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Al vedere tutta quella miriade di cime che mi circondavano, quasi fitte più che alte, mi sentivo piccolo, e quasi sdegnoso della pure onorevole conquista fatta.

(Diario, 10 maggio 1926)

«Coloro che avrebbero preferito un Diario di Adriano alle Memorie di Adriano dimenticano che un uomo d’azione raramente tiene un diario»1: Marguerite Yourcenar

giustificava così, in una nota del suo taccuino, la scelta del titolo del suo celebre capolavoro. Prestando fede a questo ammonimento, si può dire che la breve vita di Sergio Paronetto è stata un caso raro nel quale un ingegno attivo non ha rinunciato ad una costante dialogo con la propria coscienza, sedimentandola in un diario e trovandovi alimento e verifica. Caso raro, dinanzi al quale lo stesso Giovanni Battista Montini, che di Paronetto fu maestro, si domandava:

Si può essere solitari e meditativi nel mondo tumultuoso delle università e della vita economica, intellettuale e politica d’una città come Roma? fra cento amici e cento impegni? e con l’ansia nel cuore d’un focoso lavoro professionale e d’un più vasto disegno di riforma nazionale e sociale? Sì, si può essere, egli ci risponde, e ci dimostra come2.

Ascetica dell’uomo d’azione: l’apparente ossimoro con il quale Paronetto definì la sua indole indica perciò, da subito, una pista che aiuta a ripercorrerne, sin nelle sue premesse, la vicenda biografica e l’itinerario intellettuale.

Il connubio tra il richiamo all’ascesi e all’elevazione spirituale, da un lato, e la sollecitudine per l’azione, dall’altro, affonda infatti le radici nelle personalità dei genitori.

11 M YOURCENAR, Memorie di Adriano seguite da Taccuini di appunti, Einaudi, Torino 2002, p. 295. 2 G. B. MONTINI, Prefazione a S. PARONETTO, Ascetica dell’uomo d’azione, Studium, Roma 1948, p. 2.

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È fuor di dubbio che – come egli stesso riconobbe più volte nei suoi scritti e nelle lettere – il sopraggiungere della malattia sin negli anni della giovinezza e l’impossibilità fisica di svolgere una vita attiva avrebbero corroborato questa sintesi, in un difficile e controverso equilibrio tra la mortificazione rinunciataria e l’impulso all’agire. In una pagina del diario egli scrisse:

Certo sento l’amarezza di non costruire di più, di aver rinunciato – volente o nolente, non so ancora del tutto – a qualcosa che impegnasse più a fondo la mia responsabilità, la mia preparazione, la mia personalità. Ma da questa rinuncia sento che è nato dentro di me qualcosa di più profondo e di più vero: l’esperienza della mortificazione, della spinta travolgente dell’azione. Vorrei dire che ho fatto il primo passo, il più importante, per la via feconda di una nuova ascetica dell’uomo d’azione3.

Sulla «via feconda di una nuova ascetica dell’uomo d’azione» percorsa da Sergio Paronetto sembrano però già convergere, da lontano, i sentieri di riflessione e di impegno del padre, Antonio Paronetto, e della madre, Rosa Dassogno. Porre ad introduzione di un racconto biografico l’indagine sull’educazione ricevuta ed il clima familiare nel quale si è cresciuti può talvolta indulgere alla tentazione di trovare alibi ad un’analisi meramente retrospettiva, forzata. Tuttavia, i segni dell’influenza paterna e materna sulla futura personalità di Paronetto appaiono inequivocabili, tanto netti sono i contorni delle loro attitudini, dei loro mestieri, del loro credo, come pure il loro riverberarsi sul carattere e sulle scelte del figlio. L’epistolario tra i due all’epoca del fidanzamento e nei primi mesi di matrimonio consegna in merito vivaci suggestioni4.

