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Metodo basato sull’analisi delle particelle

Ipotesi di correlazione quantitativa di risultati microstrutturali con la durata di esposizione per acciai al 9%Cr

2 Metodo basato sull’analisi delle particelle

Gran parte degli sforzi nell’identificare un metodo sperimentale per la determinazione della frazione di vita consumata, descritti nella letteratura scientifica, passano dall’analisi delle particelle (M23C6, MX, Laves) e dalla correlazione con il tempo di esposizione con o senza carico con il loro numero, dimensione, composizione chimica.

L’assunzione alla base è che l’esposizione a caldo produca crescita del diametro e coalescenza delle particelle, in modo tanto più rapido tanto più é elevata la temperatura d’esposizione.

Infatti la forza motrice del processo di invecchiamento è la tendenza a portasi in equilibrio termodinamico e a minimizzare l’energia interna attraverso la diffusione allo stato solido: la velocità di diffusione è espressa tramite il coefficiente di diffusione D per il quale si applica

𝐷 = 𝐷0 𝑒𝑥𝑝 [−𝑄

𝑅𝑇] (1)

dove D0 è una costante, Q è l’energia di attivazione per il processo di diffusione osservato (quale atomo in quale matrice e seguendo quel percorso), R è la costante universale dei gas e T la temperatura in K.

In sintesi, i processi diffusionali fanno sì che al passare del tempo

I) le fasi MX diventeranno più grosse e perderanno coerenza con la matrice; al raggiungimento di dimensioni che dipendono dalla temperatura e dal dettaglio chimico, le particelle più grosse di MX faranno da embrioni per la fase Z;

II) le fasi M23C6 tenderanno a spostarsi sui bordi grano e ad ingrossare. Col tempo formeranno anche carburi M6C;

III) con molta inerzia si formeranno le fasi costituite da soli elementi pesanti di Laves;

IV) le sub strutture ex aghiforme della martensite rinvenuta tenderanno ad uniformarsi e a diventare tonde.

A questo punto si deve assumere che la presenza di un carico meccanico comporti un’accelerazione dei fenomeni sopra elencati e l’evoluzione di sottograni, in seguito alla nascita e al movimento di dislocazioni.

2.1 Valutazione della vita residua: Principi

A causa della complessa interazione tra diffusione e temperatura, popolazione di particelle già presente e effetto del carico, al momento non esiste nessuna teoria chiusa che permetta di correlare queste grandezze con il tempo di esposizione e le caratteristiche momentanee delle particelle. È quindi necessario affidarsi a misure sperimentali e correlazioni empiriche per ottenere delle possibili valutazioni dello stato momentaneo e delle previsioni.

Il problema essenziale di questo approccio sta nell’ottenere i dati per la costruzione della linea di riferimento, che richiedono prove rappresentative di creep a rottura e interrotte e analisi tipicamente TEM per la determinazione della popolazione delle particelle.

Di fatto dalla letteratura sono disponibili pochissimi punti e naturalmente non sono né alla stessa temperatura né allo stesso sforzo né alla stessa durata. Inoltre i dati in letteratura hanno diversi problemi all’utilizzo:

- molti studi riportati in letteratura si basano su trattamenti termici eseguiti su campioni di materiale, che non considerano quindi l’effetto del carico applicato ma solo quello della temperatura. Dati di questo tipo son poco utili al presente scopo anche se tecnicamente molto interessanti.

- Altri studi si basano su esposizioni a creep a diverse temperature e diversi carichi in modo da simulare il comportamento in esercizio del materiale.

- All’interno di questa categoria alcune prove sono state interrotte prima della rottura per studiare l’evoluzione del materiale, altri studi sono stati condotti su provini che hanno raggiunto la rottura. Anche queste prove hanno un utilizzo limitato nell’applicazione attuale.

Per questi motivi deve essere formulato da subito un modello complesso che determini la correlazione tra tempo a rottura tu, temperatura T, sforzo  e parametri delle particelle (diametro 𝐷 = 2𝑟 e distanza interparticellare l0 e frazione di volume 𝑓).

L’approccio teoricamente più immediato sarebbe la correlazione tra l’equazione di Monkman Grant

𝜀̇𝑚𝑒𝑑 = 𝐴(𝑇, 𝜎)

𝑡𝑢 (2)

l’equazione di Norton modificata da Dorn:

𝜀̇𝑚𝑒𝑑 = 𝐶 (𝜎 − 𝜎𝑖

𝐺(𝑇))𝑛 𝑒𝑥𝑝 [−𝑄

𝑅𝑇] (3)

l’equazione di Orowan

𝜎𝑖 = 𝛼 𝐺(𝑇) 𝑏 𝑙0 𝑙𝑛 [𝐷

2𝑏] (4)

l’equazione di crescita delle particelle (derivata dall’Ostwald Ripening)

𝐷 = √𝐾3 𝑑(𝑇, 𝜎) (𝑡 − 𝑡0) + 𝐷(𝑡 = 𝑡0)3 (5)

e la correlazione tra diametro particelle 𝐷 = 2𝑟 e distanza tra particelle l0 tramite la frazione di volume, valida per particelle ipotizzate tonde

𝑓𝑡𝑜𝑛𝑑𝑜 =

4 3𝜋𝑟3

(𝑙0+2𝑟)2 2 𝑟, (6)

Questo approccio richiede però la conoscenza di parecchie costanti con le loro eventuali dipendenze da temperatura T e carico , dei parametri cristallografici (b), del modulo di taglio G(T), ma soprattutto dei valori di partenza, nel momento di rilevamento e alla rottura del diametro e della distanza interparticellare (o della frazione di volume).

Soprattutto questi valori non sono determinabili neanche in prima approssimazione da repliche estrattive.

