Grado VI Come il Grado V ma con perdita della sensibilità profonda (Tabella 4 Classificazione per gradi delle estrusioni discali)
Capitolo 7: Metodiche fisioterapiche
La fisioterapia include metodiche manuali e strumentali.
Metodiche manuali:
• Applicazione di freddo o calore superficiale, • Massaggi, • Esercizi passivi, • Esercizi attivi, • Idroterapia. Metodiche strumentali: • Elettrostimolazione, • Ultrasuoni, • Magnetoterapia, • Diatermia, • Laserterapia. 7.1 Metodiche manuali 7.1.1 Termoterapia
L’organismo animale regola la propria temperatura tramite i recettori periferici, attivando meccanismi quali il tremore e la sudorazione e modificando la circolazione regionale. Con termoterapia si intende l’utilizzo degli agenti fisici del caldo e del freddo (la crioterapia) a contatto con il corpo (3) con l’effetto di modulatori della vascolarizzazione locale (28).
Va evitato il contatto diretto tra la cute dell’animale e la fonte di calore/freddo, monitorando costantemente le reazioni del soggetto e l’aspetto stesso della cute, per evitare congelamenti, ustioni o reazioni allergiche da ipersensibilità (55).
Crioterapia
La crioterapia è l’abbassamento locale della temperatura corporea tramite applicazione di impacchi freddi. Gli effetti terapeutici del freddo si esplicano a temperature tissutali
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comprese tra i 30/15°C, intervallo in cui vengono inibiti enzimi degradativi quali la ialuronidasi, la collagenasi, la proteasi, l’elastasi. Una diminuzione terapeutica della temperatura locale è generalmente ottenuta con applicazioni di una durata compresa tra 15/25 minuti, per tre fino a sei volte al giorno (53).
Da evitare il raggiungimento di temperature tissutali inferiori ai 10°C, al di sotto dei quali aumenta la probabilità di causare danni termici. Le singole applicazioni non dovrebbero mai avere una durata superiore ai 25 minuti, in modo da evitare sindromi da congelamento o l’instaurarsi del cosiddetto “effetto rebound”. Tale fenomeno consiste in un meccanismo di regolazione termica che ha la finalità di riequilibrare il calore perso nelle situazioni in cui la temperatura cutanea locale si avvicina pericolosamente alla soglia dei 10°C; ed è caratterizzato principalmente da vasodilatazione e formazione di edemi (28).
Diversi sono i metodi per fare crioterapia: immersioni in acqua fredda/ghiacciata, bendaggi al freon, bicchieri di ghiaccio, spray refrigeranti e impacchi di ghiaccio (commerciali ed artigianali). Questi ultimi sono senza dubbio i più utilizzati in medicina veterinaria per la loro comodità, la facilità d’uso e per l’azione strettamente locale (54).
La crioterapia riduce i danni tissutali ed il dolore tipici della fase acuta dell'infiammazione. Si utilizza in caso di: infiammazione acuta, trauma, nel post operatorio con finalità analgesica e di riduzione dell’infiammazione, nell’artrite acuta e nella prevenzione dell’infiammazione post attività (3).
Il raffreddamento dei tessuti è in grado di contrastare l'eccesso di risposta tissutale attraverso i diversi effetti:
1. La vasocostrizione, che è di aiuto nella riduzione degli edemi e nel controllo delle emorragie,
2. Riduzione della conducibilità nervosa, ottenendo analgesia. Con un abbassamento della temperatura di 1°C nell’ambito dei 36/32°C è stata registrata una diminuzione della conducibilità nervosa motoria di 2 m/s, la quale viene completamente abolita ad una temperatura cutanea di 10/15° (28),
3. Il miorilassamento correlato alla durata dell'applicazione e alla penetrazione del freddo è in grado di aumentare la soglia di attivazione del fuso neuromuscolare, il quale rallenta la scarica nervosa delle fibre, bloccando il ciclo del dolore – spasmo –
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dolore. Ciò assume una certa importanza dal momento che lo spasmo muscolare compromette il ritorno venoso, l'assorbimento dell'edema e favorisce l'acidosi muscolare che promuove il danneggiamento delle cellule endoteliali (28).
