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Grado VI Come il Grado V ma con perdita della sensibilità profonda (Tabella 4 Classificazione per gradi delle estrusioni discali)

Capitolo 5: Il paziente neurologico

Il paziente neurologico destinato alla riabilitazione dovrà comunque essere sottoposto ad un esame obiettivo generale, ad un esame ortopedico, durante il quale si valuteranno muscoli, articolazioni e parametri quali il ROM articolare e la tonicità muscolare. Nella maggior parte dei casi, i pazienti saranno riferiti da un medico curante che ha già effettuato diagnosi di patologia neurologica. Si consiglia ripetere l’esame in modo tale da stabilire non solo se c’è stato miglioramento o meno rispetto alla prima valutazione ma anche per stabilire le modalità migliori ed il percorso da intraprendere a livello fisioterapico.

Si esamina l’apparato tegumentario alla ricerca di eventuali piaghe da decubito, lesioni da contatto con l’urina o per il trascinamento degli arti. Queste prime valutazioni sono necessarie al fine di evidenziare una lista di problemi alla quale seguirà l’impostazione di un piano mirato, con gli obiettivi da raggiungere.

Va stabilito se, nel paziente in esame, fare fisioterapia sia effettivamente consigliato o meno. Se inutile od effettuata in maniera scorretta può essere infatti dannosa. Nel caso in cui poi questo effettivamente inizi il protocollo riabilitativo, la stadiazione iniziale permetterà di valutare gli eventuali progressi una volta iniziato.

La scelta sicura delle metodiche da utilizzare sia per il paziente che per l’operatore nasce da una buona prima valutazione. I protocolli devono essere facilmente applicabili e modificabili. Non si tratta di percorsi preformati ma vengono plasmati di volta in volta rispetto alla risposta dell’animale.

5.1 Gestione del paziente neurologico

Altro aspetto che contribuisce in maniera significativa al successo della riabilitazione è la corretta gestione del paziente neurologico. Bisogna tenere in considerazione alcuni fattori importanti:

• Analgesia,

47 • Confinamento e riposo,

• Igiene,

• Alimentazione (28).

Il dolore causato da una lesione diretta del sistema nervoso periferico o centrale è diverso da qualsiasi altro processo patologico. La neuropatia può avere molte cause e si traduce in una cascata rapida e specifica di eventi che producono alterazioni cellulari, molecolari e microanatomiche uniche. Come risultato di queste alterazioni i pazienti possono avvertire un “dolore maladattivo” che può assumere diverse sfaccettature, tra cui dolore protratto, iperalgesia (risposta esagerata ad uno stimolo nocivo), allodinia (dolore evocato da uno stimolo non nocivo), dolore spontaneo, disestesie (dolore associato ad altre sensazioni, come ad esempio formicolio o prurito), dolore distante dalla sede di origine della lesione e dolore associato a segni simpatici.

Una blanda analgesia è di aiuto ad una buona collaborazione con il paziente. Il dolore non aiuta il lavoro riabilitativo e provoca stress nell’animale, con conseguente ritardo nella guarigione. Si possono somministrare cortisonici (meglio in associazione con gastroprotettori e non associati a FANS (antinfiammatori non steroidei)), FANS o Tramadolo (28).

In alcune patologie neurologiche sono presenti disturbi della funzionalità urinaria. A seconda della sede della lesione si può avere una vescica da motoneurone superiore (MNS) o da motoneurone inferiore (MNI).

Nel primo caso l’animale non è in grado di svuotare la vescica che si presenta molto distesa e perde urina quando la pressione endovescicale supera quella degli sfinteri uretrali; può in tal caso risultare difficile svuotarla manualmente. Nel secondo caso la vescica si riempie e si svuota da sola con facilità, ma non vi è un controllo volontario della minzione, l’animale perde gocce di urina in continuazione; in questo caso è più semplice svuotarla manualmente. In entrambe le situazioni bisognerà svuotare manualmente la vescica almeno 3/4 volte al giorno, il ristagno di urina può predisporre a proliferazioni batteriche con successive cistiti, pielonefriti e batteriemie. Lo svuotamento va fatto con delicatezza per evitare traumi alla parete dell’organo ma è facile da effettuare e lo si può insegnare anche ai proprietari. Lo svuotamento manuale permette anche di far effettuare alla vescica una vera e propria

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ginnastica consentendole di distendersi quando è piena e poi svuotarsi e rilassarsi. Può essere fatto con il paziente in decubito laterale od in stazione. Nel caso di difficoltà nella spremitura, sarà possibile utilizzare dei farmaci per facilitare lo svuotamento manuale.

