• Non ci sono risultati.

Gestione conservativa nelle patologie neurologiche di interesse fisioterapico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Gestione conservativa nelle patologie neurologiche di interesse fisioterapico"

Copied!
148
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

“Gestione conservativa nelle patologie neurologiche di

interesse fisioterapico”

Candidato: Ilaria Terruzzi

Relatore: Prof.ssa Simonetta Citi

Correlatore: Dott.ssa Micaela Mariani

(2)

1 ITACA

Se per Itaca volgi il tuo viaggio, fa voti che ti sia lunga la via, e colma di vicende e conoscenze. Non temere i Lestrìgoni e i Ciclopi O Posidone incollerito: mai Troverai tali mostri sulla via,

se resta il tuo pensiero alto, e squisita è l’emozione che ti tocca il cuore e il corpo. Né Lestrìgoni o Ciclopi né Posidone asprigno incontrerai, se non li rechi dentro, nel tuo cuore, se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via. E siano tanti mattini d’estate

che ti vedano entrare (e con che gioia allegra!) in porti sconosciuti prima. Fa scalo negli empori dei Fenici per acquistare bella mercanzia, madrepore e coralli, ebani e ambre, voluttuosi aromi d’ogni sorta,

quanti più puoi voluttuosi aromi.

Rècati in molte città dell’Egitto, a imparare e imparare dai sapienti.

Itaca tieni sempre nella mente. La tua sorte ti segna quell’approdo. Ma non precipitare il tuo viaggio. Meglio che duri molti anni, che vecchio tu finalmente attracchi all’isoletta, ricco di quanto guadagnasti in via, senza aspettare che ti dia ricchezze.

Itaca t’ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti più.

E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce così saggio, così esperto,

avrai capito che vuol dire un’Itaca. (Konstantinos Kavafis)

(3)

1

Sommario

0 Riassunto/Abstract 3 PARTE GENERALE 4 Introduzione 4

Capitolo 1: Esame neurologico completo 5

1.1 Valutazione dello stato mentale 6

1.2 Valutazione postura ed andatura 7

1.2.1 Esame delle reazioni posturali 9

1.3 Esame dei nervi cranici 9

1.4 Esame dei nervi spinali 10

1.4.1 Esame dei riflessi spinali 11

1.4.2 Valutazione della sensibilità 13

1.5 Localizzazione della lesione 14

Capitolo 2: Diagnostica per immagini 19

2.1 Indagine radiologica 19

2.2 Tomografia computerizzata 20

2.3 Risonanza magnetica 21

2.4 Ecografia 22

Capitolo 3: Diagnosi differenziale 23

Capitolo 4: Patologie neurologiche di interesse fisioterapico 25

4.1 Embolismo fibrocartilagineo 25

4.2 Trauma spinale 27

4.3 Trauma al sistema nervoso periferico 30

4.3.1 Lesione del nervo sciatico 31

4.3.2 Lesione del nervo radiale 31

4.3.3 Avulsioni del plesso brachiale 31

4.4 Poliradicoloneurite acuta idiopatica 32

4.5 Mielopatia degenerativa 33

4.6 Degenerazioni discali 34

4.6.1 Estrusioni discali 34

4.6.2 Protrusioni discali 37

(4)

2

4.8 Spondilopatia cervicale caudale 40

4.9 Malattia vestibolare idiopatica benigna 41

4.10 Sindromi paraneoplastiche 43

Capitolo 5: Il paziente neurologico 46

5.1 Gestione del paziente neurologico 46

5.2 Modificazioni dell’ambiente domestico e delle attività quotidiane 49

Capitolo 6: Fisioterapia 50

6.1 Definizione ed applicazioni 50

6.2 Valutazione generale del paziente 54

6.3 Controindicazioni e precauzioni 54

Capitolo 7: Metodiche fisioterapiche 56

7.1 Metodiche manuali 56 7.1.1 Termoterapia 56 7.1.2 Massaggi 59 7.1.3 Esercizi terapeutici 60 7.1.4 Idroterapia 67 7.2 Tecniche strumentali 69 7.2.1 Elettrostimolazione 69 7.2.2 Ultrasuoni 73 7.2.3 Magnetoterapia 75 7.2.4 Diatermia 77 7.2.5 Laserterapia 79

Capitolo 8: Studio clinico 85

8.1 Introduzione 85 8.2 Materiale e metodi 85 8.2.1 Raccolta dati 86 8.2.2 Protocolli e casistica 87 8.2.3 Risultati 125 8.3 Discussione 134 8.4 Conclusioni 136 Bibliografia 138 Legenda 143 Ringraziamenti 145

(5)

3

Riassunto/Abstract

Parole chiave: piccoli animali, patologie neurologiche, fisioterapia, trattamento conservativo, movimento autonomo, controllo degli sfinteri

Sono molte le patologie neurologiche che interessano i piccoli animali e costringono i proprietari a compiere scelte importanti, dall’accettazione della perdita permanente di autonomia dei propri animali, alla chirurgia, fino all’eutanasia. In questo lavoro si è valutato l’outcome del trattamento conservativo per 57 soggetti affetti da patologie neurologiche di interesse fisioterapico, pervenuti alla Clinica “Fisioterapia Veterinaria Livorno”, suddivisi in 10 gruppi per patologia. Sono stati studiati diversi parametri e confrontata la clinica pre e post terapia. Il 75% ha avuto esito positivo e parzialmente positivo, con recupero del movimento autonomo e/o del controllo delle grandi funzioni organiche; per il 24% dei pazienti non abbiamo avuto ripresa clinica, andando incontro a perdita permanente di autonomia. Una variabile importante al successo si è dimostrata essere l’intervallo di tempo intercorso dalla diagnosi ad inizio terapia: i risultati migliori si sono ottenuti per tempi di attesa minori, a prescindere dal grado di gravità della sintomatologia all’arrivo.

Key words: pets, neurologic disease, physiotherapy, conservative treatment, autonomous movement, sphincters control

The outcome of conservative treatment has evalueted based on a total of 57 patients that are affected by different types of neurologic disease in the physiotherapic’s interest. They have all been performed at the Clinic “Fisioterapia Veterinaria Livorno” owned by Micaela Mariani DVM. The 75% of the patients had a positive or partial positive outcome resulting in full recovery of autonomous movement activity and/or sphincters control, the other 24% instead resulted in a negative outcome, with permanent loos of autonomy, surgery or euthanasia. In this process, a key variable to success has been the time between the diagnosis and the start of the physiotherapy treatment: we obtained the best results when the waiting time was shorter, regardless of the seriousness of the symptoms.

(6)

4

PARTE GENERALE

Introduzione

Sono molte le patologie neurologiche che interessano i piccoli animali e costringono i proprietari a compiere scelte importanti, dall’accettazione della perdita permanente di autonomia dei propri animali, alla chirurgia, fino all’eutanasia. Negli ultimi 20 anni, nel panorama di queste possibilità, si è fatta strada in modo efficace e convincente la Fisioterapia Veterinaria. Branca relativamente giovane della Medicina Veterinaria sta diventando un tassello obbligato nel percorso di recupero di molte patologie ortopediche, neurologiche, nel decorso post operatorio e non. In particolare, questo lavoro si pone come obiettivo quello di fornire un’utile descrizione dei protocolli fisioterapici della maggior parte delle patologie neurologiche di interesse – Embolismo fibrocartilagineo, Trauma spinale, Trauma al sistema nervoso periferico, Poliradicoloneurite acuta idiopatica, Mielopatia degenerativa, Degenerazioni discali, Stenosi degenerativa lombosacrale, Spondilomielopatia cervicale caudale, Malattia vestibolare idiopatica benigna e Sindromi paraneoplastiche – che a causa dell’impossibilità di chirurgia per la natura stessa della lesione, per volontà del proprietario o condizioni cliniche generali del paziente, trovano nella gestione conservativa una preziosa strada alternativa.

Si inizia con la trattazione dell’Esame neurologico completo e la Diagnostica per immagini: prime tappe nella gestione di un paziente affetto da un possibile problema neurologico, necessarie a localizzare la patologia ed arrivare ad una diagnosi tale da inserirla all’interno del VITAMIND. Si tiene conto di tale schema nella successione della descrizione delle patologie di interesse. Per ognuna di esse verrà fornita un’analisi per quanto riguarda patogenesi, prevalenza, diagnosi e terapia. A seguire un inquadramento della gestione del paziente neurologico, della Fisioterapia Veterinaria con metodiche utilizzate. Ogni protocollo fisioterapico è affiancato dai relativi casi che si sono seguiti e trattati presso la Clinica Fisioterapia Veterinaria Livorno della Dott.ssa Micaela Mariani, così da mostrare l’effetto pratico della gestione conservativa con i risultati ottenuti e la loro valutazione.

