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Oleocantale: protezione dallo stress ossidativo

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Academic year: 2021

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1 DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

Oleocantale: protezione dallo stress ossidativo

Relatore: Candidato:

Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni Cosimo De Giorgio

Prof. Antonio Lucacchini

Correlatore:

Dott.ssa Federica Ciregia

(2)

2 Ai miei genitori… Grazie

(3)

3

Indice

CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE………... 7

1.1 BREVE STORIA………... 7

1.2 COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO………... 8

1.3 FENOLI E POLIFENOLI DELL’OLIO D’OLIVA………...…… 11

1.4 FATTORI CHE INFLUENZANO LA CONCENTRAZIONE FENOLICA….…… 13

1.5 SCOPERTA DELL’OLEOCANTALE………... 14

. 1.6 STRESS OSSIDATIVO UN FATTORE DI RISCHIO PER LA SALUTE………... 15

1.6.1 Che cosa è lo stress ossidativo?... 15

1.6.2 Che cosa sono i radicali liberi?... 17

1.6.3 Come si manifesta clinicamente lo stress ossidativo?... 19

1.6.4 Che cosa sono gli antiossidanti?... 20

1.7 OLEOCANTALE E PATOLOGIE CORRELATE IN PARTE ALLO STRESS OSSIDATIVO………... 22

1.7.1 Oleocantale e infiammazione……….... .... 22

(4)

4

1.7.2 Oleocantale e malattie neurodegenerative……….. 24

1.7.3 Oleocantale e tumori………... 28

. 1.7.4 Oleocantale e malattie articolari………... 33

1.7.5 Sinergismo d’azione dell’oleocantale con gli altri componenti polifenolici presenti nell’olio d’oliva………... .... 35

1.7.5.1 Sistema GSH………... 35

1.7.5.2 Isoprostani………... 36

1.7.5.3 8-oxo-7,8-diidro-21-desossiguanosina (8-oxo-dG)………... 37

1.8 SCENARI FUTURI………... 38

CAPITOLO 2 - PROTEOMICA………... 39

2.1 Elettroforesi bidimensionale (2-DE)………... 40

2.2 Spettrometria di massa (MS)………...….... .... 42

(5)

5

CAPITOLO 4 - MATERIALI E METODI………... 44

4.1 MATERIALI………... ... 44

4.1.1 Reagenti e strumentazione………... 44

4.1.2 Campioni………... 44

4.1.2.1 Preparazione dei campioni………... 44

4.2 METODI………... 45

4.2.1 Dosaggio proteico RC/DC Bio-Rad………... 45

4.2.2 Elettroforesi bidimensionale………... 47

4.2.2.1 Reidratazione delle strips……….……. 47

4.2.2.2 Prima dimensione – isoelettrofocalizzazione (IEF)…………..…... 48

4.2.2.3 Equilibratura delle strips………... 49

4.2.2.4 Preparazione dei gel……….. 50

4.2.2.5 Seconda dimensione - SDS-PAGE………... 51

4.2.2.6 Colorazione dei gel……… 52

4.2.3 Acquisizione e analisi dei gel………... ... 53

(6)

6 CAPITOLO 5 - RISULTATI E DISCUSSIONE………... 56

BIBLIOGRAFIA………... ... 66

(7)

7

CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE

1.1 BREVE STORIA

“Chiesi a Giorgio Arniotakis di informarsi presso i contadini sulla loro colazione. La

maggioranza dei contadini greci rispose che non mangiavano nulla prima di andare al lavoro nei campi, ma qualcuno disse che beveva un bicchiere di olio d’oliva. Nei villaggi di Creta la cardiopatia coronarica era rara e la gente sembrava longeva. Ci è stato detto di contadini che andavano ancora al lavoro all'età di 100 anni…” (Ancel Keys)

La prima indagine sulle proprietà nutraceutiche dell’olio d’oliva fu condotta dal biologo e fisiologo statunitense Ancel Keys nel 1970.

Si tratta del “Seven Countries Study”1, uno studio comparativo dei regimi alimentari in sette

nazioni (Stati Uniti, Italia, Olanda, Grecia, Finlandia, Giappone ed Ex Jugoslavia).

Questo studio mise in luce che gli abitanti dell’isola di Creta possedevano il più basso indice di mortalità per malattie cardiovascolari e ciò venne messo in relazione con l’utilizzo dell’olio d’oliva nella cottura e nel condimento dei cibi a discapito di altri oli di origine vegetale e del burro2.

Figura 1: Piramide alimentare della dieta mediterranea. In questo modello di dieta l’olio d’oliva deve essere

(8)

8 Da quel momento in poi la comunità scientifica ha portato a termine innumerevoli studi sull’alimentazione del bacino mediterraneo, confermando le teorie di Keys, tanto che dal 2010 la dieta mediterranea (figura 1) è considerata patrimonio immateriale dell’UNESCO3 e in tutto il mondo si raccomanda l’uso dell’olio extravergine d’oliva nell’alimentazione per prevenire l’invecchiamento e per preservare l’organismo da varie malattie.

Già nell’antichità si conoscevano le enormi potenzialità di questo composto:

Ippocrate (460-377 a.C.) consigliava il succo di olive fresche per curare le malattie mentali ed impacchi di olive macerate per guarire le ulcere.

Plinio il Vecchio (24-79 d.C.) affermava che "due sono i liquidi più graditi al corpo umano: all'interno il vino, all'esterno l'olio". L'olio veniva usato anche per combattere le febbri, quale antidoto per alcuni veleni e in molti altri casi.

Fino a tutto l’ottocento l’olio d’oliva ha rappresentato un valido sostegno in molte malattie che colpivano la popolazione generale.

Da allora in poi i ricercatori di tutto il mondo hanno condotto numerosi studi osservazionali e clinici sia sull’olio d’oliva sia sui singoli costituenti per ampliare le loro conoscenze e per comprendere le sue eccezionali proprietà nutraceutiche.

1.2 COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO

L’olio d’oliva è composto da due frazioni:

• una frazione “saponificabile”, che rappresenta il 98%, costituita per la quasi totalità da trigliceridi;

• una frazione “insaponificabile”, che costituisce il 2% circa rappresentata da ‘costituenti

minori’ che hanno però notevole importanza nutrizionale.

La frazione saponificabile (figura 2) dell’olio è costituita dagli esteri della glicerina con acidi grassi a lunga catena sia saturi che mono e poli insaturi.

(9)

9 Gli acidi grassi più importanti che entrano a far parte delle molecole dei trigliceridi sono:

• l’acido oleico, monoinsaturo, che è presente per il 73%; • l’acido linoleico, diinsaturo, che rappresenta lo 0,7% circa; • l’acido palmitico, saturo che rappresenta il 7-15%;

• l’acido stearico, anch’esso saturo, presente per l’1,5-3,5%.

Figura 2: Frazione saponificabile dell’olio (98-99%)

L’acido grasso presente in maggiore quantità è l’acido oleico, un acido grasso monoinsaturo (MUFA, dall’inglese MonoUnsatured Fatty Acids) essenziale per la fluidità delle membrane biologiche e per prevenirne la perossidazione lipidica. Vengono attribuite sempre all’alto contenuto di MUFA anche le azioni protettive dell’olio extravergine d’oliva nelle patologie cardiovascolari. L’acido oleico infatti interferisce positivamente sui processi di biosintesi e metabolismo del colesterolo, e l’assunzione di elevate quantità di MUFA viene associata ad un’aumentata resistenza del colesterolo LDL all’ossidazione, senza incidere sul colesterolo HDL; in questo modo viene eliminato uno dei maggiori fattori di rischio degli eventi cardiovascolari4, proprio perché LDL, ossidato a livello della tonaca intima arteriosa, viene da una parte fagocitato dai macrofagi che si trasformano in “foam cells” o cellule schiumose, dall’altra ha attività citotossica nei confronti delle cellule endoteliali innescando processi degenerativi con conseguente richiamo di materiale piastrinico.

(10)

10 Negli ultimi anni diversi studi hanno dimostrato che gli effetti benefici non si rilevano nelle diete contenenti olio di girasole reso ugualmente ricco di acido oleico, questo significa che i soli MUFA non sono sufficienti, ma è indispensabile l’associazione con altri fattori presenti solo nell’olio extravergine d’oliva che sono stati individuati nei cosiddetti “costituenti

minori”.

