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CAPITOLO 4 MATERIALI E METODI

4.2 METODI

4.2.1 Dosaggio proteico RC/DC Bio-Rad

Il dosaggio proteico RC/DC è un saggio colorimetrico per la determinazione della concentrazione proteica che si effettua in presenza di agenti riducenti (RC) e detergenti (DC). Esso si basa sul protocollo di Lowry e prevede la costruzione di una curva di taratura tramite la lettura dell’assorbanza di una proteina di riferimento a diverse concentrazioni.

Innanzitutto prima di procedere all’analisi del campione occorre allestire la retta di taratura. La retta viene preparata utilizzando come proteina di riferimento l’albumina sierica bovina (BSA), una proteina facilmente disponibile e poco costosa, la quale viene preparata nello stesso tampone del campione e pertanto risospesa nella RS. È infatti importante che la proteina sia sospesa esattamente nello stesso solvente in cui sono sospesi i campioni, altrimenti si possono avere interferenze non compensate che falsano i risultati.

Gli standard sono stati realizzati in doppio seguendo quanto riportato nella tabella 2:

Tabella 2: Diluizioni di BSA per la preparazione della retta di taratura in RC/DC.

Per la realizzazione del dosaggio, i campioni sono stati diluiti 1:5, per avere un volume finale di 25 μl, e come gli standard, sono stati preparati in doppio.

Soluzione di sospensione BSA μl [1.5 μg/μl] BSA [μg/μl]

Bianco 25 - 0

1 21.7 3.3 0.2

2 18.3 6.7 0.4

3 11.7 13.3 0.8

46 Il kit Bio-rad è composto da:

• Reagente A: soluzione alcalina di tartrato di rame; • Reagente B: reagente Folin;

• Reagente S: soluzione surfactante; • Reagente I: agente riducente; • Reagente II: agente riducente.

Si parte a questo punto con il protocollo di analisi dei campioni. Tutte queste operazioni vengono eseguite sia sulle eppendorf allestite per la retta di taratura che su quelle contenenti i campioni:

1. Aggiungere 125 μl di Reagente I, agitare su Vortex e lasciare incubare per 1 minuto a temperatura ambiente;

2. Aggiungere 125 μl di Reagente II, agitare su Vortex e centrifugare a 12000 g per 5 minuti a 20°C;

3. Aspirare il sovranatante e conservare solo il pellet;

4. Aggiungere 125 μl di Reagente I, agitare e lasciare incubare per 1 minuto;

5. Aggiungere 40 μl di Reagente II, agitare e centrifugare a 12000 g per 5 minuti a 20°C; 6. Aspirare il sovranatante e aggiungere 127 μl di Soluzione A* (20 μl di Reagente S + 1000 μl di Reagente A), agitare su Vortex e incubare per 5 minuti.

7. Aggiungere 1 ml di Reagente B, agitare e incubare per 15 minuti.

8. Leggere le assorbanze di standard e campioni allo spettrofotometro ad una lunghezza d’onda di 750 nm.

Con le assorbanze degli standard si costruisce la retta di taratura, la cui equazione sarà y =

mx, dove y è il valore dell’assorbanza, m è la pendenza della retta e x è la concentrazione

proteica. Dall’equazione della retta si calcolano le concentrazioni dei campioni incogniti, secondo la formula:

47

(media delle assorbanze del campione−media dei bianchi)

pendenza retta x fattore di diluizione =mg/ml

4.2.2 Elettroforesi Bidimensionale

4.2.2.1 Reidratazione delle strips

Il primo passaggio da eseguire è la reidratazione passiva delle strips, in quanto le strips prefabbricate per la prima dimensione sono vendute disidratate e congelate a -20°C.

E’ possibile scegliere strips di diversa lunghezza e con diverso gradiente di pH. Nel nostro caso la lunghezza delle strips è di 18 cm e l’intervallo di pH utilizzato è 3-10.