3 AI, FSP, sc. 6, fald. 58, appunto ms. Ascetica dell’uomo d’azione, 15 novembre 1941, pubblicato in S. PARONETTO, Ascetica dell’uomo d’azione, cit., pp. 73-75. D’ora in avanti sarà genericamente indicata come

«Diario» la serie di pensieri e di appunti che Paronetto fissò in due taccuini dal 17 luglio 1937 al 20 luglio 1943, conservati in AI, FSP, sc. 6, faldd. 58-59. Nel citare queste pagine private sarà dato conto dei titoli, laddove l’autore ve li antepose, della data e dell’eventuale riproduzione fattane nel volume Ascetica

dell’uomo d’azione, Studium, Roma 1948, d’ora in avanti indicato come «Ascetica».

4 L’epistolario si conserva in AI, FSP, sc. 6, fald. 2, cartt. 1-53 e raccoglie 59 lettere ms. scambiate da Antonio Paronetto e Rosetta Dassogno nel periodo del fidanzamento, dall’agosto al dicembre del 1909. Un altro nucleo di lettere di Rosa Dassogno che sarà citato in questo capitolo si conserva in AI, FSP, sc. 5, fald. 1; la busta reca un appunto ms. di Maria Luisa Paronetto Valier: «Lettere famigliari. Vera [Paronetto] aveva raccolto quelle più significative, la maggior parte oggi non più disponibili, perché, dietro mia

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1. Nel segno di Tolstoj e di Toniolo: l’ambiente familiare

Antonio Paronetto era nato a Treviso il 16 settembre 1873 da una famiglia di nobili ascendenze veneziane. Figlio di un commerciante di stoffe, si era laureato brillantemente in fisica all’Università di Padova nel 1897 ed aveva quindi insegnato per qualche anno matematica e fisica nei collegi della sua città natale. Il grave dissesto economico della famiglia seguito alla morte del padre, nel 1901, l’aveva costretto alla ricerca di un lavoro più stabile e remunerativo: circostanza che si presenterà in maniera del tutto analoga, trent’anni dopo, anche nella vita di Sergio. Nell’agosto del 1902 aveva così ottenuto un impiego statale come allievo verificatore dell’Amministrazione metrica, incarico che l’avrebbe portato a girovagare nelle principali città dell’Italia settentrionale e a conseguire, vent’anni più tardi, la qualifica di Ufficiale metrico5. In quegli anni la

metrologia legale stava compiendo grandi passi in avanti, a seguito della Convenzione internazionale del Metro che aveva fondato a Parigi, nel 1875, il Bureau International des

Poids et Mesures, l’organismo scientifico e permanente che conservava i campioni

internazionali ed assicurava l'uniformità ed il perfezionamento delle misure fisiche nel mondo. La metrologia legale italiana era dunque impegnata, proprio all’alba del Novecento, a migliorare, confermare e diffondere i metodi ed i risultati acquisiti a livello internazionale nella determinazione delle misure di lunghezza, di massa, di temperatura e di dilatabilità, in base ad un’opportuna scelta delle grandezze fondamentali, delle corrispondenti unità di misura e dei relativi campioni6.

sollecitazione, aveva deciso di fare uno studio? un “articolo”? sulle vicende di un personaggio forte e significativo, quale era stato sua madre».

5 La carriera di Antonio Paronetto nell’Amministrazione metrica si può ricostruire consultando il fascicolo personale conservato in ACS, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, Direzione generale,

Affari generali e del personale, serie Fascicoli del personale, fasc. Paronetto Antonio, attualmente in fase di

riordino. Esso raccoglie i certificati e le delibere prodotte dal Ministero dell’Industria ed altri documenti della Ragioneria di Stato per gli adeguamenti di stipendio e la riliquidazione della pensione di riversibilità alla vedova. È di particolare interesse la copia del certificato dell’8 agosto 1930 sulla sua posizione, che ne riepiloga il curriculum. Devo la possibilità di consultazione del fascicolo alla cortesia della dott.ssa Margherita Antonio Maria Martelli, direttrice della sala studio dell’Archivio Centrale dello Stato.