Termoterapia mediante calore
La termoterapia a caldo è un trattamento termico superficiale che agisce tra 1 e 2 cm di profondità al di sotto della cute (55). Gli effetti terapeutici del caldo si esplicano a temperature tissutali comprese tra i 36/45°C. Al di sopra di tale range aumenta la probabilità di causare danni tissutali o di attivare i nocicettori, provocando dolore. Il tempo di applicazione dipende dalla fonte di calore utilizzata e va valutato per ogni soggetto, ma in linea generale vengono ritenute sufficienti applicazioni della durata di 10/20 minuti.
Esistono diversi metodi per effettuare la termoterapia a caldo: immersioni in acqua calda, idromassaggio, bagni di paraffina, lampade a raggi rossi ed impacchi caldi (commerciali ed artigianali). Questi ultimi sono il metodo più utilizzato in medicina veterinaria.
La termoterapia a caldo è uno strumento utile prima dell'esercizio terapeutico per elasticizzare i tessuti ed evitare infortuni. Può essere inoltre impiegato nella fase subacuta o cronica dell'infiammazione per accelerare e migliorare i processi di guarigione (56). Controindicata: su qualsiasi area d’infiammazione acuta, nei primi 3/4 giorni dal trauma ed il suo utilizzo va sospeso se ricompaiono segni d’infiammazione, in animali con sensibilità diminuita/assente o con cattiva termoregolazione, disordini emorragici, neoplasie o presenza di aree infette (3).
Il calore provoca una serie di effetti tissutali. La causa dell’aumento di temperatura a livello locale è la vasodilatazione dei vasi sanguigni cutanei che si ottiene attraverso tre meccanismi (54): il rilascio di mediatori chimici cellulari come istamina e prostaglandine, la stimolazione dei termocettori cutanei che sinaptano con il microcircolo locale causando rilascio di bradichinina e l'inibizione simpatica che si ottiene grazie al rilassamento muscolare (54). Con l’innalzamento della temperatura dei tessuti si ha un effetto sedativo ed un effetto analgesico. L’analgesia è legata a più meccanismi: all'aumento della soglia di eccitabilità dei nocicettori (58) ed alla vasodilatazione che, aumentando il flusso di sangue, riesce ad eliminare i cataboliti cellulari responsabili della stimolazione dolorifica e consente di apportare ossigeno ripristinando una condizione metabolica cellulare ottimale (59). L’ultimo
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meccanismo responsabile d’analgesia è il rilassamento muscolare che diminuisce la compressione provocata dal muscolo sui vasi sanguigni, riducendone l’ischemia e il dolore (60).
Le reazioni biochimiche cellulari, enzimatiche e metaboliche vengono velocizzate, catalizzando la guarigione del tessuto. Studi dimostrano che tra i 39/43°C, per ogni grado guadagnato, si ottiene un aumento della velocità delle reazioni biochimiche cellulari del 13% (59). L’aumento della temperatura accelera anche l’attività degli enzimi distruttivi del tessuto, attivi nella fase acuta dell’infiammazione. Bisogna quindi accertarsi di applicare la termoterapia a caldo solo durante la fase subacuta o cronica dell’infiammazione (57). Il calore infine diminuisce la frequenza di scarica dei fusi neuromuscolare responsabili del circolo vizioso dolore – spasmo – dolore.
7.1.2 Massaggi
Il massaggio ha effetto analgesico, rilassante, promuove l'ossigenazione dei tessuti e migliora la circolazione sanguigna e la mobilità muscoloscheletrica (62). Riduce la risposta allo stress diminuendo il rilascio di ormone ACTH (ormone adrenocorticotropo), la pressione arteriosa e la frequenza respiratoria.
