5. INDICATORI DI RISCHIO
5.2 Metodologia Indicatori di rischio
La metodologia adottata per la produzione degli indicatori di rischio utilizza dati ufficiali, disponibili sull'intero territorio nazionale, e risponde a criteri di trasparenza e replicabilità.
La stima della popolazione a rischio frane è stata effettuata intersecando, in ambiente GIS, le aree a pericolosità da frana (PAI) con le sezioni di censimento ISTAT 2011. L'unità territoriale utilizzata per le elaborazioni è rappresentata dalle 402.678 sezioni censuarie. Non essendo nota l'esatta ubicazione della popolazione all’interno delle sezioni, gli abitanti sono stati uniformemente distribuiti all’interno di ciascuna sezione. Il numero di persone esposte è stato quindi calcolato con il metodo di proporzionalità, moltiplicando la percentuale di area a pericolosità da frana all’interno di ciascuna sezione di censimento per la popolazione residente nella suddetta sezione. Il dato è stato quindi aggregato su base comunale, provinciale, regionale e nazionale (Par. 5.3.1).
Per popolazione a rischio si intende la popolazione residente in aree a pericolosità da frana esposta al rischio di danni alla persona (morti, dispersi, feriti, evacuati).
La vulnerabilità15
Analogamente è stata stimata la popolazione a rischio alluvioni residente nelle aree a pericolosità idraulica (Par.
, che rappresenta il grado di perdita dell’elemento a rischio che può essere danneggiato nel corso di un evento, è stata posta cautelativamente pari a 1, in quanto una sua valutazione richiederebbe la conoscenza della magnitudo dei fenomeni franosi (velocità e volume) come pure la conoscenza del comportamento/resilienza delle categorie di popolazione (es. anziani, bambini, persone non autosufficienti). La vulnerabilità può inoltre variare anche in base al periodo dell'anno (estivo/invernale), al giorno della settimana (feriale/festivo) e all'ora (diurne/notturne) in cui si verifica l'evento.
5.4.1). Anche in questo caso la vulnerabilità è stata posta uguale a 1, non essendo disponibile, per l'intero territorio nazionale, l'informazione sui livelli idrici e sulla velocità della corrente.
La suddetta metodologia ha consentito di ottenere una buona stima della popolazione a rischio per le sezioni di censimento con tessuto urbano continuo (Centro abitato16; codice sezione TIPOLOC = 1), discreta per il tessuto urbano discontinuo (Nucleo abitato17; codice sezione TIPOLOC = 2), mentre ha determinato una minore accuratezza della stima nelle sezioni di censimento con case sparse18
Al fine di ottenere una stima più accurata della popolazione a rischio frane e alluvioni, nel 2013 è stato testato un modello più complesso di spazializzazione della popolazione residente all'interno di ciascuna sezione di censimento. Il modello era basato sull'utilizzo dello strato 20×20 m del grado di impermeabilizzazione del suolo (HRL Imperviousness Layer 2009) realizzato nell'ambito del programma Copernicus. Confrontando i risultati ottenuti con tale modello e con il metodo di proporzionalità, è emerso che i valori di popolazione a rischio alluvioni in Italia erano pressoché analoghi con una differenza dello 0,32% (Trigila et alii, 2015). Relativamente alla popolazione a rischio frane, il livello di base 2009 non identificava correttamente le case sparse, che sono particolarmente diffuse in ambito montano-collinare (
(codice sezione TIPOLOC = 4). Questa problematica riguarda soprattutto la stima della popolazione a rischio frane, in quanto le aree a pericolosità da frana interessano per la maggior parte zone a bassa densità di popolazione in territorio montano-collinare e hanno mediamente superfici di un ordine di grandezza inferiore rispetto alle dimensioni delle sezioni di censimento Case sparse.
Figura 5.2).
15 La vulnerabilità si esprime con un numero compreso tra 0 (nessun danno) e 1 (perdita totale).
16 Il Centro abitato è caratterizzato dalla presenza di case contigue o vicine con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità, caratterizzato dall'esistenza di servizi o esercizi pubblici costituenti la condizione di una forma autonoma di vita sociale (Glossario ISTAT).
