• Non ci sono risultati.

Miti di Inanna: Alcune considerazioni preliminar

La fortuna della figura di Inanna nelle letterature mesopotamiche è indiscutibile. La sua centralità sia nelle composizioni letterarie, che in campo religioso è un dato di fatto, seppure non sempre risulti semplice capirne il motivo. Varie ipotesi potrebbero essere formulate e spesso, come abbiamo già visto nei paragrafi precedenti la risposta potrebbe essere ricercata nel carattere ambiguo della dea. In una società patriarcale, una così grande importanza ad una figura divina femminile, e peraltro della tempra della dea urukita, stona decisamente con ciò che ci si aspetterebbe. Sia Abusch351 che Harris352, come si è visto innanzi, avevano infatti sottolineato questa anomalia, nel caso specifico di studio dell’epopea classica di Gilgameš, provando a trovarvi una soluzione. Per entrambi, si sarebbe innescato nella composizione una vera e propria inversione dei ruoli, in cui la dea offrendosi in moglie all’eroe avrebbe così assunto il ruolo predominante spettante ad un uomo. Potremmo considerare proprio questa una delle chiavi di lettura. Inanna non incarna affatto i caratteri tipici di una fanciulla in età da marito come invece dovrebbe. Ella generalmente, nei racconti mitici, non assume su di sé i valori che un uomo mesopotamico avrebbe ricercato in una giovane moglie. Anche nel caso specifico delle love songs, qualora le si volessero considerare separatamente dalle vicende mitiche (tralasciando perciò la tragica morte dello sposo), Inanna deve mantenere un sostanziale distacco dalla sfera reale delle donne.

Il carattere della dea ha dei punti focali che si vengono a delineare nei racconti mitici che la vedono protagonista. Il lavoro di fondo dell’ambiente sacerdotale, responsabile dello sviluppo del personaggio mitico e letterario, è riuscito a conferire alla dea una serie di atteggiamenti grossomodo coerenti all’interno delle composizioni in nostro possesso. Verranno qui esposti brevemente i racconti mitici incentrati sulla figura di Inanna, e si cercherà di analizzarne gli spunti principali, per desumerne attributi e condotte rilevanti della dea. Per ogni testo verrà inoltre presentata una breve esposizione riguardante numero e provenienza delle fonti, per dare un’idea della diffusione temporale e spaziale, in modo da poter intendere la fortuna del racconto. Un punto importante tuttavia va ribadito: la diffusione e la quantità di materiale può essere esaminato ovviamente solo sulle evidenze testuali in nostro possesso, che sono indubbiamente parziali rispetto alla realtà dell’epoca. La casualità dei rinvenimenti di tavolette, soprattutto in caso di scavi irregolari o non sistematici, o la stessa impossibilità per lungo tempo di accesso a determinate aree geografiche per motivi bellici, ha reso assai lacunosa la nostra conoscenza di quella che potrebbe essere una ancora più florida letteratura. Nell’esposizione dell’analisi dei singoli

351 Abusch 1989, 151. 352 Harris 2000, 160.

racconti mitici, si è cercato di seguire un ordine cronologico relativo, che non pretende di essere quello corretto, ma che tenta di riordinare, per quanto sia possibile, un ipotetico sviluppo nel personaggio di Inanna. Partendo dall’affermazione del potere di Inanna nel cielo, ambito rilevante della dea, si passa poi all’acquisizione dei poteri durante suo confronto con il dio demiurgo di Eridu, all’estensione del controllo su aspetti ctoni e al superamento di confini e sfere di competenza altrui grazie alla discesa infera. Infine si tenta di collocare a chiusura di questo ipotetico ciclo mitico le composizioni aventi in oggetto la definizione di un contesto celeste con la delineazione del cammino della dea come astro in

Inanna e Šukaletuda, per arrivare alla definizione del carattere belligerante di costei con le

ultime due composizioni mitiche analizzate in questo capitolo sulla dea.