L’impossibilità di muoversi e il successivo confinamento in gabbia possono causare lesioni cutanee fino alle più gravi piaghe da decubito. Cambiare di decubito il paziente ogni 4/6 ore e l’utilizzo di materassini appositi può ridurre notevolmente il rischio di piaghe. Un altro utile strumento, per migliorare le ferite cutanee, è il laser che verrà descritto successivamente.

Igiene: la superficie di appoggio del paziente deve essere pulita ed asciutta, devono essere rimossi eventuali residui di feci e urine che hanno effetto corrosivo e possono provocare lesioni cutanee. Utile a questo scopo sono le traversine, ovvero panni assorbenti usa e getta, o speciali materassini che drenano l’urina rimanendo asciutti e morbidi in superficie.

I pazienti costretti all’immobilità avranno bisogno di adeguata alimentazione, in particolare alimenti poveri di grassi, per la limitata attività fisica. L’acqua deve essere sempre disponibile e accessibile; se necessario i pazienti devono essere sostenuti in posizione sternale/quadrupedale per facilitarne l’assunzione.

Tutti questi fattori sono importanti non solo per quanto riguarda la gestione del paziente eventualmente ricoverato in clinica ma rappresentano un bagaglio di informazioni che è compito del fisioterapista trasmettere al proprietario. Sicuramente non è facile la gestione di un paziente neurologico, soprattutto se questa situazione è aggravata dalle grandi dimensioni del soggetto. Esistono sostegni che imbracano parzialmente o completamente l’animale, per poter aiutarsi nel cambio del decubito, nel sollevamento per l’alimentazione, urinazione e defecazione o semplicemente per le manovre di pulizia e sua igiene. Ci si può aiutare anche con asciugamani o fasce poste sotto l’addome dell’animale.

L’utilizzo dei carrellini per la deambulazione è da evidenziare. Questo ausilio può essere utilizzato nelle passeggiate quotidiane, con un notevole effetto psicologico positivo non solo per il padrone ma soprattutto per il paziente che non si sentirà più obbligato all’immobilità. Su questi sostegni non possono essere lasciati però tutto il giorno e devono essere sempre

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sorvegliati. Nel caso in cui, per qualsiasi insulto meccanico, cadano, non sono infatti in grado di potersi rimettere in stazione.

5.2 Modificazioni dell’ambiente domestico e delle attività quotidiane

Non deve essere sottovalutato l’impatto positivo che semplici adattamenti dell’ambiente domestico possono avere sul comfort e sul benessere del cane con deficit neurologici, più o meno gravi.

Di seguito è riportato un elenco delle accortezze che il proprietario può avere per semplificare la vita quotidiana del proprio animale (46):

• Evitare che il cane sia costretto a camminare su superfici scivolose, eventualmente utilizzando tappeti antiscivolo che gli consentano di spostarsi agevolmente e senza correre rischi nelle zone della casa per lui di maggiore interesse;

• Porre il cibo e l’acqua a disposizione dell’animale ad un’altezza tale da evitargli di compiere uno sforzo per usufruirne;

• Ricorrere all’uso di rampe per agevolare l’ingresso del cane in automobile ed eventualmente di scale per aiutare il cane a salire su divani e letti;

• Assicurarsi che il cane disponga di una cuccia asciutta e morbida che ne sostenga il peso evitandone il contatto con il pavimento ed assicurarsi di cambiare decubito ogni 4/6 ore in caso l’animale non sia in grado di farlo autonomamente in modo tale da evitare che si possano formare piaghe da decubito;

• Utilizzare sospensori appostiti con maniglie per aiutare l’animale a salire eventuali rampe di scale, se necessario ricorrere all’uso di carrellini di supporto alla deambulazione nelle fasi di particolare aggravamento della sintomatologia clinica; • Preferire per l’animale ambienti caldi ed asciutti a quelli freddi ed umidi;

• Far compiere all’animale esercizio fisico moderato quotidiano al fine di mantenere tonicità muscolare e mobilità articolare senza mai incorrere in eccessivo affaticamento, poiché aggraverebbe l’infiammazione ed il dolore.

