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MODALITA’ APPLICATIVE DELL’ISTITUTO E DUBBI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

Sommario:1)Il controllo dell’organo giurisdizionale; 2)Le invalidità e i rimedi processuali; 3)L’utilizzazione del collegamento audiovisivo: le modalità del collegamento; 4)L’effettività dell’assistenza difensiva;5)La condotta processuale dell’imputato e glia atti eseguibili a distanza;6)L’ausiliario del giudice;7)Il recupero della partecipazione diretta dell’imputato al dibattimento; 8)I dubbi di legittimità costituzionale: la sentenza n. 342 del 1999 della Corte costituzionale.

1) Il controllo dell’organo giurisdizionale

Anche da un punto di vista dinamico la disciplina in esame sembra presentare diverse zone d’ombra, ma cominciando da un dato pacifico si afferma che in presenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi dei primi due commi del 146bis disp. att. c.p.p. , il giudici dispone il collegamento audiovisivo e consente all’imputato di partecipare a distanza alle udienze dibattimentali.

La doverosità del provvedimento è pacifica stante la lettera del comma 2, sebbene i presupposti della decisione erano destinati a giocare un ruolo non irrilevante visto che la latitudine che contraddistingue le ipotesi di cui alla lett a) e b) della norma finiva per restituire al giudice un considerevole margine di discrezionalità con riferimento alla verifica relativa alla loro concreta sussistenza75. Solo la motivazione del provvedimento darà conto alle parti dell’iter logico argomentativo seguito dal giudice nel considerare presenti sia le condizioni soggettive( delitto ricompreso nell’art51, comma 3bis,

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c.p.p.e detenzione in carcere, ovvero sottoposizione al regime di cui all’art. 41bis ord. penit.) sia almeno una delle condizioni oggettive( sussistenza di gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, particolare complessità del processo e pericolo di eccessivi ritardi nella sua trattazione).

Dalla doverosità del provvedimento il legislatore trae una duplice conseguenza: per un verso l’inutilità del contraddittorio anticipato e l’obbligatorietà di una notificazione successiva con l’osservanza di un termine dilatorio tale da consentire alle parti di far fronte agli eventuali problemi organizzativi; per altro verso la tempestività della decisione sin dagli atti preliminari al dibattimento ,così da impedire che si debba comunque celebrare la prime udienza con l’imputato fisicamente presente.

Anticipiamo però che, secondo le considerazioni fatte da gran parte della dottrina, altre sono le esigenze cui la disciplina avrebbe dovuto prendere in considerazione vista la natura eccezionale della partecipazione audiovisiva e l’inevitabile compressione dei diritti difensivi che comporta; il legislatore avrebbe dovuto consentire alle parti un efficace controllo del provvedimento giurisdizionale mediante un contraddittorio anticipato o tutt’al più differito e attraverso rimedi processuali adeguati76.

L’esame delle singole proposte di legge si rivela utile sul piano ermeneutico; premesso che in tutte le iniziative di riforma l’adozione del provvedimento era prevista come atto dovuto, una volta accertati i presupposti, differenziazioni si apprezzavano in ordine alla fase nella quale il provvedimento poteva essere adottato e alla forma che doveva rivestire.

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D.CURTOTTI NAPPI, I collegamenti audiovisivi nel processo penale, cit., pag.158 ss.

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Le due iniziative più articolate ( proposta di legge n.481 ed il disegno di legge n.1845) attribuivano la competenza funzionale al presidente del tribunale o della corte di assise, nel corso degli atti preliminari al dibattimento, e al giudice procedente, qualora il dibattimento fosse già in pieno svolgimento: nel primo caso la partecipazione a distanza avrebbe dovuto essere disposta con decreto motivato, comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell’udienza; nell’altro caso con ordinanza.

Le altre due proposte di legge (n.1602 e la n.3632) erano molto più vaghe sul punto, rimettendo al giudice il potere di disporre la partecipazione a distanza. La carenza della formulazione si rifletteva anche sulla forma del provvedimento adottabile, che non veniva specificata.

