ove i pedici indicano il passo temporale di riferimento (tn). Il risultato cos`ı

ottenuto dovr`a essere impiegato per aggiornare la parte solida (`e chiaro che, volendo, si pu`o procedere invertendo l’ordine)

Sn−1, Fn → Sn

e cos`ı via, fino ad arrivare al tempo voluto. Questo approccio `e detto ”for-mulazione debole dell’accoppiamento” in quanto nel singolo passo temporale non `e verificata la coerenza tra Fn e Sn, anzi si trattano i due sistemi come

agissero in serie o, se si preferisce, come se fossero sfasati di mezzo passo. Infatti, risolvere prima il problema del fluido e poi quello del solido pu`o sot-tintendere che la risposta del primo sia pi`u rapida di quella del secondo (cio`e il fluido raggiunga le condizioni che caratterizzano il passo successivo pri-ma della membrana elastica), oppure che le due risposte non siano calcolate allo stesso istante, ma che Fn preceda Sn, per esempio, di met`a del passo

temporale.

Per aumentare la possibilit`a di convergenza e la precisione del metodo, a prezzo di un notevole incremento del costo computazionale, si pu`o introdurre una procedura iterativa per ogni passo temporale. Supponiamo di avere una stima delle grandezze derivanti dal problema strutturale (per la prima iterazione, per esempio, si possono prendere quelle relative all’ultimo passo calcolato). Esse, insieme a quelle derivate dal problema fluido, possono essere

Figura

Figura 1.2: Disegno schematico del sistema studiato.
Figura 1.3: Il sistema bivariante.
Figura 1.4: Grafico carico - lunghezza per diversi valori del potenziale.
Figura 1.5: Ciclo nel piano Φ − Q.
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