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LA PARTECIPAZIONE A DISTANZA DELL’IMPUTATO AL DIBATTIMENTO A SEGUITO DELLA RIFORMA ORLANDO (LEGGE

103/2017)

Sommario:1) La nuova disciplina a seguito dell’intervento di riforma;2)La parte della dottrina “favorevole” alla riforma;3)I dubbi di legittimità costituzionale sull’estensione dell’istituto

1) La nuova disciplina a seguito dell’intervento di riforma

Alla luce di quanto affermato dobbiamo prendere in considerazione l’ultimo intervento normativo che ha interessato l’istituto della partecipazione a distanza, esaminandone il contenuto e comparandolo con quello relativo alla disciplina precedente; si andrà poi a verificare se, in base alle modificazioni poste in essere, sussistano dubbi di legittimità costituzionale. Il 14 giugno del 2017 la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato, con voto di fiducia, la proposta di legge C. 4368, nota anche come DDL Orlando, intitolata “Modifica al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario” ed avente lo “scopo di rafforzare le garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi”. Tra le innovazioni apportate alle disposizioni di attuazione sicuramente la più significativa ha riguardato la disciplina della partecipazione a distanza che è stata in gran parte rivoluzionata. Deve essere però rilevato che nella iniziale proposta di legge governativa non si faceva alcun riferimento alla videoconferenza, ma questo tema è stato inserito nel disegno di legge dal gennaio 2015, durante il dibattito dinanzi alla Commissione di Giustizia della Camera.

Possiamo sin da subito rilevare come a seguito della legge n 103 del 2017, l’art.146bis disp.att. c.p.p. è stato ridisegnato nel rispetto di coordinate di fondo assai differenti da quelle che lo caratterizzavano

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precedentemente138. Infatti, le ragioni ispiratrici del legislatore che ha introdotto l’istituto non possono di certo affiancarsi a quelle del legislatore odierno. Nel 1998 il contesto si identificava con ragioni di assoluta emergenza dovute alle contingenze dell’epoca stragista “ pertanto comprimere il diritto di difesa dei detenuti di reati di stampo mafioso, poteva tollerarsi quale male minore”. Le logiche del legislatore attuale sono, invece, di segno opposto; “considerato, infatti, che si fatica a concepire una traduzione di detenuti senza un minimum di pericolo almeno potenziale per la sicurezza, appare del tutto evidente che dette logiche siano ispirate a finalità di economia e speditezza del processo.”139

Dalla nuova disciplina sembra emergere una distinzione tra due ipotesi di partecipazione a distanza: una si potrebbe classificare come “discrezionale”; l’altra, come “obbligatoria”.

Le prime erano già presenti nella disciplina originaria e sono soggette a valutazione da parte del giudice da compiersi con decreto motivato. Nella nuova formulazione sono disciplinate dal comma 1 quater dell’art. 146 bis disp. att. c.p.p., che ha fortemente esteso l’ambito operativo rispetto al passato.

Le ipotesi obbligatorie, invece, sono disciplinate dai riformulati commi 1 e 1 bis dell’art. 146 bis disp.att. c.p.p.140

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P. RIVELLO, La disciplina della partecipazione a distanza al procedimento penale alla luce delle modifiche apportate dalla riforma Orlando, cit., pag.4

139 L.BARONTINI, La partecipazione a distanza al dibattimento, in AA.VV, Il

contrasto alla criminalità organizzata, a cura di V.Fanchiotti e M.Miraglia, 2016, Torino, pag.185

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M.DANIELE, La partecipazione a distanza allargata, superfetazioni e squilibri del nuovo art. 146 bis disp. att. c.p.p, in www.penalecontemporaneo.it, 14 dicembre 2017, pag.2. In cui, tuttavia, si specifica “come, in realtà, si tratti di categorie in gran parte sovrapponibili”.