(7)

5

Capitolo 1: Esame neurologico completo

L’esame neurologico nei piccoli animali presenta due obiettivi principali: rispondere alla domanda se il paziente è neurologicamente normale e nel caso in cui il problema neurologico sia effettivamente presente, dove sia localizzato. Per eseguire un esame completo e sistematico si valutano questi elementi secondo un preciso ordine:

• Stato mentale, • Postura, • Andatura, • Reazioni posturali, • Nervi cranici, • Riflessi spinali,

• Valutazione della sensibilità.

Si inizia da una prima fase in cui il paziente è in stazione e le procedure che si eseguono non sono invasive, si procede poi con una seconda in cui il soggetto viene posto in decubito laterale e vengono eseguite manipolazioni che comportano maggiore disagio. E’ necessaria una buona collaborazione da parte del soggetto e se rimangono dubbi riguardo ad una qualche prova dell’esame neurologico, è buona prassi ripeterla fino a che non si arriva ad una valutazione chiara.

I dati rilevati durante l’esame neurologico vengono trascritti su una scheda neurologica dedicata, la quale renderà il processo di localizzazione della lesione tramite l’algoritmo descritto in seguito, più semplice. Sempre per una corretta esecuzione, è opportuno procurarsi un martelletto per riflessi, una pinza emostatica atraumatica ed una sorgente luminosa puntiforme.

Prima di iniziare con l’approfondimento dell’esame neurologico completo è bene ricordare che l’esame particolare di un apparato è sempre successivo ad una prima valutazione del soggetto tramite esame obbiettivo generale ed esame fisico, il quale ha condotto l’esaminatore ad ipotizzare la patologia a carico del sistema nervoso, esattamente come

(8)

6

avviene per le altre diverse discipline. Una corretta valutazione neurologica è imprescindibile da un altrettanto corretto inquadramento generale (1).

Segnalamento ed anamnesi

Il segnalamento include le informazioni relative a specie, età, sesso e razza. Quando lo si considera insieme al principale disturbo riferito esso può aiutare a dirigere la serie di domande da porre al proprietario riguardo la storia anamnestica. Anomalie congenite sono più frequenti nei soggetti giovani, mentre neoplasia o malattie degenerative sono più comuni in quelli anziani. Alcune patologie sono connesse al sesso, come uno stato di ipocalcemia durante la lattazione nella femmina (1).

L’anamnesi (ambientale, familiare, remota, prossima e correlazioni temporali) permette di conoscere gli antecedenti sanitari del cane e costituisce anche il primo momento di conoscenza con il proprietario. Si ricostruisce sempre l’anamnesi su base storica, cominciando con l’informarsi su regolarità e completezza dei trattamenti periodici (come vaccinazioni, sverminazioni ed altre prevenzioni) raccogliendo un breve, ma completo, riassunto di tutte le malattie importanti ed eventuali traumi che l’animale ha avuto nel corso della sua vita. Questa anamnesi remota include anche rapide informazioni sulla genealogia dell’animale, nei casi in cui sia conosciuta dal proprietario ed essa verrà considerata più approfonditamente in seguito nel caso in cui emergano elementi che avvalorano una possibile ereditarietà della patologia (2).

1.1 Valutazione dello stato mentale

La valutazione dello stato mentale consiste nell’osservare per alcuni minuti come l’animale si relaziona con l’ambiente o con le persone circostanti. Si deve osservare il modo di comportarsi dell’animale, se ne saggiano le reazioni nei confronti degli stimoli dipendenti dalla vita quotidiana e provocati dall’esaminatore (richiami, rumori, gesti di minaccia) valutando la prontezza, l’integrità e la normalità o meno della risposta. Uno stato mentale normale viene definito vigile, all’erta ed è condizionato dalla correlazione tra tronco cerebrale e centri corticali superiori.

(9)

7

Un atteggiamento anormale si identifica comparando il comportamento del paziente a quello che ci si aspetterebbe in un soggetto simile per età e razza (1).

In tabella 1 vengono riportati gli stati mentali identificabili nei piccoli animali:

Stato Segni clinici

Normale Vigile, risponde appropriatamente agli stimoli

Depresso Non attento, con ridotta attività spontanea, sonnolenza Delirio Iperreattività, risponde non appropriatamente agli stimoli

Stupore Sembra addormentato ma può essere temporaneamente risvegliato con certi stimoli

Coma Non cosciente, non può essere viene svegliato tramite alcun stimolo

(Tabella 1 Stati mentali identificabili nei piccoli animali)

1.2 Valutazione postura ed andatura

Per postura si intende la posizione del corpo nello spazio in opposizione alla forza di gravità.

Viene mantenuta per attività riflessa da parte della componente afferente e quella efferente. La prima è rappresentata dal sistema vestibolare, dal sistema visivo, dagli arti (tensione muscolare e delle strutture di sostegno), dal midollo spinale, dal tronco dell’encefalo e dal cervelletto fino alla corteccia; la seconda dalle vie motorie.

Circa due terzi del peso vengono scaricati sugli arti anteriori. La base d’appoggio è un rettangolo che ha le stesse dimensioni del tronco, con i vertici che corrispondono ai 4 arti. Una postura corretta è in posizione verticale con la testa tenuta ben dritta.

Esempi di posture alterate:

• Rotazione della testa (legata alla sindrome vestibolare centrale o periferica o da sindrome paradossa causata da una lesione al cervelletto),

(10)

8

• Deviazione della colonna vertebrale (scoliosi, cifosi, lordosi, rigidità e deviazione cerviale),

• Rigidità da decerebrazione (estensione di collo e testa (opistotono) e di tutti e quattro gli arti associato a grave depressione/stupore, causata da lesioni anteriori al tronco dell’encefalo),

• Rigidità da decerebellazione (opistotono ed estensione degli arti anteriori con stato mentale normale, causata da lesione cerebellari acute),

• Postura di Shiff Sherrington (iperestensione degli arti anteriori ed ipotono dei posteriori, da lesioni acute, solitamente traumatiche a localizzazione toracolombare o lombare prossimale),

• Postura con ampia base di appoggio (per compensare un deficit di bilanciamento, solitamente da lesioni cerebellari) (1).

L’esame dell’andatura va eseguito in uno spazio sufficientemente ampio che permetta all’animale di muoversi liberamente e su diversi terreni, iniziando con quelli a maggiore aderenza, fino a quelli più lisci. Lo si esamina mentre cammina in salita, in discesa, al trotto, al galoppo e nel salire e scendere alcuni gradini. In questa maniera il baricentro dell’animale varia continuamente ed il peso del corpo viene scaricato di volta in volta sugli arti anteriori o posteriori. Si osserva l’animale anteriormente, lateralmente e posteriormente.

Si prendono in particolare considerazione: l’esagerata o limitata levata degli arti, l’irregolare posata dei piedi, l’alterata regolazione dei movimenti degli arti con conseguenti turbe del cammino per mettere in evidenza eventuali fenomeni di incoordinazione, le oscillazioni del corpo ed i tremori muscolari, le turbe dell’equilibrio (barcollamento, cadute, capacità o meno di rialzarsi) e la direzione del cammino.

Nell’esame dell’andatura andranno accuratamente rilevate le alterazioni dovute a cause non neurogene, quali lesioni ossee, articolari e muscolari che possono provocare zoppicature, talora limitate ad un solo arto.

(11)

9

• Atassia (incoordinazione, ipometria, ipermetria o dismetria) di origine sensoriale, vestibolare o cerebellare,

• Paresi/plegia (debolezza, incapacità a compiere movimenti volontari) che può essere mono/emi/para o tetra a seconda che interessi uno, due arti dallo stesso lato, il bipede posteriore o tutti e quattro gli arti,

• Andatura in circolo di origine vestibolare, con cerchi stretti e con rotazione dallo stesso lato della lesione con altri segni vestibolare,

• Andatura in circolo di origine corticale con cerchi ampi e lesione dal lato opposto della rotazione (1).

1.2.1 Esame delle reazioni posturali

Con l’esame delle reazioni posturali si vanno a verificare in maniera più precisa gli stessi circuiti nervosi responsabili della postura. In quanto reazioni, gli stimoli evocati dall’esaminatore devono arrivare alla corteccia cerebrale per essere elaborati, ma devono pure arrivare al cervelletto per la regolazione delle risposte: per questo motivo, si distinguono una propriocezione conscia ed una propriocezione inconscia.