17 Il Nucleo abitato è caratterizzata dalla presenza di case contigue o vicine con almeno cinque famiglie e con interposte strade, sentieri, spiazzi, aie, piccoli orti, piccoli incolti e simili, purché l'intervallo tra casa e casa non superi i 30 metri e sia in ogni modo inferiore a quello intercorrente tra il nucleo stesso e la più vicina delle case sparse e purché sia priva del luogo di raccolta che caratterizza il centro abitato (Glossario ISTAT).
18 Le Case sparse sono case disseminate nel territorio comunale a distanza tale tra loro da non poter costituire nemmeno un nucleo abitato (Glossario ISTAT).
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Nel 2015 è stato realizzato da ISPRA e ISTAT un nuovo modello di spazializzazione basato sul livello aggiornato e di migliore qualità HRL Imperviousness Layer 2012 che è stato oggetto anche di una mascheratura per depurarlo da tutto ciò che non è residenziale (es. strade, ferrovie, aree industriali, cave, ecc.) (Chiocchini et alii, 2015). Nonostante la migliore qualità del livello di base, è proprio la dimensione 20×20 m della cella che non è sufficiente per l'identificazione delle case sparse, come è emerso in un test effettuato sulla Collina di Torino utilizzando la metodologia indicata nelle Linee Guida EEA (2012) (Figura 5.3). La risoluzione ottimale dovrebbe essere infatti ¼ della dimensione dell'edificio più piccolo da rilevare (U.S. Census Bureau, 2012). Il layer 5×5 m ad altissima risoluzione sul consumo di suolo ISPRA 2015 individua invece in modo ottimale l'edificato anche nelle zone a bassissima densità di edificazione (Figura 5.4). Per l'utilizzo dello stesso, ai fini della spazializzazione della popolazione residente, occorrerebbe tuttavia effettuare una mascheratura per estrarre il tessuto residenziale.Il numero delle unità locali e degli addetti delle imprese a rischio in aree a pericolosità da frana e idraulica all’interno di ciascuna sezione di censimento è stato stimato con la stessa metodologia adottata per la popolazione a rischio, considerando le unità locali di imprese uniformemente distribuite all’interno di ciascuna sezione di censimento (Par. 5.3.2 e 5.4.2).
La stima dei Beni Culturali a rischio è stata effettuata intersecando, in ambiente GIS, le aree a pericolosità con i punti dei Beni Culturali VIR – ISCR bufferizzati a 30 m, per tener conto delle dimensioni fisiche dei Beni. La vulnerabilità è stata posta cautelativamente pari a 1, in quanto una sua valutazione richiederebbe, oltre alla conoscenza della magnitudo dei fenomeni, una schedatura specifica della vulnerabilità da frana e idraulica del singolo bene esposto. Nel contesto dei beni culturali, per i concetti sopra esposti, la sola presenza del bene in aree a pericolosità fa sì che il rischio sia massimo (Par. 5.3.3 e 5.4.3).
L’indicatore superfici artificiali a rischio è stato elaborato convertendo i livelli vettoriali della pericolosità da frana e della pericolosità idraulica in formato raster con pixel di 5 m in modo da poterli sovrapporre in ambiente GIS allo strato raster ad altissima risoluzione del consumo di suolo ISPRA 2015 (Par.5.3.4 e 5.4.4). Quest'ultimo può essere considerato rappresentativo, pur con una certa sottostima, del territorio urbanizzato che comprende anche le aree intercluse non edificate.
I dati sugli indicatori di rischio, restituiti su 4 livelli territoriali (nazionale, regionale, provinciale e comunale), possono risentire delle disomogeneità dei dati di input.
Figura 5.2 - HRL Imperviousness Layer 2009 (20×20 m) e Ortofoto IT2006, Collina di Torino
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Figura 5.4 - Carta nazionale del consumo di suolo ad altissima risoluzione ISPRA (5×5 m) e Ortofoto AGEA