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Ad ogni modo, andando con ordine, l’art.1, comma 77 della legge n.103 del 2017 ha modificato il primo comma dell’art. 146bis disp. att. c.p.p., disponendo che “la persona che si trova in stato di detenzione per taluni delitti indicati nell’art. 51, comma 3bis, nonché nell’art. 407, comma 2, lettera a), n.4) c.p.p partecipa a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali è imputata, anche relativi ai reati per i quali si trova in libertà. Allo stesso modo partecipa alle udienze penali e alle udienze civili nei quali deve essere esaminata quale testimone”. Occorre evidenziare, innanzitutto, che con il termine “partecipa” si vuole indicare come i soggetti di cui al primo comma debbano obbligatoriamente partecipare a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali assumono la veste di imputati. In secondo luogo bisogna sottolineare che risulta così eliminata, con riferimento al primo comma, l’ulteriore previsione contenuta nel testo previgente, in base alla quale la sussistenza dei presupposti soggettivi non era ritenuta di per sé sufficiente. Occorreva infatti la presenza, in via alternativa, di uno dei tre ulteriori requisiti rappresentati: a) dalla sussistenza di gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico; b) dalla particolare complessità del dibattimento e dal fatto che la partecipazione a distanza risultasse necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento( tale esigenza andava valutata anche in relazione alla circostanza che nei confronti dello stesso imputato fossero contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie); c) dal fatto che si procedesse nei confronti di un detenuto al quale risultavano applicate le misure di cui all’art. 41 bis, comma 2, della legge 26 luglio, 1975, n.354 e successive modificazioni. Questa soppressione è particolarmente significativa ed ha fatto parlare di una vera e propria rivoluzione della disciplina della partecipazione a distanza al dibattimento, per effetto di una

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sostanziale mutazione genetica di questo meccanismo141. In tal modo viene fissato come unico requisito per la necessaria attivazione della partecipazione a distanza la qualifica soggettiva dell’imputato, costituita dallo stato detentivo per taluno dei delitti in dicati nell’art. 51, comma 3 bis, nonché art.407, comma 2, lett.a),

n.4 del codice. E’ così delineato “quello che si può definire uno statuto processuale

del detenuto, in attesa di giudizio o condannato, non necessariamente in via definitiva, per reati di criminalità organizzata, spostando l’accento dall’oggetto del procedimento in corso alla causa della detenzione”142.

La rinnovata disciplina quindi svincola la disciplina della partecipazione a distanza da qualsiasi presupposto legato a ragioni di sicurezza e di ordine pubblico ed assicura primazia alle esigenze di celerità dei processi e/o all’organizzazione degli uffici. Appare evidente, dunque, l’automaticità tra lo stato di detenzione cautelare per i riferiti delitti e la preclusione, per l’imputato, di partecipare fisicamente e direttamente al proprio processo, a prescindere da qualsivoglia esigenza di sicurezza collettiva o di ordinato svolgimento del processo. Inoltre si fa riferimento anche a quei processi nei quali l’imputato risponde anche per reati per i quali non sia sottoposto a titolo detentivo e quelli, penali e civili, nei quali

deve essere esaminato come testimone.143 Altro punto di particolare interesse è rappresentato dalla

sostituzione del comma 1-bis dell’art.146 bis disp.att. c.p.p., per

141 Analogamente, M.GIALUZ, A.CABIALE, J. DELLA TORRE, Riforma Orlando, la

modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dir. pen. cont., 20 giugno 2017

142 S.LORUSSO, Dibattimento a distanza vs. autodifesa?, cit. 143

M.MENNA,M.MINAFRA, Il dibattimento: esame a distanza e restyling

strutturale della sentenza, in AA.VV, Riforma della giustizia penale: commento alla legge del 23 giugno 2017, a cura di A.Scalfati, Torino, 2017, pag.

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effetto della quale è stata ora prevista come obbligatoria la partecipazione a distanza alle udienze dibattimentali riguardanti i processi nei quali è imputata una persona ammessa a programmi o misure di protezione, comprese quelle di tipo urgente o provvisorio, e ciò a prescindere dal fatto che sia o meno detenuta. In precedenza la posizione di tali soggetti era valutata solo con riferimento alle ipotesi del cosiddetto “telesame”. Infatti il secondo comma dell’art. 147 bis disp. att. c.p.p. prevede che, ove siano disponibili strumenti tecnici idonei, il giudice o il presidente, sentite le parti, possano disporre anche d’ufficio che l’esame in dibattimento delle persone ammesse a programmi o misure di protezione anche di tipo urgente o provvisorio si svolga a distanza, mediante collegamento audiovisivo. Peraltro mentre il telesame viene configurato come facoltativo la “videopartecipazione” risulta in simili ipotesi obbligatoria.