Le reazioni posturali evocabili sono 7: I. Posizionamento propriocettivo, II. Saltellamento,

III. Carriola,

IV. Forza posturale estensoria, V. Posizionamento tattile e visivo, VI. Emideambulazione,

VII. Raddrizzamento.

1.3 Esame dei nervi cranici

La maggior parte dei pazienti che vengono portati per la riabilitazione fisioterapica hanno problemi con localizzazione cervicale, toracolombare o dei nervi periferici ma l’esame dei nervi cranici rimane una parte importante dell’esame neurologico, soprattutto quando si

(12)

10

sospetta una lesione intracranica. L’assenza della riflessa di minaccia è infatti discriminante per la diagnosi di un problema centrale.

1.4 Esame dei nervi spinali

I riflessi spinali formano l’unità di base di integrazione e funzionalità del SNC. L’esame di un riflesso testa gli specifici segmenti spinali coinvolti. Tutti i riflessi sono influenzati da centri di controllo superiori. L’animale deve essere rilassato per elicitare i riflessi nella loro forma normale.

Per identificare la sede di una lesione extracranica deve essere eseguito un esame completo della funzionalità dei nervi spinali e la loro valutazione comprende la determinazione della tonicità muscolare e delle dimensioni muscolari, dei riflessi spinali e della sensibilità cutanea.

Tono muscolare, riflessi tendinei e riflesso flessore a stimoli nocivi, questo è l’ordine con cui vengono indagati, in modo tale da mantenere il paziente cooperativo. Tale valutazione viene condotta con il soggetto in decubito laterale.

Il tono muscolare viene valutato mediante la manipolazione passiva dei singoli arti. Il grado di resistenza offerta viene considerato come inferiore al normale (ipotonia), normale o maggiore del normale (ipertonia). Quest’ultima condizione può essere definita spasticità ed il suo grado varia da una resistenza leggermente aumentata alla manipolazione passiva, ad un suo incremento molto più marcato. L’ipotonia si verifica in genere per lesioni del motoneurone inferiore (MNI), mentre l’interessamento patologico del motoneurone superiore (MNS) è caratterizzato da ipertonia o spasticità.

Per capire questo è bene aver chiaro il concetto di MNI e MNS ma anche di reazione e riflesso. I motoneuroni inferiori sono l’ultima propaggine del sistema nervoso prima degli organi effettori. Sono localizzati nel corno ventrale della sostanza grigia del midollo spinale (nervi spinali) o nel tronco dell’encefalo (nervi cranici) da cui prende origine l’assone che concorre alla formazione del nervo motore periferico terminante nella giunzione neuroeffettoriale. Per sistema del motoneurone inferiore si intende l’unità morfofunzionale

(13)

11

formata da motoneurone e fibre muscolari che innerva. L’integrità funzionale del MNI è indispensabile perché si verifichi la contrazione della cellula muscolare al fine del mantenimento del tono muscolare ed è anche necessaria per la conservazione del normale stato trofico della cellula muscolare da esso innervata. In caso di lesioni a questo livello si avranno: paralisi flaccida, ipo/ariflessia, ridotto tono degli estensori, atrofia muscolare precoce ed intensa. Il motoneurone superiore è invece il primo neurone motore localizzato nella corteccia cerebrale, nei nuclei della base o nel tronco cerebrale da cui prende origine l’assone che sinapta, mediante un interneurone, con il motoneurone inferiore. E’ responsabile dell’iniziazione e mantenimento dell’andatura, di sorreggere il corpo contro la forza di gravità (attività muscoli estensori antigravitari) e di regolare la postura. Il meccanismo con cui il MNS interviene sull’attività del MNI è sia una regolazione inibitoria che facilitatoria (inizia il movimento volontario). Quando il MNS viene ad essere interessato patologicamente, il risultato è quello di una liberazione del MNI dall’inibizione e dell’iperattività del meccanismo facilitatorio. Tale liberazione si manifesta come ipertonia o spasticità.

Una lesione a carico del MNI (con diminuzione ed assenza della sua attività) avrà come segni clinici):

• Paresi o paralisi da MNI, • Ipo/ariflessia,

• Paresi/paralisi flaccida,

• Atrofia neurogena del muscolo (non si rileva mai normo/iperattività);

una lesione a carico del MNS (compromissione della sua attività inibitoria ed aumento attività MNI con cui è in relazione):

• Normo/iper riflessia, • Paresi/parilisi spastica, • Atrofia muscolare da disuso.

1.4.1 Esame dei riflessi spinali

L’esame dei riflessi spinali ci permette di stabilire se una lesione è da motoneurone inferiore o superiore. Viene valutato l’arco riflesso e l’attività del motoneurone superiore su esso. L’arco riflesso è diviso in componente sensitiva, tratto del midollo spinale in cui avviene l’integrazione e componente motoria

(14)

12

Il riflesso flessore dell’arto posteriore testa il segmento spinale L4 – S2. Si evoca pinzando la cute interdigitale. Un riflesso flessore intatto si evidenza con una flessione uguale di tarso, ginocchio ed articolazione dell’anca.

Il riflesso patellare testa il segmento spinale L4 – 5/6 ed il nervo femorale. Si evoca ponendo il ginocchio in posizione flessa e supportandolo con una mano messa sotto il ginocchio, si percuote il legamento patellare con un plessimetro. Una risposta normale è rappresentata dall’estensione del ginocchio. Si può dare un valore da 0 a 4 al riflesso patellare:

0 = nessun movimento, + 1 = iporiflessia, + 2 = normoriflessia, + 3 = iperriflessia,

+ 4 = risposta tonico/clonica.

Il riflesso tibiale testa il segmento spinale L6 – 7 e le radici nervose che ne derivano (nervo peroneo) sono responsabili di questo riflesso. Il riflesso tibiale craniali si ottiene percuotendo il muscolo craniale tibiale con il plessimetro mentre si tiene l’arto pelvico in lieve flessione. Il riflesso normale che segue è rappresentato dalla flessione del tarso.

Il riflesso gastrocnemio testa il segmento spinale L7 – S1 e le radici nervose che derivano (nervo tibiale). Si evoca ponendo il tarso il leggera flessione e percuotendo il tendine gastrocnemio. Il riflesso normale è rappresentato dall’estensione del tarso.

Il riflesso perineale testa il segmento spinale S1 – 3 e le radici nervose che derivano compreso il nervo pudendo. Per evocarlo si stimola gentilmente la regione perineale pinzettando la pelle sia a destra che sinistra. Se il riflesso è presente si vede la contrazione dello sfintere anale e la coda si flette ventralmente.

Il riflesso pannicolare testa i segmenti spinali C8 – T1, T1 – L5 e le radici nervose corrispondenti. Si pinza la cute e l’impulso viene trasmesso dal nervo afferente fino al segmento spinale C8 – T1 ed il riflesso continua tramite il nervo efferente fino al nervo toracico laterale che innerva il muscolo cutaneo del tronco e genera una leggera contrazione cutanea. Il riflesso deve essere presente almeno da metà fino alla regione lombare caudale.

(15)

13

Una grave lesione spinale si visualizza con la perdita di riflesso pannicolare fino ad uno o due corpi vertebrali caudali alla lesione.

Il riflesso flessore dell’arto anteriore verifica il segmento spinale C6 – T2. Si evoca pinzando la cute interdigitale od un dito e si manifesta con la flessione uguale di tutte le parti coinvolte, carpo, gomito ed articolazione della spalla. Una flessione sbilanciata può indicare una lesione del segmento spinale indicato o delle radici nervose derivanti.

Il riflesso estensore radiale del carpo testa il segmento spinale C7 – T1 e le radici nervose derivanti (nervo radiale). Si esegue tenendo gomito e carpo in leggera flessione e percuotendo il flessore del carpo con un plessimetro. Un riflesso intatto si manifesta con l’estensione del carpo. Questo riflesso può essere ridotto od assente anche in pazienti normali.

Il riflesso tricipitale testa il segmento spinale C7 – T1. Si esegue nella stessa posizione utilizzata per l’estensore radiale del carpo ed il muscolo tricipite è percosso vicino all’inserzione. Un riflesso intatto si mostra con l’estensione dell’articolazione del gomito e tale riflesso può apparire ridotto od assente anche in pazienti normali.