Si preleva un volume di campione corrispondente a 200 μg di proteine e ad esso si aggiunge la RS fino ad un volume di 450 μl totali. Si aggiungono poi gli anfoliti e le anfoline, in percentuale rispettivamente dello 0.8% e dell’1%.

Si carica il campione nell’IPG Reswelling Tray (figura 22), si posizionano sopra le strips e si copre con un’adeguata quantità di olio minerale, per ridurre l’evaporazione del campione e la cristallizzazione dell’urea. Si lasciano così reidratare le strips overnight.

48 4.2.2.2 Prima dimensione – isoelettrofocalizzazione (IEF)

Dopo 24 ore, le strips risultano essere perfettamente idratate. Si procede quindi al loro posizionamento nello strumento che permette la corsa elettroforetica: l’ETTAN IPG-phor II (figura 23).

Questo strumento contiene una piastra in ceramica d’ossido d’alluminio denominata

Manifold, riempita con 100 mL di olio minerale, la quale permette il posizionamento delle

strips e il loro collegamento tramite degli elettrodi allo strumento. Tra le strips e gli elettrodi si interpongono dei pads imbevuti con 150 µL di H2O mQ, che servono ad assorbire l’eccesso

di sali e acqua, proteggendo gli elettrodi dalla precipitazione degli ioni. Vengono poi fissati gli elettrodi sopra i pads in modo tale che aderiscano anche alle strips sottostanti. A questo punto si avvia il programma preimpostato per l’IEF del campione; una volta raggiunti i 75.000 Vhrs, dopo 15h e 10min, la corsa si ferma.

Proteine diverse possono avere lo stesso pI e quindi localizzarsi a livello della stessa banda, motivo per cui occorre procedere con un’ulteriore separazione non più basata sulle proprietà elettriche delle molecole.

49 4.2.2.3 Equilibratura delle strips

Lo scopo dell’equilibratura dopo la prima dimensione è quello di legare le proteine all’SDS in modo da permetterne il movimento nella seconda dimensione.

L’SDS è infatti un detergente anionico che si lega alle proteine nel rapporto di 1 molecola di

SDS ogni 2 residui amminoacidici.

L’interazione SDS/proteine:

-provoca destabilizzazione della struttura terziaria della proteina denaturandola;

-conferisce carica netta negativa rendendo trascurabile la carica della proteina nativa; -la proteina assume forma lineare (figura 24).

Figura 24: Azione denaturante dell’SDS

SDS equilibration buffer è costituita da:

• SDS (sodio dodecil-solfato) 2%;

• Tampone Tris-HCl 50 mM pH=8.8: serve a mantenere il pH adatto all’elettroforesi;

• Urea 6 M e glicerolo 30%: riducono l’elettroendoosmosi e migliorano il trasferimento delle proteine alla seconda dimensione.

50 L’elettroendoosmosi è dovuta alla presenza di cariche fisse sulla strip all’interno di un campo elettrico e può interferire con il trasferimento delle proteine dalla strip al gel della seconda dimensione;

•Blu di Bromofenolo 0.002%: è un colorante usato come agente tracciante per seguire la corsa elettroforetica;

• Acqua mQ;

Il processo di equilibratura avviene in due passaggi: nel primo le strips vengono trattate con una soluzione contenente 10 mL di SDS equilibration buffer e DTT (ditiotreitolo) 1% per 15 minuti in agitazione a temperatura ambiente. Il DTT ha il compito di rompere i ponti disolfuro e mantenere le proteine nella loro forma ridotta; nel secondo si usa la stessa soluzione in cui il DTT è sostituito dalla IAA (iodoacetamide) 2,5% per 15 minuti in agitazione a temperatura ambiente. IAA è un agente alchilante nei confronti dei gruppi sulfidrilici delle proteine che previene l’eventuale riossidazione di esse durante la seconda dimensione. È un meccanismo irreversibile.

