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CAPITOLO 3. GLI IMPATTI DEL CSR DECOUPLING SUI RISULTATI FINANZIARI AZIENDALI

3.3 Metodologia

Questo studio è stato realizzato attraverso l’analisi di un insieme di aziende provenienti da 60 Paesi differenti. Più precisamente, il 44% del campione proviene dal Nord America, il 25% dall’Asia, il 19% dall’Europa, il 7% dall’Oceania, il 3% dal Sud America, il 2% dall’Africa e l’1% dal Medio Oriente. Tutte le aziende sono quotate in uno o più mercati borsistici ed il periodo di tempo utilizzato per l’analisi va dal 2006 al 2017. I dati utili all’analisi sono stati scaricati dai provider Asset4, Bloomberg e Worldscope. Più precisamente, i dati relativi alle performance sociali provengono da Asset4, il quale determina i punteggi basandosi sull’attività svolta dalle aziende all’interno delle seguenti categorie: community, employment quality, health and safety, human rights, product responsibility, training and development. Le informazioni sono raccolte analizzando i documenti aziendali, i bilanci annuali, i CSR report, i siti web istituzionali, i siti web delle ONG e le pubblicazioni dei media. I dati relativi ai punteggi di disclosure sociale provengono da Bloomberg, il quale determina i punteggi dopo aver analizzato le informazioni self-disclosed delle aziende provenienti da report finanziari, report sostenibili, siti web

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aziendali e newsletter (si valuta la trasparenza aziendale). Ulteriori dati finanziari, utili per la composizione delle proxy relative alle performance finanziarie, derivano da Worldscope. Il risultato finale è la disponibilità complessiva iniziale di 28204 osservazioni relative a 5241 aziende diverse. L’analisi econometrica è stata realizzata attraverso il software Stata. Il dataset “pulito” dei dati mancanti si compone di 10090 osservazioniper l’analisi relativa al gap negativo e a 2267 per l’analisi relativa al gap positivo.

3.3.2 Modello econometrico e misurazione delle variabili

Con la finalità di testare le ipotesi 1 e 2, le equazioni risultanti sono rispettivamente le seguenti:

Eq.1) PFᵢₜ = α + β₁GAPNEGATIVOᵢₜ + β₂SIZEᵢₜ + β₃CAPITALINTENSITYᵢₜ + β₄R&DINTENSITYᵢₜ + β₅LEVERAGEᵢₜ + εᵢₜ

Eq.2) PFᵢₜ = α + β₁GAPPOSITIVOᵢₜ + β₂SIZEᵢₜ + β₃CAPITALINTENSITYᵢₜ + β₄R&DINTENSITYᵢₜ + β₅LEVERAGEᵢₜ + εᵢₜ.

Affinché i risultati empirici siano concordi alle ipotesi da me sviluppate, i coefficienti β₁ di entrambe le regressioni dovranno essere negativi e significativi.

Nelle due equazioni “PFᵢₜ” rappresenta le performance finanziarie aziendali nell’anno t rappresentate dal ROA, ROE, ROS e Tobin’s Q, mentre le altre variabili sono rappresentanti del decoupling, positivo e negativo, e delle variabili di controllo, anch’esse relative all’anno t. Per testare le ipotesi di cui sopra sono state realizzate delle regressioni panel a effetti fissi a seguito dei risultati dal test di Hausman, il quale ha suggerito la preferibilità di optare per tale regressione rispetto a quella ad effetti random. La regressione ad effetti fissi permette di tenere in considerazione una serie di variabili omesse che in realtà influiscono sulla variabile dipendente e che sono variabili rappresentanti alcune caratteristiche firm-specific, ovvero peculiari di una determinata azienda. Considerando gli effetti fissi si può indicare la presenza di una serie di aziende differenti, evitando di considerare ogni osservazione come un oggetto indipendente.