Lo studio condotto da Ruiz-Gutierrez e colleghi ha messo a confronto gli effetti riscontrati in due gruppi di donne ipertese che avevano seguito due diete diverse ma ugualmente ricche in

MUFA (il primo gruppo ha assunto solo olio extravergine d’oliva mentre il secondo olio di

girasole arricchito di acido oleico). Una riduzione significativa della pressione sia diastolica che sistolica è stata registrata solo nelle donne che hanno seguito una dieta a base di olio extravergine d’oliva. Questo risultato fa pensare che anche i costituenti minori dell’olio abbiano un ruolo nella regolazione della pressione5.

Tali costituenti minori che rappresentano la frazione insaponificabile dell’olio di oliva (figura 3) sono circa 220 e sono rappresentati da:

• idrocarburi (50-60%) prevalentemente lo squalene che possiede attività antiossidante in quanto “scavenger” di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno;

• alcoli superiori alifatici e triterpenici (20-35%), tra gli alcoli alifatici superiori spicca il

cicloartenolo la cui azione favorisce l’eliminazione di colesterolo;

• Steroli (2-3%) in particolare nell’olio è presente il β-sitosterolo al quale vengono attribuite importati azioni terapeutiche come chemio-protezione attraverso un aumento dell’apoptosi, protezione dalle malattie cardiovascolari mediante un ridotto assorbimento del colesterolo nell’intestino e infine un’azione stimolante sul sistema immunitario;

• Polifenoli (18-37%), hanno una struttura base benzenica e vari gruppi tra cui quello alcolico (–OH) e acido (–COOH), esplicano un’azione antiossidante e protettiva per l’olio conferendogli stabilità, qualità nutrizionali, salutistiche e peculiarità sensoriali;

• Vitamine liposolubili, sono presenti oltre alla vitamina E (alfa-tocoferolo), la provitamina A (β carotene), la vitamina F e la vitamina D. Le vitamine inibiscono il processo di irrancidimento dell’olio;

(11)

11 • Pigmenti colorati: carotenoidi e clorofilla. Quest’ultima svolge un ruolo di eccitamento sul metabolismo, di stimolo della crescita cellulare, sulla produzione del sangue e di accelerazione dei processi di cicatrizzazione. Tra i carotenoidi il più rappresentativo è il beta-carotene che impedisce all’ossigeno di generare il passaggio di iniziazione nella produzione di radicali;

• Prodotti del metabolismo secondario (aldeidi, chetoni, esteri, etc.).

Figura 3: Frazione insaponificabile dell’olio (1-2%)

1.3 FENOLI E POLIFENOLI DELL’OLIO D’OLIVA

Questi composti sono caratterizzati dalla presenza di un gruppo ossidrile (–OH) legato direttamente ad un anello benzenico al quale conferisce un’elevata attività inibitoria nei confronti dei fenomeni ossidativi che portano alla formazione di specie reattive dell’ossigeno, nella prevenzione di alcune patologie cardiovascolari, oncologiche, degenerative del sistema nervoso e nelle malattie legate all’invecchiamento precoce.

I composti fenolici e polifenolici dell’olio d’oliva possono essere classificati in: fenil-acidi, secoiridoidi, fenil-alcoli, flavonoidi e lignani.

I primi ad essere stati identificati nell’olio extravergine d’oliva sono i fenil-acidi che derivano dall’acido benzoico e cinnamico (l’acido caffeico, vanillico, siringico, para-cumarico,

(12)

12 Più tardi vennero scoperti i fenil-alcoli principalmente rappresentati dall’idrossitirosolo (figura 4 struttura chimica 5) e dal tirosolo (figura 4 struttura chimica 6) molecole dotate di notevoli proprietà antiossidanti, non presenti come tali, ma all’interno di strutture più complesse chiamate secoiridoidi.

Analisi più dettagliate hanno portato proprio alla scoperta di questi composti; è stato dimostrato che queste sostanze sono presenti esclusivamente in piante appartenenti alla famiglia delle Olearaceae che include la specie Olea europaea L.

Sono esteri dell’acido elenolico; si possono trovare in forma glicosilata, come l’oleuropeina ( figura 4 - struttura chimica 1), e il ligstroside (figura 4 – struttura chimica 3) che sono legati ad un anello di β-glucopiranosio e in forma non glicosilata, detti agliconi, come l’oleuropeina

aglicone e il ligstroside aglicone oppure con la parte acilica in forma dialdeidica dopo

l’apertura dell’anello dell’acido elenolico come l’oleaceina (figura 4 – struttura chimica 2) e l’oleocantale (figura 4 – struttura chimica 4) che contengo al loro interno rispettivamente idrossitirosolo e tirosolo6.

(13)

13 I composti non glicosilati si formano durante la frangitura dell’olio, grazie all’attivazione di una β-glucosidasi endogena presente nel mesocarpo del frutto che catalizza l’idrolisi di oleuropeina, e ligstroside7.

Infatti proprio uno studio di Servili e Montedoro conferma la relazione tra l’idrolisi enzimatica dei secoiridoidi e la presenza di derivati agliconici nell’olio; inattivando termicamente le glucosidasi endogene, prima della frangitura, non si registra nell’olio un cambiamento nella concentrazione di oleuropeina e ligstroside e non si evidenzia la formazione di derivati agliconici8.

1.4 FATTORI CHE INFLUENZANO LA CONCENTRAZIONE

FENOLICA:

“Solo olive fresche, di prima qualità, colte e spremute, che non abbiano subito altro

trattamento oltre al lavaggio, alla separazione da rametti e foglie, alla centrifugazione e alla filtrazione” (Reg. CE 1513/01).

Con tale sistema di produzione l’olio mantiene immutato sia il contenuto lipidico, sia il contenuto di “componenti minori” che nell’antichità non si conoscevano ma dai quali sicuramente dipendevano le innumerevoli proprietà benefiche e salutistiche e che in tutti gli altri tipi di oli durante il processo di raffinazione vengono in pratica quasi completamente dimezzati e persi.

Ben noto è che diversi oli hanno diverse caratteristiche e dunque diverse concentrazioni di composti fenolici, dipendenti da differenti fattori agronomici e di lavorazione.

Tra i fattori agronomici rientrano l’ambiente di coltivazione, la difesa da parassiti, le tecniche di coltivazione e il periodo di raccolta9,10.

Tecniche di coltivazione diverse influenzano la concentrazione dei composti fenolici, ad esempio: ulivi molto irrigati con acqua portano ad una diminuzione della concentrazione dei composti fenolici rispetto a ulivi meno irrigati9.

Per quanto riguarda il tipo di lavorazione l’olio extravergine d’oliva, prodotto nella lavorazione tradizionale (tutta l’oliva è schiacciata), presenta una minore concentrazione di composti fenolici rispetto al caso in cui il nocciolo dell’oliva venga rimosso prima della frantumazione11,12.

(14)

14 Importantissima è anche la conservazione dell’olio la quale non deve superare i 10 mesi altrimenti diminuisce la componente fenolica9.

1.5 SCOPERTA DELL’OLEOCANTALE:

Tra i componenti fenolici dell’olio d’oliva è presente l’Oleocantale, definito come

(-)-decarbossimetil ligstroside aglicone e rappresenta la forma dialdeidica del ligstroside

aglicone.

Nel 2003 Andrewes e colleghi identificarono questo composto nell’olio extra vergine d’oliva attribuendoli la capacità di dare, se ingerito, quella tipica sensazione di bruciore in gola13. Sappiamo inoltre che questo composto venne già isolato da Servili e Montedoro ma questa caratteristica non venne identificata14.

Nel 2005, Beauchamp e colleghi, riportarono che l’oleocantale era l’unico responsabile dell’irritazione del tratto orofaringeo che si percepisce dopo l’ingestione dell’olio extravergine d’oliva. Confermarono questa ipotesi sintetizzando la molecola e aggiungendola in diverse concentrazioni a un olio di mais completamente privo di fenoli. La misura dell’irritazione del tratto orofaringeo aumentava con l’aumento della concentrazione dell’oleocantale nell’olio di mais ed era uguale all’irritazione provocata dall’ingestione dell’olio extravergine d’oliva. Così l’oleocantale venne indicato come unico responsabile e prese tale nome, derivato da oleo- per oliva, -cant- per il pizzicore e -ale per le aldeidi15.

Generalmente la sensazione irritante provocata da altre sostanze viene percepita nell’intera area della cavità orale mentre quella dell’olio solamente nella regione del tratto orofaringeo (figura 5); inoltre la misura di questa sensazione varia da individuo a individuo e va da un semplice pizzicore ad un’irritazione intensa fino ad arrivare a produrre il tipico “colpo di tosse” nelle persone più sensibili.

