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milioni di euro, a valere sui Fondi del Programma Operativo Nazionale

Articolo 17, comma 2-bis

di 2 milioni di euro, a valere sui Fondi del Programma Operativo Nazionale

Governance e capacità istituzionale 2014-2020.

Il comma 4 dispone l’istituzione di una struttura di cooperazione interorganica composta da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle regioni e province autonome designato dalla Conferenza delle regioni e province autonome e di tutte le altre amministrazioni centrali e locali interessate, finalizzata a garantire il monitoraggio periodico delle informazioni che confluiscono nella piattaforma telematica.

La struttura è istituita senza nuovi o maggiori oneri sul bilancio dello Stato. La struttura in questione, ai sensi del comma 5, definisce proposte per l'ottimizzazione della piattaforma digitale, predispone le regole tecniche per l'accesso e le modalità per la condivisione dei dati nel rispetto delle disposizioni contenute nel Codice dell'amministrazione digitale (D. Lgs. n. 8272005) e nel rispetto delle regole di sicurezza e trattamento dei dati di cui al Reg. UE n. 679/2016, e del D.Lgs. n.101/2018.

Si fa riferimento al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE; nonché al D.Lgs. n.101/2018, recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) 2016/679. Ai sensi del comma 6, il decreto del Ministro dello sviluppo economico, attuativo della misura in esame deve essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.

Articolo 18-quater

(Disposizioni in materia di Fondi per l’internazionalizzazione)

L’articolo 18-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, estende l'ambito di operatività del Fondo rotativo per operazioni di venture

capital di cui all'articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2006, n.296, a

tutti i Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, e ne ridefinisce altresì gli interventi : questi possono consistere, oltre che

nell'acquisizione di quote di partecipazione al capitale di società estere, anche nella sottoscrizione di strumenti finanziari o partecipativi, incluso il finanziamento soci (commi 1 e 2). Le modalità e le condizioni di intervento del Fondo sono rimesse ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 3).

L’articolo inoltre modifica le modalità di intervento da parte di SIMEST nel

capitale sociale di imprese costituite o da costituire nei Paesi dell'area balcanica. Nel dettaglio, viene elevata dal 40 al 49 percento la percentuale massima del capitale o fondo sociale delle società o imprese che può essere acquisita attraverso l’intervento del Fondo. Viene soppresso il limite di un

miliardo di lire (516.456 euro) previsto per ciascun intervento (comma 4). Infine, l’articolo contiene una norma esplicitamente finalizzata a contrastare il fenomeno della delocalizzazione, disponendo che le imprese che investono all’estero decadono dai benefici e dalle agevolazioni concesse con obbligo di

rimborso anticipato dell'investimento, nei casi in cui:

violino l’obbligo di mantenere sul territorio nazionale le attività di ricerca,

sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle

attività produttive, di cui all'articolo 1, comma 12, del D.L. n. 35/2005.

 e comunque, nel caso in cui le operazioni di venture capital a valere sul Fondo unico, siano causa diretta di una riduzione dei livelli occupazionali sul territorio nazionale.

Con decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, nei casi di decadenza di cui sopra, sono stabilite le modalità e i termini del rimborso anticipato dell'investimento e le sanzioni applicabili.

Si valuti la compatibilità della disposizione del comma 5, che rinvia a un DM la determinazione sia della natura della sanzione che della sua entità, con il principio di riserva di legge, che si applica anche alle sanzioni amministrative. Nel dettaglio, il comma 1 estende l'ambito di operatività del Fondo rotativo

per operazioni di venture capital di cui all'articolo 1, comma 932, della legge 27

dicembre 2006, n.296, a tutti i Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo.

Per supportare gli investimenti in aree geografiche ritenute strategiche per l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, quali Cina, Balcani, Africa e Medio Oriente, Russia e Paesi Caucasici, India e paesi del Sud Est asiatico colpiti dallo tsunami, America Centrale e Meridionale, nel 2004 sono stati costituiti dei Fondi pubblici

Articolo 18-quater

destinati ad operazioni di acquisizione di quote di capitale di rischio, cd. Fondi di Venture Capital , distinti per area geografica.

La Legge finanziaria 26 dicembre 2006 n. 296, all’art. 1, comma 932, ha unificato in un unico Fondo rotativo per operazioni di Venture Capital tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST Spa destinati ad operazioni di acquisizione di quote di capitale di rischio (venture capital) in Paesi non aderenti all'Unione europea nonché il Fondo rotativo, sempre gestito da SIMEST, per operazioni di venture capital in imprese costituite o da costituire nei Paesi dell'area balcanica di cui all'articolo 5, comma 2, lettera c), della L. n. 84/2001.