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Capitolo 6: Fisioterapia

6.1 Definizione ed applicazioni

La fisioterapia è, secondo la definizione di Ann Downer del 1975, il trattamento di patologie o traumi mediante l’utilizzo di forze di origine naturale come il freddo, il caldo, l’acqua, l’elettricità e le forze meccaniche.

La riabilitazione e la fisioterapia negli animali da compagnia rappresenta una delle più giovani branche a rapida crescita della medicina veterinaria. Non è solo sostegno al trattamento chirurgico e farmacologico ma talvolta una vera e propria alternativa. L’evidenza scientifica sulla sua efficacia è in continuo aumento (46).

I protocolli fisioterapici in veterinaria vengono ottenuti dalla continua collaborazione ed estrapolazione di informazioni dalla fisioterapia umana, dagli studi sperimentali e dalla pratica clinica (3).

L’obiettivo della terapia è variabile a seconda del caso clinico e può consistere nel recupero fisico e funzionale post traumatico/post operatorio, nel trattamento puramente antalgico o sintomatico, nel controllo del peso di pazienti tendenti all’obesità, nell’ incremento della forza, del tono muscolare o nel miglioramento generale delle performance (28).

Come succede in quella umana, anche la fisioterapia veterinaria è focalizzata primariamente sulla gestione dei problemi in ambito ortopedico e neurologico (3).

Questi non sono però gli unici ambiti in cui un approccio multimodale considerante la fisioterapia può risultare vincente. Appresa è la sua utilità in diversi ambiti, dalla Terapia Intensiva, alla Medicina dello Sport, dalle anomalie dello sviluppo, fino alla gestione dei pazienti geriatrici.

La rieducazione fisioterapica mira a: I. Alleviare il dolore,

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II. Promuovere un più rapido riassorbimento dell’edema, III. Stimolare la circolazione sanguigna e linfatica,

IV. Sfruttare la plasticità del sistema nervoso,

V. Migliorare il trofismo muscolare e limitarne l’atrofia,

VI. Mantenere un adeguato tono muscolare, limitando l’ipotonia e cercando di prevenire le contratture,

VII. Mantenere o raggiungere una completa escursione articolare (Range Of Motion, ROM) (28).

Il fine è il ripristino della funzionalità di un tessuto danneggiato e conseguentemente il miglioramento della qualità di vita del paziente. Ciò può essere conseguito, attraverso la stimolazione del processo riparativo, per risanare i tessuti danneggiati, andando ad agire a livello di vari apparati, tra cui l’apparato cardiorespiratorio, il sistema muscolo scheletrico e il sistema nervoso. La conoscenza del processo riparativo può aiutare a massimizzare la guarigione dei tessuti e prevenire complicazioni derivanti dal processo riparativo stesso. Ciò può essere conseguito eseguendo il trattamento appropriato, nelle tempistiche adeguate (47).

Nelle patologie neurologiche, come quelle trattate in questo lavoro, ma anche in quelle ortopediche spesso si va incontro all’immobilizzazione di uno o più arti del soggetto e questo ha conseguenze negative su diversi livelli che possono anche essere talvolta irreversibili se non si procede il più rapidamente possibile ad una attività di tipo riabilitativo. Ovviamente l’approccio deve essere valutato singolarmente e sarà diverso in relazione alla natura del problema, alle condizioni cliniche dell’animale e dei miglioramenti raggiunti nel corso del trattamento riabilitativo, la cui durata non può pertanto essere stabilita a priori.