Il riflesso bicipitale testa il segmento spinale C6 – C8 (nervo muscolocutaneo). Il gomito è tenuto in estensione, si pone un dito al di sopra del tendine e si colpisce con il plessimetro. Un riflesso intatto è rappresentato dall’estensione del gomito. Questo riflesso può essere assente o ridotto anche in pazienti normali (3).

1.4.2 Valutazione della sensibilità

L’esame del sistema sensoriale consiste nell’effettuazione di test di percezione del dolore, in quanto la valutazione di altre sensazioni come il caldo, il freddo e la pressione tattile risultano difficilmente ed oggettivamente quantificabili. Si palpano gli arti e la colonna vertebrale, eseguendo una pressione a livello dei processi spinosi e della muscolatura paraspinale a partire dalla regione lombosacrale e si continua in senso craniale e di quelli trasversi delle vertebre cervicali. Si eseguono anche movimenti passivi del collo per individuare una resistenza. Successivamente si esamina la sensibilità cutanea. Le aree cutanee del corpo possono essere mappate in dermatomeri, cioè regioni che sono innervate per la sensibilità da nervi specifici. Il riscontro di una ipo od analgesia cutanea consente di individuare il nervo interessato, oltre alle vie ascendenti spinali ed encefaliche fino alla

(16)

14

corteccia cerebrale. Il test viene eseguito pizzicando la cute, con una pinza emostatica. La risposta normale è rappresentata dalla sottrazione allo stimolo algico e reazione al dolore.

Per valutare poi la sensibilità profonda o periostale si applica una compressione di intensità crescente alla base del cuscinetto digitale o su una falange tramite una pinza emostatica. La normale risposta è rappresentata dalla retrazione dell’arto e manifestazioni della percezione cosciente del dolore (vocalizzi, rotazione della testa verso lo stimolo, tentativo di mordere o sottrarsi alla manovra). La sola retrazione dell’arto non indica conservazione della capacità di percezione del dolore profondo, esprime solo il riflesso di trazione. Il test valuta l’integrità del nervo periferico, delle vie ascendenti spino talamiche e delle connessioni talamo corticali. La percezione del dolore profondo è l’ultimo segno di funzionalità spinale a scomparire nelle lesioni gravi per cui ha un importante significato prognostico (1).

1.5 Localizzazione della lesione

A questo punto si riconsidera la domanda iniziale: l’animale è neurologicamente sano o no?

Rispetto all’esame che abbiamo condotto si apriranno diverse possibilità: I. Paziente è neurologicamente sano,

II. Presenta un problema neurologico non rilevabile al momento della visita, III. L’esame non è stato condotto correttamente (nel caso ci sia qualche dubbio è

sempre meglio ripeterlo da capo), IV. E’ presente un’anormalità neurologica.

Se la situazione che abbiamo di fronte è quella presentata al punto IV., allora il quesito successivo da porsi dovrà essere: dov’è localizzata la lesione?

Le possibili sedi di localizzazione del problema neurologico sono:

• a livello del sistema nervoso centrale (SNC), intracraniche od extracraniche, • a livello del sistema nervoso periferico (SNP).

(17)

15

La distinzione tra lesione intracranica ed extracranica è possibile attraverso l’esame di minaccia:

• se risulta positivo, il problema è intracranico,

• se negativo, vanno esaminati ulteriori i segni clinici per identificare il tratto di midollo spinale interessato dal processo patologico.

Quest’ultima indagine può essere agevolata tramite l’utilizzo di un algoritmo diagnostico come quello riportato in tabella 2.

Si ha variabilità della sintomatologia in relazione al tratto colpito.

Per una lesione molto posteriore si ha prevalenza del coinvolgimento del controllo degli sfinteri (ipo/atonia) e scarso interessamento delle reazioni posturali.

Se la lesione è prevalentemente a livello L7 – S1, si parlerà di Stenosi degenerativa lombosacrale, con dolore all’estensione della coda, alla palpazione della parte ventrale dell’articolazione lombosacrale mediante esplorazione rettale ed all’estensione degli arti posteriori. In questo caso i riflessi presenteranno:

Pseudo od iperriflessia patellare (estensione rapida del ginocchio per incompetenza della muscolatura antagonista, innervata dallo sciatico),

riflesso flessore con normale flessione di anca e ginocchio con mancata o scarsa flessione del tarso, per parziale incompetenza del nervo sciatico e riflesso perineale depresso.

Se la lesione è localizzata a livello del SNP (poli o mononeuropatia sensoriale, motoria od entrambe) si avrà una sintomatologia caratterizzata da:

Paresi/paralisi flaccida dei muscoli innervati, Ipo/ariflessia, atrofia da MNI rapida ed intensa,

Riduzione o perdita della sensibilità dei dermatomeri coinvolti,

Parestesia e lesioni superficiali da lambimento od automutilazione e riduzione od assenza delle reazioni posturali.

(18)

16 Localizzazione Segni clinici

C1 – C5 Paresi/paralisi spastica in:

quattro arti (tetraparesi/tetraplegia), arti dello stesso lato (emiparesi/emiplegia), Normo/iperriflessia ai quattro arti,

Deficit delle reazioni posturali: quattro arti, arti dello stesso lato. Spasmo, dolore e rigidità dei muscoli cervicali,

Difficoltà del controllo degli sfinteri. C6 – T2 Paresi/paralisi in:

quattro arti, due arti di un lato,

un solo arto toracico (talvolta è presente solo zoppia ad un arto che può essere portato sollevato: segno della radice),

Deficit della propriocezione nei quattro arti, Ipo/ariflessia con amiotrofia degli arti anteriori, Normo/iperriflessia dei posteriori,

Iperestesia a livello della lesione: la testa è portata abbassata o il collo è esteso e rigido, dolore alle manovre passive del collo,

Depressione del riflesso pannicolare, Difficoltà nel controllo degli sfinteri.

T3 – L3 Paresi/paralisi spastica negli arti posteriori, Riflessi negli arti posteriori accentuati o normali, Deficit delle reazioni posturali agli arti posteriori,

Depressione del riflesso pannicolare (posteriormente alla sede della lesione),

Iperestesia a livello della lesione: atteggiamento da cifosi antalgica,

dolore alla palpazione della muscolatura paraspinale, Ipo/anestesia posteriormente alla lesione,

Difficoltoso controllo degli sfinteri: ritenzione urinaria, Postura di Shiff Sherrington.

L4 – S3 Paresi/paralisi flaccida di uno od entrambi gli arti posteriori:

talvolta zoppia ad un arto posteriore con movimento di calpestio (segno della radice),

Ipo/ariflessia degli arti posteriori, Atrofia arti posteriori,

Deficit delle reazioni posturali agli arti posteriori, Dilatazione flaccida dello sfintere anale,

Ipo/anestesia regione perianale, arti pelvici e coda, Ritenzione od incontinenza urinaria,Incontinenza fecale. (Tabella 2 Algoritmo localizzazione lesione neurologica)

(19)

17

Il Sistema Vestibolare occupa uno spazio a se’ nell’ambito del processo di localizzazione della lesione. Esso viene diviso in Centrale (nuclei del nervo vestibolare disposti nel tronco dell’encefalo) e Periferico (recettori del sistema vestibolare nell’orecchio interno e dal nervo vestibolare).

I sintomi sono rappresentati da:

Rotazione della testa intorno all’asse rostro aborale verso il lato della lesione (guardando frontalmente il soggetto un orecchio si trova più in basso, sede della lesione, rispetto all’altro),

Alterazione dell’andatura con movimenti in circolo verso il lato della lesione,

Prevalenza del tono estensorio sugli arti del lato sano (tendenza a cadere dal lato colpito e nei casi estremi si può avere rotolamento),

Nistagmo che può essere orizzontale, rotatorio o verticale, Strabismo ventrale o ventrolaterale (1, 2, 4).

In tabella 3 vengono trattate le diverse localizzazioni intracraniche, con relativa sintomatologia.

(20)

18 Cerebrale

(corteccia cerebrale e diencefalo)

Andatura normale o lievemente modificata,

Alterazione dello stato mentale e del comportamento,

Alterazione movimento/postura: deficit delle reazioni posturali controlaterali alla sede della lesione, andatura in circolo (cerchi più ampi rispetto alle lesioni vestibolari), pressione della tesa contro gli ostacoli lungo il percorso e tendenza a nascondersi, pleurototono (flessione con concavità laterale del tronco e del collo con la testa girata),

Anomalie della vista, Convulsioni, Papilledema,

Respiro irregolare, Alterazioni endocrine, Anomalie termoregolazione, Anomalie alimentazione.