Recenti studi hanno identificato un recettore canale specifico per l’oleocantale, chiamato

(15)

15 interindividuale nella sensazione del pizzicore può essere collegata ad una diversa espressione di questo recettore nel tratto orofaringeo (Figura 5).

Figura 5: Rappresentazione grafica del recettore TRPA1 e della zona orofaringea della cavità orale. (Long

SB et al. Science. 2005; abcsalute.it)

Per verificare se l’oleocantale agisce effettivamente sul canale TRPA1 nei neuroni trigeminali è stato usato un bloccante selettivo del canale ed inoltre è stata analizzata la risposta all’oleocantale in topi con neuroni trigeminali privi di TRPA1. La completa perdita, in entrambi i casi, di sensibilità all’oleocantale ha confermato la specificità dell’oleocantale per un singolo recettore sensoriale e della restrizione anatomica di questo recettore sensoriale alla faringe, all'interno della cavità orale16.

1.6 STRESS OSSIDATIVO. UN FATTORE DI RISCHIO PER

LA SALUTE

1.6.1 Che cosa è lo stress ossidativo?

Il termine stress ossidativo indica l’insieme delle alterazioni che si manifestano a livello di tessuti, cellule e macromolecole biologiche quando queste vengono esposte ad un eccesso di agenti ossidanti17.

(16)

16 In tutti gli organismi aerobi esiste un delicato equilibrio, detto ossido-riduttivo, tra la produzione di sostanze ossidanti, tra cui le specie reattive dell’ossigeno (ROS), e il sistema di difesa antiossidante che ha il compito di prevenire e/o riparare l’eventuale danno prodotto.

Tutte le forme di vita conservano, all’interno delle loro cellule, un ambiente riducente che viene preservato da enzimi che mantengono lo stato ridotto attraverso un costante apporto di energia metabolica. Disturbi del normale stato redox possono provocare effetti tossici attraverso la produzione di specie chimiche reattive che danneggiano le componenti della cellula incluse proteine, lipidi e acidi nucleici18.

Le ROS e altre specie reattive vengono continuamente prodotte dal nostro organismo attraverso numerosi processi biochimici19.

Determinate quantità di sostanze ossidanti sono infatti indispensabili per mantenere il corretto funzionamento cellulare, regolando i meccanismi propri dell’omeostasi20.

Durante le reazioni di riduzione dell’ossigeno, però, le specie reattive generate possono superare il valore soglia fisiologico. Se tali molecole non vengono neutralizzate dai sistemi antiossidanti, si possono instaurare danni all’interno della cellula, in grado di condurre la stessa ad apoptosi21.

Se l'equilibrio fisiologico tra l'azione degli antiossidanti e la produzione dei radicali liberi viene sbilanciato (eccesso di radicali liberi/sostanze antiossidanti insufficienti) si va incontro al danno ossidativo22, come mostrato in figura 6.

Figura 6: Lo stress ossidativo. La rottura di un equilibrio.

Specie reattive

Difese antiossidanti

Danno cellulare Danno tissutale Danno d’organo

(17)

17

1.6.2 Che cosa sono i radicali liberi?

I radicali liberi sono specie chimiche costituite da un atomo o da una molecola che presentano almeno un elettrone spaiato nell’orbitale più esterno (figura 7). Tale elettrone rende il radicale libero estremamente instabile e reattivo ed in grado di legarsi ad altri radicali o di sottrarre un elettrone ad altre molecole vicine per “pareggiare” la propria carica elettromagnetica23.

Pertanto, quando viene a trovarsi nelle vicinanze di una molecola “bersaglio” (avente elettroni in qualche modo “disponibili”, come un acido grasso con doppi legami) il radicale libero repentinamente “strappa” ad essa l’elettrone (figura 8).

In conseguenza di tale azione – definita “ossidante” – il radicale libero perde la sua potenziale pericolosità, mentre la molecola, privata di un elettrone, ne subisce un danno e diviene a sua volta un radicale libero, estendendo, in assenza di controllo, la reazione precedentemente innescata a danno di altre molecole (glucidi, lipidi, aminoacidi, peptidi, proteine, acidi nucleici, etc.).

Figura 7: Atomi e radicali

Figura 8: Meccanismo d’azione dei radicali

Ne

(18)

18 A seconda che si formino dall'ossigeno o dall'azoto sono detti ROS (Reactive Oxygen Species) o RNS (Reactive Nitrogen Species). I ROS sono l’anione superossido, il radicale idrossile, il radicale perossile e il perossido di idrogeno mentre gli RNS sono rappresentati dall'ossido nitrico e perossinitrito (figura 9).

Figura 9: Specie reattive di maggiore interesse biologico

Un innalzamento dei livelli dei ROS si può verificare come conseguenza di alcuni processi endogeni quali le ossido-riduzione metaboliche, l'ossidazione dei grassi e le reazioni immunologiche. Tuttavia, anche agenti esogeni possono determinare un incremento, quali radiazioni, raggi UV, farmaci, eccesso di ossigeno e il fumo di sigaretta.

Entrambi i processi hanno come bersaglio una grande famiglia di molecole biologiche come mostrato nella tabella 1.

Specie chimica Formula Anione superossido ·O2 -Perossido di idrogeno H2O2

Idrossile HO·

Alcossile RO·

(Alchil)idroperossile ROOH

Ossido nitrico NO·

Diossido nitrico NO2·

Acido nitroso HNO2

Perossinitrito ONOO-

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19 Tabella 1: Tipi di danni ad opera dei ROS su varie molecole bersaglio

1.6.3 Come si manifesta clinicamente lo stress ossidativo?

Lo stress ossidativo, essendo una condizione prettamente biochimica, non dà luogo a manifestazioni cliniche proprie, né soggettive né oggettive. Pertanto, esso rimarrà sconosciuto, con inevitabile danno del paziente, fino a quando il medico non ne sospetterà l’esistenza (figura 10) e deciderà di sottoporre il suo assistito a test specifici.

Molecole bersaglio Tipo di danno

Lipidi Perossidazione lipidica con formazione

di radicali lipidici intermedi e composti tossici.

Danno alle membrane cellulari.

Lipoproteine Ossidazione della componente lipidica

(colesterolo e acidi grassi insaturi). Ossidazione della componente apoproteica.

Proteine Ossidazione dei gruppi –SH liberi, in

particolare negli enzimi. Distruzione dei coenzimi.

Formazione di legami covalenti con altre molecole.

Aminoacidi Degradazione degli aminoacidi più

facilmente ossidabili (istidina, triptofano, lisina, etc.).

Carboidrati Ossidazione diretta e polimerizzazione.

Acidi nucleici Idrossilazione nelle basi con possibile

(20)

20

Figura 10: Patologie più frequentemente associate allo stress ossidativo

1.6.4 Che cosa sono gli antiossidanti?

Il termine antiossidante indica tutte le molecole capaci di stabilizzare o disattivare i radicali liberi prima che essi danneggino le cellule, secondo il meccanismo mostrato in figura 11.

(21)

21 L’organismo umano ha evoluto sistemi altamente complessi di difesa antiossidante, enzimatici e non enzimatici, i quali lavorano sinergicamente e in combinazione con altri sistemi di protezione cellulare contro il danno ossidativo.

Un antiossidante ideale dovrebbe essere caratterizzato da: rapido assorbimento, alta efficienza nell’eliminazione dei radicali liberi e nel chelare i metalli ridotti, capacità di svolgere la sua azione in domini acquatici e/o di membrana24.

Gli antiossidanti sono classificati in endogeni ed esogeni; questi ultimi possono essere ottenuti in parte dalla dieta o tramite l’assunzione di integratori alimentari. Alcuni componenti alimentari che non neutralizzano i radicali liberi, ma che accrescono l’attività endogena possono comunque essere classificati come antiossidanti24.

Gli antiossidanti si dividono in molecole di natura enzimatica e non enzimatica. Gli antiossidanti enzimatici comprendono un numero limitato di proteine come le catalasi, la

glutatione perossidasi e le superossido dismutasi19.

Gli antiossidanti non enzimatici, a loro volta, possono essere distinti in antiossidanti ad azione diretta ed indiretta. I primi, sono estremamente importanti nella difesa contro lo stress ossidativo e comprendono l’acido ascorbico e lipoico, polifenoli e carotenoidi; la cellula stessa può sintetizzare una minima quantità di queste molecole. I secondi includono agenti chelanti e di legame per ridurre i metalli e prevenire la formazione dei radicali19.

