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Per i pazienti è stata prevista una visita prima dell’inizio della terapia e un follow-up con visite di controllo a 30 (± 3 giorni), 60 (± 3 giorni), e

90 (± 7 giorni) giorni dall’inizio della terapia.26

Gli esami svolti per ognuna delle 4 visite consistono in:

- Valutazione dell’acuità visiva, sia naturale che corretta, per lontano e per vicino;

- Test di Amsler;

- Test di Ishihara (per la valutazione della capacità di discriminazione dei colori);

- Esame obiettivo con visione del fundus oculi;

- Pachimetria a contatto e microscopia endoteliale (misurazione dello spessore e dello stato della cornea);

- Test di Shirmer, senza e con anestetico (per la valutazione della lacrimazione normale e basale);

- Tonometria a soffio (per la misurazione della pressione endooculare);

- OCT;

- Campo visivo computerizzato (con strategia maculare).

Devono essere registrati i possibili eventi avversi, ove per evento avverso viene considerato qualunque segno, sintomo o malattia che si sviluppa o peggiora durante il trattamento in studio. Viene anche considerata tale qualunque malattia intercorrente.

Per quanto riguarda eventuali anomalie di laboratorio, queste vengono inquadrate come eventi avversi quando:

- Determinano abbandono dello studio; - Sono associate a evento avverso serio;

- Necessitano di trattamento o ulteriori accertamenti.

Qualsiasi evento che determini ospedalizzazione, inabilità persistente, pericolo di vita o decesso viene classificato evento avverso grave e va segnalato e seguito nel tempo fino a risoluzione.

Appositamente per lo studio è stata stilata una scheda semplice e di facile catalogazione ma allo stesso tempo sufficientemente dettagliata sulla quale sono riportati i dati dei singoli pazienti, il farmaco e i dosaggi utilizzati e i risultati dei test eseguiti alle scadenze

studio campimetrico, della pachimetria e dell’OCT. I risultati dei singoli

esami sono stati poi confrontati alla fine del ciclo delle visite con quelli ottenuti alla visita basale per individuare potenziali anomalie indotte dalla terapia nei singoli pazienti. L’esame statistico dei risultati è poi l’ultimo step per comprendere se gli eventuali dati positivi raccolti hanno una significatività per produrre delle indicazioni da estendere alla pratica clinica.

Lo studio ha coinvolto 20 pazienti, 3 maschi e 17 femmine. Di questi 8 portatori di lupus eritamatosus sistemico, 5 di connettiviti miste o indifferenziate, 2 di sindrome di Sjogren e 5 di artrosi/artrite.

In quattro casi all’idrossiclorochina, utilizzata da tutti i pazienti al dosaggio di 200 mg/die, era associato un secondo farmaco, in particolare in 2 un glucocorticoide, in altri 2 un secondo farmaco appartenente ai DMARD. 7

utilizzavano un FANS al bisogno.

In soli 2 casi le reazioni avverse al farmaco sono state realmente tali da richiedere l’interruzione dell’idrossiclorochina e la sostituzione con clorochina e solo in un caso questa è stata sostituita con un terzo farmaco. I principali effetti collaterali registrati sono stati: rash

Caratteristiche dei pazienti arruolati

N° pazienti 20

Sesso (M/F) 3/17

Età media 55 (42 - 68)

Dosaggio idrossiclorochina 200 mg/die

Terapie concomitanti

Prednisone 2

Methotrexate 1

cutaneo e prurito, nausea e disturbi gastrointestinali, palpitazioni, ansia, asma; complessivamente tutti di ridotta rilevanza e in soli 3 pazienti.

Per tutti i pazienti si è riusciti a completare l’intero programma di controlli (fino ai 90 giorni). Tuttavia in nessun soggetto esaminato sono state rilevate alterazioni patologiche, né con il reticolo di Amsler, né con l’esame del fondo oculare, sia al momento dell’arruolamento che nei controlli successivi. Analoghi i risultati per quanto riguarda il test di Ishihara, che solo in un episodio ha evidenziato una significativa difficoltà alla discriminazione dei colori, che non si è però ripresentata alle visite successivamente svolte. La pachimetria e la microscopia ottiche non hanno segnalato alcun caso di cornea verticillata o modificazioni corneali idrossiclorochina indotte in grado di indurre cali dell’acuità visiva. Il test di Shirmer è risultato positivo, come atteso, solo nei pazienti portatori di sindrome di Sjögren. Il tonometro a soffio non ha individuato alcun paziente con valori di pressione endooculare fuori dal range di normalità escludendo interferenze della patologia glaucomatosa.

così come il campo visivo non ha indicato aree maculari ipofunzionanti in alcun soggetto esaminato, nemmeno alla quarta visita.