4.2.2.4 Preparazione dei gel

La seconda dimensione consiste in una corsa elettroforetica su gel di poliacrilammide. Il gel si forma dalla reazione di polimerizzazione dell’acrilammide, un monomero solubile in acqua, in modo da formare un reticolo tridimensionale. La concentrazione di acrilammide determina la grandezza delle maglie del gel: basse concentrazioni forniscono gel con maglie larghe che separano bene le proteine ad alto PM, alte concentrazioni danno invece gel a maglie più strette che separano meglio le proteine a basso PM. In questo caso abbiamo usato gel al 12.5% di poliacrilammide (di dimensioni pari a 20cm×20cm×1.5mm).

I gel vengono polimerizzati, nelle camere di polimerizzazione, contemporaneamente, al fine di ridurre la variabilità sperimentale ed aumentare la riproducibilità dell’esperimento. Le camere di polimerizzazione consistono in due lastre di vetro uniti a libro da una striscia di silicone, sui cui due lati sono posizionati due spaziatori aventi uno spessore di 1.5 mm.

51

Ciascun gel ha la seguente composizione: • Acqua mQ: 19.4 ml;

• Tris HCl pH 8.8: 15 ml; • Acrilammide 30%: 25 ml; • APS 10%: 0.6 ml;

• TEMED: 24 μl.

La polimerizzazione avviene per mezzo di una reazione radicalica innescata da due molecole che agiscono come catalizzatori: N, N, N’, N’- tetrametiletilendiammina (TEMED) e ammonio

persolfato (APS).

Il TEMED catalizza la decomposizione dello ione persolfato (S2O82- + 1e- → SO42- + SO4- )

portando alla produzione del corrispondente radicale libero, che reagendo con l’acrilammide, dà inizio alla reazione di polimerizzazione.

Tale reazione però è inibita dall’ossigeno dell’aria, in quanto altamente reattivo verso i radicali liberi, per cui il gel, una volta colato nello spazio tra le due lastre di vetro, viene ricoperto da un piccolo strato di butanolo, che impedisce il contatto con l’O2 presente nell’aria.

Una volta che il gel è polimerizzato, la camera può essere smontata e lavata dal butanolo.

4.2.2.5 Seconda dimensione - SDS-PAGE

Dopo aver preparato i gel, si procede con la seconda dimensione che prevede i seguenti passaggi:

1. Posizionare ciascuna strip sul lato superiore di un gel, in modo tale che la strip aderisca bene per tutta la sua lunghezza al gel. Sigillare la strip con una soluzione calda di agarosio allo 0.1% in Running Buffer.

52 2. Posizionare i gel nella camera elettroforetica e riempirla con Running Buffer 1X fresco, preparato diluendo 1:10 la soluzione Running Buffer 10X (Tris-base 25 mM, Glicina 192 mM,

SDS 0.1%).

3. Collegare l’alimentatore e far partire la corsa, impostando l’amperaggio inizialmente a 15 mA per gel per 15 minuti e poi a 40 mA per gel fino alla fine della corsa. Si può considerare finita la corsa quando il fronte, evidenziato dal blu di Bromofenolo presente nell’agarosio, ha raggiunto il bordo inferiore del gel.

4.2.2.6 Colorazione dei gel

Una volta finita la corsa elettroforetica, i gel vengono colorati utilizzando una colorazione al

tetrasodium tris (bathophenantroline disulfonate) ruthenium (II) [Ru(BPS)3]Na4.6H2O

(Sunatech Inc.).

E’ un colorante sensibile, lineare, stabile nel tempo e compatibile con la spettrometria di massa, utilizzata per acquisire successivamente i gel. Esso ha un picco di assorbimento a 452 nm e di emissione a 628 nm (Figura 25).

Questo tipo di colorazione appartiene alla categoria dei coloranti fluorescenti.