Va sottolineato come l’integrale riscrittura del comma 1-bis dell’art.146 bis disp. att. c.p.p., riguardante ora la posizione delle persone ammesse a programmi o misure di protezione, determini un rilievo, peraltro facilmente risolubile in chiave interpretativa. Infatti, è stato eliminato il riferimento alla partecipazione a distanza al dibattimento nelle ipotesi in cui si proceda nei confronti dei detenuti ai quali sono state applicate le misure di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Peraltro a conferma del fatto che in questo caso opera comunque il meccanismo in questione, basta esaminare il testo del successivo comma 1ter dell’art.146 bis disp. att. c.p.p. che dispone: “ ad esclusione del caso in cui sono state applicate le misure di cui all’art 41bis della legge del 26 luglio 1975, n.354 e successive modificazioni, il giudice può disporre con decreto motivato, anche su istanza di parte, la presenza alle udienze delle persone indicate nei commi 1 e 1 bis del presente articolo qualora lo

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ritenga necessario”. Il comma in questione è volto, quindi, ad ammettere che il giudice possa derogare al meccanismo della partecipazione a distanza, disponendo invece la presenza fisica dei soggetti cui si applica la disciplina precedente “ ad esclusione del caso in cui sono state applicate le misure di cui all’art. 41 bis della legge 26 luglio 1975, n.354, e successive modificazioni”.

Pertanto, si evidenzia in tal modo come per i soggetti detenuti ai sensi dell’art 41 bis ord. penit. la partecipazione a distanza al dibattimento risulti assolutamente ineludibile. Infine la discrezionalità del giudice ritorna ad operare regolarmente in un’ ipotesi tutta nuova di ricorso alla partecipazione a distanza dell’imputato, completamente diversa rispetto a quelle sino ad ora contemplate144, descritta nel comma 1 quater dell’art.146 bis disp.att. c.p.p. in cui si prevede che “ fuori dai casi previsti dai commi 1 e 1 bis” la partecipazione a distanza possa essere disposta dal giudice, con decreto motivato, “anche quando sussistano ragioni di sicurezza, qualora il dibattimento sia di particolare complessità e sia necessario evitare ritardi nel suo svolgimento, ovvero quando si deve assumere la testimonianza di persona a qualunque titolo in stato di detenzione, presso un istituto penitenziario”.

I requisiti rappresentati dalla sussistenza di ragioni di sicurezza o dalla particolare complessità del dibattimento e dalla necessità di evitare ritardi nel suo svolgimento, espunti dal testo del primo comma della norma, risultano reintrodotti nel comma in esame. Peraltro, non si tratta di una semplice diversa collocazione, ma di un cambiamento molto più rilevante che ha come effetto quello di un sensibile incremento dell’area di operatività della videoconferenza.

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C. PAGAGNO, Le modifiche all’art.146 bis disp. att. c.p.p.,in AA.VV, La riforma Orlando-Modifiche al codice penale, Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, a cura di G. Spangher, Ospedaletto, 2017, pag.217

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Si è infatti sottolineato che “ in sostanza, alcune delle condizioni che, prima della riforma, legittimavano l’operatività della partecipazione a distanza solo in relazione ai processi di criminalità organizzata, ne consentono ora l’applicazione indistintamente, per qualsiasi contesto”145.

Infatti, in precedenza questi requisiti si ponevano quali elementi aggiuntivi, richiesti al fine di permettere l’operatività della videoconferenza qualora risultasse comunque configurato il presupposto rappresentato dallo stato detentivo di un soggetto, imputato per uno dei reati di criminalità organizzata indicati dal legislatore. Ora invece essi non operano più in senso limitativo rispetto a detta ipotesi, ma possono giustificare il ricorso al procedimento dibattimentale a distanza con riferimento ad ogni altra tipologia di reati. Si amplia, quindi, la portata dell’istituto “destinato a diventare sempre più la normalità nei dibattimenti che vedono coinvolti soggetti non in libertà, qualunque sia la natura del procedimento che ha originato lo status detentionis”146. L’art.1, comma 77 della legge 103/2017 ci tiene infatti a precisare che tale previsione opera “fuori dai casi previsti dal comma 1 e 1 bis” . Siamo in presenza di piani diversi e non sovrapponibili. Infatti, mentre il primo comma configura casi di obbligatoria partecipazione a distanza, in relazione a procedimenti di criminalità organizzata, il comma 1 quater si limita ad attribuire al giudice la possibilità di disporre con decreto motivato la partecipazione audiovisiva nei procedimenti non riguardanti tali tipologie di crimini. Si tratta quindi

145 M.GIALUZ, A.CABIALE, J. DELLA TORRE, Riforma Orlando, la modifiche attinenti

al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni,cit., pag.27

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di un’ipotesi “aggiuntiva” rispetto a quelle che potremmo definire “obbligatorie”147.