Per un ridotto numero di candidati è stato anche eseguito un ulteriore controllo a 6 mesi, sempre con le metodiche scelte per lo studio, ma non è stato possibile individuare alterazioni degne di nota ad alcuno dei test eseguiti neppure per questi.

L’obiettivo principale dello studio era la valutazione delle nostre possibilità di diagnosticare precocemente il danno maculare da accumulo di idrossiclorochina sfruttando le tecniche più moderne a nostra disposizione.

Tuttavia i risultati ottenuti sembrano non puntare in tal senso: a tutt’oggi, a distanza di oltre 18 mesi dall’inizio dello studio, non abbiamo dati obbiettivi che giustifichino il ricorso alle metodiche di studio e alle tempistiche utilizzate per lo screening della popolazione utilizzatrice di questi farmaci. È anche vero però che lo studio non può indicarci una sicura inutilità di questo tipo di approccio al paziente né può escludere che in successivi studi i risultati saranno ben diversi. Infatti il numero di pazienti che si è riusciti a seguire per tutto il programma è stato di sole 20 unità, un numero troppo basso per poter fare conclusioni assolute in un senso o nell’altro. In ogni caso è evidente che nei primi 18 mesi in nessun paziente si sono verificate alterazioni a livello maculare a dimostrazione dell’eccessivo e infondato timore sia dei pazienti che dello stesso personale medico circa la sicurezza a livello retinico del farmaco (anche i sintomi sistemici, quando presenti, sono stati limitati e solo in un caso hanno

determinato la sostituzione dell’idrossiclorochina con molecole diverse dai 4-amino-chinolonici).

Anche la letteratura è deficitaria di uno studio sull’argomento svolto con le stesse tecnologie da noi prese in considerazione, di dimensioni maggiori ed effettivamente in grado di dare indicazioni più valide sull’approccio da avere nei confronti di questi pazienti; tuttavia ci sono stati altri gruppi che hanno utilizzato approcci diversi quali l’elettroretinografia (ERG), l’elettrooculografia (EOG) e i potenziali evocati visivi (PEV), che non hanno evidenziato ugualmente alcuna

alterazione precoce correlabile al potenziale danno da

idrossiclorochina se non nella fascia di pazienti over 65, i più sensibili a sviluppare questa problematica, con l’elettroretinografia che ha evidenziato variazioni a carico sia delle componenti scotopiche che

fotopiche.27 Anche questi risultati però non hanno potuto dare utili

informazioni agli operatori del settore sul comportamento da tenere di fronte al paziente che si avvale della terapia con idrossiclorochina. Un dato interessante è che vi sono studi ben più numerosi, ma non eseguiti con le stesse metodiche, che hanno indicato addirittura come

- 27 Antoniazzi E, Bogliolo L, Caporali R, Cavagna L, Gelmi C, Montecucco C, Rossi P. Early electroretinografic changes in elderly RA patients treated with hydroxychloroquine. Reumatismo, 2002; 54(3):226-231

inutile qualsiasi screening oftalmologico se si ricorre a dosaggi inferiori ai 6,5 mg/kg/die o comunque per dosi cumulative al di sotto di 200 gr (la dose utilizzata nella pratica quotidiana dai reumatologi è generalmente ben inferiore), se non in presenza di ben determinati

fattori di rischio (età, malattie renali, …).28, 29

Quindi, il pensiero che emerge dopo mesi di esami svolti e la revisione dei pochi lavori disponibili sull’argomento, pur non suffragato da prove scientifiche significative, è che l’esecuzione di tali controlli e con la frequenza impostata nel nostro studio non sia affatto utile per giungere a una diagnosi precoce e che sia forse più indicato, dopo una visita basale pre-terapia, la messa in opera di un follow-up meno stringente, con una probabile inutilità di visite programmate nel primo trimestre e comunque a intervalli inferiori a tre mesi.

Analogamente alla retina, si può anche indicare con relativa sicurezza (anche se non era un obiettivo principale dello studio) che l’idrossiclorochina non interessi, se non raramente vista anche la letteratura specifica, la cornea, non essendosi verificato alcun caso di

- 28 Grierson DJ. Hydroxychloroquine and visual screening in a rheumatology outpatient clinic. Annals of the Rheumatic Diseases 1997; 56: 188-90.

- 29 May K, Metcalf T, Gough A. Screening for hydroxychloroquine retinopathy. BMJ 1998; 317: 1388-9.

cornea verticillata o di cali dell’acuità visiva per patologia corneale da accumulo del farmaco.

Si confermano altresì infondati i timori dei pazienti verso i danni oculari da idrossiclorochina che sono il motivo principale di scarsa aderenza alla terapia stessa.

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