L'analgesia viene ottenuta grazie all'effetto meccanico del massaggio poiché il movimento delle mani crea delle differenze pressorie nel tessuto, attraverso le quali si muovono i fluidi. Si ottiene quindi un interscambio degli stessi tra il tessuto danneggiato ed il circolo, che consente la rimozione di sostanze irritanti (sostanza P, prostaglandine, bradichinine, istamina) e la loro sostituzione con nuovi principi nutritivi, generando sollievo ed evitando la cronicizzazione del dolore (62).
La stimolazione diretta dei meccanocettori cutanei provoca inoltre, per riflesso nervoso, vasodilatazione locale, la quale promuove l'effetto “flushing” e migliora l'apporto di nutrienti e di ossigeno (63).
Durante l'infiammazione, si creano aderenze tra i vari strati tissutali ad opera del fibrinogeno rilasciato dai vasi ed insorgono rigidità ed accorciamento muscolo connettivale. Questi fenomeni inducono la diminuzione della mobilità articolare e la perpetuazione del circolo vizioso dolore – spasmo – dolore. Il massaggio incrementa la circolazione sanguigna e rompe
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le aderenze poiché il movimento delle mani in modi e direzioni diverse allunga, spreme, tira e friziona i piani tissutali tra loro (62).
Se il massaggio viene praticato prima dei movimenti di PROM e degli esercizi terapeutici, aiuta a preparare il tessuto, incrementando l'afflusso di sangue, il rilascio di nutrienti, l'elasticità ed il rilassamento muscolare.
L’esecuzione dei massaggi si rende parte importante del programma riabilitativo soprattutto in caso di FCE, poliradicoloneurite acuta idiopatica e sindrome paraneoplastica (Bockstahler Essential Facts of Physical Medicine, Rehabilitation and Sport Medicine in Companion Animals). La sua esecuzione è comunque consigliata anche nel resto delle patologie neurologiche in quanto si esegue anche come primo contatto con il paziente, per poterlo mettere a proprio agio.
Le principali forme di massaggio sono:
I. Effleurage: viene utilizzato come massaggio iniziale e di riscaldamento per abituare il cane ad essere manipolato. Consiste in movimenti ampi che occupino tutta l’estensione dell’area da trattare. Particolarmente efficace per ridurre l’edema, ha inoltre effetto sedativo e miorilassante in quanto riduce l’eccitabilità delle terminazioni nervose;
II. Petrissage: movimenti più contenuti, concentrati su un muscolo ben determinato, in un’area molto localizzata. Massaggio più profondo, che stimola la circolazione sanguigna anche nei piani tissutali meno superficiali e apporta miorilassamento localizzato;
III. Frizione: massaggio profondo effettuato lungo aree cicatriziali o attraverso le fibre muscolari. Indicato soprattutto per eliminare tessuto cicatriziale in eccesso, per promuovere la guarigione tissutale e per ristabilire la totale motilità di un’articolazione. Deve sempre essere seguito dall’effleurage, volto a incrementare la circolazione sanguigna nella zona trattata.
7.1.3 Esercizi terapeutici
Gli esercizi terapeutici scelti e valutati in funzione delle esigenze del paziente sono essenziali in un programma fisioterapico riabilitativo completo perché si oppongono a tutti quei
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processi degenerativi che seguono il trauma, l'intervento chirurgico, la patologia cronica, il deficit neurologico e l'immobilità (28).
Gli esercizi terapeutici migliorano la forza massima che un muscolo può sviluppare durante una singola contrazione, la resistenza, ovvero la capacità di un muscolo di mantenere nel tempo la forza contro l’affaticamento, la potenza, data dal rapporto tra attività ed unità di tempo e l’equilibrio, ovvero lo stato in cui il corpo mantiene una particolare posizione stando a riposo.
Gli esercizi terapeutici si dividono in: esercizi passivi, esercizi attivi assistiti ed esercizi attivi.
Esercizi passivi: nello svolgimento degli esercizi passivi non viene esortata nessuna contrazione muscolare attiva, si tratta di movimenti articolari iniziati e gestiti dal fisioterapista stesso. Essi sono costituiti principalmente dagli esercizi per il ROM (Range Of Motion) articolare, spesso chiamati PROM (Passive Range Of Motion) e dai movimenti di Stretching (3).