Proseguendo nell’analisi delle modifiche che hanno interessato l’art.146 bis disp. att. c.p.p. si deve segnalare l’inserimento del comma 4 bis, in base al quale in tutti i processi in cui si procede con il collegamento audiovisivo “ il giudice su istanza, può consentire alle altre parti e ai loro difensori di intervenire a distanza assumendosi l’onere dei costi del collegamento.” In sede di primo commento a tale previsione è stato affermato che la norma forse dice meno di quanto il legislatore in realtà intendesse esprimere “ atteso che pare implicito dover ritenere che la parte e il proprio difensore potranno intervenire a distanza solo dal luogo in cui si deve attivare la partecipazione a distanza dell’imputato o del testimone, non già da un diverso luogo”148.

Non siamo evidentemente in presenza di mere modificazioni di carattere tecnico. Infatti la precedente impostazione appariva caratterizzata dalla consapevolezza che la partecipazione al dibattimento a distanza si traduce in una compressione di determinati diritti fondamentali, la cui giustificazione era individuabile nel bilanciamento di differenti valori costituzionali. La necessaria sussistenza di uno dei tre requisiti caratterizzanti il vecchio primo comma, per quanto essi potessero apparire indeterminati ed evanescenti, permetteva l’ancoraggio alla tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica149. Invece, la riforma Orlando si muove in una prospettiva molto diversa. In sostanza, essa si basa sulla considerazione secondo cui tale normativa non

147 C. PAGAGNO, Le modifiche all’art.146 bis disp. att. c.p.p., cit.,pag.217 148 G.PIZIALI, sub art.1, comma 77 Riforma Orlando, in A. Giarda e G. Spangher,

Codice di procedura penale commentato, Tomo III, V Ed., Milano, 2017, pag.3527

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P. RIVELLO, La disciplina della partecipazione a distanza al procedimento penale alla luce delle modifiche apportate dalla riforma Orlando, cit., pag.9

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comporta alcuna compromissione ai principi dell’oralità e del contraddittorio e all’esercizio del diritto di difesa. Le modalità con cui viene effettuata la partecipazione a distanza al dibattimento vengono ritenute di per sé garanzie sufficienti ad escludere violazioni ai parametri costituzionali. Poiché sono volte ad assicurare la contestuale effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto e perché permettono al difensore o ad un suo sostituto di essere presenti nel luogo ove si trova l’imputato, o, qualora essi scelgano invece di rimanere nell’aula di udienza, di potersi consultare riservatamente con l’imputato, per mezzo di strumenti tecnici idonei. Siamo dunque di fronte ad una sorta di “orgogliosa rivendicazione della validità e legittimità di questa metodologia, senza più alcuna ricerca di giustificazioni ulteriori”150.

Si è osservato come gli automatismi che attualmente caratterizzano l’art.146 bis disp. att. c.p.p., siano sostanzialmente ispirati a due presunzioni: “ la prima di necessarietà della partecipazione a distanza per determinate categorie di soggetti; la seconda di piena surrogabilità della presenza fisica in aula”151. Evidentemente tale soluzione è totalmente ispirata alla volontà di evitare i pericoli, i costi e le difficoltà organizzative delle traduzioni, e di scongiurare la possibilità che determinati detenuti possano entrare in contatto nuovamente con i propri affiliati.

Tutto ciò non ha fatto altro che incrementare i rilievi critici di chi sottolinea la precarietà, l’astrattezza e la virtualità dei processi a distanza, precisando come l’ampliamento del ricorso a questo

150 P. RIVELLO, La disciplina della partecipazione a distanza al procedimento

penale alla luce delle modifiche apportate dalla riforma Orlando, cit., pag.10

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M.GIALUZ, A.CABIALE, J. DELLA TORRE, Riforma Orlando, la modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, cit., pag.28