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Variabili dipendenti. Per testare l’impatto del decoupling sulle performance finanziarie aziendali sono stati selezionati quattro indicatori rappresentanti le variabili dipendenti del modello econometrico. Le variabili in questione sono il ROA, il ROE, il ROS (variabili contabili) e la Tobin’s Q (variabile di mercato). La scelta di queste variabili è in linea con gli studi di Hussain e colleghi (2018) e di Waddok e Graves (1997) per la rappresentazione dei risultati finanziari aziendali. Il ROA (return on assets) è un indicatore di redditività e spiega la capacità dell’azienda di generare profitti in relazione alle attività detenute. Questa variabile è stata calcolata come il rapporto tra il reddito netto ed il totale delle attività. Il ROE (return on equity) rappresenta la redditività per gli investitori in capitale proprio, ovvero mostra quanto è stato il rendimento per ogni euro investito a titolo di capitale proprio. Per calcolare il ROE è stato realizzato il rapporto tra il reddito netto ed il totale del capitale proprio. L’ultimo indicatore di natura contabile usato come proxy delle performance finanziarie è il ROS (return on sales). Quest’ultimo è un indice molto utilizzato nell’analisi finanziaria e misura il margine di reddito prodotto per ogni unità di valore fatturato. Il ROS è stato calcolato come il rapporto tra l’Ebit (earnings before interest and taxes) e le vendite nette. Per quanto riguarda la variabile market- based, la Tobin’s Q, questa è rappresentativa dell’apprezzamento/deprezzamento del mercato del valore dell’impresa rispetto al valore contabile della stessa (Lindenberg e Ross, 1981). La Tobin’s Q è stata calcolata come il rapporto tra il numero di azioni in circolazione di un’azienda moltiplicato per il loro valore di mercato alla fine dell’anno fiscale e il totale delle attività.

Variabili indipendenti. Al fine di testare le ipotesi sono state effettuate otto regressioni differenti. In particolare, in quattro regressioni è presente il CSR decoupling inteso come Silent Green, mentre nelle altre quattro è inteso come Greenwashing. In tutte le regressioni, il CSR gap è chiaramente la variabile indipendente, in grado di testare il suo impatto rispettivamente su tutte le variabili utilizzate come proxy delle performance finanziarie. Per la creazione della variabile di decoupling è stata effettuata la sottrazione tra i valori di social disclosure e quelli di social performance per ciascun anno di riferimento, seguendo una metodologia simile a quella utilizzata da García-Sanchez e colleghi (2020). Entrambi gli score, quello di disclosure e quello di performance, vanno da 0 a 100. Maggiore è il valore, maggiore è la bontà di questa misura. Quindi, il decoupling potrebbe teoricamente avere un valore compreso tra -100 e +100. Maggiore è il valore del decoupling, inteso in questo caso in valore assoluto, e maggiore

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è il disallineamento, in entrambe le direzioni considerate, tra l’attività di disclosure e quella di performance. Per ottenere le variabili rappresentanti le due tipologie di gap sono stati filtrati i valori della variabile di decoupling in base al segno. I valori di gap positivo (disclosure > performance) formano la variabile di decoupling intesa come Greenwashing, mentre i valori di gap negativo (disclosure < performance) formano la variabile di decoupling realizzato dalle Silent Green firms. Per quanto riguarda il gap negativo, al fine di rendere la lettura dei risultati econometrici più immediata, è stato preso in considerazione il valore assoluto di tale misura. Variabili di controllo. In linea con gli studi Hussain e colleghi (2018) e Waddok e Graves (1997) e Walker e Wan (2012), è stato scelto un set di variabili di controllo ampiamente utilizzato in letteratura e capace di incidere sia sulle performance finanziarie, sia sulle misure di Corporate Social Responsibility. Le variabili in questione sono la grandezza dell’azienda (size), calcolata come il logaritmo del totale delle attività; la capital intensity, misurata come il rapporto tra le spese in conto capitale (capital expenditure) ed il totale delle attività; la R&D intensity, misurata come il rapporto tra le spese destinate alla ricerca e sviluppo (research and development expenditure) ed il totale delle vendite; il leverage, misurato come il rapporto tra il totale dei debiti ed il totale delle attività.

Inoltre, tutte le variabili, tranne quelle rappresentative del decoupling, sono state oggetto di winsorization al 1˚ e al 99˚ percentile in modo da eliminare i valori anomali dalle analisi.