Inanna e An – Incipit: […] – […]

Il mito di Inanna e An o Inanna alla conquista del cielo è una composizione che sembra aver avuto, allo stato attuale dei rinvenimenti, una diffusione interessante poiché nonostante la paucità delle fonti epigrafiche, colpisce per la varietà di luoghi in cui è stata rinvenuta. Si conoscono 5 tavolette inscritte con parti di questo mito, per due di questi non si conosce la provenienza (YBC 4665; CBS 1531), gli altri vengono da Uruk (W 16743,ac), Nippur (CBS 3832) e Sippar (BM 78276). Purtroppo l’incipit non si è conservato, ma la dossologia finale indica che la composizione è una zami353.

La dea Inanna decide di prendere possesso del cielo, dominio del dio An, e per farlo ha bisogno di appropriarsi anche della sua controparte terrena, il tempio Eanna di Uruk. La dea svela il suo piano al fratello Utu, dio solare, e questi promette su tutto ciò che ha di più caro di esserle di supporto nell’impresa. Inanna racconta al dio di aver avuto rapporti con il proprio sposo, il cui nome purtroppo non è pervenuto, ma molto probabilmente si tratta del dio Dumuzi. La dea avrebbe poi manifestato il suo volere di donare qualcosa all’amato, ma che questo qualcosa non le fosse stato concesso. Da qui il piano di appropriarsi dell’Eanna. Ciò che la dea ha chiesto per il suo sposo deve essere il tempio di Uruk, come si evince dal testo354. Per la riuscita del piano, Inanna interpella il pescatore Adagbir, che la mette in guardia sugli effetti distruttivi del malefico vento del sud. Inanna è però convinta delle sue azioni, e probabilmente chiede al pescatore di trovare per lei l’Eanna nel canneto. Interviene però a questo punto Šulazida, definito come unud an-na-ke4 “mandriano di An” che solleva la corda cosmica che ha tra le mani. Il risultato dell’azione è poco chiaro, ma Inanna deve prendere delle contromisure e, dopo aver bevuto acqua pura dal fiume Ulaya, salta sopra ad 353 Si tratta di una dossologia che compare in composizioni di carattere narrativo, siano esse di genere epico o mitico, nella letteratura sapienziale e in alcuni inni, ma mai nelle lamentazioni (eccezion fatta per la composizione La Maledizione di Agade).

uno scorpione e gli taglia la coda. Segue un passaggio molto frammentato. Inanna si rivolge ad An il quale si colpisce la coscia sconfortato. Inanna ha dimostrato di essere più potente di lui, ma ciò che dice dopo è decisamente particolare. An fa riferimento alla durata della luce diurna, e a cambiamenti nella lunghezza delle veglie causati dall’azione della dea. Come riconosciuto da Brown e Zolyomi355, il tentativo di Inanna di impossessarsi dell’Eanna ha avuto come risultato, voluto o incidentale, che la veglia del giorno si accorciasse di una sua unità in favore della veglia notturna e che quindi la luce del sole fosse visibile per minor tempo. Questo è quindi il momento in cui giorno e notte cominciano ad avere lunghezza variabile durante l’anno. Per Brown e Zolyomi, è importante che questo fondamentale fenomeno sia messo in moto da Inanna, in quanto dea degli opposti e delle trasformazioni, tuttavia ritengo che anche il carattere astrale della dea abbia un ruolo fondamentale nella vicenda356. Gli attori che prendono parte a questo mito sono divinità astrali, che hanno un ruolo primario nella scansione del tempo. Da una parte, Inanna come stella del mattino e della sera compare nel cielo in entrambe le veglie, dall’altra, Utu meglio di chiunque altro rappresenta la luce del giorno. Anche la menzione della barca357 ricorda indirettamente il crescente lunare e tutti gli elementi sembrano concorrere armoniosamente alla intessitura della scena. Inanna cattura il tempio principale di Uruk, sede del dio An che si deve arrendere e riconoscere di essere stato superato in potenza dalla giovane dea. Si ha in tal senso l’ammissione della crescente ingerenza di Inanna presso la città e nel culto, si ha anche però la riaffermazione dello status unico dell’Eanna e della sua adorazione da parte degli uomini. Quello che rimane poco chiaro è perché la vittoria della dea su An abbia determinato un cambiamento della durata delle veglie diurne e notturne e in che modo. Purtroppo le fonti sono molto lacunose. Una possibile lettura sarebbe quella di vedere in Inanna il pianeta Venere che conquista maggior controllo sul cielo riuscendo a rimanere visibile più tempo e quindi sottolineando la propria potenza di azione anche sul dominio del capo del pantheon. Ovviamente, questa lettura rimane soltanto a titolo di ipotesi e non può essere per il momento acclarata, fino ad un eventuale ritrovamento di nuovi frammenti del testo.

