Nel romanzo, lo specchio è un elemento polisemico: esso esiste realmente nella stanza di Carmen e al tempo stesso irradia il suo significato metaforico -quello di elemento riflettente dell’interiorità- su tutto il testo.
Lo specchio diviene metafora dello sguardo che è a sua volta guardato: l’azione intradiegetica (Carmen che si riflette nello specchio) è trascinata fuori dalla cornice del testo, nel mondo extrastestuale del lettore. Come uno specchio reale che moltiplica le immagini rendendo difficile la distinzione tra il soggetto che si riflette e il suo riflesso stesso, così il racconto sdoppia sé stesso.
I fogli che si accumulano sotto il cappello dell’uomo misterioso sono un elemento del mondo narrativo del romanzo ma anche una spia metadiegetica che indica al lettore che ciò che si vuol sottolineare è la scrittura o narrazione in sé come processo.
Tutti gli indizi finora individuati conducono a parlare di un altro elemento d’interesse nel romanzo: il procedimento della mise en abyme, ovvero l’autorispecchiarsi dell’opera al proprio interno82.
82 Per mise en abyme intendiamo “ogni specchio interno che riflette l’insieme del racconto attraverso una duplicazione semplice o speciosa” (LUCIEN DÄLLENBACH, Il racconto speculare, Parma, Pratiche ed., 1994, p.48).
La mise en abyme del testo della Gaite si realizza tramite l’ambivalenza assunta dall’azione vera e propria (il dialogo tra due interlocutori) giacché il lettore assiste a una conversazione orale che verte sul tema del rapporto tra vita vissuta e letteratura (discorso metaletterario) e presenzia anche il processo di scrittura materiale (come in una trascrizione istantanea) del testo di cui è ad un tempo lettore e spettatore; l’incipit dei fogli dattiloscritti che si accumulano sotto il cappello dell’uomo misterioso si rivela essere identico alle prime parole di quel testo (materiale) suggellato sotto il titolo de El
cuarto de atrás che il lettore ha sotto gli occhi. Il circolo si chiude e la conclusione
rimanda all’inizio in un gioco di riflessi e di specchi.
Il testo rispecchia sé stesso dall’interno perché contiene il romanzo del romanzo cioè narra la storia della sua scrittura; il lettore arriva dunque a percepire l’inquietudine che suscita ogni mise en abyme: qual è la realtà e quale la finzione? Dobbiamo credere - secondo i parametri del verosimile- che Carmen abbia soltanto sognato ciò che è avvenuto nell’appartamento oppure esiste davvero una dimensione in cui le leggi razionali sono negate e avvengono fenomeni incongrui come l’accumularsi di fogli che nessuno ha mai scritto o la sparizione di oggetti di cui nessuno è responsabile?
Per seguire la classificazione di Dällenbach, ne El cuarto de atrás assistiamo, per quel che riguarda l’oggetto rispecchiato, a una mise en abyme de l’énonciation perché siamo in presenza di un testo che pone l’accento sul processo stesso della sua produzione, data l’identificazione che si può stabilire tra la protagonista e l’autrice reale che firma il testo.
Per quanto riguarda il tipo di autorispecchiamento siamo in presenza di una
réduplication à l’infini perché il frammento citato come incipit dei fogli dattiloscritti
rispecchia esattamente l’incipit del testo che lo contiene.
Che i fogli scritti a macchina contengano la vicenda di cui siamo stati fino a un istante fa lettori lo testimoniano le prime parole che vi sono scritte e che rinviano all’inizio del romanzo che leggiamo; si stabilisce così quella circolarità senza fine che genera la vertigine: un abisso si apre su di un altro abisso e così via.
Questo disorientamento del lettore è lo stesso che sente lo spettatore de Las meninas e caratterizza ogni mise en abyme: qual è il confine tra la cornice (del quadro o del testo) e l’esterno?
Il dialogo tra i due personaggi che costituisce l’azione principale ha già di per sé il potere di realizzare la mise en abyme dell’opera perché il lettore diviene al tempo stesso testimone dell’azione (livello intratestuale) e partecipa metaforicamente alla “stesura” di quei fogli dattiloscritti che alla conclusione del romanzo si rivelano essere materialmente il testo che va sotto il titolo de El cuarto de atrás e di cui è stato virtualmente spettatore e lettore (livello extratestuale).
Su un piano simbolico, allora, Martín Gaite sta comunicando al lettore che c’è un terzo interlocutore che coopera al testo: chiunque ne intraprenda la lettura. Il lettore è l’occhio metaforico (o specchio) senza il quale non si dà il testo e per il quale l’azione è “messa in scena”; non a caso un’immagine ricorrente de El cuarto de atrás è quella
del teatro (o delle quinte di un palcoscenico) metaforico da cui Carmen (personaggio e narratrice ad un tempo ma anche alter ego della scrittrice reale) entra ed esce ; questo spazio corrisponde nella lettera del testo allo spazio fisico situato tra el aparador y el
espejo della sua stanza ma al tempo stesso rimanda al gioco di ruoli della
comunicazione letteraria: (autore, scrittore, narratore, personaggio, coprotagonista, lettore), così come a quelli della semplice comunicazione linguistica (interlocutore ed emittente in un dialogo, come quello che si verifica, per esempio, tra Carmen e il suo ospite).