Il ROM descrive l’estensione dell’articolazione e molteplici sono i fattori che possono indurre cambiamenti in questa escursione come il dolore, che aumenta all’aumentare dell’effusione presente, la diminuzione della flessibilità del tessuto connettivo, un patologico eccesso di tessuto adiposo e l’osteoartrite che può indurre difficoltà meccanica al movimento (3). Ogni articolazione ha uno specifico ROM in estensione e flessione, come riportato in tabella 5: Articolazione Flessione/Estensione Labrador Retriever Flessione/Estensione Gatto Carpo 32/196° 22/198° Gomito 36/166° 22/163° Spalla 57/165° 32/163° Anca 50/162° 21/167° Ginocchio 41/162° 24/164° Tarso 38/165° 33/164°
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Gli esercizi di PROM vengono eseguiti dal fisioterapista e prevedono il massimo movimento articolare consentito senza dolore e contrazione muscolare (46).
Si afferra con una mano l'osso prossimale all’articolazione interessata e con l'altra mano l'osso distale. Stabilizzando il più possibile l'articolazione con la mano prossimale, si procede flettendo ed estendendo gentilmente l'articolazione, mobilizzando la porzione distale (52). Il movimento deve essere morbido, continuo e lento e deve terminare qualora l'animale esprima segni di disagio (46).
Lo Stretching è una tecnica utilizzata per migliorare la flessibilità delle articolazioni ed allungare tessuti patologicamente accorciati a causa di debolezza muscolare o contrazione algica o da sforzo.
Lo Stretching passivo si esegue mantenendo una pressione addizionale alla fine del ROM per 15/30 secondi; generalmente in questo modo si ottiene solo un lieve guadagno in ROM perché l’azione sull'elasticità dei tessuti è piuttosto lenta. È consigliato alternare ai 15/30 secondi di stretching qualche secondo in posizione neutra e quindi ripetere l'esercizio per 20 volte per ogni articolazione (54).
Lo stretching Meccanico prolungato è simile a quella passivo, ma l'articolazione da trattare viene mantenuta iperflessa o iperestesa, con stecche ed altri dispositivi, per un minimo di 20 minuti fino ad un massimo di alcune ore. La forza addizionale applicata oltre al ROM deve essere di lieve entità e determina una diminuzione della rigidità muscolare data dall’aumento del numero di sarcomeri, apprezzabile nell’arco di alcune settimane. È consigliato praticare questo tipo di stretching non più di 3/5 giorni alla settimana, per 7/14 giorni. Una volta ottenuto il risultato, la frequenza dell'esercizio deve essere diminuita fino a concludersi per evitare danni strutturali al tessuto (64).
Lo stretching Balistico è una forma di stretching a “rimbalzo”, nella quale una serie di rapidi movimenti viene effettuata a fine ROM per allungare i muscoli e riallineare il tessuto connettivo periarticolare (54). Non è indicato dopo interventi chirurgici, in tessuti traumatizzati, infiammati o edematosi perché la forza esercitata durante il movimento è circa il doppio di quella utilizzata nelle altre forme di stretching e può creare danni tissutali.
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Lo stretching balistico è invece una pratica molto utile, dopo il riscaldamento, in programmi di training di animali atleti o impiegati in attività lavorative per renderli più agili, diminuendo la probabilità che subiscano traumi durante i salti ed i rapidi cambi di direzione.
Embolismo fibrocartilagineo, traumi spinali e periferici, poliradicoloneurite acuta idiopatica, sindrome paraneoplastica, Hansen I e II, sindrome della cauda equina e sindrome di Wobbler sono tutti casi in cui si utilizzano esercizi di PROM e stretching perché per le caratteristiche descritte aiutano questi soggetti sia a livello articolare che muscolare.