Cervelletto Alterazioni dell’andatura (ipermetria), Oscillazione del tronco,

Tremore intenzionale (scosse ampie in concomitanza del compimento di movimenti volontari),

Stazione con larga base di appoggio, Ritardo delle reazioni posturali,

Anisocoria (dilatazione della pupilla controlaterale), Opistotono e segni vestibolari.

Tronco dell’encefalo Alterazione dell’andatura (tetraparesi/tetraplegia od emiparesi/emiplegia spastica da MNS),

Normo/iperriflessia quattro arti, Alterazioni reazioni posturali,

Respiro irregolare, Depressione mentale. Se localizzazione mesencefalica:

Deficit ai nervi cranici con strabismo ventrale, Ptosi palpebra superiore e midriasi;

Se localizzazione pontomidollare: Deficit alla sensibilità facciale, Iporiflessia palpebrale,

Paralisi facciale, Nistagmo, Rotazione testa,

Paralisi laringe/faringe, Paralisi della lingua. (Tabella 3 Localizzazione lesione intracranica)

(21)

19

Capitolo 2: Diagnostica per immagini

2.1 Indagine radiologica

L’indagine radiologica della colonna vertebrale è indicata nella maggior parte dei casi in cui si sospetta un problema neurologico con localizzazione midollare od una malattia osteoarticolare che secondariamente può coinvolgere il sistema nervoso. Uno studio radiologico della colonna vertebrale necessita di un apparecchio radiologico che possa erogare almeno fino a 300mA, ciò permette di ottenere valide immagini. Se non è prevista l’utilizzazione di mezzo di contrasto (mdc) può essere sufficiente una forte sedazione dell’animale, altrimenti è obbligatoria l’anestesia generale che è comunque sempre consigliata dato che per posizionare correttamente un soggetto, per una radiografia a livello del rachide, è fondamentale che la porzione da analizzare sia perfettamente allineata e simmetrica. Se possibile, le radiografie dovrebbero essere eseguite con la lesione al centro del campo visivo, per ridurre la distorsione dell'anatomia presente ai bordi dell'immagine. Le radiografie senza mdc sono utili per evidenziare fratture, lussazioni, infezioni, anomalie congenite, neoplasie ed alterazioni metaboliche delle vertebre, nella maggior parte dei casi permettono di emettere sospetti di diagnosi di patologie neurologiche secondarie a patologie osteoarticolari. Per ogni tratto della colonna vertebrale si devono acquisire immagini laterolaterali (LL) e ventrodorsali (VD), in casi particolari anche proiezioni oblique (2).

Il principale svantaggio della radiografia è l'incapacità di discriminare i tessuti molli. Il tessuto nervoso ha essenzialmente la stessa opacità di altri tessuti molli. Le lesioni del tessuto nervoso come emorragie, tumori o lesioni degenerative sono rilevate solo raramente, quando è presente calcificazione della lesione od un cambiamento litico nell'osso adiacente. In generale, la valutazione radiografica degli animali neurologici è limitata all'identificazione di lesioni che coinvolgono la colonna vertebrale.

Data la disponibilità, la facilità di esecuzione e il costo dello studio radiografico, nella maggior parte degli animali si dovrebbero considerare di impiegare questo mezzo diagnostico per indagare la colonna vertebrale, se si sospettano disfunzioni del midollo

(22)

20

spinale. In particolare, gli animali con trauma sospetto o noto dovrebbero essere sottoposti a valutazione radiografica per stabilire definitivamente l'esistenza di fratture o lussazioni. La tecnica meticolosa, la collimazione e il corretto posizionamento del paziente sono essenziali per la rilevazione di sottili cambiamenti, che sono spesso la chiave per una diagnosi (5).

Le capacità diagnostiche della radiografia normale sono limitate e queste sono spesso migliorate tramite la mielografia. Sebbene la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (MRI) l’abbiano quasi totalmente sostituita, la mielografia rimane una modalità eccellente per localizzare le patologie del midollo spinale quando le altre modalità non sono disponibili. Si utilizza nella diagnosi di un buon numero di patologie spinali soprattutto se di origine compressiva. Nella diagnosi di lesioni a livello lombosacrale esiste però un limite dettato dal fatto che nella maggior parte dei cani, con variazioni in base alle dimensioni di razza, il midollo spinale termina a livello di L5. In uno studio, è stato evidenziato che il midollo spinale si estendeva più caudalmente nei Bassotti rispetto ai Pastori Tedeschi (6).

La mielografia viene eseguita mediante iniezione di un mezzo di contrasto iodato non ionico (0,3/0,45 ml/kg) nello spazio subaracnoideo. L'iohexol (che contiene 240 mg di iodio per millilitro) e lo iopamidolo (200 mg di iodio per millilitro) sono gli agenti di contrasto comunemente usati, sicuri ed efficaci (7). La mielografia può essere eseguita a livello della cisterna cerebellomedullare o nella regione lombare caudale, ma sempre in anestesia generale mediante tecnica asettica. Viene comunemente usato un ago spinale 22G, perché avendo una smussatura corta minimizza l'iniezione simultanea nello spazio epidurale. Dovrebbero essere acquisite immagini ortogonali non solo durante, ma anche post mielogramma dell'intera regione di interesse. Le viste oblique ventrodorsali post contrasto sono spesso vantaggiose per la localizzazione circonferenziale delle lesioni extradurali.

2.2 Tomografia computerizzata

La tomografia computerizzata (TC) permette di ottenere immagini di sezioni trasverse (assiali) del corpo, ottenute con l’uso di raggi X mediante elaborazione al computer. Rispetto alle radiografie alcuni tra i vantaggi ottenuti sono rappresentati dalla possibilità di evitare la

(23)

21

sovrapposizione di strutture anatomiche e di fornire un’immagine migliore dei tessuti molli. Si tratta di un esame non invasivo e relativamente rapido.

La TC fornisce immagini bidimensionali di sezioni del corpo, il cui spessore è deciso dall’operatore. L’immagine è formata da un certo numero di pixel, elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di un’immagine. Ogni pixel corrisponde alla superficie di un voxel unità tridimensionale dipendente dallo spessore del taglio. Tanto più piccola è la superficie del pixel e tanto più sottile è la profondità del voxel (spessore della fetta), tanto maggiore è la definizione dell’immagine. Ad ogni voxel viene attribuito un livello della scala dei grigi, che dipenderà dalla densità del tessuto attraversato, correlata con la scala di Hounsfield (sistema convenzionale di riferimento). Più l’immagine è definita, migliori saranno le ricostruzioni bidimensionali negli altri piani dello spazio e tridimensionali (2).

Le indicazioni per l'uso della TC nei pazienti neurologici comprendono l'imaging del cervello e del cranio, le bolle timpaniche, le ossa della colonna cervicale e toracolombare, la cauda equina ed in combinazione con la mielografia, il midollo spinale. Può anche essere usata per valutare i tessuti molli del plesso brachiale e per identificare l'ernia acuta del materiale del disco mineralizzato.

2.3 Risonanza magnetica

La risonanza magnetica (MRI) costituisce una notevole novità nell’acquisizione di immagini del sistema nervoso centrale. Non si utilizzano raggi X poiché le immagini vengono prodotte dall’interazione di onde di radiofrequenza con gli ioni idrogeno dei tessuti all’interno di un campo magnetico, previa elaborazione da parte di un computer. Un’immagine RM è una mappa della presenza dei nuclei dell’idrogeno nella sezione in esame: tessuti con contenuto basso di idrogeno, come l’osso, sono scarsamente rappresentati. Come per molte procedure di diagnostica per immagini, gli animali devono essere anestetizzati per essere sottoposti all’esame. La sicurezza nell'ambiente di un'unità MRI è della massima importanza. Sono disponibili sistemi di erogazione di anestesia gassosa e apparecchiature di monitoraggio costruite con materiali non ferrosi.

(24)

22

In alternativa, l'anestesia può essere mantenuta per via endovenosa, utilizzando boli intermittenti o infusione a velocità costante di anestetici. Le immagini si possono acquisire in diversa maniera quelle pesate in T1 che risultano principalmente valide per indagare i dettagli anatomici ed in cui il liquido cefalorachidiano appare iperdenso (nero) e quelle pesate in T2 indicate per indagare i processi patologici in atto ed in cui il liquido cefalorachiano appare iperintenso (bianco).