355 Brown e Zolyomi 2001, 150.

356 Già parlando degli studi di van Dijk 1998 sul mito, si era accennato all’importanza riconosciuta dall’autore per l’aspetto astrale di Inanna, anche se da lui ritenuto di minor interesse nel caso di questa composizione mitica. Si ricorda che lo studioso aveva a questa interpretazione, secondo la quale il presente mito sarebbe fondativo del ruolo di Inanna come incarnazione del pianeta Venere, preferito quella secondo cui il racconto servirebbe a legittimare l’aspetto di Inanna come dea poliade di Uruk, al fianco del dio An. A causa della frammentarietà del testo non è possibile dire con certezza se lo scopo del presente mito sia stato quello di fondare uno dei due aspetti in particolare o entrambi, certo è che i due nodi interpretativi non sono necessariamente contrastanti.

Bibliografia:

vand Dijk 1998; Zólyomi 2000.

Inanna e Enki – Incipit: […] – […]

La composizione è conosciuta da nove fonti differenti, tutte databili al periodo paleo- babilonese358. Le tavolette provengono da Nippur ad eccezione di MAH 16127, per la quale la provenienza è purtroppo sconosciuta. A causa della mancanza delle prime sei linee, non è possibile rintracciare l’incipit della composizione nei cosiddetti cataloghi letterari. Nonostante si tratti di un mito molto conosciuto e molto più fortunato oggi, in realtà Inanna

e Enki è trasmesso in un numero di fonti molto inferiore rispetto ad esempio ad Inanna ed Ebiḫ. Il motivo dell’interesse degli studiosi moderni è nella storia stessa che anima la

vicenda, costituendosi in un certo senso come un parallelo mesopotamico della vicenda di Prometeo, seppur ovviamente con troppe e significative differenze.

Il mito ha un’insolita introduzione; nonostante la rottura, infatti, si può appena riconoscere la descrizione di un momento caro alla dea, una scena amorosa. Inanna ornata dal diadema šu-gura si dirige all’ovile del suo amato, apparentemente vestita solo del suo fascino. Una volta che si è unita al suo signore, è pronta a recarsi a Eridu, città del dio demiurgo Enki, che risiede nell’abzu assieme alle acque dolci sommerse. L’immensa saggezza di Enki consente al dio di conoscere in anticipo le intenzioni di Inanna, che si avvicina per parlargli. La situazione ricorda molto quella della Discesa di Inanna agli Inferi: la decisione della dea di rivolgere la sua attenzione ad un luogo in particolare si trasforma immediatamente in azione. Ella si mette in moto e il suo arrivo mette in guardia il dio demiurgo, come era accaduto per sua sorella Ereškigal. Enki ordina ad un suo ministro Isimud di accogliere Inanna alla Porta dei Leoni come si conviene, con un banchetto a base di birra, dolce vino, acqua fresca e torta al burro, di modo che ella si senta a suo agio alla tavola di An. L’accoglienza è decisamente diversa da quella offertale da Ereškigal. Nella gioia inebriante del convivio Enki e Inanna si sfidano in una gara goliardica di bevute, topos caro alla letteratura sumerica359. Dopo una frattura, si legge della volontà del dio di Eridu di donare una serie di prerogative alla dea di Uruk. L’elenco dei doni ricevuti dalla dea è lunghissimo: nel novero infatti non si trovano soltanto prerogative divine, ma anche veri e propri concetti fondamentali alla base della realtà mesopotamica: i ME360. Con questo termine sumerico si 358 Per i numeri di inventario si veda il catalogo.