6 Per inquadrare la materia è degno di nota il recente volume di E. LUGLI, Unità di misura: breve storia del

metro in Italia, Il Mulino, Bologna 2014, specialmente il cap. IX. Essenziali riferimenti storici sono anche in

C. EGIDI, Introduzione alla metrologia, Garzanti, Milano 1982, pp. 11-25, mentre ai prodromi della

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Sebbene vincolato a questo mestiere che richiedeva grande precisione ed una puntuale capacità di giudizio, qualità che pure non tarderanno a suscitare la propensione per la matematica e le scienze esatte del figlio Sergio, Antonio Paronetto era un lettore vorace dei saggi e dei romanzi dell’epoca e partecipe della magmatica temperie culturale di inizio Novecento. Nessuno come Lev Tolstoj, conosciuto e stimato in tutto l’ambiente modernista, «mente somma, squilibrata, ma coraggiosissima» per il Fogazzaro7, riusciva a suscitare in lui altrettanta stima e fascinazione. Molti ambienti del

rinnovamento spirituale del cristianesimo parteciparono al fenomeno di grande estimazione che accompagnò l’ultima produzione di Tolstoj e la sua dottrina diventò «il simbolo della lotta contro il “dogmatismo” in materia di fede per coloro che rivendicavano il libero esame in nome del primato del sentimento. Fu dunque molto popolare nel periodo in cui sembrò risorgere la “religiosità interna” e si aprì un interessante dibattito intorno alla possibilità di una credenza aperta, mobile, libera: una credenza che, soprattutto, doveva accordarsi con l’esperienza e con la ragione»8. Questa

aspirazione fu fatta propria da Antonio Paronetto. Egli aderì senza riserve all’interpretazione tolstojana di un cristianesimo spoglio della dottrina e dei dogmi,

d’Italia, vol. V, I documenti, I, Giulio Einaudi Editore, Torino 1973, pp. 583-612. Per approfondimenti sulla

ricerca storica applicata alla metrologia cfr. anche i contributi raccolti in B. GARNIER,J.CL.HOCQUET,D.

WORONOFF (sous la direction), Introduction a la metrologie historique, Économica, Paris 1989, pp. 25-97.

7 U. OJETTI, Alla scoperta dei letterati, a cura di P. Pancrazi, Firenze 1946, pp. 99-100.

8 A. SALOMONI, Il pensiero religioso e politico di Tolstoj in Italia, 1966-1910, Olschki, Firenze 1996, p. 91. Il volume indaga le ragioni della penetrazione del pensiero di Tolstoj nella cultura italiana dell’epoca. Il cap. III, in particolare, analizza il significato della sua proposta religiosa, il dibattito suscitato nella pubblicistica cattolica, le reazioni della dottrina ed i collegamenti con il modernismo. Dell’interesse della saggistica italiana per il pensiero religioso di Tolstoj ci si limita a citare G. GABRIELI, La religione di Leone Tolstoi, in «Studi religiosi», 1, 1901, pp. 449-451. Cfr. anche F. DE GIORGI, Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo, Viella, Roma 2010, specialmente le pp. 232-234 e le

nn. 57-64 alle pp. 246-248, in particolare la n. 61 che elenca i principali saggi su Tolstoj pubblicati ad inizio Novecento in Italia. Altri riferimenti a Tolstoj in ID., Il Medioevo dei modernisti. Modelli di comportamento e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo, Brescia, La Scuola 2009; scrive De

Giorgi: «inizialmente nichilista e radicale critico della tradizione culturale, come Nietzsche, il russo aveva però un animo democratico, condusse un vero apostolato di educazione popolare, espresse una pedagogia libertaria, si avvicinò infine a un cristianesimo egualitario e profetico, nel segno di un radicalismo anarco- evangelico. Questo spiega l’interesse verso Tolstoj da parte di vari settori della cultura italiana»: ibid., p. 91.