Indubbiamente, la proposta di legge n. 481 coglieva, più di altre nel segno perché individuava , nella fase degli atti preliminari al dibattimento, il momento processuale più utile per disporre la partecipazione dell’imputato al dibattimento a distanza, in modo da evitare, già per la prima udienza, problemi di traduzione e di sicurezza. Allo stesso modo era più che comprensibile l’attribuzione della competenza funzionale ad emettere il provvedimento al presidente del tribunale o della corte di assise. Si giustificava così la previsione di adozione della decisione con decreto motivato, senza preventivo contraddittorio, da comunicare alle parti e ai difensori con l’osservanza di un termine dilatorio, rispetto alla data d’udienza, sufficiente a consentire agli interessati di far fronte ad eventuali problemi organizzativi.

Il testo in definitiva approvato è il seguente : “La partecipazione al dibattimento a distanza è disposta anche d’ufficio, dal presidente del tribunale o della corte d’assise con decreto motivato emesso nella fase degli atti preliminari, ovvero dal giudice con ordinanza nel

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corso del dibattimento, il decreto è comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell’udienza”.

Una specificazione particolarmente interessante può desumersi dai lavori parlamentari, nel corso dei quali vi sono stati tentativi di modifica nel segno di una maggiore partecipazione delle parti alla formazione del convincimento giudiziale.

Secondo la formulazione dell’originario d.d.l n.1845, la possibilità di assumere il provvedimento “anche d’ufficio”, stava a significare che , nell’intento dei proponenti, la partecipazione a distanza avrebbe potuto essere richiesta anche dalla parte interessata, ossia dal magistrato del pubblico ministero, al fine di evitare che si concretizzassero quei pericoli che si intendevano scongiurare, oppure dallo stesso imputato, qualora per proprie esigenze avesse ritenuto opportuno rinunciare a partecipare direttamente nell’aula d’udienza.

Tuttavia, Il dibattito sul punto appare particolarmente scarno. In sede di esame in commissione giustizia della camera, si registrava un solo intervento volto a criticare il potere di imperio attribuito all’organo giurisdizionale per quanto concerneva la decisione del giudice, presa senza sentire le parti né rimediabile attraverso un mezzo d’impugnazione, e propositivo di un’ ipotesi di contraddittorio anticipato nelle forme della camera di consiglio. In questa sede , invece, venne approvato, senza alcun approfondimento relativo ai contenuti, l’emendamento con cui, da un lato, si eliminava la possibilità dell’adozione del provvedimento anche d’ufficio nonché l’indicazione del termine dilatorio da osservare per la comunicazione del decreto e, dall’altro si inseriva la previsione dell’ascolto delle parti sia in occasione del decreto motivato di competenza del presidente, che dell’ordinanza disposta dal giudice del dibattimento.

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La formulazione approvata dalla commissione destava non poche perplessità, sia perché nella modifica si poteva cogliere il chiaro segnale di voler ridurre la portata dell’intervento giurisdizionale, sia perché non si comprendeva come la previsione della necessaria consultazione delle parti avesse potuto sostituire l’altrettanto necessaria notificazione del provvedimento adottato nella fase degli atti preliminari, con tutte le conseguenze prevedibili quanto al corretto esercizio del diritto di difesa.77

Infatti il parere della Camera dei deputati è stato di segno opposto e l’inciso “sentite le parti non figurava più nel testo trasmesso al Senato, nel quale è stata ripristinata invece la formula “anche d’ufficio” che è poi quella inserita nella formula definitiva. Si disse che “le parti non hanno alcuna possibilità di partecipare alla decisione, a costoro non è neanche consentito di impugnare l’ordinanza e il decreto del magistrato”78.

Se si volesse dare un giudizio relativo alla scelta operata dal legislatore del 1998, si può ritenere che la decisione unilaterale del giudice, in ordine all’istaurazione del collegamento audiovisivo per la partecipazione dell’imputato, alleggerisca il meccanismo decisionale in agio ai tempi di adozione del provvedimento. Tuttavia, l’assenza di un contradditorio anticipato rappresenta pur sempre un rischio per la corretta assunzione della decisione e di conseguenza un pericolo per la posizione difensiva dell’imputato sottoponibile al provvedimento in oggetto.

Tutto sommato, una partecipazione corale ad una decisione così gravosa avrebbe offerto un contributo prezioso alla valutazione dei presupposti legittimanti il provvedimento, soprattutto con riferimento alla particolare complessità del processo, il cui giudizio

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L.KALB, La partecipazione a distanza al dibattimento, cit., pag.64

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ha natura articolata e può trovare un utile strumento informativo nello scambio dialettico tra le parti.

Oltre che su considerazioni di ordine logico la critica muove anche su considerazioni di carattere tecnico, legate alla difficoltà cui va incontro la norma nella sua applicazione concreta.