Come ricorda la Corte dei Conti (cfr. Giudizio sul rendiconto generale dello stato relativo all’anno 2018, di giugno 2018, Vol. I, pp. 532 e ss. ), il Fondo unico di Venture Capital, ha cominciato ad operare nel 2007, al fine di garantire, in presenza di un progressivo esaurimento delle risorse finanziarie destinate a particolari aree geografiche, il sostegno alle attività di piccole e medie dimensioni e, nel contempo, di razionalizzare l’operatività dei diversi Fondi anche alla luce dell’intervento dei Fondi medesimi verso nuovi Paesi ed aree geografiche. Il Fondo opera fuori bilancio e si avvale del conto di tesoreria n. 22046. Alla fine dell’esercizio 2017 il portafoglio delle partecipazioni detenute da SIMEST a valere sul Fondo unico di Venture Capital ammontava a 132 milioni (135 milioni nel 2016) in 181 società all’estero (182 nel 2016).

Sulla base delle informazioni pubblicate da SIMEST sul sito istituzionale, le Aree geografiche di interesse strategico nelle quali opera il Fondo sono le seguenti:

 Repubblica Popolare Cinese e Paesi del sud est asiatico: India, Indonesia, Malaysia, Maldive, Sri Lanka e Thailandia

 Federazione Russa, Ucraina, Moldavia, Armenia, Azerbaijan e Georgia  Africa, tutti i Paesi compresi quelli insulari

 Israele, Libano, Giordania, Siria, Autorità Palestinese, Turchia, Iraq. Paesi confinanti con l'Iraq (purché con attività prevalente rivolta all'Iraq)

 Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro

 Paesi dell'America Centrale ed America Meridionale ad esclusione dei territori e possedimenti d'oltremare dei paesi della Unione Europea (PTOM) e di dipartimenti francesi d'oltremare (DOM).

Il comma 2 ridefinisce altresì gli interventi del Fondo rotativo per operazioni

di venture capital, disponendo che essi possano consistere, oltre che

nell'acquisizione di quote di partecipazione al capitale di società estere, anche nella sottoscrizione di strumenti finanziari o partecipativi, incluso il finanziamento soci (comma 2).

Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità e delle condizioni di intervento del Fondo.

L’articolo inoltre, al comma 4, modifica le modalità di intervento da parte di

SIMEST nel capitale sociale di imprese costituite o da costituire nei Paesi dell'area balcanica.

Come sopra accennato, anche tali interventi sono finanziati a valere sul Fondo di Venture Capital di cui all'articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2006, n.296.

Nel dettaglio, viene elevata dal 40 al 49 percento la percentuale massima del

capitale o fondo sociale delle società o imprese che può essere acquisita

attraverso l’intervento del Fondo.

Viene soppresso il limite di un miliardo di lire (516.456 euro) previsto per

ciascun intervento.

A tal fine, il comma 4 opera una novella all'articolo 5, comma 2, lettera c), della L. n. 84/2001.

L’articolo 5, comma 2, lett. c) della legge n. 84/2001 ha destinato quota parte delle risorse del Fondo per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo dei Balcani all’istituzione presso SIMEST Spa di un Fondo - autonomo e distinto dal patrimonio della società stessa - con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipate. Ha altresì disposto che ciascun intervento non possa superare il miliardo di lire (516.456 euro) e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.

Il Fondo istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c) è poi confluito, ai sensi dell’articolo 1, comma 932 della legge n. 296/2006 nel Fondo unico rotativo per operazioni di venture capital.

Il comma 5 reca una norma esplicitamente finalizzata a contrastare il fenomeno della delocalizzazione.

Tale comma dispone che le imprese che investono all’estero decadono dai

benefici e dalle agevolazioni concesse con obbligo di rimborso anticipato

dell'investimento, nei casi in cui:

violino l’obbligo di mantenere sul territorio nazionale le attività di ricerca,

sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività

produttive, di cui all'articolo 1, comma 12, del D.L. n. 35/2005.

Tale norma dispone che i benefici e le agevolazioni previsti ai sensi della legge n. 100/1990 sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero, del D.Lgs. n. 143/1998 sul sostegno al commercio con l’estero, e della legge n. 273/2002 per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all'estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive.

 e comunque, nel caso in cui le operazioni di venture capital a valere sul Fondo unico, siano causa diretta di una riduzione dei livelli occupazionali sul territorio nazionale.

Con decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, nei casi di decadenza di cui sopra, sono stabilite le modalità e i termini dei rimborso anticipato dell'investimento e le sanzioni applicabili.