39 nonviolento, immediato nella ricerca della comprensione dei comandamenti, imbevuto di misticismo e, insieme, intimamente sociale9. Auspicò una rifondazione della teologia

basata sull’indipendenza dell’etica cristiana dalla filosofia, certo che la dottrina avesse snaturato e occultato per secoli il messaggio evangelico con superstizioni e precetti del tutto estranei.D’altronde, il Dio in cui credeva Tolstoj, annunciatore di una liberazione non più soprannaturale o miracolistica ma legata ad una nuova comprensione della vita, era – così scrisse Viktor Šklovskij – «tentativo di capire il mondo, di fondare regole di condotta ragionevoli e umanitarie, di contrapporle alla follia dell’abituale»10; «un Dio –

così Italo Mancini nella sua Introduzione al Vangelo di Tolstoj – senza trascendenza e senza nessuna dimensione di totalmente altro e senza nessuna, ontologicamente parlando, infinita differenza qualitativa, come il vangelo del suo figlio non ha dono di grazia, non presenta miracoli e non realizza profezia»11.

Da principio neppure le rampogne del prozio, il canonico trevigiano Luigi Paronetto (1820-1908), confidente di Giuseppe Sarto12, eletto proprio allora pontefice

col nome di Pio X, erano riuscite a scalfire la fiducia nel “maestro” Tolstoj e nel suo messianismo, fermamente condannato, tra gli altri, dal gesuita Eugenio Polidori e da «La Civiltà Cattolica»13. Nell’aprile del 1904 il prelato avvisava il pronipote:

9 Originali considerazioni sui cardini e gli obiettivi del pensiero cristiano di Tolstoj affiorano nella conversazione tra Ol’ga Sedakova ed Eugenij Pasternark su Lev Tolstoj come pensatore cristiano, in «La nuova Europa», n. 2, 2013, pp. 30-39. Cfr. anche F. CASTELLI, Tolstoj di fronte a Cristo, in «La Civiltà Cattolica», vol. IV, a. CXXXVIII, quad. 3295, 3 ottobre 1987, pp. 116-187.

10 V. ŠKLOVSKIJ, Tolstoj, Il Saggiatore, Milano 1978, p. 416.

11 I. MANCINI, Introduzione a L. TOLSTOJ, Il Vangelo, Quattro Venti, Urbino 1983, p. 16.

12 Mons. Luigi Paronetto fu docente del seminario vescovile di Treviso, membro della consulta per l'amministrazione della mensa capitolare e della commissione centrale per la gestione del patrimonio ecclesiastico, consigliere dell'amministrazione del seminario e dal 1881 canonico della cattedrale. Nell’Archivio storico della diocesi di Treviso si conserva, in unica busta, un fondo a lui intitolato (1846- 1895). Proprio in una lettera ad Antonio Paronetto egli parlò di una «intima conoscenza» del nuovo pontefice: AI, FSP, sc. 6, fald. 6, cart 2, lettera ms. di Luigi Paronetto ad Antonio Paronetto, 10 luglio 1905. Il papa stesso lo ricordò come «amico leale e benefattore generosissimo»: PIO X, Lettere, raccolte da Nello

Vian, Belardetti, Roma 1954, p. 167.

13 E. POLIDORI, La nuova apologia del Cristianesimo contro gli ultimi avversari: Loisy, Harnack, Tolstoj ed

altri, Roma 1904; Il cristianesimo di Leone Tolstoj, in «La Civiltà Cattolica», vol. VII, a. L, quad. 1249, 23

giugno 1902, pp. 19-40. Sul significato di questi e di altri pronunciamenti cfr. A. Salomoni, Il pensiero

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Tolstoj esclude ogni punto di vista critico storico, non si occupa di autenticità storiche, non di rivelazione, non di profezie, di missione divina, di redenzione ecc. ecc. e meno ancora si cura del Vangelo tradizionale e storico, in cui si trova la perfetta armonia colla vita umana, col cielo e colla terra. Per lui la sua conoscenza soggettiva è tutto, e basta a tutto. Io credo che, con quel suo fantastico e sbrigliato ingegno, egli vuol essere un

caposcuola, un riformatore religioso, un nichilista politico, un nuovo stampo sociale, che

prende l’aria di fatalista indiano14.