Innanzitutto il contraddittorio diventa un atto doveroso se si pensa all’ipotesi in cui la decisione viene presa, come auspica il relatore79, negli atti preliminari al dibattimento. Occorre tenere in considerazione che in questa fase, durante la quale in realtà il compito del presidente del collegio giudicante è pressoché inesistente, tutto ciò che del processo di futura trattazione gli è noto è lo scarno contenuto del fascicolo del dibattimento( art.431 c.p.p); e non sarà certo semplice dedurre e prevedere da questo la sussistenza di condizioni oggettive discrezionali legittimanti o esigenti la partecipazione audiovisiva, a maggior ragione se l’intervento del giudice non sarà sollecitato da almeno una delle parti ma sarà fatto d’ufficio80.

Si è sottolineato che, se ragioni pratiche, volte a realizzare la tutela di quelle esigenze che hanno ispirato l’utilizzazione dalla partecipazione audiovisiva, fanno ipotizzare la naturale adozione del provvedimento sin dalla fase degli atti preliminari al dibattimento, è altrettanto indispensabile che le parti e soprattutto l’imputato siano

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Contra A.MELCHIONDA, voce Dibattimento a distanza( partecipazione al), cit., pag.191, il quale è indotto a ritenere che, anche per la naturale fisionomia degli atti preliminari, è assai più probabile che la decisione di imporre ad uno o più imputati la partecipazione virtuale dibattimentale, specie nell’ipotesi di cui alla lett b), sarà assunta con ordinanza collegiale, ovviamente, ma non

necessariamente, o in occasione della verifica di costituzione delle parti, o come possibile questione preliminare( che in tal caso potrebbero rientrare per analogia fra quelle indicate nell’art. 491 c.p.p, che vanno definite con ordinanza, come previsto dal comma 5), o ancora congiuntamente all’esposizione introduttiva di cui all’art 493 c.p.p, in quanto occasione ideale per offrire al giudice tutti gli elementi conoscitivi dell’istaurando procedimento.

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poste in grado di conoscere entro un congruo termine le determinazioni alle quali è giunto l’organo giurisdizionale sia per attivare il necessario controllo attraverso gli strumenti processuali disponibili, sia per organizzare nel modo migliore l’esercizio dell’attività difensiva.

Situazioni verificabili nella prassi potrebbero, in teoria, impedire il rispetto del termine dilatorio fissato nel comma 2 dell’art 146bis disp. att. c.p.p. e far slittare l’adozione del provvedimento all’apertura del dibattimento; e ciò si potrebbe determinare, ad esempio, qualora non risultasse tempestiva la trasmissione del decreto con il quale si dispone il giudizio, unitamente al fascicolo per il dibattimento, alla cancelleria del giudice competente, atteso che lo stesso art.432 c.p.p richiede che ciò avvenga senza ritardo, senza però prescrivere un termine ad hoc81.

La sfasatura poi tra il termine dilatorio della comunicazione del decreto alle parti e ai difensori( dieci giorni) e quello per il deposito delle liste testimoniali( sette giorni), non consentirà neppure di accertare, nel dato dell’eventuale molteplicità dei periti e dei testimoni, il parametro della particolare complessità del dibattimento.

L’intendimento dell’imputato detenuto di intervenire al processo o di rinunciarvi non è vincolato a termini dilatori rispetto all’inizio del

81 L.KALB, La partecipazione a distanza al dibattimento, cit. pag.67. Sul termine

dilatorio, il CSM, in Parere richiesto dal Ministero di Grazia e Giustizia sul disegno di legge recante: Disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, nonchè modifica della competenza sui reclami di art.41bis ord. penit., evidenziava che il termine, pur sufficiente alla preparazione della difesa, potrebbe essere di difficile applicazione pratica se non si farà in modo che gli “atti per il dibattimento siano trasmessi con sufficiente anticipo alla cancelleria del giudice competente ad emettere il decreto. Evidenziava altresì l’opportunità che l’ordinanza con cui il giudice del dibattimento dispone la partecipazione a distanza venga comunicata con un congruo anticipo alle parti e ai difensori”.

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dibattimento, ben potendo essere manifestato all’ultimo momento, anche la mattina stessa dell’udienza.