A livello muscolare si può instaurare l’atrofia neurogena da denervazione che evolve molto rapidamente e l’atrofia da disuso che si sviluppa in tempi più lunghi (settimane, mesi). I muscoli più suscettibili ad una atrofia da disuso sono quelli formati soprattutto da fibre del primo tipo, quelli che muovono una singola articolazione, come il vasto mediale e il vasto intermedio ed i muscoli antigravitazionali che muovono più articolazioni, come il gastrocnemio e il retto femorale. Quelli più soggetti ad una atrofia neurogena sono invece

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formati prevalentemente da fibre del secondo tipo, come il bicipite femorale, semimembranoso e semitendinoso. Queste due alterazioni possono essere la conseguenza rispettivamente di alterazioni a livello del MNI e MNS. L’estensione dell’atrofia dipende dall’età del soggetto, dal tipo di lesione e dalle lesioni tendinee e dei tessuti molli associate (46).

L’atrofia da disuso con esercizio quotidiano di 10 minuti si riduce del 25%, se poi si aggiungono delle resistenze, si riesce a limitare del 50%. Bisogna tuttavia stare attenti a valutare ogni singolo caso, in quanto un carico prematuro eccessivo può inibire o ritardare la guarigione delle altre strutture coinvolte (28)

Con il disuso sono evidenti le modificazioni anche a carico dell’articolazione. Si va incontro all’assottigliamento della cartilagine, perdita dell’osso subcondrale, con diminuzione della produzione e distribuzione di liquido sinoviale, dell’ossigeno e dei nutrienti, crollo della produzione e del contenuto in proteoglicani. Il tutto esita in una diminuita funzionalità articolare e quindi del movimento (46). Nel caso in cui l’immobilizzazione sia indispensabile, si consiglia di bloccare l’articolazione in flessione, posizione che generalmente non comporta modificazioni artrosiche nel breve tempo. Quella in estensione produce maggiore contrazione muscolare ed alterazioni a livello della cartilagine articolare sovrapponibili a quelle che si hanno in corso di osteoartrosi. L’ideale sarebbe pertanto controllare e limitare i movimenti articolari, senza dover ricorrere all’immobilizzazione totale protratta nel tempo, i risultati migliori si hanno infatti in assenza di immobilizzazione ma con una mobilizzazione controllata (46).

A livello di tendini e legamenti l’immobilizzazione ha effetti negativi, alterando le proprietà strutturali e meccaniche. Le modificazioni meccaniche possono diventare irreversibili se non si ricomincia velocemente a caricare il peso sull’arto. Strutturalmente, il legamento diviene più rigido e meno elastico. Bisogna porre attenzione anche durante la rimobilizzazione, poiché esiste la possibilità di un’eventuale avulsione. Sarà opportuno sottoporre appena possibile i legamenti ad un carico leggero, con sollecitazioni ripetute ed ad intensità gradualmente crescente, fino ad una ripresa ottimale (28).

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A livello osseo l’immobilizzazione provoca una riduzione dell’osteogenesi ed un aumento del riassorbimento osseo. La fisioterapia agisce aumentando la flessibilità dei tessuti e il ROM, rilassando la muscolatura, mobilizzando i tessuti molli e le articolazioni, riducendo edema, infiammazione e dolore.

In presenza di lesioni al midollo spinale il recupero funzionale può avvenire spontaneamente attraverso due meccanismi (48):