Avendo a disposizione una serie di valori da letteratura che danno indicazioni su alcuni parametri di particelle e condizioni e risultati di prove di creep, si possono ricercare approcci più empirici e intuitivi, ma “adeguabili” tramite costanti da ottimizzare ai dati sperimentali.

Sembra infatti credibile assumere che

1) a condizioni fissate di sollecitazione e temperatura, il diametro della particella N cresca solo in funzione del tempo e della dimensione iniziale 𝐷 = 𝐷(𝑡)𝜎,𝑇=𝑐𝑜𝑛𝑠𝑡

2) l’effetto della particella a pari carico e tempo è tanto più importante, quanto è grande la particella ed è elevata la temperatura, quindi è definibile un “diametro corretto per la temperatura”

𝑃𝐷 = (𝑇) (20 + 𝑙𝑜𝑔[𝐷])/100 (7)

3) il cambiamento del diametro di fatto comporta un cambiamento della velocità di deformazione a creep (quindi una “accelerazione”). L’accelerazione media è stimabile dalla velocità di deformazione minima e dal tempo corrente 𝜀̈

𝜀̈ = 𝐴𝜎𝑡𝑛, (8)

da cui deriva il parametro

𝑃𝑆 = 𝑙𝑜𝑔[𝜀̈] = 𝑛 𝑙𝑜𝑔[𝜎] − 𝐴𝑙𝑜𝑔[𝑡] (9)

4) devono essere conosciuti o determinati sperimentalmente i valori di A e di n(T) La contrapposizione quindi di PS e PD fornisce un diagramma che correla le 4 grandezze di maggior interesse.

Se dai dati sperimentali determinati su provette rotte a creep si riportano, per ogni provetta, PD(Du a rottura) e PS(t=tu) si ottiene una retta (anche se con notevole dispersione a causa delle diverse colate, tecnologie sperimentali e microstrutture iniziali diverse) che delimita il campo al di sopra del quale si incorre in rottura.

𝑃𝑆(𝑡 = 𝑡𝑢) = 𝐶𝑏− 𝐶𝑚 𝑃𝐷(𝐷 = 𝐷𝑢) (10) Se quindi per una situazione “in corso” è possibile determinare il punto PD(D), PS(t) e una legge di crescita per D(t) a condizioni T e  costanti, si possono iterativamente determinare il tempo e la dimensione della particella tali per cui il punto (PS;PD) si sposti sulla retta. Il tempo per cui questo avviene è la previsione del tempo a rottura del componente.

Esempio: per un dato componente è noto che:

 La temperatura è T=590°C,

 Il carico unitario 

 A t=1h, il diametro delle particelle era D=D0, a t=50kh era D=D1>D0 e a t=100kh era D=D2>D1.

Il punto 0 in Figura 1 indica la condizione iniziale del materiale a t=1h, lontana dalla riga di stabilità determinata per combinazioni PS, PD dalle misure su provette rotte a creep.

Il punto 1 è relativo a t=50kh e particella cresciuta a D=D1>D0: la deformazione accelera, ma l’aiuto dato dal diametro decresce, con il risultato che il punto si sposta a destra.

Idem per il punto 2 per t=100kh e D=D2>D1>D0. Nel punto R, determinato iterativamente t=tu=120kh con D=D3 estrapolato per t=tu dalla sequenza dei diametri misurati.

Il tempo totale d’esercizio è t=tu; ammettendo che si stesse determinando la vita residua nel punto 2, la vita residua tVR=tu-t2=20 kh.

Nota importante: PS non è l’accelerazione della deformazione nella curva di creep, ma l’accelerazione della velocità di deformazione minima.

Figura 1. Esempio d’uso diagramma PS-PD con dati fittizi

2.2 Valutazione della vita residua: applicazione a un caso ipotetico basato su condizioni reali

Il metodo sopra descritto è stato applicato alla valutazione di un caso ipotetico basato su condizioni reali; l’ispezione è stata svolta durante un periodo di fermata programmato, eseguendo repliche estrattive in alcune posizioni significative dei componenti più rilevanti ai fini della sicurezza.

Per il confronto è stato utilizzato l’approccio PS-PD come descritto al capitolo precedente, per il quale, oltre ai dati per il diametro medio delle particelle MX, M23C6, Laves e Zeta per ogni posizione, sono stati utilizzati i parametri di esercizio nominale

- Temperatura di esercizio;

- Sforzo;

- Durata di esercizio.

La “linea di stabilità” riportata è stata stimata in base ai dati disponibili da varie fonti che includevano provini rotti e provini a prova interrotta: l’analisi di questi dati [1] mostra in modo netto che al di sopra di tale linea i provini raggiungono rottura, mentre al di sotto si trovano invece i provini la cui prova è stata interrotta.

Questo permette di stimare mediante opportune considerazioni la vita residua delle varie posizioni degli impianti basandosi sulla microstruttura del materiale (diametro delle particelle1) e le condizioni di esercizio alla posizione di prelievo nell’impianto.

Ciascuna posizione è stata esaminata considerando singolarmente l’effetto di ciascuna particella, ottenendo i grafici in Figura 2 e Figura 3. In base alle distanze tra i punti sperimentali e le rispettive linee di stabilità si ottengono valori di vita residua diversi a seconda del tipo di particelle considerate. Il risultato più conservativo è ottenuto per le particelle MX, che indicano una vita residua di circa 170000h.

1 Si precisa che per le fasi Z i dati a disposizione sono estremamente scarsi, e quindi la linea di stabilità è

170 175 180 185 190 195 200

Figura 2. Grafico parametro accelerazione-diametro per particelle MX

Figura 3. Grafico parametro accelerazione-diametro per particelle M23C6