Tra i polifenoli rientra l’oleocantale, composto estratto dall’olio extra vergine d’oliva, al centro del nostro lavoro di ricerca, al fine di individuare particolari capacità antiossidanti, essendo proprio lo stress ossidativo in grado di svolgere un ruolo cruciale sia durante il normale processo di invecchiamento25 che nella patogenesi di diverse malattie come le neoplasie, l’ischemia e le malattie neurodegenerative (morbo di Parkinson e Alzheimer)26,

(22)

22

1.7 OLEOCANTALE E PATOLOGIE CORRELATE IN PARTE

ALLO STRESS OSSIDATIVO:

1.7.1 Oleocantale e infiammazione:

Il sistema della medicina tradizionale dell’India (Ayurveda) afferma che la “rasa”, un concetto approssimativamente correlato al gusto, è una base per identificare le proprietà farmacologiche di molte sostanze27.

Questa idea ha trovato sostegno negli studi condotti Beauchamp e colleghi i quali riferiscono le attività farmacologiche di Ibuprofene (appartenente alla famiglia dei FANS - “farmaci

anti-infiammatori non steroidei”) e Oleocantale alle loro somiglianze di gusto.

Entrambi i composti inducono una sensazione di forte bruciore in una regione specifica del tratto orofaringeo15. Pur non essendo strutturalmente simili (figura 12), entrambe le molecole hanno proprietà anti-infiammatorie e condividono profili simili, in quanto inibitori COX-1 e

COX-2.

Figura 12: Confronto tra la struttura chimica dell'oleocantale e quella dell'ibuprofene, un farmaco

antiinfiammatorio non steroideo. (Beauchamp et al. Nature, 2005)

Le ciclossigenasi o prostaglandina-endoperossido sintasi sono enzimi appartenenti alla classe delle ossidoreduttasi, che catalizzano la conversione di acido arachidonico (un acido grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio) in endoperossido prostaglandinico.

(23)

23 L'acido arachidonico costituisce il precursore principale degli eicosanoidi, sostanze coinvolte nella risposta infiammatoria dell'organismo.

In presenza di un danno tissutale, alcuni enzimi liberano l'acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana dove si trova esterificato, e da questo si possono ottenere due tipi di molecole diverse: attraverso la via ciclossigenasica le prostaglandine e i trombossani e attraverso la via lipossigenasica i leucotrieni.

Entrambi gli isoenzimi COX possiedono un'attività ciclossigenasica, responsabile della captazione di due molecole di ossigeno con la ciclizzazione della catena idrocarburica dell'acido arachidonico, ed un'attività perossidasica, che catalizza la riduzione del gruppo idroperossido (-HO2) legato al carbonio in posizione 15 in gruppo idrossido (-OH), essenziale

per l'attività biologica (figura 13).

Figura 13: Cascata dell’acido arachidonico

La COX-1 (o PGH sintasi-1) è espressa costitutivamente su molti tessuti (cervello, stomaco, endoteli, dotti renali, piastrine), nei quali è considerata molecola “housekeeper” (un esempio è la funzione di citoprotezione gastrica).

La COX-2 (o PGH sintasi-2) è invece inducibile: la sua espressione nelle cellule immunitarie e dell'infiammazione aumenta da 10 a 18 volte in seguito alla stimolazione da

(24)

24 parte di fattori di crescita, promotori tumorali, citochine, sostanze batteriche e trombina (o fattore IIa della coagulazione).

Eccezione fatta per la COX-2 renale, un enzima costitutivo la cui produzione di prostaglandine assicura il flusso nelle arterie afferenti.

Le COX sono responsabili della sintesi delle prostaglandine, autacoidi endogeni (“ormoni ad azione localizzata”) deputati alla regolazione di numerosi fenomeni biologici, tra i più importanti dei quali spiccano l'infiammazione, la sensibilità dolorifica, la febbre, le secrezioni degli organi digerenti, la filtrazione dei liquidi a livello renale, la riproduzione e la coagulazione del sangue.

Gli studi condotti da Beauchamp portarono alla luce che l’oleocantale inibisce i due enzimi della ciclossigenasi (COX 1 e COX 2) in modo dose dipendente ma non agisce sulla lipossigenasi, mimando in tal modo l’azione anti-infiammatoria dell’ibuprofene.

I loro risultati suggerirono la possibilità che a lungo termine il consumo di oleocantale può aiutare a proteggere da alcune malattie in virtù della sua proprietà di inibitore COX 1-2/ ibuprofene simile.

In particolare constatarono che se ogni giorno un individuo consuma 50 g di olio extravergine d’oliva contenenti circa 200 μg/ml di oleocantale, considerato un assorbimento del 60-90%, allora l’assunzione totale di oleocantale è di 9 mg al giorno. Questa dose è relativamente bassa e corrisponde al 10 % del dosaggio di ibuprofene raccomandato per alleviare il dolore in un adulto; ma è noto anche che le basse dosi di aspirina, un altro COX inibitore, conferiscono benefici cardiovascolari per la salute28, quindi si potrebbe rilevare un valido aiuto anche nella prevenzione e nella cura di patologie cardiovascolari.

1.7.2 Oleocantale e malattie neurodegenerative:

È accertato che l’ibuprofene esercita effetti benefici sulle malattie neuro-degenerative; di notevole importanza l’ipotesi secondo la quale la COX-2 possa contribuire direttamente alla vulnerabilità neuronale favorendo lo sviluppo della malattia di Alzheimer (AD) tramite la produzione di prostaglandine pro-infiammatorie a livello dei microvasi cerebrali e degli stessi neuroni29 il cui rilascio è determinato anche da stress ossidativo, perciò alcuni ricercatori hanno indagato sulle possibili proprietà farmacologiche dell’oleocantale viste le varie somiglianze tra le due molecole.

(25)

25 Una patologia neurodegenerativa che è stata ampiamente studiata con buoni risultati è proprio AD. Essa in genere si manifesta spontaneamente in età adulta in seguito a perdita sinaptica e neuronale.

La proteina β-amiloide (Aβ) venne identificata come il fattore iniziatore della malattia da Hardy e Higgins in 1992 nella loro "ipotesi di cascata amiloide" in cui presentarono le placche Aβ (figura14) come le possibili tossine responsabili della neurodegenerazione e della demenza osservata nell’AD30.

Aβ è la costituente principale delle placche amiloidi. Si origina da una proteina progenitrice detta Proteina precursore della β-amiloide (APP) per scissione catalizzata da enzimi specifici (alfa-secretasi e gamma-secretasi in un primo momento e beta-secretasi in un secondo momento), la quale è una proteina di membrana non solo innocua ma anche fondamentale per la vitalità dei neuroni. In alcuni soggetti predisposti (probabilmente per fattori in parte genetici, in parte ambientali e, forse, in parte autoimmuni), però, la APP ad un certo punto si trasforma in un derivato neurotossico chiamato beta-amiloide che pian piano si accumula nel cervello senza venire correttamente smaltita, e pertanto “soffoca” i neuroni che deperiscono e muoiono.

Si possono ottenere diversi tipi di proteine β-amiloidi ma le più comuni nell’Alzheimer sono la Aβ-40 e la Aβ-42 cioè quelle che con maggiore probabilità si aggregano per formare fibrille costituenti le placche tossiche.

Gli esperimenti successivi hanno identificato oligomeri Aβ solubili (chiamati ADDLs –

“Amyloid β-derived diffusible ligands”) come specie tossiche responsabili dello sviluppo

della patologia associata ad AD.

Questi oligomeri sono aggregati altamente ordinati di Aβ 1-42 che vanno a legare recettori specifici sui neuroni postsinaptici attivando una cascata che porta a malfunzionamento sinaptico e a tutti i sintomi della malattia.

Pitt e colleghi dimostrarono che l’oleocantale, anche a bassi dosaggi come 10 nM, altera la struttura degli ADDLs impedendo il processo di oligomerizzazione. Questo risultato incrementa l’immunoreattività potenziando così l’eliminazione degli stessi ADDLs da parte di anticorpi oligomero-specifici a livello sinaptico e proteggendo in questo modo i neuroni dall’azione tossica31.

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26 Figura 14: Rappresentazione grafica della differenza tra un neurone sano (figura in alto) e

un neurone riportante le lesioni tipiche della patologia di Alzheimer (figura in basso)

Tutto ciò potrebbe servire a migliorare, secondo i ricercatori, l’immunoterapia, in quanto gli

ADDLs saranno più facilmente rilevati e rimossi da anticorpi specifici grazie all’azione di enhancer mediata dall’oleocantale.

Un altro studio condotto da Quosa e colleghi ha dimostrato che il trattamento di topi per quattro settimane con oleocantale ha ridotto significativamente il carico amiloideo nel parenchima e nelle micropunte ippocampali32.