I. Guarigione dei tessuti lesionati in modo reversibile, evento che inizia subito dopo il trauma e dura circa 14 giorni;

II. Riorganizzazione dei circuiti nervosi illesi, evento che può durare settimane, mesi o addirittura anni.

In seguito ad una lesione del midollo spinale alcuni motoneuroni andranno distrutti; ma i neuroni vicini alla lesione sono in grado di creare nuove connessioni sinaptiche e ristabilire così un nuovo pattern di circuiti nervosi. Se la lesione coinvolge meno del 15% dei motoneuroni le fibre muscolari denervate possono essere in parte reinnervate e si avrà un recupero, seppur parziale, della funzione muscolare. Se la lesione interessa più del 85% dei motoneuroni non ci sarà una ripresa completa perché questi possono aumentare al massimo di 5 volte il numero di fibre muscolari innervate. Tale capacità è detta germogliazione e la sua entità è legata alla estensione della lesione spinale. I fenomeni di riorganizzazione del sistema nervoso (c.d. plasticità) possono avvenire sia a livello spinale che sopraspinale e questo è importante dato che il movimento è dovuto all’interazione tra i circuiti nervosi spinali ed i centri encefalici. Il recupero è funzionale alla localizzazione della lesione: una lesione a carico della sostanza grigia, che contiene corpi neuronali e quindi motoneuroni la cui integrità è fondamentale per il movimento, avrà conseguenze più gravi di una lesione a carico della sostanza bianca essenzialmente costituita da fasci di fibre nervose. La plasticità avviene soprattutto a livello della sostanza bianca ma può interessare in parte anche la sostanza grigia. La fisioterapia consente di stimolare e quindi potenziare le vie nervose, attraverso l’esecuzione di movimenti passivi ed attivi; fenomeno che porterà ad un graduale aumento della velocità di trasmissione dell’impulso nervoso grazie alla diminuzione della resistenza sinaptica (28).

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Nei pazienti neurologici la fisioterapia, oltre a garantire tutti i benefici effetti sopra ricordati, è importantissima anche dal punto di vista psicologico, in quanto è facile che un cane costretto all’immobilità si deprima per mancanza di stimoli (49).

L’esecuzione degli esercizi attivi prevede, quasi sempre, che all’inizio l’animale sia sostenuto, in quanto la ripresa della normale deambulazione è graduale. Gli esercizi attivi, infatti devono essere pensati “su misura” per il paziente che si sta trattando, in base ai deficit neurologici presenti ed alle sue capacità di reazione e ai fisiologici tempi di recupero dei diversi tessuti danneggiati (49).

6.2 Valutazione generale del paziente

Prima di iniziare qualsiasi trattamento di fisioterapia, è sempre necessario eseguire un’adeguata visita clinica dell’animale, in modo da escludere patologie che potrebbero essere aggravate dalla manualità del terapista. Per questo, come precedentemente descritto, è importante sottolineare l’importanza dell’esame clinico generale e particolare, unito alla relativa diagnostica per immagini. Nel processo di riabilitazione è necessaria una stretta relazione tra medico veterinario referente, medico veterinario fisiatra, tecnico fisioterapista e proprietario, al fine di conseguire il miglior recupero possibile del paziente.

6.3 Controindicazioni e precauzioni

Considerazioni importanti da tenere a mente prima di ricorrere alla fisioterapia:

• In stato di gravidanza, alcune terapie manuali e strumentali sono controindicate per l’aumentata mobilità attorno alle articolazioni e per l’influenza dell’energia attivata dallo strumento elettromedicale sui tessuti in crescita (50);

• In presenza di soggetti affetti da neoplasia e con metastasi alcune terapie strumentali sono controindicate nell’area interessata da tale processo patologico ed è discutibile se utilizzarle o meno in toto (51). Diverso è il caso del paziente terminale, in cui la terapia strumentale e la fisioterapia rientrano nell’approccio multimodale alla terapia del dolore. La patologia neoplastica può agire anche sul

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metabolismo generale del paziente che avrà tendenza ad affaticarsi più facilmente e di conseguenza gli esercizi dovranno essere condotti a ritmi più lenti;

• In presenza di problemi circolatori. Dato che molti interventi fisioterapici sono utilizzati per aumentare la circolazione e quindi favorire la guarigione, se il sistema circolatorio non è in grado di sostenere un tale incremento nell’area da trattare, va posta particolare attenzione su quale trattamento prediligere al fine di coadiuvare la guarigione senza sovraccaricare il sistema circolatorio;

• La valutazione caratteriale, animali aggressivi richiedono di essere trattati con estrema cautela. L’aggressività può essere un segno di dolore può andare a ridursi man a mano che il trattamento procede, in ogni caso il fisioterapista deve fare attenzione a proteggersi ad ogni trattamento, attraverso l’uso di una museruola e il contenimento del paziente, ove è possibile.

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