Il meccanismo della fluorescenza è un meccanismo che prevede la presenza di un gruppo chimico definito fluoroforo, il quale risponde alla luce diversamente rispetto alle altre molecole. Quando un fotone colpisce questo gruppo, un elettrone esterno del fluoroforo viene spinto a passare da uno stato fondamentale ad uno stato eccitato, corrispondente ad uno stato energetico più alto. A questo punto, il fluoroforo, trovandosi in uno stato elettronico cosiddetto

metastabile, tende a tornare nel suo stato fondamentale ad energia più bassa. Nel fare ciò

dissipa l’energia accumulata nel precedente passaggio trasmettendola in parte alle molecole accanto ed in parte emettendola come radiazione elettromagnetica. L’eccitazione e l’emissione di luce da parte del fluoroforo è ciclica finché il fluoroforo non risulta irreversibilmente danneggiato.

53 Figura 25: Struttura chimica del colorante e suo aspetto

Procedimento della colorazione:

• Rimuovere i gel dai vetri, ed asportare le strips. Lasciare i gel in soluzione di fissaggio (fixing) costituita da acido fosforico 1% ed etanolo 30%, per un’ora e sotto agitazione sul basculante;

• Incubare overnight in una soluzione 1 μM di Rubp, in soluzione composta da acido fosforico 1% ed etanolo 30%, coprendo con un sacco nero (considerata la fotosensibilità del rutenio);

• Decolorare i gel con una soluzione di acido fosforico 1% ed etanolo 30%, lasciando in agitazione per 5 ore;

• Eseguire il lavaggio con H2O per almeno 15 minuti.

4.2.3 Acquisizione e analisi dei gel

Gli esperimenti sopra descritti sono stati effettuati in triplicato per ogni campione. Le immagini dei gel sono acquisite con lo strumento ImageQuant LAS 4000 (GE Healthcare) e analizzate con il programma ProgenesiSame Spots (TotalLab).

54 Tramite questo software è possibile selezionare gli spots di interesse, sovrapporli agli spots ottenuti dagli altri campioni, definirne il numero e l’area.

Il programma elabora i dati mettendo a confronto i diversi trattamenti al fine di evidenziare differenze per quanto riguarda la presenza/assenza di determinate proteine o una loro variazione quantitativa.

La significatività della differenza del volume per ogni spot è calcolata dal programma stesso che include l’analisi statistica ANOVA (Analysis of Variance). In tal modo si evidenziano le differenze statisticamente significative (p-value < 0,05) tra gli spot presenti nelle classi di confronto.

4.2.4 Preparazione dei campioni per l’analisi MS

Una volta individuati, mediante luce UV, gli spots proteici differenzialmente espressi vengono tagliati dai gel, trasferiti in eppendorf e conservati in etanolo al 10% a -80 °C. Successivamente, gli spots sono digeriti con tripsina prima dell’analisi MS.

Il procedimento completo prevede:

• Una volta rimosso l’etanolo, trattare gli spots con wash buffer (bicarbonato d’ammonio – AMBIC 25 mM e acetonitrile (AcN) 50%) per 20 minuti a temperatura ambiente effettuando con questo tampone due lavaggi;

• Disidratare gli spots per 2-5 minuti in SpeedVac e reidratarli in 50 μl di DTT e 10 mM/AMBIC 0,1 M per 15 minuti a 56 °C, quindi rimuovere la soluzione;

• Aggiungere 50 μl di una soluzione di IAA 55 mM e AMBIC 0,1 M. Incubare per 30 minuti al buio, poi rimuovere la soluzione;

• Effettuare due lavaggi con 50 μl ciascuno di wash buffer;

• Essiccare gli spots in SpeedVac, successivamente reidratarli in ghiaccio nel tampone di digestione (tripsina 3 ng/μl e AMBIC 0,1 M) per 30 – 45 minuti;

55 • Lasciare i campioni in incubazione a 37 °C overnight, temperatura ottimale per favorire l’attività enzimatica;

• Successivamente, bloccare la digestione con tripsina mediante l’aggiunta di una soluzione di TFA al 10%;

• Recupero il sovranatante in cui sono presenti i peptidi e tratto lo spot con TFA all’1%;

•Recupero nuovamente il sovranatante unendolo a quello precedente e tratto ancora lo spot con TFA allo 0,1% e AcN 60%;

•Infine recupero il sovranatante e lo unisco a quello iniziale. Riduco con lo SpeedVac il volume totale fino ad ottenere 10-15µL di soluzione.