Questa riduzione è stata associata ad una maggiore clearance cerebrale di Aβ attraverso la barriera emato-encefalica (BBB – “blood brain barrier”).

Ulteriori studi hanno dimostrato che l’oleocantale è in grado di aumentare l'espressione di importanti proteine di clearance amiloide tra cui P-gp (P-glycoprotein) e LRP-1 (Low density

lipoprotein receptor-related protein 1).

L'effetto antinfiammatorio di oleocantale nel cervello di questi topi è stato anche ovvio dove è stato in grado di ridurre l'attivazione di astrociti e i livelli di interleuchina 1-β (IL-1β)32.

Altra lesione significativa nell’Alzheimer è l’iperfosforilazione della proteina tau che, grazie a recenti studi, pare essere indotta dagli stessi ADDLs attivatori di una chinasi coinvolta nell’iperfosforilazione33.

(27)

27 Tau è una famiglia di proteine stabilizzanti i microtubuli che promuovono la stabilità del citoscheletro. Le proteine tau iperfosforilate possono aggregarsi a formare “ammassi

neurofibrillari” che si accumulano nei neuroni e nella glia e sono tipici delle taupatie tra cui

proprio l’AD.

La formazione di fibrille si verifica a causa della modifica strutturale subita dalla proteina che dalla sua forma naturale lineare passa nella conformazione a foglietto β e si aggrega con altre proteine. Sembra che questa sua capacità sia mediata da una proteina chiamata PHF6, un esapeptide che contiene al suo interno l’amminoacido lisina.

Infatti proprio uno studio condotto da Li e colleghi ha confermato questa ipotesi dimostrando che l’oleocantale forma una base di Schiff con il residuo di lisina di PHF6 inibendo l’aggregazione34 (Figura 15). Studi di relazione struttura-attività hanno dimostrato che

entrambi i gruppi funzionali aldeidici dell’oleocantale sono essenziali per l’attività.

(28)

28

1.7.3 Oleocantale e tumori:

Il tumore è una malattia cronico-degenerativa complessa caratterizzata da un processo multistep in cui le cellule normali si trasformano in cellule tumorali acquisendo diverse proprietà come la proliferazione incontrollata e riduzione dell’apoptosi.

E’ responsabile dell’enorme morbilità e mortalità nei Paesi occidentali, e anche se la mortalità risulta diminuita negli ultimi 15-20 anni è stato stimato che ha provocato più di 8,2 milioni di morti nel 201235.

In questo contesto di particolare rilevanza è stata l’osservazione delle popolazioni che vivono lungo le coste del Mediterraneo che hanno un livello di incidenza di sviluppare tumori inferiore rispetto ad altre regioni.

L’importanza dell’olio d’oliva nella prevenzione del cancro è stata suggerita da diversi studi epidemiologici, iniziati a metà degli anni novanta, che ha dimostrato un ridotto rischio di incidenza in quelle zone dove la popolazione consuma regolarmente olio36. Inoltre il potenziale chemio-preventivo dell’olio di oliva è stato sostenuto da diversi studi su modelli animali.

Nel passato gli effetti benefici dell’olio d’oliva erano attribuiti alla presenza di acido oleico ma recentemente è stato ipotizzato un ruolo notevole da parte di “componenti minori”, come già accennato precedentemente, tra cui l’oleocantale capace di interferire con la proliferazione, l’apoptosi e la differenziazione di diverse cellule tumorali, agendo sull’espressione di geni che regolano questi processi.

Due studi condotti su modelli in vivo hanno potuto dimostrare l’effetto anti-cancro di questo composto37,38.

Nel primo cellule umane di cancro al seno sono state inoculate sottocute a livello della ghiandola mammaria di ciascun animale per generare tumori ortotopici. Successivamente un gruppo fu trattato con la somministrazione di oleocantale per via intraperitoneale tre volte alla settimana per 33 giorni. I topi erano monitorati misurando il volume della massa tumorale e il peso corporeo.

I risultati dimostrarono che l’oleocantale causa una significativa riduzione della crescita tumorale iniziando dal 24° giorno fino alla fine del trattamento. Inoltre fu osservato anche che l’oleocantale inibisce la mitosi e l’angiogenesi nel tessuto tumorale, come dimostrato dalla riduzione dell’espressione dei loro markers: Ki-67 (presente nell’interfase e quindi in tutte

(29)

29 le fasi del ciclo cellulare, rappresenta un utile marker della cosiddetta “frazione di crescita di

una data popolazione di cellule”, spesso correlata con il decorso clinico della malattia

neoplastica) e la molecola di adesione cellulare endoteliale nota anche come PECAM-1 o

CD31 (si trova normalmente sulle cellule endoteliali, sulle piastrine, sui macrofagi ma anche

su alcune cellule tumorali e viene usata per valutare il grado di angiogenesi tumorale, che può implicare un tumore in rapida crescita).

Nel secondo studio che è stato condotto fu valutata l’attività anti-cancro dell’oleocantale su un modello di topo con epatocarcinoma cellulare umano (HCC). Appena il tumore iniziò a crescere gli animali furono trattati con oleocantale per cinque settimane. Ciò dimostrò la capacità della sostanza in studio di inibire la crescita tumorale mediante una riduzione dei livelli di STAT-3 (signal transducer and activator of transcription 3), associato a vari tipi di tumore con attività anti-apoptotica e proliferativa.

Numerosi tumori originano invece da un’attivazione aumentata e irregolare del recettore

c-Met per il fattore di crescita degli epatociti (HGF) che si trova espresso nelle cellule epiteliali

di molti organi.

Il legame di HGF a c-Met provoca la dimerizzazione del recettore e la fosforilazione di diversi residui tirosinici nella regione intracellulare.

I recettori tirosin-chinasici (RTKs), come c-Met, regolano molti processi cellulari essenziali nello sviluppo dei mammiferi, nella funzione cellulare e nell'omeostasi dei tessuti.

Tuttavia, sebbene i RTKs siano importanti nella fisiologia normale, la disregolazione dell'asse di segnalazione (HGF) / c-Met determina l’insorgenza e la progressione di diverse funzioni tumorali, tra cui la proliferazione cellulare, la sopravvivenza, la dispersione e la motilità, la transizione epitelio-mesenchimale (EMT) (essenziale in numerosi processi di sviluppo embrionale e durante la riparazione dei tessuti ma anche implicata nella progressione delle metastasi tumorali) e l'angiogenesi; al contrario un’inibizione di questo segnale rallenta la motilità e l’attività invasiva delle cellule tumorali umane riducendo la formazione di metastasi.

L’attivazione aberrante di c-MET è documentata in molteplici patologie maligne nell’uomo, tra cui i tumori alla vescica, mammella, cervice, colon-retto, stomaco, testa, collo, prostata, pancreas, reni, tiroide ed ovaie, e in vari sarcomi, tumori ematopoietici e melanoma.

(30)

30 Alcuni ricercatori hanno dimostrato che l’oleocantale mostra un’elevata affinità con la regione di legame ATP del recettore c-Met inibendo la proliferazione e la migrazione di linee cellulari tumorali metastatiche del seno e della prostata in modo dose dipendente. Per il legame dell’oleocantale al recettore sono rilevanti l’ossidrile fenolico, che forma un legame a idrogeno con opportuni residui aminoacidici del recettore come prolina 1158 e metionina

1160, e i due gruppi aldeidici, sempre coinvolti nella formazione di legami a idrogeno con

residui aminoacidici come la tirosina37,39 (figura 16).

Figura 16: Rappresentazione schematica del segnale HGF/c-Met (figura a sinistra) e rappresentazione della

regione di legame del recettore c-Met (figura a destra). L’oleocantale forma legami con Pro1158, Met1160 e Tyr1230.

Un altro studio ha messo in evidenza la capacità dell’oleocantale di indurre citotossicità in cellule di melanoma umano senza effetto sulle cellule sane. Tale effetto è stato attribuito a:

• una significativa inibizione di ERK 1-2 (extracellular signal – regulated kinases 1-2) che partecipano alla “cascata Ras-Raf-MEK-ERK” implicata nella regolazione di una grande varietà di processi tra cui l'adesione cellulare, la progressione del ciclo cellulare, la migrazione cellulare, la sopravvivenza cellulare, la differenziazione, il metabolismo, la proliferazione e la trascrizione. La fosforilazione di tirosina e treonina rispettivamente su ERK 1-2 è necessaria per la loro attivazione. L'attività di questa cascata è aumentata di circa un terzo in tutti i tumori;

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31 • inibizione di Akt (conosciuta anche come protein-chinasi B o PKB) è una proteina citosolica che svolge un ruolo chiave nel pathway PI3K\Akt. La sua attività consiste nella fosforilazione di vari substrati proteici attivando una serie di vie biochimiche tra cui la sopravvivenza cellulare, la crescita, la proliferazione, la migrazione cellulare e l'angiogenesi.