I grandi vantaggi della RM sulla TC sono definizione migliore dei tessuti molli, del tessuto nervoso ed acquisizione delle immagini secondo tre piani: trasversale, cioè come nella TC, dorsale e sagittale. Quando necessari per una corretta visualizzazione i particolari strutture anatomiche, possono essere aggiunti altri piani di scansione. In neurologia, questi vantaggi si apprezzano a livello di fossa posteriore e midollo spinale (2).

2.4 Ecografia

Per quanto riguarda l’ecografia, l’uso degli ultrasuoni in neurologia è estremamente limitato dal rivestimento osseo del sistema nervoso centrale. Nella pratica veterinaria l’unica eccezione consiste nell’indagine dell’encefalo, principalmente in caso di sospetto idrocefalo, nei soggetti in cui la persistenza delle fontanelle costituisce una vita d’accesso alle strutture endocraniche, durante un intervento chirurgico od alla colonna vertebrale dopo la rimozione dell'osso sovrastante (9, 10, 11, 12).

La localizzazione precisa delle masse si ottiene meglio usando la risonanza magnetica o la TC. Tuttavia, l'ecografia può essere utile nel delineare le lesioni chirurgiche. Le masse tendono ad essere iperecogene e causano cambiamenti nel sistema ventricolare o in altre strutture anatomiche locali (10).

(25)

23

Capitolo 3: Diagnosi differenziale

Dall’esame neurologico completo e dalla diagnostica per immagini si ottengono informazioni sulla natura e la localizzazione della lesione che permetteranno di risalire alle sue origini così da collocarla con buona precisione all’interno del VITAMIND.

L’acronimo VITAMIND è un accorgimento che si usa per accelerare e facilitare il procedimento di valutazione e consiste nel raggruppare le malattie in classi in base alla loro natura: vascolare, infettivo/infiammatorio, trauma, anomalie congenite/malformazioni, metabolico, idiopatico, neoplastico/paraneoplastico o degenerativo. Tale divisione permette di raggruppare le diverse patologie in base ad elementi comuni come l’esordio, il decorso e l’eventuale lateralizzazione (2).

Le patologie vascolari hanno solitamente esordio acuto, lievi segni di peggioramento nelle prime ore successive ma ben presto cominciano i meccanismi di compensazione che permettono un decorso non progressivo di queste patologie. I deficit neurologici sono riferibili ad una lesione focale e spesso asimmetrica, molto lateralizzata. Per quanto riguarda le patologie infiammatorie queste possono colpire soggetti di tutte le età e l’inizio dei sintomi può presentarsi da pochi giorni fino a qualche mese. Le malattie infiammatorie sono quasi sempre ad esordio acuto o subacuto a causa delle caratteristiche stesse del processo infiammatorio. Nella maggior parte dei casi, i pazienti che riportano patologie infiammatorie a livello del sistema nervoso, differentemente da quanto comunemente ritenuto, non presentano sintomi sistemici quali la febbre. Questa categoria patologica è caratterizzata da una distribuzione multifocale delle lesioni ma sono riportati anche casi in cui i soggetti avevano deficit neurologici da patologie infiammatorie a distribuzione focale, solitamente hanno la tendenza a non essere lateralizzate. Lesioni traumatiche sono acute e non progressive anche se nelle prime ore si può assistere ad un peggioramento che è spesso fatale. I segni nei primi giorni possono essere rappresentati da un’emorragia progressiva con edema. La causa è solitamente ovvia alla raccolta iniziale della storia del paziente a meno che questa non sia inadeguata a poter arrivare ad una diagnosi chiara. Pazienti con anomalie congenite o dello sviluppo solitamente presentano un esordio subdolo, poiché l’animale nasce con la patologia ma la manifesta progressivamente durante la crescita. Per lo più sono forme non lateralizzate. Le patologie metaboliche sono difficili da classificare per la

(26)

24

molteplicità di patogenesi. A volte hanno esordio acuto ed a volte cronico, sono particolarmente influenzate da fattori nutrizionali. Possono colpire pazienti di tutte le età e causando una sintomatologia progressiva ed insidiosa. Le forme idiopatiche costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie di cui si ignora non solo l’eziologia ma anche la patogenesi. Le neoplasie sono tipicamente croniche e progressive. I tumori cerebrali colpiscono soprattutto animali anziani ma non possono essere esclusi anche in quelli di giovane età. La sintomatologia inizialmente è progressiva e poco chiara ma si rende evidente quando il tumore è diventato di grosse dimensioni ed i sintomi possono diventare in brevi tempi evidenti. Con sindrome paraneoplastica si intende quell’insieme di sintomi, che si rilevano in pazienti colpiti da neoplasia, che non sono però riferibili direttamente al tumore stesso per localizzazione, dimensioni o capacità di metastatizzazione del tumore. Le malattie degenerative sono croniche, lentamente progressive, non lateralizzate e non causano dolore. Relativamente all’età in cui si manifestano esistono due picchi: nelle forme giovanili in cui la degenerazione è legata all’assenza di enzimi per cause genetiche e nelle forme senili che si manifestano dopo i 5/6 anni di età (1, 2, 4).

In questo lavoro le patologie neurologiche gestite tramite trattamento conservativo, verranno trattate seguendo l’ordine del VITAMIND.

(27)

25

Capitolo 4: Patologie neurologiche di interesse fisioterapico

4.1 Embolismo fibrocartilagineo

L’embolismo fibrocartilagineo (FCE) è una patologia neurologica di origine vascolare caratterizzata da una ischemia focale del midollo spinale (MS) a seguito dell’occlusione di un vaso midollare da parte di materiale fibrocartilagineo con sospensione dell’afflusso ematico a cui seguono alterazioni strutturali e funzionali. Nel 1961 Naiman (13) ha descritto la patologia in medicina umana e nel 1973 Griffiths (14) la riporta per la prima volta nel cane. In minor misura poi è stata segnalata anche nel gatto. C’è concordanza di opinioni nel ritenere che la fonte del materiale cartilagineo sia il nucleo polposo del disco intervertebrale (DIV) ma c’è ancora disaccordo su come il materiale discale si immetta nella circolazione del midollo (2).

La vascolarizzazione del MS origina dall’arteria spinale la quale penetra nel canale vertebrale attraverso un forame intervertebrale. A seconda del tratto di midollo spinale considerato, le arterie originano dall’arteria aorta (tratto toracolombare) o dall’arteria vertebrale (tratto cervicale). Una volta all’interno del canale vertebrale, l’arteria spinale si divide in un ramo dorsale ed in uno ventrale, che si dirigono sulla superficie del midollo spinale e danno origine a diversi vasi arteriosi (2). Questo network è molto più denso a livello della intumescenza cervicotoracica e lombosacrale.

Di seguito quelle che sembrano essere le ipotesi più probabili alla base della patologia (16): • Diretta penetrazione di materiale del DIV nel plesso venoso ventrale ed

immissione in un’arteria attraverso il flusso venoso retrogrado indotto da manovre di Vasalva e facilitato dall’assenza di valvole venose,

• Anastomosi arterovenose presenti nello spazio epidurale,

• Erniazioni del materiale del DIV nella spongiosa del corpo vertebrale e conseguente entrata dello stesso nel plesso venoso vertebrale,

• Residui embrionali,

(28)

26

Le ipotesi proposte potrebbero essere avvalorate dal fatto che un DIV normale non presenta vascolarizzazione mentre quando va incontro a degenerazione è soggetto a neovascolarizzazione che può favorire l’entrata di materiale fibrocartilagineo in circolo. In un buon numero di casi traumi anche di modesta entità o semplicemente momenti d’intensa attività fisica potrebbero essere gli elementi scatenanti la patologia. L’ischemia che viene ad instaurarsi in seguito all’occlusione del vaso da parte dell’embolo avrà una gravità diversa a seconda di alcuni parametri:

I. Velocità con cui si instaura,

II. Grado di occlusione (parziale o totale), III. Anatomia e funzionalità dei circoli collaterali.

FCE si riscontra più comunemente nei cani di razza medio grandi o giganti. Sono colpiti soggetti di razze medio/grandi o giganti e tra le razze di piccole dimensioni Miniature Schnauzer, Wirehaired Fox Terrier e West Highland White Terrier (15, 16, 17, 18). Si tratta di una patologia che non interessa i soggetti condrodistrofici, salvo rarissime segnalazioni. Questo perché la matrice del nucleo dei soggetti non condrodistrofici rimane più morbida e gelatinosa per un periodo più lungo rispetto a quanto accade per le razze condrodistrofiche e ciò predispone che sia più “meccanicamente” facile che questo venga spinto all’interno dei vasi. Nelle razze condrodistrofiche invece il nucleo va incontro ad una modificazione condroide che lo rende meno meccanicamente ideale ad essere inserito nel microcircolo (16). Non esiste predisposizione di età: colpisce soggetti con più di 2 anni di vita (media 3/6 anni) ma esistono eccezioni.