Movimento di pedalamento
Questo esercizio può essere svolto in decubito laterale od in piedi ed è utilizzato soprattutto nei pazienti neurologici che non sostengono adeguatamente il loro peso, anche in aggiunta al movimento passivo delle articolazioni. E’ necessario che il paziente sia rilassato. Si solleva gentilmente il piede e lo si muove in maniera circolare, prima caudalmente per poi portarlo cranialmente. In questo modo tutte le articolazioni a livello delle anche sono stimolate. Si compie un movimento di passo esagerato e va ripetuto per 5/10 volte, giornalmente (3).
Riflesso flessorio
Si tratta di un esercizio usato principalmente in pazienti neurologici. Il riflesso flessorio si evoca pizzicando con le dita i cuscinetti plantari o le falangi del soggetto. Talvolta basta una lieve pressione, spesso è necessario innalzare la soglia di stimolazione esercitando la pressione in zone maggiormente innervate, quali la radice dell’unghia od evocando stimoli in strutture più interne, come quelle articolari. Si può eseguire su anteriori e posteriori.
Gli stimoli originatisi viaggiano lungo le fibre ascendenti di differenti nervi, a seconda del punto di stimolazione, per cui negli arti anteriori si avrà una risposta del nervo radiale stimolando la superficie dorsale delle 2/3 dita più mediali, del nervo ulnare in seguito a stimolazione del dito più laterale; in quelli posteriori si avrà risposta del nervo safeno dopo la stimolazione del dito più mediale, del peroneo dopo la stimolazione della superficie dorsale delle dita, del tibiale dopo stimolazione della superficie plantare delle stesse dita (28).
Con la ripetizione di questo esercizio per 3/5 volte, 2/4 volte al giorno, si allena l’arco riflesso (tramite la risposta dolorifica evocata) alla base del passo che comanda la flessione dell’arto e si stimola la contrazione muscolare, contrastando atrofia muscolare e migliorando il tono
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dei muscoli. Svolto giornalmente, come consigliato, è utile anche per monitorare in un certo senso il grado di reattività delle vie nervose, risultato dall’alto grado di plasticità di cui si è parlato precedentemente.
Esercizi attivi assistiti prevedono l'aiuto del fisioterapista ma anche un certo grado di contrazione muscolare da parte dell'animale (54).
Tali esercizi includono il mantenimento della stazione assistita, la passeggiata assistita, l’utilizzo di physioroll e di tavolette propriocettive.
Il mantenimento della stazione in maniera assistita è uno degli esercizi più importanti per ristabilire indipendenza nel movimento. Utile nei pazienti che hanno una forza muscolare sufficiente da renderli capaci di sorreggere parzialmente il proprio peso ma ancora non sono in grado di sorreggersi autonomamente. Si ha miglioramento della forza muscolare in quanto si vanno ad attivare i muscoli atrofici, della resistenza muscolare, della propriocezione ed equilibrio (3). All’inizio del percorso terapeutico è consigliato aiutare il paziente con l’utilizzo di imbracature su misura o con una fascia posta sotto l’addome. In questo modo si può sia dare una crescente libertà al soggetto di sostenersi autonomamente ma anche di impedire che cada nel momento in cui per mancanza di voglia o di forza. Lo stesso ausilio può essere impiegato successivamente nelle passeggiate assistite, che si dimostrano utili in pazienti paretici non deambulatori i quali non sono in grado di camminare autonomamente, sebbene riescano a muovere gli arti. Si inizia con pochi minuti per poi aumentare con il passare del tempo (28).
Nei soggetti tetraplegici è utile l’ausilio di una Physioroll sotto l’addome per un supporto addizionale che consenta di eseguire l’esercizio del mantenimento della stazione. In tutti i casi, è necessario controllare costantemente che gli arti siano posizionati in maniera fisiologica e corretta (3).