359 Un esempio di composizione che muove dal una sfida simile è Enki e Ninmah, in cui i due dei finiscono per sfidarsi nella creazione di esseri ‘imperfetti’ ma potenzialmente ‘perfettibili’ grazie alle capacità di Enki che riuscirà a trovare loro una collocazione nella società umana.

intendono tutta una serie di decreti divini, vere e proprie rappresentazioni fisiche di concetti astratti, che costituiscono la natura intrinseca di tutti gli aspetti della realtà quotidiana e non, facenti parte della sfera sociale, naturale, religiosa, tecnologica, civile, morale della civiltà sumerica. Tra questi ME compaiono ad esempio la Giustizia (nam-dug3), la Divinità (nam- diĝir), ma anche lo Stendardo della battaglia (ĝiššu-nir), la Vecchiaia (nam-ab-ba), la Prostituzione (nam-kar-ke4), i Riti di purificazione (šu-luh), la Discordia (du14), la Funzione di scriba (nam-dub-sar), il mestiere del Carpentiere (nam-nagar), lo strumento musicale Lilis (kug li-li-is3) etc.

Tornato sobrio, il Signore di Eridu si accorge di aver perso tutti i suoi attributi divini e si accinge a chiedere informazioni al suo ministro. Isimud deve ricordargli che in preda ai fumi dell’alcool egli ha regalato tutti i suoi ME alla giovane Inanna, che una volta appropriatasi dei preziosissimi doni si è immediatamente rimessa in viaggio verso casa con la Barca del Cielo. Enki si vede costretto ad inviare il suo vizir dalla dea per farsi restituire il maltolto prima che ella raggiunga Uruk. Ad ogni stazione di posta che Inanna raggiungerà, Isimud la attenderà per chiedere indietro i ME rubati al suo padrone. Isimud sarà ogni volta accompagnato da una serie di personaggi (en-kum361, u18-ru362, lahama363, ku6 gal-gal, en- nu-uĝ3 unugki-[ga], il canale Surungal364), al servizio del dio, che tenteranno in vari modi di recuperare i decreti divini. Inanna però, nonostante gli sforzi immensi del ministro Isimud,

361 Enkum letteralmente è il nome con cui si designa un funzionario templare predisposto alla tesoreria. Tuttavia in Charpin 1986, 389-391 si discute più approfonditamente sulla natura di questo personaggio, Charpin ritiene che si possa trattare di un officiante dedito ai riti di purificazione ad Eridu, compare anche nel rituale dell’apertura della bocca mīs pî, e nel bagno lustrale del sovrano rimku, nel caso del testo di Inanna ed Enki, Charpin deduce che l’enkur sia da considerare una creatura mitica, l’associazione con altri mostri che vengono inviati da Enki contro la dea Inanna per riportare indietro la barca del cielo ne sarebbe la prova.

362 Il segno uru16 può essere letto come “magnificente, grande, potente” ed è accostato nelle liste lessicali all’accadico dannu, şīru, šapsu. In questo caso u18-ru costituisce il soggetto della frase: u18-ru eridugki-ga 50- bi ma2 an-na im-ma-ni-in-dab5-e-ne. Per la trattazione del termine uru16 si veda Steinkeller 2001, 43-44 n. 91; Civil 1989, 49-64.

363 Creatura non umana, che abita nei recessi dell’abzu, viene descritta come un’entità acquatica benefica, ad essa viene equiparato Lugalbanda nell’epos Lugalbanda e l’uccello Anzu, quando l’eroe appare tra i suoi compagni dopo essersi ristabilito. Sembrano essere figure mitiche utilizzate nell’ornamentazione architettonica templare, compaiono sia nei Cilindri di Gudea l.679, che nell’Inno per il tempio della città di Kiš l.98 e La maledizione di Agade l.131, 229.

364 In questo caso il canale, chiamato Surungal, assume una forma personificata attraverso la quale può agire come le altre entità prima di esso. Questa caratteristica non deve affatto stupire, concetti astratti o oggetti inanimati possono tranquillamente prendere parte all’azione drammatica, parlando, muovendosi e interagendo con gli altri personaggi. Sebbene possa sembrare inizialmente che si tratti piuttosto della localizzazione dell’ultima stazione raggiunta dalla dea prima di raggiungere Uruk, in realtà il canale compare anche alla linea 177 in associazione al verbo ĝen “andare” che aveva preceduto tutte le figure prima affidate da Enki a Isimud per fermare la dea di Uruk nel suo trinfale rientro a Kulaba.