Ancora a poche settimane dal matrimonio, celebrato cinque anni più tardi, Antonio Paronetto avrebbe invece continuato a riconoscere nel «Maestro caro» il salvatore della propria vita e, pur accettando le nozze con devozione, si sarebbe ripromesso di «seguire in avvenire i principi evangelici tolstoiani, se vorrò vivere la vera vita e non cadere in peccati» e di essere «pronto in qualunque momento a dar effetto a qualsiasi precetto tolstojano»15.

Lontano da queste turbe letterarie e spirituali, su un distinto campo d’impegno segnato da ideali democratici e dalla fattiva prossimità alla miseria si incarnava il cristianesimo della madre di Sergio Paronetto, Rosa Dassogno, e della generazione che agli inizi del Novecento diede vita e forma al movimento democratico cristiano. Nata il 27 maggio 1881 nella piccola frazione di San Pietro in Berbenno di Valtellina da una famiglia di agiati agricoltori, Rosetta – così sarà da tutti conosciuta – si diplomò in pedagogia a Milano ed insegnò come maestra elementare già a diciotto anni, dapprima nel paesino di Mantello, quindi a Villa di Tirano, poi a Bari e, dal 1909, nella scuola rurale di Colorina, un altro piccolo paese della Valtellina. Un credo ben diverso da quello tolstojano ispirava la sua attività pedagogica: «appartengo alla democrazia!»16.

Estimatrice di Toniolo e aderente al Fascio femminile democratico-cristiano di Milano sin dal 1901, dal 1908 era infatti coinvolta assiduamente nell’Unione Donne di Azione

14 AI, FSP, sc. 6, fald. 6, cart. 2, lettera ms. di Luigi Paronetto ad Antonio Paronetto, 3 aprile 1904. Ancora l’anno seguente lo invitava a «stare in guardia di non lasciarvi sopraffare dalle esagerazioni tolstoiane, che col lenocinio della splendida parola trascina a credere il falso»: ibid., lettera ms. di Luigi Paronetto ad Antonio Paronetto, 8 agosto 1905.

15 AI, FSP, sc. 6, fald. 2, cart. 47, lettera ms. di Antonio Paronetto a Rosa Dassogno, 17 novembre 1909. 16 AI, FSP, sc. 6, fald. 2, cart. 31, lettera ms. di Rosa Dassogno ad Antonio Paronetto, 17 novembre 1909.

41 cattolica, fondatrice dell’Unione democratica-cristiana della Valtellina e del locale Movimento femminile delle donne democratiche-cristiane, animatrice di associazioni legate all’Unione magistrale17 e degli oratori per le donne lavoratrici e contadine, delle

leghe bianche femminili, delle scuole festive e di lavoro per le operaie, delle società operaie femminili di mutuo soccorso18.

Il ruolo della donna, la denuncia delle carenze delle amministrazioni comunali nel campo educativo, la rilevanza della famiglia come elemento indispensabile per la società19 e la dignità del lavoro erano i temi della sua personale battaglia per lo sviluppo

dei paesi della Valtellina, combattuta al fianco di altre ragguardevoli personalità femminili lombarde dedite ad attività sociali e con le quali tenne un interessante

17 Cfr. F. MANZOTTI, Il movimento magistrale cattolico e lo Stato liberale, in «Rassegna storica del Risorgimento», a. LII (1965), pp. 480-487 e A. BARAUSSE, L’Unione magistrale nazionale. Dalle origini al fascismo 1901-1925, La Scuola, Brescia 2002.

18 La Lombardia «era la regione in cui maggiormente si andava estendendo il movimento sociale cattolico»: M.NEJROTTI, Le strutture del movimento operaio: mutualismo, sindacalismo, cooperazione, in D.