Fin dall’inizio, il testo pone il lettore di fronte all’accettazione di una dimensione che si trova al di là del reale: come si è già osservato in precedenza, Carmen afferma che sin da piccola ha sempre atteso con trepidazione il sopraggiungere del sogno e per accedervi più in fretta chiudeva gli occhi vedendo -ora come allora- negli istanti che precedono l’addormentarsi.
L’isotopia del chiudere gli occhi assume allora il valore dell’entrata in una nuova dimensione, o meglio dell’accesso alla vera dimensione del reale che è il sogno; le due realtà sono così interdipendenti che non è possibile capire l’una senza l’altra al punto che si opera un’inversione totale alla conclusione del testo: è il sogno a fondare il reale o viceversa?
Ora, non solo le scene dell’autocoscienza nel romanzo di cui trattiamo sono spesso caratterizzate da un’insistenza sui motivi dell’occhio e dello specchio, ma questo fatto costituisce un voluto richiamo al Balneario, visto che ne El cuarto de atrás Martín
Gaite dedica un capitolo specifico -il VI°- alle circostanze personali che sono state alla base dell’ispirazione di quel testo ed anche, più in generale, alla base della sua vocazione di scrittrice.
La mise en abyme ìnsita nel romanzo di Gaite e in tutti i romanzi intesi come ficciones, trova nel Cuarto de atrás un simbolo felice nella cortina (tenda), perché, come già detto allude alla rappresentazione teatrale, all’artificio tipico di ogni forma d’arte83.
Gaite, o meglio C, fotografa metaforicamente il continuo passare dal piano intradiegetico a quello extradiegetico, simbolo della dicotomia vissuta dal narratore in prima persona; è un’ambiguità cercata e necessaria in un romanzo che fa dell'incertezza del narratore il suo perno.
Questo trovarsi a un tempo fuori e dentro la scena, mima esattamente ciò che fa Velázquez nelle Meninas, unico “personaggio” che gode di una doppia natura; da cosa è data la sua ubiquità se non dal suo sguardo proiettato verso lo spettatore?
Allo stesso modo Carmen gioca e rappresenta (si veda il verbo inglese to play, recitare e giocare) la sua vita, sia quella vera che quella virtuale o in potenza, strizzando l’occhio allo spettatore.
83 Non è forse a caso che le cortinas della stanza in cui il dialogo tra C e l’uomo si svolge siano di velluto rosso, come a evocare il classico sipario del teatro lirico od ottocentesco: “[…]asomo un poquito la cabeza, amparándome en la cortina, como si observara, entre bastidores, el escenario donde me va a tocar actuar enseguida.”- dice Carmen in una delle pause del dialogo; “Ya lo conozco, es el [escenario]de antes […] el
CAPITOLO QUARTO
NUBOSIDAD VARIABLE (1992)
4.1 I TEMI DEL ROMANZO
Quest’opera affronta molteplici temi: quello della scrittura come recupero del Sé, quello del riflesso del proprio Sé nel discorso o nello sguardo dell’Altro; ma anche il motivo della non-coincidenza tra lo scrivere e il vivere l’esperienza e l’inafferrabilità dei mutamenti e l’inesorabilità del tempo sono leitmotifs importanti nel testo.
Ciò che le due protagoniste -soprattutto Sofía- avvertono come questioni urgenti sono da un lato la percezione altrui e l’influsso sul nostro Io e, dall’altro, l’impossibilità di comunicazione totale con gli altri.
È chiaro che tali temi s’intersecano tra loro ed è senza dubbio la scrittura della Gaite a fondere e condensare in immagini efficaci più elementi quasi inscindibili tra loro. A partire dal Cuarto de atrás, la Gaite delinea figure femminili autoironiche o in situazioni tragi-comiche: Mariana e Sofia in Nubosidad variable (’92) si raccontano la loro sofferenza interiore ri-formando quell’antico sodalizio che infonde loro forza reciproca, quella forza e quella complicità che sembrano essere un tratto distintivo delle donne.
La tematica degli specchi e del riflesso del Sé, già insistente nel Cuarto de atrás, continua ad esser presente in questo romanzo del ’92 in cui più volte si allude alle dinamiche tra le due protagoniste nei termini usati nei saggi dell’autrice sull’oralità e la scrittura.
Nubosidad si apre proprio con un’immagine che ricorda El cuarto per l’oscillazione tra
realtà e immaginazione; essa contiene la superficie riflettente della ventana. Una delle due protagoniste, Sofía, sogna di parlare di nuovo con l’amica di vecchia data Mariana dopo molto tempo, presagendo il reale incontro tra le due che avrà luogo ad una mostra di pittura.
Ayer […] estalló por fin la primavera y la sentí bullendo provocativa a través de los cristales de la ventana. Fue la sombra fugaz de una paloma la que reveló, al desaparecer, este raudal de luz que todo lo invadía […] un tirón anacrónico hacia aventuras ya imposibles. Me acordé que había soñado con Mariana León.84
Al suo risveglio, Sofía nota che la luce che entra dalla finestra, “[…] parecida a la del sueño” la proietta in una dimensione a metà tra reale e immaginario, un’osservazione simile a quella di C nel Cuarto de atrás che compie però il cammino opposto; se Sofía riemerge nel presente da un ritorno -onirico- al passato, C scivola attraverso la fantasticheria dal presente all’epoca dell’infanzia.