Una volta effettuati tutti i passaggi, i peptidi estratti vengono inviati, per l’identificazione, presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara.

56

CAPITOLO 5 - RISULTATI E DISCUSSIONE

La linea SH-SY5Y è molto usata come modello per lo studio in vitro della morte cellulare neuronale indotta da stress ossidativi, associato a diverse malattie neurodegenerative croniche come l’Alzheimer. Sono utilizzate anche come modello per la neurotrasmissione simpatica e quella dopaminergica nello studio del morbo di Parkinson.

Hanno la capacità di convertire il glutammato in GABA e la colina in acetilcolina, presentano attività dopamina β-idrossilasica63, esprimono recettori oppioidi µ e δ64 ed i recettori α-

adrenergici65, presentano inoltre i canali per il calcio, sia di tipo N (localizzato a livello del cervello) sia di tipo L (localizzato a livello del muscolo scheletrico e delle ossa), i recettori muscarinici (M3) e nicotinici, i recettori per il neuropeptide Y (recettori Y2)66,67.

L’utilizzo dell’H2O2 invece, sulla linea cellulare sopracitata, induce stress ossidativo, una

condizione causata dalla rottura dell'equilibrio fisiologico fra la produzione e l'eliminazione, da parte dei sistemi di difesa antiossidanti, di specie chimiche ossidanti.

Tessuti diversi presentano differente suscettibilità allo stress ossidativo; il sistema nervoso centrale è estremamente sensibile a questo tipo di danno per diverse ragioni che includono un basso livello di enzimi antiossidanti, un elevato contenuto di substrati ossidabili e una gran quantità di ROS prodotte durante le reazioni neurochimiche.

Esso è l’effetto indesiderato della rottura di un equilibrio biochimico e, come tale, può influenzare l’esordio e/o il decorso di un gran numero di patologie.

Al fine di caratterizzare il pattern delle proteine estratte dalle cellule di neuroblastoma SH-

SY5Y abbiamo effettuato l’elettroforesi bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa.

Dall’esame del profilo elettroforetico globale e dalla successiva colorazione al rutenio è stato possibile individuare una media di circa 920 spots totali.

La figura 26 mostra un tipico pattern proteico di lisato cellulare ottenuto da un campione di controllo dopo colorazione con rutenio.

57 Figura 26: Gel di poliacrilammide col pattern proteico caratteristico delle proteine estratte da cellule di

neuroblastoma SH-SY5Y.

Abbiamo proceduto effettuando un’analisi tra controllo e cellule trattate con H2O2, al fine di

individuare le proteine la cui espressione variava in presenza di stress ossidativo. Contemporaneamente, sono stati eseguiti esperimenti in cui l’oleocantale veniva aggiunto alle cellule (con o senza H2O2) al fine di valutarne gli effetti di protezione.

L’analisi comparativa è stata condotta utilizzando, come già accennato precedentemente, il programma ProgenesiSame Spots (TotalLab) e gli spot d’interesse, con p-value < 0.05 e fold di differenza > 2 sono stati tagliati dal gel, digeriti con tripsina e sottoposti all’analisi di massa presso l’Università “G. D’annunzio” di Chieti-Pescara.

In tabella 3 sono riportati gli spots trovati con una differenza statisticamente significativa nel confronto tra cellule non trattate (controllo) e cellule trattate con H2O2. Nella tabella sono

indicati sia i parametri di massa che quelli statistici. La figura 27 riporta l’istogramma (27A) di questi spots con la loro immagine ingrandita (27B) per evidenziarne le differenze.