BIGAZZI,M.MERIGGI (a cura di), La Lombardia, in Storia d’Italia, Le regioni dall’Unità a oggi, Giulio Einaudi Editore, Torino 2001, p. 694. Giulio Spini, che dagli anni Quaranta sarà uno dei principali confidenti ed interlocutori di Rosetta, per molti anni direttore del «Corriere della Valtellina», ha studiato la realtà cattolica locale e ha scritto in maniera specifica sulla Storia del movimento cattolico in Valtellina in una serie di articoli pubblicati in otto uscite sui «Quaderni Valtellinesi» a partire dal n. 2 del gennaio 1982. Brevi cenni del contesto lombardo di quegli anni anche in F. M. CECCHINI, La prima democrazia cristiana, in

Storia del movimento cattolico in Italia, vol. II, Il poligono, Roma 1980, pp. 95-96 e G. VECCHIO, Il movimento sociale cattolico in Lombardia: bilancio degli studi e prospettive storiografiche, in «Bollettino dell'Archivio

per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 1976, a. 11, n. 1, pp. 192-215. Per un inquadramento storico delle vicende legate al movimento femminile democratico cfr. invece F. TARICONE, L’associazionismo femminile in Italia dall’Unità al fascismo, Unicopli, Milano 1966; P. GAIOTTI DE BIASE, Le origini del movimento cattolico femminile, Morcelliana, Brescia 1963; EAD. Movimento cattolico e questione femminile, in DSMC, vol. I/2, I fatti e le idee, pp. 102-105, con ampia bibliografia alle pp. 110-111; A.

BUTTAFUOCO, Vie per la cittadinanza. Associazionismo politico femminile in Lombardia tra Otto e Novecento, in Donna lombarda. 1860-1945, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 21-45; C.PAPA, Stato e nazione delle donne: l’emancipazionismo di età liberale, in G. BONACCHI, C. DAU NOVELLI, Culture politiche e dimensioni del femminile nell’Italia del ‘900, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 76-84.

19 Per le sue convinzioni sul ruolo della famiglia cfr. AI, FSP, sc. 6, fald. 2, cart. 41, lettera ms. di Rosa Dassogno ad Antonio Paronetto, 22 dicembre 1909.

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contatto epistolare20. Degni di nota sono anche gli articoli sulla Elevazione della donna

del popolo che siglò nel 1907 sul «Corriere della Valtellina»21, come pure i diari e gli

appunti raccolti per predisporre le lezioni a scuola, i corsi tenuti alle donne operaie e contadine e le conferenze dell’Unione democratica cristiana. Si legga appena qualche riga di uno di quei coraggiosi programmi didattici:

È necessario riflettere seriamente e preparare una generazione futura in cui la donna possa conseguire tutte quelle rivendicazioni che il diritto, l’attitudine e il cristianesimo le concedono… Lungi da noi l’idea di un femminismo eccentrico, pedante… Vogliamo che tutte le nostre energie, quelle del braccio come quelle del pensiero, quelle del cuore in modo speciale, siano impiegate a beneficio della società intera. […] La donna per mezzo di un lento, ma continuo lavoro deve essere più consapevole e più gelosa della sua dignità di donna e di donna cristiana, di aprire più vasti orizzonti a quelle menti forzatamente ristrette; di prepararle con l’esatta cognizione dei doveri a cui va incontro, alla sublime missione della maternità22.

La fiducia nella democrazia quale «elevazione graduale delle moltitudini e partecipazione proporzionale a tutti i benefici della civiltà» – così la definì Rosa Dassogno nella sua relazione all’adunanza generale dell’Unione democratica valtellinese, il 29 aprile 1908 – si univa al convincimento che solo nell’impegno verso gli ultimi trovava compimento la propria personalità e si perfezionava il carattere. Elementi, dunque, di grande modernità, specialmente per la rivalutazione del valore della femminilità. Come ha scritto Cecilia Dau Novelli, non si trattava di un femminismo ansioso di rivendicare diritti ma di un ripensamento della cultura muliebre in sé, operato senza turbare l’emotività, l’attaccamento alla tradizione, la semplicità di linguaggio delle donne di inizio secolo. Il legame con le fasce più arretrate del

20 Lo scambio epistolare fu particolarmente intenso e duraturo con Giovannina Ferrari: ISACEM, Fondo Rosa

Dassogno Paronetto, b. 2, fasc. 5. Rosa Dassogno resterà legata per tutta la vita, anche dopo il trasferimento

a Roma, alla sua valle d’origine, nella quale non solo tornerà periodicamente per le vacanze ma per la

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