L’esordio è acuto od iperacuto ed è associato alla presenza di dolore. Esso è causato dalla protrusione del materiale fibrocartilagineo e stimolazione dei nocicettori presenti a livello dell’osso, del periostio, dei legamenti e delle meningi. Il parenchima midollare non è dotato di nocicettori quindi una volta sparito l’edema iniziale il dolore scompare. Dopo la manifestazione dei sintomi neurologici entro le 6/24 ore successive all’esordio si riscontra un graduale miglioramento e stabilizzazione dei sintomi, dipendentemente dalla localizzazione ed estensione del danno (17, 18). Raramente può accadere che i sintomi neurologici progrediscano, aggravandosi successivamente alle 24 ore, nel caso in cui avvengano embolizzazioni secondarie o danni spinali secondari. I deficit neurologici dipendono dalla

(29)

27

localizzazione del danno e dalla gravità di quest’ultimo (18). Spesso si riscontra una marcata lateralizzazione dei deficit che può venire a mancare nelle prime ore dal trauma con conseguente bilateralizzazione a causa dell’estendersi dell’edema nelle zone limitrofe. In ogni caso l’asimmetria è riscontrabile più di frequente in caso di lesioni all’intumescenza cervico toracica.

Esame clinico, un’accurata indagine anamnestica, esame neurologico per localizzare la lesione ed esame emocromocitometrico, biochimico, valutazione del profilo coagulativo ed ecocardiografia al fine di valutare l’eventuale presenza di malattie che predispongono al tromboembolismo come vasculiti od endocarditi sono importanti al fine di poter arrivare alla diagnosi di FCE per esclusione (18). La risonanza magnetica (RM) grazie alla sua capacità di visualizzare il midollo spinale e la presenza di edema, permette di effettuare diagnosi diretta di mielopatia ischemica. I rilievi riscontrabili in corso di mielopatia ischemica descritti da uno studio del 2007 di De Risio sono: lesione focale intramidollare che nella maggior parte dei casi interessa solo la sostanza grigia (SG), segnale iperintenso nelle sequenze pesate in T2 e segnale ipointenso/isointenso in quelle pesate in T1 (21). La conferma eziologica è al tavolo anatomopatologico. La prognosi è legata a diversi fattori quali l’assenza di risposta nocicettiva cosciente, segni da motoneurone inferiore, deficit neurologici simmetrici, collaborazione del proprietario nella gestione infermieristica e fisioterapica del paziente e l’assenza di segni di miglioramento nei primi 14 giorni (17, 19, 20, 21).

Il trattamento sin dalle prime fasi acute della patologia è conservativo tramite fisioterapia e gestione infermieristica del paziente. La risoluzione chirurgica decompressiva non è indicata in quanto non si tratta di una lesione midollare esterna (16) e nemmeno l’utilizzo del cortisone (3). Nel caso in cui si assista ad un non miglioramento del quadro, con assenza di sensibilità profonda, è consigliata l’amputazione dell’arto al fine di evitare autotraumatismi.

4.2 Trauma spinale

I traumi spinali sono comuni nelle specie domestiche e le conseguenze possono essere devastanti. Sono solitamente dovuti ad incidenti automobilistici, cadute, combattimenti con altri animali e atti di crudeltà umana (22). Il trauma spinale evolve in due fasi. La prima in cui

(30)

28

il danno iniziale può essere rappresentato da ernia discale, frattura o lussazione vertebrale, traumi penetranti o problematiche vascolari quali FCE. La seconda fase patologica che segue è multifattoriale e formata dagli eventi biochimici e vascolari, risultato della progressione della patologia primaria (23), alcuni dei quali sono messi in atto dall’organismo stesso nel tentativo di compensare i deficit. I sintomi che ne derivano possono essere dolore al rachide, difficoltà deambulatoria fino alla completa paralisi con totale impossibilità di muovere gli arti. Il clinico non può intervenire sulla prima fase ma può farlo sui processi secondari che non raramente sono più gravi per la salute del paziente (2). In presenza di un paziente traumatizzato la prima regola è non soffermarsi sulle lesioni più evidenti. L’esame clinico deve essere completo e riguardare tutti gli apparati. Poiché un agente traumatizzante che sia in grado di danneggiare la colonna vertebrale ha solitamente un’elevata energia, il paziente affetto da lesioni traumatiche in questa sede si presenta spesso politraumatizzato; circa il 50% dei soggetti con fratture/lussazioni vertebrali ha un altro problema associato come pneumotorace, contusione polmonare, ernia diaframmatica, lesioni dell’apparato urogenitale ed altre lesioni ortopediche (24).

Quando ci si presenta un paziente traumatizzato è di fondamentale importanza agire rapidamente. Le informazioni ottenute dalla conversazione con il proprietario potrebbero essere utili per il triage del paziente, per formulare una diagnosi di sospetto e per dare al proprietario indicazioni utili di primo soccorso; quando si sospettano traumi cranici o della colonna e quando l’animale è incosciente, è utile suggerire l’utilizzo di un supporto rigido sul quale adagiare e fissare l’animale con nastro adesivo (26).

Una volta che il paziente è emodinamicamente stabile, si effettua l’esame neurologico al fine di determinare la gravità della lesione ed il tratto di segmento spinale eventualmente coinvolto. La perdita di funzionalità da parte del midollo spinale si sviluppa secondo una specifica sequenza: perdita di propriocezione, perdita della funzione motoria volontaria, perdita della nocicezione superficiale e perdita della sensazione dolorifica profonda. Un’attenta valutazione di ciascuno di questi gruppi facilita la localizzazione del mal allineamento, instabilità o dolore a livello di una delle quattro maggiori regioni del midollo spinale: cervicale (C1 – C5), cervicotoracica (C6 – T2), toracolombare (T3 – L3) e lombosacrale (L4 – S1). Il fattore prognostico più importante dopo un trauma del midollo

(31)

29

spinale è la presenza o assenza di una sensazione dolorifica profonda. Se la percezione del dolore profondo è assente caudalmente alla sede di una lesione traumatica al midollo spinale, la prognosi per un ripristino della funzione neurologica è da grave ad infausta. Secondo alcuni autori, gli animali presentati meno di ventiquattro ore dopo una lesione traumatica al midollo spinale con percezione del dolore profondo assente a livello delle dita degli arti colpiti, hanno meno del 20% delle possibilità di guarire. Se sono passate più di ventiquattro ore dal trauma, con una percezione del dolore profondo apparentemente assente, la prognosi per un recupero funzionale è infausta (25).

Fratture e lussazioni del rachide si possono classificare sulla base dei compartimenti anatomici che risultano essere interessati dalla linea di frattura. Questa classificazione non è l’unica (infatti è possibile anche dividerle in base all’eziologia o considerando entrambi i parametri insieme) ma è quella più utile ai fini di ottenere un piano terapeutico e prognostico, in quanto consente di stabilire il grado di instabilità delle fratture ed il grado di compressione midollare.

I tre compartimenti in cui viene divisa la vertebra sono definiti dalle seguenti strutture anatomiche: le faccette articolari, i peduncoli, le lamine, il processo spinoso e il legamento flavo, definiscono il compartimento dorsale; il legamento longitudinale dorsale, la parte dorsale dell’anello fibroso e del corpo vertebrale, definiscono quello medio; la parte rimanente del corpo vertebrale, le porzioni laterali e quella ventrale dell’anello fibroso e il legamento longitudinale ventrale, definiscono il ventrale. Tramite la valutazione radiografica si indicano quanti e quali sono i compartimenti vertebrali colpiti; se solo uno dei tre compartimenti è danneggiato la frattura è considerata stabile, mentre se ad essere lesionati sono due o tre compartimenti la frattura è valutata come instabile. L’instabilità vertebrale e la compressione midollare sono i criteri per la scelta di una terapia chirurgica, mentre una frattura che dalle indicazioni radiografiche sembra coinvolgere solo uno dei tre compartimenti verrà ulteriormente indagata per mezzo di una mielografia o tramite l’utilizzo di una TC o di una RM per identificare un’eventuale compressione midollare o la presenza di schegge ossee all’interno del canale vertebrale; nel caso in cui non fossero presenti né

(32)

30

compressione midollare né schegge ossee nel canale vertebrale si procederà con una terapia di tipo conservativo. Infine, sempre sulla base delle componenti anatomiche coinvolte nella lesione, gli autori Patterson e Smith hanno proposto un altro schema di classificazione (27), utile nella scelta del trattamento più appropriato e basato su quattro categorie:

I. Fratture che preservano sia le strutture ventrali sia i processi articolari. Sono stabili e raramente richiedono fissazione interna.