3 pH_NL 10 96 12 MW kDa 12% gel

58 Tabella 3: Proteine la cui espressione varia significativamente in seguito al trattamento con H2O2, con il

valore medio del volume normalizzato dello spot corrispondente. Gene: nome del gene corrispondente; ID: codice identificativo della proteina su UniProt; a: numero di peptidi usati per l’identificazione; b: coverage;

MW: peso molecolare; th: teorico; obs: osservato

Figura 27: Istogramma (figura 27A) ed immagini ingrandite (figura 27B) degli spots differenzialmente espressi.

Pertanto si evidenzia, in seguito ad esposizione ad acqua ossigenata, un aumento dell’espressione di proteine coinvolte nella difesa dallo stress ossidativo. Infatti, come riportato dalla tabella 3 e dalla figura 27 (A-B), osserviamo un incremento della perossiredossina 2 (spot n° 1269), perossiredossina 6 (spot n° 1087), perossiredossina 1 (spot n° 1736) e perossiredossina 3 (mitocondriale) (spot n° 1741).

Name gene ID a b MWth pI th MW obs pI obs CONTR H2O2 p-value

1087 Peroxiredoxin-6 PRDX6 P30041 21 65% 25035 6 26 6,5 4,11E+05 2,40E+06 7,51E-08

1736 Peroxiredoxin-1 PRDX1 Q06830 17 67% 22110 8,3 23 8,1 1,47E+06 4,98E+06 1,37E-06

1269 Peroxiredoxin-2 PRDX2 P32119 20 59% 21892 5,7 22 5,4 2,90E+06 6,60E+06 3,08E-05

1741 Thioredoxin-dependent peroxide

reductase PRDX3 P30048 11 46% 27693 7,7 25 6,7 3,21E+05 7,29E+05 0,000408

v o lu m e n o r m a li z z a t o ( M ± D S ) 10 87 17 36 12 69 17 41 0 2 . 01 06 4 . 01 06 6 . 01 06 8 . 01 06 1 . 01 07 c o n t r o l l o H 2 O 2 *** *** *** *** 27A 27B

59 Le perossiredossine (note anche con la sigla PRDX) sono enzimi appartenenti alla classe delle ossidoreduttasi, che catalizzano la seguente reazione:

2 R′-SH + ROOH R′-S-S-R′ + H

2

O + ROH

Esse sono perossidasi specifiche dei gruppi tiolici che, come mostrato in figura 28, catalizzano la riduzione del perossido d’idrogeno ed idroperossidi organici ad acqua ed alcol, rispettivamente. Hanno quindi un ruolo fondamentale nella protezione dallo stress ossidativo, detossificando i perossidi.

Figura 28: Meccanismo d’azione di PRDX.

In particolare:

• PRDX-6: è una proteina che nell’uomo è codificata dal gene PRDX6, membro della famiglia delle proteine antiossidanti specifiche per il gruppo tiolo. Questa proteina è un enzima bifunzionale con due siti attivi distinti. È coinvolta nella regolazione redox della cellula; può ridurre l'H2O2 e gli acidi organici a corta catena, gli idroperossidi dei

fosfolipidi. Può svolgere un ruolo nella regolazione del turnover di fosfolipidi e nella protezione contro il danno ossidativo68.

• PRDX-1: è una proteina che nell’uomo è codificata dal gene PRDX1, anch’esso enzima antiossidante in grado di ridurre il perossido d’idrogeno e gli idroperossidi alchilici. I suoi livelli sono elevati nel cancro al pancreas e possono potenzialmente agire come

60 In alcuni tipi di cancro la PRDX1 è stata identificata fungere da soppressore del tumore e altri studi dimostrano che è sovraespressa in alcuni tumori umani69. Uno studio recente ha rilevato che la PRDX1 può svolgere un ruolo nella tumorigenesi, regolando il percorso

mTOR nel carcinoma a cellule squamose esofagee70. È stato anche dimostrato che PRDX1 può essere un importante attore nella patogenesi della sindrome da disturbo respiratorio

acuto a causa del suo ruolo nella promozione dell'infiammazione71.