• down-regulation dell’espressione di Bcl-2 (B-cell lymphoma 2), proteina anti-apoptotica localizzata nella membrana esterna dei mitocondri la cui sovra-espressione è sinonimo di incidenza di numerose neoplasie.

Questi risultati potrebbero suggerire che l'estratto fenolico dell'olio extra vergine d’oliva arricchito in oleocantale meriti ulteriori studi nel cancro della pelle40.

Ancora uno studio condotto da LeGendre e colleghi ha messo in evidenza che la necrosi e l’apoptosi delle cellule tumorali dopo trattamento con oleocantale è promossa dalla

permeabilizzazione della membrana lisosomiale (LMP). In particolare sembra che

l’oleocantale inibisca l’attività della sfingomielina (ASM), destabilizzando l'interazione tra le proteine necessarie per la stabilità della membrana lisosomiale.

I risultati suggeriscono che le cellule tumorali, avendo membrane lisosomiali più fragili rispetto alle cellule non cancerose, sono più suscettibili alla morte cellulare indotta da agenti lisosomotropici quale può essere l’oleocantale41.

Studi più recenti indicano che l’oleocantale è utile anche per la cura e la prevenzione del mieloma multiplo, un tumore maligno delle cellule del plasma che provoca la distruzione ossea a causa di un’eccessiva attivazione degli osteoclasti presenti nel midollo osseo.

È stato dimostrato che la proteina MIP-1α (macrophage inflammatory protein - 1α) è fondamentale nello sviluppo delle lesioni del midollo osseo poiché stimola l’attività degli osteoclasti e sembra proprio che l’oleocantale ne inibisca espressione e secrezione42.

E’ stata anche trovata una correlazione tra oleocantale e la proteina chinasi mTOR (acronimo di mammalian target of rapamycin, bersaglio della rapamicina nei mammiferi). Quest’ultima è oggetto di diversi studi di laboratorio, poiché la sua inibizione farmacologica è risultata essere un potente mezzo per sopprimere la crescita di molti tipi di tumori, come la leucemia, le mielodisplasie, il glioblastoma, il carcinoma mammario, epatico e pancreatico.

Il trattamento con oleocantale ha causato una marcata riduzione della mTOR fosforilata nella linea cellulare metastatica del cancro della mammella43.

(32)

32 Oltre a questo, una recente ricerca ha rivelato un effetto insolito dell’oleocantale su un altro target molecolare: Hsp90 (heat shock protein 90). Essa fa parte di una classe di proteine fra le più espresse a livello cellulare, la cui funzione è quella di preservare l'integrità strutturale e funzionale della cellula qualora sia esposta ad elevate temperature. Come tutte le proteine da shock termico, essa svolge la funzione di chaperone, ossia assiste il ripiegamento delle proteine in modo da assicurarne una struttura corretta e funzionale, ed inoltre è coinvolta nella trasduzione di molti segnali cellulari.

In particolare Hsp90 è una proteina che stabilizza un elevata clientela di proteine necessarie per la crescita tumorale (figura17).

Figura 17: Rappresentazione schematica delle funzioni di Hsp90.

I risultati hanno dimostrato che l’oleocantale riduce significativamente le proteine Hsp90 mostrando un notevole effetto pro-apoptotico sulle cellule tumorali44.

Un altro studio interessante fu condotto da Khanal e colleghi suggerendo un possibile ruolo dell’oleocantale in cellule tumorali del colon HT-29 45. Dai risultati scaturì che il composto in

esame ha la capacità di inibire l’attività AP-1 (activator protein-1), fattore di trascrizione che controlla la differenziazione cellulare, la proliferazione e l’apoptosi in risposta a vari stimoli tra cui citochine, fattori di crescita, stress, infezioni batteriche e virali.

(33)

33 Inoltre fu scoperto che il blocco della vitalità cellulare e l’induzione dell’apoptosi mediata dall’oleocantale, sembra essere dovuto proprio all’attivazione, da parte di quest’ultimo, di

AMPK (5' AMP-activated protein kinase), il cui ruolo principale è regolare l’omeostasi

cellulare, e all’inibizione dell’espressione della COX-245.

Di recente è stato inoltre condotto un altro studio in cui l’obiettivo era quello di esplorare l’effetto del trattamento dell’oleocantale sulla crescita di cellule umane di cancro al seno e di esaminare l'effetto della combinazione dello stesso con tamoxifene (farmaco antitumorale appartenente alla famiglia dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni).

I risultati hanno dimostrato che l’oleocantale inibisce la crescita delle cellule tumorali e in più è emerso che i trattamenti combinati con il tamoxifene determinano un meccanismo sinergico di inibizione46.

1.7.4 Oleocantale e malattie articolari:

Nelle malattie articolari, l'omeostasi della cartilagine viene interrotta da meccanismi che sono guidati da combinazioni di fattori biologici che variano in base al processo della malattia. Nelle osteoartriti (OA), tra le principali cause di disabilità fisica di pazienti anziani, che deriva dall’uso cronico, eccessivo e da lesioni dell'articolazione, predominano gli stimoli biomeccanici, con l'up-regulation di fattori catabolici e anabolizzanti.

Allo stesso modo, la progressione di OA è caratterizzata da una maggiore produzione di ossido di azoto (NO), appartenente alla classe degli RNS (Reactive Nitrogen Species), che è stata associata al degrado della cartilagine (figura 18).

Figura 18: Differenze tra l’articolazione sinoviale sana (figura a sinistra) e affetta da osteoartrite (figura a

(34)

34 I condrociti, gli unici componenti cellulari della cartilagine articolare, in risposta alle sollecitazioni meccaniche o biochimiche, sovra esprimono mediatori pro-infiammatori, tra cui le citochine pro-infiammatorie che, oltre a regolare la sintesi degli enzimi degradanti la cartilagine e incrementare la produzione di prostaglandine PGE2 , stimolano la produzione proprio di ossido nitrico (NO) e il suo prodotto stabile NO2 (nitrito) è significativamente

espresso nel liquido sinoviale artritico, responsabile del tipico dolore.

NO è biosintetizzato dalle forme “costitutive” dell’ossido nitrico sintasi (NOS), ovvero quelle endoteliali (eNOS) e neuronali (nNOS), funziona principalmente come vasodilatatore e neurotrasmettitore rispettivamente.

La terza forma di NOS rappresenta la forma “inducibile” (iNOS) che non è generalmente presente nelle cellule quiescenti ma è attivato da vari stimoli ed è responsabile delle azioni infiammatorie di NOS portando alla produzione di una grande quantità di NO come meccanismo di difesa.

Infatti proprio un eccesso della quantità di NO inibisce la sintesi di proteoglicani e collagene, attiva le metallo proteinasi, media l’apoptosi dei condrociti e promuove la risposta infiammatoria degli stessi.

Alcuni ricercatori hanno proprio analizzato gli effetti dell’oleocantale sulla produzione di NO e sull'espressione di iNOS in una linea cellulare murina condrogenica stimolata da lipopolisaccaridi (LPS), componente di batteri Gram negativi che agiscono come endotossine, al fine di imitare una risposta infiammatoria simile ad una malattia degenerativa delle articolazioni.

Lo studio mostra che l’oleocantale diminuisce l’espressione della proteina iNOS in condrociti LPS-modificati in modo dose dipendente, con conseguente riduzione della produzione di nitriti (NO2)47.

Le patologie infiammatorie, come l’osteoartrite, ma anche l’artrite reumatoide, sono spesso correlate anche ad una maggiore produzione e conseguente liberazione di IL-6

(interleuchina-6) e MIP-1α (macrophage inflammatory protein 1-α). Molto spesso per la cura di queste

patologie vengono prescritti dei FANS.

Nello studio di Scotece e colleghi venne quindi testata l’attività antinfiammatoria dell’oleocantale in macrofagi murini, stimolati da lipopolisaccaride, e in condrociti umani.

(35)

35 Ne emerse effettivamente che l’espressione di queste proteine era diminuita sia nei condrociti che nei macrofagi e, oltre a queste, anche l’espressione di altri fattori pro-infiammatori come

IL-1 (interleuchina-1), TNFα (tumor necrosis factor - α) e GM-CSF (granulocyte macrophage – colony stimulating factor)48.