Infine, è facilmente immaginabile che sarà soprattutto il pubblico ministero a doversi fare parte diligente per richiamare l’attenzione del presidente sulla necessità del decreto in questione. Ed essendo questi autorizzato a pronunciarsi inaudita altera parte, il quadro che ne risulta è la conferma di un ulteriore squilibrio di poteri delle parti a discapito della difesa dell’imputato.82

Altro aspetto che potrebbe generare perplessità è legato alle forme che deve assumere il provvedimento introduttivo della partecipazione a distanza: nel corso degli atti preliminari al dibattimento si tratta, infatti, di un decreto motivato del presidente del collegio che va comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell’udienza; nel corso del dibattimento si tratta, invece, di un’ordinanza del giudice, collegiale o monocratico che sia. L’intento è evidentemente quello di rendere più agile possibile l’applicazione della videoconferenza evitando che si debba comunque celebrare la prima udienza con presenza fisica dell’imputato, e consentendo peraltro alle parti e al difensore, attraverso la tempestiva notifica del provvedimento presidenziale, di attrezzarsi il più convenientemente possibile. E tuttavia, tale evenienza non sarebbe forse giustificativa della diversità di trattamento che intercorre tra le due ipotesi di adozione normativamente previste, visto che la decisione collegiale rappresenta comunque una maggiore garanzia e che ben differenti sono i rispettivi regimi di doglianza proponibili contro i due tipi di provvedimento adottabili.

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Tale problematica si presta ad una qualche sdrammatizzazione ove si concluda per una certa qual omogeneità dei meccanismi di controllo averso i due tipi di provvedimento: eppure la diversificazione rimane apprezzabile e potrebbe riverberare i suoi effetti su un altro aspetto del tutto trascurato dalla disposizione in commento, ossia quello della revoca del provvedimento introduttivo della videoconferenza. Una parte della dottrina sottolinea come non pare seriamente controvertibile, a questo proposito, che il venir meno dei presupposti legittimanti la videoconferenza implichi la revoca dell’originario provvedimento ammissivo: ciò, evidentemente, non solo in ragione del generale principio della costante rivedibilità dei provvedimenti ordinatori, ma anche per ragioni di simmetria con il momento introduttivo dell’istituto che sembrano rendere obbligatorio un ritorno all’ordinario regime. Spinta oltre, la stessa esigenza sistematica, unitamente alle peculiarità dei provvedimenti in questione, potrebbe far propendere, anche per il caso di revoca, anche ad una differenziazione tra provvedimenti deputati alla sua adozione; non è irragionevole, peraltro, per una parte della dottrina, ipotizzare che la questione sulla videoconferenza sia riconducibile a quelle preliminari o incidentali, di tal che la revoca del provvedimento che l’abbia disposto debba comunque essere adottata dal giudice con ordinanza; il che renderebbe omologo, seppur in via indotta, anche il suo controllo. Rimane considerevole, invece, la differenza di trattamento tra i due casi sopra individuati con riferimento alla notifica del provvedimento e al termine che ne consegue: qui, l‘esigenza sottolineata anche durante i lavori parlamentari , di prevedere un meccanismo idoneo a far conoscere tempestivamente ed assegnare un congruo termine agli interessati a seguito dell’adozione del provvedimento introduttivo della videoconferenza

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in corso di giudizio è rimasto lettera morta, nonostante l’ipotesi sia funzionale all’organizzazione della difesa. E’ auspicabile, che ove il problema si manifesti esso sia risolto con l’adozione di un provvedimento introduttivo della videoconferenza cui faccia seguito un rinvio del dibattimento per un termine non inferiore a quello previsto per l’ipotesi che lo stesso atto sia emesso nel corso degli atti introduttivi.83

2) Le invalidità e i rimedi processuali

La lacuna maggiormente significativa ravvisabile in materia e che suscita una serie di perplessità sulla tenuta costituzionale della disciplina della partecipazione a distanza, è la mancata previsione di eventuali invalidità collegabili ad un uso non corretto dei poteri conferiti al presidente del collegio ovvero al giudice del dibattimento.

Nulla dice la norma sui risvolti sanzionatori derivanti da una decisione non adesiva ai presupposti richiesti per l’attivazione del collegamento video ovvero ad una decisione di rigetto considerata infondata, né dice alcunché sul mancato rispetto dei termini dilatori imposti alla notificazione del provvedimento, né tanto meno prevede rimedi processuali volti a sanare i vizi del decreto o dell’ordinanza.