Articolo 18-quater

Si valuti la compatibilità di questa disposizione, che rinvia a un DM la determinazione sia della natura della sanzione che della sua entità, con il principio di riserva di legge, che si applica anche alle sanzioni amministrative. Si ricorda, infatti, che in base all’art. 1 della legge n. 689 del 1981 «Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione». La giurisprudenza ha ribadito che «In tema di illecito amministrativo, se è compatibile con il principio di legalità la previsione di norme secondarie integrative del precetto contenuto nella norma primaria, è, invece, in ogni caso inibito alle norme primarie di demandare a fonti secondarie la determinazione della sanzione» (cfr. Cass. civ. Sez. II, 01/06/2010, n. 13344).

Articolo 19

(Rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa)

L’articolo 19 dispone un rifinanziamento di 100 milioni di euro per l’anno 2019 (a carico delle risorse previste dall’art. 50) del Fondo di garanzia per la prima casa. Viene altresì ridotta, dal 10 all’8 per cento, la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio.

Il comma 48 della legge di stabilità 2014 (L. 147/2013), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese, ha previsto (alla lettera c)) la sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa, con un nuovo Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari. A tale nuovo fondo, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del D.L. 112/2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia.

In attuazione della citata lettera c) è stato emanato il decreto interministeriale 31 luglio 2014 (pubblicato nella G.U. n. 226 del 29 settembre 2014), con cui è stata definita dettagliatamente la disciplina del nuovo Fondo di garanzia "prima casa".

In base a quanto precisato nell’art. 1 di tale decreto, il “nuovo” Fondo è finalizzato alla concessione di garanzie, a prima richiesta, nella misura massima del 50% della quota capitale, tempo per tempo in essere, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui connessi all'acquisto ed a interventi di ristrutturazione e accrescimento di efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico.

Il successivo art. 3 dispone che sono ammissibili alla garanzia del Fondo i mutui ipotecari di ammontare non superiore a 250.000 euro e che le unità immobiliari relative non devono avere le caratteristiche di lusso.

La relazione illustrativa giustifica il rifinanziamento previsto dalla norma in esame in ragione del fatto che “a fronte di un garantito in essere di 4,5 miliardi di euro, le risorse del Fondo, in assenza di rifinanziamento, si esauriranno entro i prossimi due mesi”. Con riferimento alla riduzione della percentuale minima (che passa dal 10 all’8 per cento) relativa all’accantonamento “di rischio”, si ricorda che l’art. 5 del succitato decreto interministeriale 31 luglio 2014 dispone che “per ogni operazione di finanziamento ammessa all'intervento della garanzia il Gestore accantona a coefficiente di rischio, un importo non inferiore al 10 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso”.

In proposito la relazione illustrativa sottolinea che la percentuale del 10% attualmente prevista è “troppo elevata per mutui coperti da garanzia ipotecaria, tenuto anche conto

Articolo 19

della scarsissima attivazione della garanzia del Fondo”. La stessa relazione sottolinea che tale riduzione consente di liberare risorse.

Articolo 19-bis

(Norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo

dei contratti di locazione a canone agevolato)

L’articolo 19-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, reca una norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 5, quarto periodo, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di proroga dei contratti di locazione a canone agevolato: in mancanza della comunicazione per rinuncia del rinnovo del contratto, da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza, il contratto è

rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio.

L’articolo riproduce il contenuto dell’articolo 8 della proposta di legge in materia di semplificazioni fiscali, già approvata alla Camera e ora all’esame del Senato (AS 1294).

L’art. 2 della legge n. 431/1998 ha previsto (al comma 3) che, in alternativa al “classico” contratto “4+4” a canone libero (previsto dal comma 1 del medesimo articolo), le parti possono stipulare contratti di locazione a canone c.d. concordato, definendo il valore del canone, la durata del contratto ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. La durata di tali contratti (in base a quanto previsto dal primo periodo del successivo comma 5) non può di regola essere inferiore ai tre anni. Alla prima scadenza del contratto (in base al secondo periodo del comma 5), ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore per le ragioni contemplate dalla norma in questione. Per tale motivo i contratti a canone concordato sono anche individuati nel gergo comune con l’espressione “3+2”.

Il terzo periodo del comma 5 prevede che alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza.

In mancanza di tale comunicazione, il quarto periodo del comma 5 in questione dispone che il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.

La norma in esame interviene proprio su tale ultima disposizione, stabilendo che la stessa si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, con la quale le parti manifestano la propria intenzione di rinnovare o rinunciare al rinnovo del contratto, il contratto stesso è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio.