riuscirà a portare a compimento il proprio piano scampando per sei volte ai tentativi del vizir di Enki di recuperare il bottino. L’inganno del quale si serve la dea per assicurarsi di non aver a restituire ciò che ha guadagnato con la scaltrezza, è in realtà basato sulla capacità di saper sfruttare a proprio beneficio un punto saldo della teologia sumerica: l’importanza della parola. Ogni qual volta Isimud le chieda indietro i ME rubati al proprio padrone, Inanna risponderà che ciò che ha preso lo ha avuto dallo stesso Enki in persona, e che ciò che egli le ha donato non può esserle tolto. Affidando i decreti divine nelle mani di costei, Enki ha in pratica dato la sua benedizione affinché ne sia ora Inanna la custode. In questo modo la parola di Enki, che ha anche valore legittimante non può essere cambiata365. Negli scontri con Isimud e le altre creature richiamate da Enki, Inanna è sempre affiancata dal suo aiutante Ninšubur, che ha un ruolo importantissimo anche nel mito della catabasi della dea. Giunta nella sua città, Inanna potrà finalmente donare tutti i ME, che ha indebitamente sottratto allo sventurato Enki, ai cittadini di Uruk. Ciò che è interessante notare a questo punto è che la dea attraversa una serie di porte cittadine e raggiunge la Banchina Bianca. Ad alcuni luoghi sembra poi venire assegnato un nome dalla stessa Inanna. La fine della vicenda, seppur fortemente danneggiata, dovrebbe introdurre un breve dialogo tra la dea di Uruk e il dio di Eridu, tuttavia, la situazione parrebbe rimanere invariata. Inanna tiene per sé e la sua città i decreti divini, tanto che le viene tributato un elogio e delle festività dalla popolazione riconoscente.

L’importanza di questo mito è fondamentale per l’analisi della figura della dea e degli sviluppi della sua fortuna. È centrale infatti la questione della caratterizzazione della dea urukita. L’intera storia ruota attorno all’assunzione delle prerogative divine che la caratterizzeranno. A mio parere, non ci si dovrebbe tenere in considerazione soltanto la consegna dei ME alla città di Uruk come consesso dei cittadini. Potrebbero qui aversi due interpretazioni differenti: se da una parte Inanna porta nella sua città i concetti primordiali di ogni realtà materiale e astratta, consegnandoli alla popolazione, dall’altra i ME vengono direttamente acquisiti dalla dea, prima ancora che dal suo popolo. In realtà la città di Uruk è essa stessa rappresentazione terrena di Inanna. Il fatto che i ME vengano donati alla città della dea potrebbe essere utilizzato come una dichiarazione di assunzione di tutte quelle rappresentazioni fisiche primordiali di concetti astratti o meno che costituiscono la realtà. Per di più la scelta dei ME non appare affatto casuale. I decreti divini, che la giovane dea ruba all’ebbro Enki, sono esattamente i domini reali che ella poi potrà controllare, poiché il loro possesso ne garantisce il controllo. Con questo mito perciò, mi sembra sia evidente che si stia attivando un processo di fissazione, forse già alla fine di uno sviluppo teologico sedimentario, di quello che debba essere l’insieme delle sfere di competenza di Inanna. Tutto 365 Gli dei principali del pantheon sumerico, e poi anche di quello babilonese e assiro, hanno la capacità di assegnare un destino ad ogni uomo, animale, pianta od oggetto inanimato del cosmo. La stessa Inanna spesso viene annoverata tra quegli dei in grado di affidare un destino favorevole agli uomini che ne rispettino il volere.

ciò lascerebbe pensare che la fortuna della figura divina in questione abbia dovuto affrontare nel tempo una battaglia di affermazione all’interno del pantheon sumerico, non facile, ma che a posteriori può dirsi vinta. Tutto ciò va inoltre considerato in correlazione a tutto un filone di letteratura incentrato sulla dea. L’impressione che si ha leggendo miti quali Enki e

l’ordine del mondo, Inanna ed An o la Discesa di Inanna agli Inferi, è che vi sia un filo di

connessione rintracciabile in questo bisogno di affermazione. Se da una parte abbiamo infatti sul piano mitico una continua necessità della dea di appropriarsi di territori e reami che non

Documenti correlati