Questi risultati suggeriscono che l’oleocantale potrebbe essere un agente terapeutico interessante per il trattamento delle malattie degenerative della cartilagine.

1.7.5 Sinergismo d’azione dell’oleocantale con gli altri componenti

polifenolici presenti nell’olio extra vergine d’oliva:

1.7.5.1 Sistema GSH:

Il glutatione o GSH è un tripeptide naturale, vale a dire una sostanza costituita da tre amminoacidi, nell'ordine acido glutammico, cisteina e glicina. Questa particolare composizione chimica conferisce al glutatione un'elevata capacità di ossidarsi o ridursi, proteggendo le proteine e gli altri composti ossidabili dall'azione deleteria dei radicali liberi. Più in particolare, il glutatione rientra nella composizione di un gruppo di enzimi ad azione antiossidante, chiamati glutatione perossidasi, che catalizza la neutralizzazione dell'acqua ossigenata (un potente radicale libero) e di altri perossidi:

Glutatione ridotto (2 G-SH) + Acqua oss. (H2O2) → Glutatione ossidato (G-S-S-G) + 2 H2O

Come si evince dalla reazione sopra riportata, il glutatione ridotto cede il suo idrogeno (H+),

che funge da accettore di un elettrone (e-) proveniente da molecole reattive dell'ossigeno (radicali liberi).

A questo punto, eliminato il pericolo costituito dal perossido, il glutatione ossidato, per riacquistare la propria attività antiossidante, deve tornare nella forma ridotta; ciò avviene grazie ad un enzima NADPH dipendente, chiamato glutatione reduttasi (figura 19).

(36)

36 Figura 19: Metabolismo del glutatione

A detta di numerosi studiosi, questa capacità di rigenerarsi continuamente ha contributo a considerare il glutatione come il più potente antiossidante presente nell'organismo umano. Nelle cellule in buono stato di salute il rapporto tra glutatione ridotto e glutatione ossidato si mantiene intorno a 9:1, una sua diminuzione è considerata indice di stress ossidativo.

Nelle ricerche condotte da Covas e colleghi è stato dimostrato che i componenti polifenolici presenti nell’olio d’oliva, lavorando in sinergia e potenziandosi a vicenda, hanno favorevolmente modulato il bilancio tra glutatione (GSH) e glutatione reduttasi49.

1.7.5.2 Isoprostani:

Gli isoprostani, composti molto simili alle prostaglandine, vengono sintetizzati attraverso l'azione dei radicali liberi (ROS) mediante perossidazione lipidica sull'acido arachidonico esterificato nei fosfolipidi di membrana. Una volta formati, vengono liberati dall'azione delle

fosfolipasi (FL)50.

La perossidazione è un meccanismo che porta i radicali liberi, contenenti ossigeno con carenza di un elettrone, a danneggiare le strutture biologiche della cellula: essi agiscono contro gli acidi grassi contenuti, ad esempio, nei trigliceridi e nei fosfolipidi delle membrane cellulari, che sono molto sensibili alla loro azione, proprio come l’acido arachidonico.

Innescano così una reazione a catena, perché i lipidi danneggiati, a loro volta, per ripararsi, tendono a sottrarre elettroni a quelli vicini favorendo la propagazione del danno, fino ad arrivare al nucleo e all’alterazione del DNA. Si tratta quindi di un processo rilevante perché legato a diversi processi fisiopatologici come l’invecchiamento, la morte cellulare e l’infiammazione.

(37)

37 Perciò questi composti sintetizzati vengono liberati durante il fenomeno infiammatorio e non subiscono l'azione degli inibitori delle COX quindi degli antinfiammatori FANS ed anche dei glucocorticoidi.

Viceversa i principi attivi di origine vegetale, tra cui proprio i polifenoli presenti nell’olio d’oliva, per le loro proprietà antiossidanti ed antiradicaliche, presentano un azione utile contro i ROS e di conseguenza controllano la formazione degli isoprostani.

In particolare uno studio condotto da Ruano e colleghi ha messo in evidenza che l’assunzione di olio d’oliva arricchito di composti polifenolici (400mg/Kg), tra cui troviamo l’oleocantale il cui effetto è indotto e/o potenziato dalla presenza di altri componenti minori, rispetto ad uno a basso contenuto (80 mg/kg), è in grado di abbassare i livelli di F2-isoprostani51.

1.7.5.3 8-oxo-7,8 diidro-21- desossiguanosina (8-oxo-dG):

8-oxo-dG è un derivato ossidato della desossiguanosina, uno dei principali prodotti di ossidazione del DNA52. La sua concentrazione all'interno della cellula è una misura dello stress ossidativo.

I livelli aumentati di 8-oxo-dG in un tessuto possono servire da biomarker di stress ossidativo. Studiosi hanno anche notato che aumentati livelli di 8-oxo-dG sono frequentemente riscontrati durante la carcinogenesi53.

In una ricerca che è stata affrontata, il danno ossidativo del DNA è stato indagato misurando la presenza di 8-oxo-dG nel DNA mitocondriale e la sua escrezione nelle urine.

È emerso che l’uso di olio d’oliva ricco in composti polifenolici, tra cui proprio l’oleocantale, è in grado di portare ad una riduzione di 8-oxo-dG sia nel DNA mitocondriale che nelle urine in modo dose dipendente54.

(38)

38

1.8 SCENARI FUTURI:

L’oleocantale rappresenta circa il 10% dei fenoli presenti nell’olio di oliva, la principale fonte di grassi nella dieta mediterranea, anche se questa percentuale varia a causa della fonte e della qualità dell’olio stesso.

Date le conosciute proprietà farmacologiche dell’oleocantale e il suo coinvolgimento in processi patogeni, quali lo stress ossidativo, l’infiammazione, malattie neurodegenerative e cardiovascolari, continua ad attirare l’attenzione di molti ricercatori.

Gli studi riportati in queste pagine suggeriscono un chiaro effetto benefico di questo composto indicando un suo possibile ruolo come agente terapeutico per il trattamento futuro di alcune malattie.

Tuttavia la maggior parte di questi studi sono stati condotti su sistemi in vitro pertanto è difficile estrapolare queste conclusioni su interi organismi del corpo, ma i risultati finora pubblicati sono promettenti.

Il primo passo dovrebbe essere quello di delineare i meccanismi d’azione dell’oleocantale in modo da determinare se lo stesso media i suoi effetti attraverso recettori presenti sulla superficie cellulare o targets intracellulari. In ogni caso però l’importante è avere cautela per non alimentare false aspettative del successo nell’uso di questo composto come agente farmacologico prima che studi clinici siano stati condotti con successo.

(39)

39

CAPITOLO 2 - PROTEOMICA:

La proteomica è una branca della biologia molecolare che ha l’obiettivo di identificare tutte le proteine che vengono espresse in una cellula, in un tessuto, in un organismo in condizioni fisiologiche e di valutarne l’alterazione in stati differenti. L’importanza di questo tipo di studio è data soprattutto dalla possibilità di valutare le modifiche post-traduzionali che si riflettono sulla funzionalità della proteina. Il proteoma infatti è un’entità dinamica: le cellule di uno stesso tessuto esprimono proteine differenti, e anche cellule di uno stesso tipo possono, in condizioni diverse (età, patologia, ambiente), esprimere proteine diverse. Con la proteomica quindi si possono comprendere quali siano i processi alla base della comparsa di stati patologici e quali biomarkers possano essere segnali di malattia55,56,57.

La proteomica si suddivide in:

• Proteomica sistematica: si occupa dell’identificazione e della caratterizzazione delle proteine;

• Proteomica differenziale: valuta la differente espressione delle proteine nelle cellule in determinate condizioni fisiologiche o patologiche, o nel corso di trattamenti farmacologici; • Proteomica funzionale: permette di individuare la funzione biologica di proteine di cui ancora non si conosce il ruolo, di comprendere le interazioni tra una proteina e il suo substrato, e di valutare la presenza di modificazioni post-traduzionali delle proteine, con il fine ultimo di descrivere a livello molecolare i meccanismi cellulari.

Alcuni degli obiettivi della proteomica sono:

• Identificazione di nuovi bersagli proteici per farmaci; • Validazione dei bersagli;

• Profilo d’azione dei farmaci (tossicologia in vitro); • “Farmaco-proteomica” (tossicologia in vivo); • Comparazione tra tessuti malati e normali;

• Comparazione tra tessuti malati e trattati farmacologicamente; • Studio delle modificazioni post-trascrizionali;

(40)

40 • applicazioni nel campo bio-medico;

• Determinazione di markers di patologie nei fluidi corporei; • Studi farmacologici;

• Analisi dei tessuti nelle patologie tumorali.