Si fa notare che sul punto non esiste una giurisprudenza costante. Secondo la sentenza del 28 giugno 2008, n. 4655, del Tribunale di Torino, il rinnovo avviene automaticamente per un triennio. Per il Tribunale di Bologna (sentenza 7 settembre 2009, n. 3151), invece, il rinnovo è da intendersi per un quinquennio. In una recente pronuncia della Cassazione la norma oggetto di interpretazione autentica da parte dell'articolo in esame è stata definita come “tutt’altro che un modello di chiarezza” (sentenza n. 16279 del 2016).

Articolo 19-bis

In mancanza di un indirizzo preciso, non si registra un’applicazione uniforme sul territorio nazionale. In proposito si richiamano i risultati di un’indagine svolta dall’UPPI (Unione Piccoli Proprietari Immobiliari) nel 2017 secondo cui “è emerso che le Agenzie delle Entrate locali interpretano in maniera diversa la durata della proroga del contratto di locazione della durata di anni 3+2, con specifico riferimento alla proroga dopo il primo quinquennio. Infatti, per alcune Agenzie locali il contratto si proroga di 2 anni, per altre di 3 anni, per altre ancora di ulteriori 3+2; in altre ancora, la durata della proroga è indifferente”.

Su tale questione è intervenuta, inoltre, anche la consulenza giuridica n. 954-92/2016 dell’Agenzia delle Entrate, datata 27 giugno 2017, che ha precisato e chiarito che l’Agenzia delle Entrate può fornire indicazioni solo in relazione all’interpretazione di una norma tributaria, ma non è competente ad effettuare una “valutazione di natura civilistica sulle modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione”.

Articolo 19-ter

(Disposizioni relative al Fondo per il credito

alle aziende vittime di mancati pagamenti)

L’articolo 19-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, dispone l’ampliamento della platea delle imprese beneficiarie dei finanziamenti

agevolati erogati a valere sul Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, novellando in più punti l’art. 1, commi 199-202, della legge

di stabilità 2016 (L. n. 208/2015).

In particolare, la norma prevede l’inserimento, tra i soggetti beneficiari dei

finanziamenti agevolati, oltre alle PMI, anche dei professionisti vittime di

mancati pagamenti. Si prevede, inoltre, che i debitori delle PMI richiedenti possano essere anche soggetti diversi dalle aziende – se operanti nell’ambito delle attività di impresa – purché operanti in procedimenti penali per i reati in questione. Si prevede, poi, l’ampliamento del novero delle fattispecie di reato che assumono rilievo ai fini dell’accesso al Fondo da parte delle PMI: ai reati di estorsione, truffa, insolvenza fraudolenta e false comunicazioni sociali, già previsti dalla legge di stabilità 2016, la norma in commento aggiunge i reati di bancarotta

fraudolenta, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito, disciplinati dalla

legge fallimentare. La norma, inoltre, prevede che PMI e professionisti vittime di mancati pagamenti, anche se non risultanti direttamente parte offesa nel procedimento penale, possano accedere ai finanziamenti agevolati se risultano iscritti al passivo di una procedura fallimentare o concorsuale per le quali il curatore fallimentare si sia costituito parte attiva per i reati sopracitati. Vengono poi inclusi tra i soggetti beneficiari dell'agevolazione anche le PMI e i professionisti che, a procedimento penale concluso, risultino titolari di sentenza favorevole di condanna a carico dei debitori e non siano comunque stati dagli stessi pagati. Si prevede, quindi, l'inclusione tra i soggetti beneficiari anche delle PMI in stato di concordato preventivo in continuità di attività. La norma prevede, infine, la possibilità per il MISE di adottare il provvedimento di concessione e di erogazione del contributo anche in pendenza della verifica da parte del Ministero

dello sviluppo economico della correttezza e della conformità delle

dichiarazioni rese dai soggetti che hanno formulato la richiesta di accesso al Fondo. In tal caso, il finanziamento è erogato, a titolo di acconto, per un importo pari al 50 per cento di quanto dovuto.

Più in dettaglio, la norma amplia l’ambito di applicazione della misura, novellando i commi da 199 a 202 dell’art. 1 della L. n. 208/2015.

Si ricorda che l’art. 1, commi 199-202, della legge n. 208/2015 ha istituito il “Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti”, che sostiene, per il triennio 2016-2018, attraverso la concessione di finanziamenti agevolati, le piccole e medie imprese in una situazione di potenziale crisi di liquidità a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici, i cui titolari siano imputati in procedimenti penali per reati di truffa, estorsione, insolvenza fraudolenta o false comunicazioni sociali.

Articolo 19-ter