II. Fratture dei processi articolari con integrità delle strutture ventrali. Presentano instabilità rotazionale e possono richiedere impianti che limitino la rotazione della spina.

III. Fratture delle strutture ventrali con integrità delle faccette articolari. Mostrano fragilità nel piegamento della colonna e perciò necessitano di fissazione interna. IV. Fratture della parte ventrale e delle faccette articolari. Sono suscettibili a tutte le

forze agenti sulla colonna. Necessitano di fissazione interna.

L’opzione conservativa prevede riposo forzato, gestione del dolore ed un protocollo riabilitativo personalizzato a seconda del deficit neurologico presente (3).

4.3 Trauma al sistema nervoso periferico

Un trauma può coinvolgere soltanto il sistema nervoso periferico e pertanto solo un nervo o più nervi attigui. Le cause più frequenti sono cadute ed incidenti stradali. Sono riportate anche cause iatrogene quali iniezioni avventate, lesioni durante interventi chirurgici da offesa diretta o malposizionamento del paziente e bendaggi troppo stretti (2).

Il danno può essere funzionale o strutturale. Nel primo caso l’assone rimane intatto e la sintomatologia è legata allo sviluppo di un edema od a transitorie demielinizzazioni che ostacolano la conduzione dello stimolo nervoso (neuroprassia). Nel secondo caso, il deficit funzionale è secondario ad una lesione dell’assone, mentre il rivestimento connettivale rimane intatto (assonotmesi), oppure vi è una perdita di continuità di tutte le componenti del nervo (neurotmesi) con prognosi infausta. La gravità della lesione non è valutabile

(33)

31

clinicamente da subito ma nel tempo, verificando periodicamente la funzionalità dell’arto e la risposta alla terapia riabilitativa (28).

4.3.1 Lesione del nervo sciatico

Il nervo sciatico è una componente importante della cauda equina e nel suo decorso passa in prossimità del bacino, dell’articolazione coxo femorale e del femore. Può pertanto essere interessato da danni diretti, anche iatrogeni od essere lesionato secondariamente in molte fratture a carico dell’ileo, dell’acetabolo e della porzione prossimale del femore. L’innervazione motoria interessa tutti i muscoli estensori della coscia, i flessori della gamba e gli estensori e flessori del piede e delle dita. L’innervazione sensibile interessa la faccia posteriore della coscia e tutte le aree cutanee distali al ginocchio, con l’eccezione di una sottile striscia mediale che si estende fino al ginocchio (2). Il paziente si presenta con monoparesi grave, sorregge il proprio peso ma non flette il ginocchio e non estende né flette il tarso e le dita, è presente knukling (appoggio del dorso del piede) (28). La diagnosi si ottiene tramite esame clinico ed elettromiografia. Il trattamento conservativo consiste nel proteggere l’arto da ulteriori lesioni ed eseguire un percorso riabilitativo. Per quanto riguarda quello chirurgico, esso si basa sul rimuovere, se possibile, la causa della lesione (3).

4.3.2 Lesione del nervo radiale

Tra le lesioni traumatiche dell’arto anteriore quella del nervo radiale è assai comune. I deficit di innervazione riguardano solo i muscoli estensori del carpo e delle dita, per cui vi è knukling anche in questo caso. A ciò conseguono lesioni cutanee, aggravate dalla mancanza di sensibilità nella faccia dorsale dell’arto dorsalmente al gomito. Lesioni più prossimali dello stesso nervo possono pregiudicare la possibilità di estendere il braccio. Il quadro clinico più frequente è conseguente ad una lesione distale del nervo per frattura di omero (2, 28).

4.3.3 Avulsioni del plesso brachiale

Le avulsioni del plesso brachiale si distinguono in craniali, caudali e totali. Quella craniale interessa le radici C6 – C7. Si presenta modesta atrofia dei muscoli sopraspinato ed infraspinato, ridotta estensione del braccio e flessione del gomito ma vi è una buona estensione del gomito. L’avulsione caudale interessa le radici C8 – T1 e T2. La sintomatologia è più importante e l’animale non riesce ad appoggiare l’arto che viene tenuto con la spalla ed il gomito flessi. A volte vi è un danno transitorio al midollo spinale con conseguente interessamento delle fibre ascendenti e discendenti relative all’arto posteriore ipsilaterale,

(34)

32

pertanto nella prima fase è possibile riscontrare deficit neurologici posturali e sindrome da MNS posteriore ipsilaterale. Le avulsioni totali sono una somma delle due precedenti, l’arto è trascinato plegico e la prognosi è infausta perché le probabilità di reinnervazione sono minime (2, 28).

La diagnosi si raggiunge tramite esame clinico, elettromiografia, CT ed MRI. Il trattamento in questo caso è esclusivamente conservativo, cercando di proteggere l’arto da ulteriori lesioni, autotraumatismi, contratture muscolari e sottoponendo il soggetto a riabilitazione. Oltre alla terapia farmacologica con prednisone, è importante iniziare da subito fisioterapia per contrastare l’atrofia neurogena. Non esiste un trattamento chirurgico (3).

4.4 Poliradicoloneurite acuta idiopatica

La poliradicoloneurite acuta idiopatica è una patologia infiammatoria idiopatica ad insorgenza acuta o iperacuta. Coinvolge soprattutto assoni e guaina mielinica delle radici ventrali dei nervi. Vengono colpiti cani di entrambi i sessi, giovani/adulti od adulti e più raramente i gatti. La sintomatologia classica prevede debolezza generalizzata, a volte inizialmente più pronunciata negli arti posteriori che poi progredisce rapidamente, fino all’impossibilità ad alzarsi od a paralisi in circa 24 ore. Solitamente i nervi cranici non sono coinvolti. Si può assistere ad un recupero spontaneo dalle 3 alle 6 settimane successive (3). Il sistema nervoso sensitivo e quello autonomo non sono quasi mai coinvolti, così come i muscoli della coda e della respirazione (che solo occasionalmente può diventare difficoltosa) (2).

La malattia è stata inizialmente descritta nei cani impiegati per la caccia al procione, come esito del morso della preda, da cui il nome di paralisi da morso del procione o paralisi del coonhound (dall’inglese coonhound = cane da caccia al procione) (29). Secondo alcuni studi, si è potuto riprodurre la malattia attraverso l’inoculazione della saliva del procione solo in cani che avevano presentato precedentemente la malattia in forma spontanea (29, 30) e ne erano guariti; pertanto, l’evidenza che non tutti i soggetti morsicati si ammalavano, ha

Riferimenti

Documenti correlati

I seguenti studenti non hanno ancora mostrato una preparazione sufficiente in elettromagnetismo e dovranno partecipare ad uno scritto totale,. svolgendo

È preferibile iniziare con l’intervento chirurgico (prostatectomia non “nerve sparing”, con linfadenectomia estesa), che in que- sto caso, per maggiore sicurezza del Paziente,

- fisioterapia respiratoria: paziente intubato/tracheostomizzato (attraverso tecniche manuali specifiche per il polmone profondo come il respiro controllato – BC, le tecniche

Un cane meticcio maschio castrato di 7 anni viene por- tato alla visita per linfoadenomegalia generalizzata, già trattato un mese prima con terapia antibiotica per 7 giorni senza

Vengono di seguito riportati due casi clinici di lussazione dell’osso radiale del carpo in un cane meticcio, femmina sterilizzata, di 7 anni (caso 1) e in un cane meticcio,

L’esistenza di oltre 350 razze canine abbinata alle nuove tecnologie di genetica molecolare rappresentano un’oppor- tunità unica di studiare patologie ereditarie ed identificare

FIGURA 6 - Immagine radiografica intraorale della zona mandibolare rostrale alla rimozione dello splintaggio, a cinque settimane dal reimpianto.Asterischi: canino e ter- zo

Nelle patologie da aumentata evaporazione dello strato acqueo i segni clinici sono più subdoli e de- vianti: infatti, in tale quadro la gravità dei segni cli- nici è spesso