L’utilizzo della tavoletta propriocettiva è indicato nella stimolazione delle vie nervose propriocettive poiché tramite il movimento, si induce uno squilibrio dell’animale e sollecita le sue vie regolatrici dell’equilibrio, spostando il suo centro di gravità. Quando viene mossa, si stimolano le vie propriocettive e le reazioni posturali. Il cane acquisisce consapevolezza
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della sua posizione nello spazio (28). Il paziente deve essere in grado di sorreggersi autonomamente in modo tale da compensare e modificare la sua posizione, nel caso in cui fosse solo parzialmente in grado, è bene che il fisioterapista sia sempre presente per aiutarlo.
Il movimento della tavoletta può essere indotto dall’operatore o tramite l’impostazione del programma nelle macchine di ultima generazione, come quella attualmente presente presso la Clinica Fisioterapia veterinaria Livorno, la piattaforma mobile Imoove. Il principio di questo dispositivo è il movimento detto “elisferico”, ovvero una combinazione di tracce ellittiche su una porzione di sfera. Il movimento può avvenire in rotazione, in decentramento ed inclinazione, risulta particolarmente adatta per pazienti con paraparesi e deficit propriocettivi.
Pazienti infatti affetti sia FCE, sindrome paraneoplastica, mielopatia degenerativa, Hansen I e II e sindrome di Wobbler hanno tutti all’inizio del protocollo riabilitativo questa tipologia di esercizi, perché la loro riuscita da modo di apportare subito importanti benefici.
Esercizi attivi controllati prevedono un movimento articolare di flesso/estensione che può essere raggiunto solo con una contrazione muscolare attiva e una buona coordinazione tra i diversi muscoli.
Perturbazione dell’equilibrio: questo esercizio si esegue mantenendo il soggetto in stazione. Può essere eseguito sia a terra che, per aumentarne la difficoltà e lo stimolo propriocettivo, con l’ausilio di cuscini propriocettivi come quelli precedentemente descritti o strumenti elettromedicali come l’Imoove. Il fisioterapista da leggere spinte sui fianchi in direzione laterale in modo tale da modificarne l’equilibrio, senza farlo cadere. Talvolta si può alternare una mano e l’altra, quindi con una si eseguono le spinte e con l’altra si sostiene la parte opposta. Le spinte possono essere di intensità crescente in relazione al grado di forza e resistenza muscolare presente nel paziente. La risposta corretta è quella dell’esecuzione di piccoli passetti da parte del paziente per mantenere la stazione. Questo esercizio stimola equilibrio e propriocezione.
Particolarmente adatto in soggetti affetti da FCE, mielopatia degenerativa, Hansen I e II e sindrome di Wobbler ed in tutte le condizioni in cui si presenti atassia. Questo esercizio può
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essere eseguito anche in quei pazienti che non abbiano ancora raggiunto indipendenza nel mantenimento della stazione, poiché aiuta anche nel recupero della muscolatura del core addominale.
Mantenimento della stazione: quando il paziente ha acquisito una buona forza muscolare, gli si fa mantenere la stazione con gli arti in appiombo e poi si esercita una pressione sugli arti anteriori o posteriori al fine di stimolare la propriocezione e l’attività muscolare. Il fatto di sorreggere il proprio peso favorisce la stimolazione nervosa degli arti, determinando una resistenza positiva per la contrazione muscolare che contribuisce a rinforzare i muscoli (65). Ha efficacia soprattutto nella sindrome paraneoplastica ma inizialmente si esegue nella maggior parte dei pazienti con deficit neurologici, quando possibile.
Ostacoli e percorsi: si regolano in base alla taglia del paziente ed alle sue capacità. Rispetto alla camminata semplice, il ROM articolare è maggiormente sollecitato ma anche la coordinazione, l’equilibrio, la propriocezione ed il controllo del movimento. Con il miglioramento della situazione clinica del soggetto sarà possibile aumentare il livello dell’altezza dell’ostacolo e aumentare le difficoltà del percorso.
Salire – scendere le scale: dal far passeggiate in salita e discesa, se effettivamente la condizione clinica lo consente, si può passare all’esecuzione del salire e scendere le scale. Questo esercizio deve essere svolto molto lentamente, così da lasciare agire un arto alla volta e non andare incontro a rischi di traumi. Ottimo esercizio aerobico a basso impatto,