3.2. Criteri e tecniche di campionamento
3.3.1. Metodi di misura NRM
La magnetizzazione naturale rimanente (NRM), ovvero la
magnetizzazione che si misura quando su una roccia non agisce nessun campo magnetico esterno, può essere data dalla somma vettoriale di due (o più) componenti: la magnetizzazione primaria, acquisita dalla roccia al momento della sua formazione, e la magnetizzazione secondaria (se presente), acquisita successivamente per processi di riscaldamento, alterazione meteorica e creazione diagenetica di nuovi minerali magnetici. Tutte le rocce sono inoltre soggette all’azione del campo magnetico attuale, che produce un’ulteriore magnetizzazione rimanente, detta viscosa.
Scopo degli studi paleomagnetici è quello di riconoscere quante componenti di magnetizzazione rimanente ci sono in una roccia e di definire la
Figura 20Sistema di orientazione del campione prelevato con il carotatore. L’immagine di sinistra è una rappresentazione schematica del campione in situ. L’asse z punta verso l’affioramento, l’asse x è il piano verticale e l’asse y è orizzontale. La figura sulla destra mostra gli angoli di orientazione del campione. Gli angoli misurati sono l’inclinazione dell’asse z (angolo tra z e la verticale) e l’azimuth
geografico della proiezione orizzontale dell’asse x misurato in senso orario dal nord geografico (Butler, 1998).
48
loro orientazione. La procedura per l’ottenimento di queste informazioni si basa sulla diversa stabilità delle singole componenti di magnetizzazione e prevede la smagnetizzazione per tappe di un provino di roccia e la misura della sua magnetizzazione rimanente residua a ciascuna tappa di smagnetizzazione. Le tecniche di smagnetizzazione che possono esser utilizzate sono due: smagnetizzazione per campo magnetico alternato (AF) e smagnetizzazione termica (TH).
Gli strumenti di misura sono detti magnetometri ed in particolare quello utilizzato in questa tesi è il magnetometro criogenico SQUID 2G (Superconducting QUantum Interference Device).
3.3.1.1. Magnetometro criogenico 2G
Il magnetometro criogenico 2G (Fig. 21) utilizzato per le analisi di questa tesi è situato nel laboratorio di paleomagnetismo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Roma.
Lo strumento si trova all’interno di una stanza schermata che garantisce un ambiente protetto dai campi magnetici statici, come il campo magnetico terrestre, ed è inoltre esso stesso schermato grazie ad un rivestimento in µmetal.
Il magnetometro è costituito da un tratto scoperto, di circa 1,5 m, dove è posizionato il “tray”, ovvero una striscia di bachelite dove vengono posizionati i campioni, e che li trasporta per tutta la lunghezza dello strumento, di poco superiore ai 5m. La struttura cilindrica dello strumento contiene due serbatoi da 30 l di elio liquido (T=4K). All’inizio della struttura sono presenti tre bobine, ortogonali tra loro, che generano un campo magnetico alternato (AF) per la smagnetizzazione dei campioni; proseguendo troviamo la zona di misura dove si trovano i sensori SQUIDs con le pick-up coils, ovvero delle bobine collegate agli anelli a superconduzione in cui avviene la misurazione del momento magnetico dei campioni.
49
L’introduzione di un campione in un anello superconduttore genera, in accordo con la legge di Faraday, una corrente persistente dovuta alla variazione di flusso magnetico, che è proporzionale al momento magnetico del campione stesso e tale corrente viene misurata dai sensori SQUIDs e convertita in valori di momento magnetico (Am2) ed intensità di
magnetizzazione per unità di volume (A/m).
I dati vengono registrati in un software, denominato Long Core 3.3, dove precedentemente erano stati inseriti i dati di terreno, ovvero la direzione vera e il dip dei campioni.
3.3.1.2. Smagnetizzazione per campo alternato (AF)
Questa tecnica consiste nel sottoporre il campione ad un campo magnetico alternato, con forma d’onda sinusoidale, che da un valore di picco (HAF) e che decresce linearmente nel tempo fino ad un valore di zero (Fig. 22).
Figura 21 Magnetometro criogenico 2G, situato nel laboratorio di paleomagnetismo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di
50
Lo strumento ha un valore di picco HAF tipicamente di 100 mT, la
frequenza dell’onda è di 400 Hz e il tempo di decadimento del campo, dal valore massimo a zero, è di ~1 minuto (Butler, 1998).
La procedura prevede una progressiva eliminazione delle componenti più “deboli” della magnetizzazione rimanente totale in dipendenza dello spettro di coercitività, ossia dell’intervallo di valori delle forze coercitive (Hc),
tipico dei domini magnetici nel provino. Il metodo agisce quindi selettivamente sui granuli magnetici in relazione alla loro forza coercitiva, la quale a sua volta dipende dal tipo e dal volume dei granuli stessi. All’applicazione del campo, i granuli con forza coercitiva Hc < HAF cambiano il
proprio stato magnetico e seguono a seguire il campo mentre questo si inverte (Sagnotti et al., 1993).
La smagnetizzazione AF è quindi efficace con rocce che contengono Titano-magnetite come minerale ferromagnetico dominante (Butler, 1998).
Figura 22 Rappresentazione schematica della smagnetizzazione per campo alternato.
a) Forma d’onda generale del campo magnetico alternato, in cui HAF indica il valore di
picco; b) Dettaglio di una porzione di forma d’onda della smagnetizzazione AF, con tre inversioni consecutive del campo. (Butler, 1998).
51
3.3.1.3. Smagnetizzazione termica (TH)
La procedura per la smagnetizzazione termica prevede il riscaldamento di un campione ad una temperatura elevata (Tdemag), di massimo 700°C, fino
alla temperatura di Curie dei minerali ferromagnetici costituenti, e successivamente il suo raffreddamento a temperatura ambiente. Il tutto avviene all’interno di un forno cilindrico (Fig. 24) isolato termicamente e schermato da campi magnetici esterni, esso è costruito infatti con una tripla schermatura in μmetal (in modo tale da evitare che i campioni acquisiscano una TRM durante il raffreddamento).
Alla fine di ogni ciclo di riscaldamento/raffreddamento si misura la NMR con il magnetometro criogenico 2G (Fig. 23).
Questo fa sì che tutti i grani con la temperatura di blocco (TB) ≤ Tdemag
acquisiscano una "magnetizzazione termo-rimanente" in H = 0, cancellando così la NRM di questi grani. In altre parole, la magnetizzazione di tutti i grani con (TB) ≤ Tdemag, è randomizzata, come con i grani a bassa Hc durante la
smagnetizzazione AF (Butler, 1998).
Figura 23 Forno schermato per la smagnetizzazione termica (TH), situato nel laboratorio di
52
3.3.2. Metodi per l’identificazione dei minerali magnetici