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meccanismo faccia assumere all’udienza dibattimentale una “dimensione quasi surreale”152 . La partecipazione al dibattimento a distanza rappresenta ormai la forma ordinaria di celebrazione dei procedimenti concernenti i procedimenti di criminalità organizzata, a prescindere dalla sussistenza di ulteriori requisiti. In altri termini, alla luce della riforma operata dalla legge 103/2017, la partecipazione a distanza da eccezione legata alla sussistenza di determinati requisiti diviene la regola per tutti i processi cui è sottoposta la persona che sia detenuta per uno dei gravi reati che la norma richiama. Molto probabilmente, proprio questa circostanza ha indotto il legislatore ad operare la sostituzione del secondo comma dell’art146 bis disp.att. c.p.p. Questo originariamente era volto a prevedere che la partecipazione al dibattimento a distanza potesse essere disposta, anche d’ufficio, dal presidente del tribunale o dalla corte d’assise con decreto motivato, che andava comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell’udienza. Diverse erano le esigenze cui doveva rispondere la disposizione. Infatti, seguendo l’impostazione che caratterizzava il previgente art. 146 bis disp. att. c.p.p., la celebrazione del procedimento a distanza era subordinata alla presenza di uno di requisiti la cui sussistenza doveva comunque essere valutata dall’autorità giudiziaria, con un’analisi i cui esiti non potevano certo darsi per scontati, anche a causa della sostanziale vaghezza nell’indicazione di tali presupposti. I difensori, quindi, non erano in grado di sapere a priori se si sarebbe o meno proceduto con le forme della videoconferenza. Dunque, risultava utile tale preavviso di almeno dieci giorni, al fine di consentire loro di valutare le strategie processuali da adottare, e

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G.SPANGHER, La riforma Orlando della giustizia penale: prime riflessioni, in AA.VV,La riforma Orlando-Modifiche al codice penale, Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario,cit., pag.27 ss.

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cioè decidere se rimanere nell’aula d’udienza o collocarsi nella postazione remota al fianco dell’imputato detenuto. Invece con la riforma operata dalla legge n. 103 del 2017 il fatto stesso che si proceda nei confronti di un soggetto detenuto in relazione a determinati reati di criminalità organizzata, rende immediatamente evidente che in tali circostanze si utilizzerà il meccanismo della partecipazione a distanza.

Per effetto della sostituzione che ha interessato il secondo comma non solo è venuto meno l’obbligo di preavviso di almeno dieci giorni, ma è stata almeno formalmente eliminata menzione al decreto motivato, facendosi ora riferimento ad una semplice “ comunicazione alle autorità competenti nonché alle parti e ai difensori della partecipazione al dibattimento a distanza”. Quindi una parte della dottrina ha formulato la tesi secondo cui non sarebbe più necessario un provvedimento da parte del giudice, e ciò per il semplice fatto che il nuovo primo comma dell’art.146 bis disp.att. c.p.p. dispone un automatismo in presenza di uno status detentionis legato alle fattispecie di reato elencate negli art. 51, comma 3 bis e 407 comma 2 lett. a) c.p.p153. Di conseguenza, nelle ipotesi raffigurate nei commi 1 e 1 bis dell’art. 146 bis disp, att. c.p.p., scompare ogni potere discrezionale da parte del giudice in ordine alla valutazione circa la necessarietà della partecipazione a distanza dell’imputato. In presenza dei reati prima richiamati questo strumento diviene dunque obbligatorio, di modo che al giudice non residua nessun margine di discrezionalità e quindi scompare la necessità di apportare una motivazione in ordine alle ragioni che hanno condotto all’utilizzo dello strumento della partecipazione a distanza.

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Il comma 1 ter attenua almeno in parte tanto rigore, prevedendo la possibilità per il giudice “qualora lo ritenga necessario” e ad esclusione delle ipotesi in cui opera il regime del 41 bis ord. penit., di disporre la presenza alle udienze a tutti i soggetti di cui ai commi precedenti154. La discrezionalità torna ,poi, ad operare regolarmente nell’ipotesi di cui al comma 1 quater dell’art 146 bis disp.att. c.p.p. Tuttavia, con riferimento alla mutata formulazione del secondo comma dell’art. 146 bis disp.att. c.p.p. c’è un’altra parte della dottrina che afferma come tale sostituzione appare difficilmente comprensibile, proprio per il fatto che si può ipotizzare attraverso una prima lettura che alla presenza dei presupposti segua ex lege l’attivazione della partecipazione a distanza, senza necessità di un provvedimento. Si sottolinea come nella realtà anche chi sembra prospettare inizialmente una simile conclusione giunge poi a rigettarla, rilevando che occorre comunque un provvedimento volto ad accertare la sussistenza dei presupposti per l’adozione della partecipazione a distanza. Si evidenza, inoltre, come il terzo comma

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