Le cooperazioni rafforzate e la difesa
3. Missioni e flessibilità: il ritorno dei “willing and able”
Una prima forma di cooperazione rafforzata introdotta nel campo della sicurezza e difesa è rappresentata dalla possibilità per un gruppo di Sta‐
ti membri, di portare avanti a nome dell’intera Unione, le missioni rego‐
late dagli artt. 42‐43‐44 del nuovo TUE.
Il tema delle missioni europee, come descritto nei capitoli precedenti, entrava a far parte del quadro comune con l’assimilazione all’interno del framework PESC delle cd Missioni di Petersberg, elaborate in ambito UEO nel 1994 e successivamente assorbite dal Trattato di Amsterdam. Il processo lanciato con il vertice di St. Malo sulla necessità di fornire l’UE di una reale capacità di intervento avrebbe portato nei primi anni del 2000 ad importanti novità sul piano logistico ed operativo.
Il Consiglio Europeo di Helsinki del 1999, Il Consiglio di Santa Maria de Feira del 2000 e l’approvazione di un nuovo Haedline Goal nel 2004 ine‐
rente le capacità militari dell’UE e di un corrispondente Civilian Headline Goal attinente alle cd capacità in ambito civile polizia, stato di diritto, amministrazione civile e protezione civile da parte del CAGRE Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne , rappresentano alcune delle tappe fondamentali nel processo di dotazione di una reale capacità operativa per l’azione esterna dell’Europa; una capacità che si è quindi manifestata attraverso il varo di missioni civili e/o militari rappresentazione con‐
creta sulla scena internazionale dell’UE in quanto attore globale1.
1 Per ulteriori approfondimenti: F. DI CAMILLO a cura di , Politica europea di sicurez‐
za e difesa: elementi, Documenti IAI, Roma, Istituto Affari Internazionali, 2009.
All’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si potevano infatti conta‐
re 23 missioni lanciate dall’UE, a partire dal 2003, in ambito PESD/PSDC di cui 14 civili, 6 militari e 3 integrate civili‐militari 2 a testimonianza dell’accresciuta capacità di proiezione esterna.
All’interno dell’Headline Goal del 2004, veniva inoltre sviluppato il concetto di battlegroups o gruppo tattici . L’idea prendeva le mosse da un’iniziativa franco‐britannica il vertice di Le Touquet del 2003 tesa a promuovere nel quadro PESD, lo sviluppo di gruppi tattici costituiti da circa 1.500 uomini, schierabili in 15 giorni per operazioni di durata non superiore ai tre mesi3. Sotto il profilo operativo, il concetto di Battlegroup prevede la strutturazione di unità altamente specializzate e flessibili, ca‐
paci di poter essere inpiegate velocemente in missioni ad alta intensità condotte in ambienti ostili e teatri lontani dal continente europeo4.
I Battlegroups possono essere costituiti da una coalizione multina‐
zionale di Stati od essere il risultato dell’azione di un’unica nazione‐
guida alla quale possono associarsi altri paesi. Dal gennaio 2007, l’UE può quindi disporre di due gruppi tattici in stand‐by pronti all’impiego.
Sulla scorta di quanto appena detto, la flessibilità introdotta da Li‐
sbona nelle procedure di attuazione delle missioni, consistente nella possibilità per un gruppo di paesi di poter operare nel nome dell’intera UE, diventa fondamentale per contribuire alla strutturazione di una poli‐
tica di intervento realmente efficace oltreché fluida ed efficiente.
Lisbona, oltre ad ampliarne la tipologia5, conferisce quindi al già esi‐
2 G. BONVICINI a cura di , L’Unione europea attore di sicurezza regionale e globale, cit., p. 126.
3 Parlamento Europeo, Directorate‐Genaral for External Policies of the Union, Nota‐
The EU Battlegroups, Brussels, 12 settembre 2006.
4 G. BONVICINI, L’Unione europea attore di sicurezza regionale e globale, cit.; G. LIND‐
STRÖM, Enter the EU battlegroups, Chaillot paper, Paris, European Union. Institute for Se‐
curity Studies, 2007.
5 Art 43.1: Le missioni … comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia mili‐
tare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabili‐
mento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio.
stente strumento della missione sia essa militare o civile un’impor‐
tante dose di flessibilità favorendo un maggior dinamismo della proie‐
zione esterna dell’UE.
Ai sensi dell’art. 42 paragrafo 5 «il Consiglio può affidare lo svolgi‐
mento di una missione, nell’ambito dell’Unione, a un gruppo di Stati membri allo scopo di preservare i valori dell’Unione e di servirne gli in‐
teressi».
Un principio ribadito ulteriormente dall’art. 44 paragrafo 1 che con‐
ferisce al Consiglio la capacità di «affidare la realizzazione di una mis‐
sione a un gruppo di Stati membri che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie per tale missione».
Quanto disposto dagli artt. 42.5‐44.1, ci riporta immediatamente al concetto dei “willing and able” nella sua formulazione originale. Si tratta infatti della trasposizione quasi integrale del concetto venuto alla luce in ambito NATO negli anni ’80 per la gestione delle cd crisi out‐of‐area. Con il Trattato di Lisbona, il concetto di “willing and able” dopo aver ispirato nei decenni precedenti altre forme di cooperazione istituzionale, torna nella sua accezione originaria, ad essere quindi impiegato all’interno del‐
l’ambito sicurezza e difesa per quanto riguarda la realizzazione di missio‐
ni militari. I capaci e volenterosi possono quindi, attraverso l’autorizza‐
zione del Consiglio ed in associazione con l’Alto Rappresentante, operare nell’interesse generale dell’Unione e quindi degli altri Stati membri.
Il paragrafo 2 dell’art. 44 delinea dunque le modalità con le quali i vo‐
lenterosi devono rapportarsi con le istituzioni comuni. Secondo le dispo‐
sizioni del suddetto articolo, gli Stati membri che partecipano alla realiz‐
zazione della missione sono tenuti ad informare periodicamente il Consi‐
glio sull’andamento della missione stessa. Ogni modifica dell’obiettivo, della portata, delle modalità della missione, stabiliti al momento del varo dell’operazione, deve essere disposta dal Consiglio che ai sensi dell art. 43 paragrafo 2 adotta ogni decisione relativa alle missioni i cui aspetti opera‐
tivi saranno gestiti dal COPS di concerto con l’Alto rappresentante.
Sotto il profilo del meccanismo decisionale è opportuno ricordare che le decisioni relative alla politica di sicurezza e difesa comune, com‐
prese quelle relative all’avvio di una missione sono adottate dal Consi‐
glio che delibera all’unanimità su proposta dell’Alto rappresentante o su iniziativa di uno stato membro.
In conclusione, le disposizioni previste dal Trattato riguardanti le missioni dell’UE formalizzano e regolano, all’interno del comune quadro istituzionale il principio dei “willing and able”. I paesi in a position to do so possono ora, con l’approvazione unanime del Consiglio e quindi dei paesi partner , rappresentare l’intera UE operando nelle aeree di crisi in suo nome e salvaguardandone gli interessi.