La questione è delicata ed è stata oggetto di considerazioni anche nel corso dei lavori parlamentari. Il sen. Fassone, ed esempio, nell’intervento svolto nella seduta del 18 settembre 1997, sosteneva che in mancanza dei presupposti di fatto e di diritto si verificherebbe nullità assoluta, mentre l’esistenza di vizi formali

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indurrebbe a rilevare una nullità relativa; tuttavia l’indicazione non ebbe corso stante la volontà di non disseminare i processi per reati di criminalità organizzata di nullità insanabili. In mancanza di una previsione di una sanzione di carattere speciale si fa riferimento alle tradizionali categorie regolate dagli art. 178 ss c.p.p per colmare le lacune normative considerando che la volontà del legislatore di operare in senso restrittivo è stata accolta favorevolmente dalla giurisprudenza le cui decisioni in materia sono tutte nel segno di un contenimento delle conseguenze sanzionatorie ravvisabili nella decisione imperfetta del giudice. Sottolineando l’impossibilità di ricondurre tutti i possibili vizi ad un'unica categoria di nullità, si operano delle distinzioni in ordine alle varie ipotesi.

Il caso più clamoroso e presumibilmente meno verificabile in concreto, è quello della radicale omissione del provvedimento seppur in presenza dei presupposti applicativi indicati dalla legge. Parte della dottrina, persuasa dalla gravità del vizio, equiparandolo ad una mancata citazione dell’imputato al dibattimento lo riconduce nell’alveo di una nullità di ordine assoluto con riferimento all’art.179, comma 1, c.p.p. 84

Tuttavia, “premesso che l’art. 146 bis disp. att. c.p.p. presuppone necessariamente l’avvenuta citazione dell’imputato attraverso la notificazione del decreto di citazione a giudizio, ipotesi integrante la nullità assoluta deve essere originata da un vizio dell’atto tale da determinare l’omessa citazione secondo le diverse modalità della partecipazione e , di conseguenza ,l’omessa traduzione nell’aula d’udienza”.85

84 D.CURTOTTI NAPPI, I collegamenti audiovisivi nel processo penale, cit., pag.167 85 L. KALB, La partecipazione al dibattimento a distanza, cit., pag. 70. La stessa

giurisprudenza intervenuta sull’art. 429 c.p.p. ha ricondotto le ipotesi di nullità assoluta ai soli casi in cui il difetto del decreto di citazione a giudizio generi un’evidente lesione nel diritto di intervento e di difesa dell’imputato. E così ha

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Un'altra parte, invece, afferma che “la mancanza del provvedimento così come i vizi formali del medesimo o la sua illegittimità, determinano la nullità degli atti compiuti secondo la disciplina eccezionale. Se non altro perché la normativa generale cui si è derogato appare riconducibile alle disposizioni la cui osservanza è comunque presidiata da tale sanzione ai sensi dell’art.178 comma 1 lett c) c.p.p”86 , convogliando ogni ipotesi di difetto del provvedimento dispositivo della partecipazione a distanza in una nullità a regime intermedio.

Tuttavia, premesso che il provvedimento adottato ex art.146bis disp. att. c.p.p. presuppone necessariamente l’avvenuta citazione dell’imputato attraverso la notificazione del decreto di citazione a giudizio, l’ipotesi riguardante la nullità assoluta deve essere originata da un vizio dell’atto tale da determinare l’omessa citazione secondo le diverse modalità della partecipazione e di conseguenza

l’omessa traduzione nell’aula di udienza. Allo stesso modo, gran parte della dottrina ritiene che sia

prospettabile la nullità assoluta qualora il vizio che inficia il provvedimento giudiziale sia idoneo a determinare l’assenza del difensore o del suo sostituto nel luogo in cui l’imputato è detenuto e dal quale viene collegato con l’aula di udienza.

escluso la sanzione più grave nelle ipotesi di decreto contenente “carenza o genericità dell’enunciazione del fatto”( Cass., Sez.VI, 10 luglio 2000, Herbst, in Giur.it, 2001, pag.793), “omessa indicazione della data di comunicazione del reato”( Cass., Sez I, 25 ottobre, 2000, Cosmi, in C.E.D. Cass., n. 218575), “indicazione sommaria delle fonti di prova”( Cass., Sez. I, 12 novembre 1996, Mazza, in C.E.D. Cass., n. 206424), “mancata indicazione dell’luogo di

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