• PRDX-2: proteina codificata dal gene PRDX2, membro appartenente alla famiglia di enzimi antiossidanti, che riducono il perossido di idrogeno e gli idroperossidi alchilici. La proteina codificata può svolgere un ruolo protettivo antiossidante nelle cellule e può contribuire all'attività antivirale delle cellule T CD8 (+). Questa proteina può avere un effetto proliferativo e svolgere un ruolo nello sviluppo del cancro o nella sua progressione.

• PRDX-3: codificato dal gene PRDX3, anch’essa membro della sopracitata famiglia di enzimi antiossidanti, localizzato a livello mitocondriale.

È stato dimostrato che la PRDX3 del siero può essere un prezioso biomarker per la diagnosi e la valutazione del carcinoma epatocellulare72. Inoltre, è stato dimostrato che il la stessa è sovraespressa nel cancro della prostata e promuove la sopravvivenza delle cellule tumorali difendendo le cellule contro i danni causati dallo stress ossidativo73.

L’aumento di tali enzimi si osserva però anche quando l’oleocantale è aggiunto alle cellule assieme all’acqua ossigenata, pertanto questo sembra suggerire che il sistema di protezione da perossidi sia attivato indipendentemente dalla presenza dell’oleocantale, in risposta allo stress ossidativo indotto da H2O2.

Dal nostro studio preliminare l’oleocantale non ha invece effetto sul proteoma cellulare quando aggiunto al mezzo di coltura, come atteso. Infatti non abbiamo osservato variazioni statisticamente significativa e con fold ˃ 2 nel confronto del controllo con le cellule trattate col solo oleocantale.

Troviamo però delle proteine su cui l’oleocantale sembra avere un effetto se aggiunto con H2O2.

61 La tabella 4 riporta infatti gli spots la cui intensità di volume è risultata variare dopo trattamento con H2O2 per tornare poi a valori normali in presenza di oleocantale, dato che il

volume normalizzato dello spot tornava a valori vicini al controllo. L’istogramma di questi spots, con alcune immagini ingrandite rappresentative, sono riportati in figura 29 (A e B).

Tabella 4: Proteine la cui espressione varia significativamente in seguito al trattamento con H2O2 ed

oleocantale. Viene riportato il valore medio del volume normalizzato dello spot corrispondente. Gene: nome del gene corrispondente; ID: codice identificativo della proteina su UniProt; a: numero di peptidi usati per

l’identificazione; b: coverage; MW: peso molecolare; th: teorico; obs: osservato

Name gene ID a b MWth pI th MW obs pI obs CONTR H2O2 oleocantale H2O2+

181 Triosephosphate isomerase TPI1 P60174 12 57% 26669 6,45 26 7,6 1,43E+06 1,09E+06 1,40E+06

940 Heterogeneous nuclear ribonucleoprotein K HNRNPK P61978 11 28% 48562 5,38 34 4,9 1,47E+06 1,08E+06 1,57E+06

1111 Ubiquitin carboxyl-terminal

hydrolase isozyme L1 UCHL1 P09936 29 81% 24824 5,33 25 5,3 1,04E+07 9,77E+06 1,22E+07

621 Spliceosome RNA helicase DDX39B DDX39B Q13838 18 39% 48991 5,44 50 5,8 3,14E+06 2,62E+06 3,37E+06 296 Acylamino-acid-releasing enzyme APEH P13798 15 24% 81225 5,29 85 5,3 1,70E+06 1,31E+06 1,68E+06 498 60 kDa heat shock protein, mitochondrial HSPD1 P10809 31 54% 61055 5,7 60 5,2 8,02E+05 7,92E+05 1,03E+06 1179 Proteasome subunit beta type-4 PSMB4 P28070 19 52% 29204 5,7 24 5,9 1,31E+06 1,06E+06 1,38E+06

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