L’analisi proteomica di campioni prevede l’utilizzo di due tecniche: l’elettroforesi

bidimensionale (2-DE) per la separazione delle proteine, e la spettrometria di massa (MS) per

la loro identificazione strutturale.

2.1 Elettroforesi bidimensionale (2-DE):

L’elettroforesi bidimensionale (2-DE) è una tecnica che permette di separare le proteine contenute in un certo campione in base al loro punto isoelettrico e al loro peso molecolare. Storicamente, essa deriva dall’accoppiamento di due tecniche elettroforetiche elaborate da U.K Laemmli e da M. Gronow e G. Griffith, pertanto prevede due corse elettroforetiche, dette prima e seconda dimensione (figura 20).

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41 La prima dimensione consiste nella isoelettrofocalizzazione (IEF), dove le proteine vengono separate in base al punto isoelettrico (pI). Il pI di una proteina è il pH in corrispondenza del quale la molecola non ha nessuna carica netta (figura 21). Le proteine infatti sono molecole

anfotere, cioè presentano una carica positiva, negativa o nulla in base al pH dell’ambiente in

cui si trovano. Avremo quindi proteine cariche positivamente a pH minori rispetto al loro pI, mentre le troveremo caricate negativamente a superiori.

Figura 21: Migrazione delle proteine in IEF

Per realizzare questa prima dimensione occorre un supporto in gel di poliacrilammide, su cui viene creato un gradiente di pH grazie a miscele di carrier anfolitici. Un tempo, la base sulla quale avveniva la prima dimensione era preparata in laboratorio con gel di acrilammide saturata con elettroliti anfoteri fatti migrare in un campo elettrico in modo da creare un gradiente di pH. Oggi si trovano in commercio gradienti immobilizzati di acrilammide in miscela acida da un lato e in miscela basica dall’altro già pronti che rendono l’analisi meno soggetta a errori dell’operatore, quindi più sicura.

Una volta caricato il campione proteico sulla strip prefabbricata, si sottopone la strip ad un campo elettrico che determina il movimento delle proteine: quelle con carica netta positiva migreranno verso il catodo, mentre quelle caricate negativamente verso l’anodo. Ciascuna proteina continuerà a muoversi fino a che non raggiungerà la zona del gradiente di pH in cui la sua carica netta sarà zero, ovvero il suo pI.

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42 La seconda dimensione consiste in una classica SDS-PAGE, in cui le proteine focalizzate con la prima dimensione vengono separate in base al loro peso molecolare (PM) sfruttando un gel di acrilammide come setaccio molecolare. Inizialmente, si trattano le proteine con sodio

dodecilsolfato (SDS), un detergente anionico che va a mascherare la carica elettrica delle

proteine rendendole tutte cariche negativamente, così che la separazione avvenga unicamente in funzione del loro PM. Segue poi la corsa elettroforetica su gel di poliacrilammide: applicando un campo elettrico, le proteine iniziano a migrare tutte verso l’anodo in funzione della loro massa. Le molecole più piccole, che non sono impedite dalle maglie del gel, si muoveranno più velocemente, mentre le molecole più grandi, che passano con più difficoltà, migreranno più lentamente e non raggiungeranno la fine del gel una volta terminata la corsa. Dopo la corsa elettroforetica, per riconoscere le proteine all'interno del gel, è possibile applicare una colorazione. La tipologia di colorazione che viene utilizzata in questa fase viene scelta tenendo di conto anche del fatto che essa può influire sulle tecniche che verranno eseguite in seguito58,59,60.

2.2 Spettrometria di massa (MS):

La spettrometria di massa è una tecnica che viene utilizzata per l’identificazione delle proteine precedentemente separate con l’elettroforesi bidimensionale. In particolare si vanno ad analizzare i peptidi ottenuti con l’utilizzo di specifiche proteasi. Infatti, una proteina, a seguito dell’azione della proteasi specifica, genera un insieme discreto di peptidi, definiti dalla loro massa, che è unico per quella data proteina. La miscela peptidica ottenuta viene analizzata con lo spettrometro di massa. Il principio su cui si basa la MS è la possibilità di separare una miscela di ioni secondo il loro rapporto massa/carica (m/z), generalmente attraverso campi magnetici statici o oscillanti. L’analisi di spettrometria di massa si compone di tre parti: • la ionizzazione delle molecole, che avviene ad opera di un fascio di elettroni generato da una sorgente che può essere chimica o fisica;

• la separazione degli ioni generati tramite analizzatori che permettono l’ingresso degli ioni al rivelatore in modo ordinato per favorirne l’analisi;

• ed infine la rivelazione tramite strumenti che amplificano il segnale emesso dagli ioni e lo inviano ad un calcolatore che lo digitalizza e lo elabora. Il PM rilevato dallo strumento viene confrontato con standard di molecole già riconosciute in laboratorio, per poter essere identificato61.

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CAPITOLO 3 - SCOPO DELLA TESI:

Questo lavoro nasce in collaborazione con la prof.ssa Hrelia dell’Università “Alma Mater

Studiorum” di Bologna e col gruppo di ricerca del prof. Macchia e della Prof.ssa Manera del

Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa.

Uno studio recente condotto dallo stesso gruppo di ricerca ha evidenziato come l’olio extra vergine d’oliva, ricco in composti polifenolici, sia in grado di interferire con diversi meccanismi coinvolti nei disordini neurodegenerativi62. E’ stato infatti dimostrato che quattro estratti diversi di olio d’oliva abbiano un effetto neuroprotettivo poiché in grado di modulare, con effetti benefici, sia il pathway dello stress ossidativo che quello della sopravvivenza cellulare. Vengono infatti ridotti i livelli basali di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e aumentata significativamente la vitalità cellulare. Alla luce di questi dati incoraggianti sulle proprietà benefiche dell’olio e dei composti polifenolici in esso contenuti, si è deciso di valutare gli effetti benefici e protettivi dell’oleocantale, uno dei famosi “componenti minori” estratto dall’olio extravergine d’oliva.

Quindi scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di analizzare e confrontare il profilo proteomico di cellule di neuroblastoma, le SH-SY5Y, in diverse condizioni sperimentali: trattamento con solo oleocantale, trattamento con H2O2, ed infine H2O2 in combinazione con

oleocantale. Cellule non trattate rappresentano il controllo.

Con l’utilizzo dell’elettroforesi bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa, sono stati definiti i pattern proteici delle quattro condizioni; quindi abbiamo proceduto con un’analisi comparativa cercando di individuare eventuali differenze di espressione significative di determinate proteine.

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CAPITOLO 4 - MATERIALI E METODI

4.1 MATERIALI

4.1.1 Reagenti e strumentazione

Tutti i reagenti e i solventi sono stati acquistati dalle più comuni fonti commerciali.

L’acqua di grado analitico è purificata tramite filtri a membrana da 0,22 μm e deionizzata dal sistema MilliQ Merck Millipore (Merck KGaA) (Darmstadt, Germania).

Sono state utilizzate strip Immobiline TM DryStrip, pH 3-10, di lunghezza pari a 18 cm, della GE Healthcare (Uppsala, Sweden).

L’Apparecchio usato per l’isoelettrofocalizzazione è l’Ettan TM IPG-phor TM Isoelectric Focusin System (Amhersam Bioscience).

L’apparecchio usato per l’elettroforesi è il Protean II XL Ready Gel (Biorad) con alimentatore EPS 601 Power Sully (American Bioscience).

Le immagini a fluorescenza sono state acquisite tramite lo strumento ImageQuant LAS 4010 della ditta GE Healthcare Bio-Sciences AB (Uppsala, Sweden).

4.1.2 Campioni

Questo studio è stato realizzato su una linea cellulare di neuroblastoma (SHSY5Y) in diverse condizioni in triplicato:

• controllo (C1, C2, C3);

• trattamento con oleocantale (10µM) (OL1, OL2, OL3);

• trattamento con H2O2 (700µM per 1h) (H2O2(1), H2O2(2),H2O2(3));

• trattamento con H2O2 ed oleocantale (OL+ H2O2(1), OL+ H2O2(2), OL+ H2O2(3)).

4.1.2.1 Preparazione dei campioni

Ciascun campione viene trattato con 100µl di soluzione di reidratazione (RS: Urea 7M, Tiourea 2M, CHAPS 4%, DTT (ditiotreitolo) 60 mM, Blu di Bromofenolo 0.002%, H2O mQ).

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