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4. Generazione di DSM da immagini satellitari ad alta risoluzione

4.3. Correzione geometrica

4.3.3. Modelli razionali

Inizialmente usati dai tecnici dell‟esercito statunitense, si sono poi ampiamente diffusi, tanto che anche le compagnie che gestiscono le piattaforme satellitari li usano per rendere disponibili i dati sulla geometria del sensore. L‟ottimo livello di approssimazione di un modello rigoroso raggiunto permette infatti di non rilasciare né i parametri di orientamento interno ed esterno né i parametri fisici legati al processamento dell‟immagine (proprio per questo sono definiti anche “metodi neri”).

Inizialmente si utilizzavano metodi polinomiali costituiti da polinomi di ordine variabile 2D o 3D, ma queste relazioni non garantivano precisioni sufficienti. Si è pertanto sviluppato il metodo delle funzioni razionali (RPF, Rational Polynomial Function) in cui si utilizza un rapporto tra polinomi di ordine variabile per modellare la relazione tra coordinate a terra e coordinate immagine, costituendo di fatto una forma generica delle equazioni rigorose di collinearità.

Le coordinate immagine dei punti (i, j) vengono espresse come rapporti tra polinomi contenenti le coordinate a terra (latitudine λ, longitudine , altezza ):

in cui le coordinate sono solitamente normalizzate per evitare mal condizionamenti del problema dovuti ai differenti ordini di grandezza tra le coordinate terreno e quelle immagine e denormalizzate dopo il processo di stima per ottenere i valori finali. Le generiche relazioni adottate per ottenere il valore normalizzato sono del tipo:

in maniera da ottenere valori compresi nell‟intervallo -11 o 01, con i parametri di normalizzazione

forniti nel file metadata.

L‟ordine di tali rapporti è solitamente minore o uguale di 3: maggiore è il grado migliore è l‟approssimazione del modello rigoroso, ma ordini superiori non migliorano sensibilmente i risultati a

tutti i coefficienti che compongono ciascun polinomio. Analiticamente, infatti, ogni polinomio è del tipo: dove gli aijk rappresentano i 20 coefficienti (RPCs, Rational Polynomial Coefficients) della funzione polinomiale.

Nonostante come si è detto tale metodo sia indipendente dalle caratteristiche fisiche del processo di acquisizione, è in realtà possibile stabilire un legame con i coefficienti dei diversi ordini del polinomio [53]:

- i termini di primo grado rappresentano distorsioni dovute alle proiezioni ottiche (traslazioni, rotazione, variazione di scala);

- i termini di secondo grado modellano correzioni collegate alla curvatura terrestre, alla rifrazione atmosferica, alla distorsione delle lenti (torsione e convessità dell‟immagine acquisita);

- i termini di terzo grado sono infine relativi ad altri effetti incogniti ed a distorsioni più complesse.

Sostituendo quindi le funzioni polinomiali nelle relazioni per il calcolo delle coordinate, le RPF diventano:

in cui, per il fatto che il primo coefficiente a numeratore (a0, c0) è indipendente dalle coordinate terreno ed il primo coefficiente a denominatore (b0, d0) è solitamente posto pari ad 1, si hanno in tutto i seguenti coefficienti da determinare in funzione dell‟ordine:

- 1° ordine: 7 coefficienti per ogni relazione, 4 al numeratore e 3 al denominatore; - 2° ordine: 19 coefficienti per ogni relazione, 10 al numeratore e 9 al denominatore; - 3° ordine: 39 coefficienti per ogni relazione, 20 al numeratore e 19 al denominatore.

Analogamente è possibile utilizzare le formule inverse, vale a dire per passare dalle coordinate immagine a quelle terreno, anche se raramente si ricorre a tale formulazione [60]. Le relazioni in tal caso diventano:

Come descritto per i metodi rigorosi nel paragrafo precedente, disponendo di un numero sovrabbondante di GCPs, tutti i parametri delle equazioni descritte vengono stimati e raffinati usando il metodo dei minimi quadrati. Un‟accurata analisi può inoltre migliorare la stima dei parametri identificando a priori quanti siano ridondanti (soprattutto quelli di ordine maggiore nel denominatore) [4][19].

Per ottenere un miglioramento della stima effettuata, la relazione che lega coordinate oggetto ed immagine può essere espressa nella forma [17][27]:

in cui i termini permettono una compensazione del bias derivante da traslazioni ed effetti di taglio: - descrivono una trasformazione affine; tre punti sono sufficienti, ma è

bene acquisirne di sovrabbondanti come controllo. In questo modo il parallelismo tra le linee e le distanze relative tra gli oggetti sono preservate, è possibile effettuare rotazioni, variazioni di scala, riposizionamenti ed applicare effetti di taglio, ma non rastremazioni e distorsioni prospettiche.

- modellano traslazioni ed effetti di taglio.

- modellano solamente la traslazione; un solo punto è necessario, ma almeno un secondo da usare come punto di controllo è consigliabile.

Correzioni di ordini superiori, che richiedono almeno sei GCPs, sono molto più sensibili alla distribuzione dei punti stessi e non apportano miglioramenti significativi dei risultati.

Questo affinamento si rende spesso necessario ad esempio a causa di piccoli errori di modellazione dei parametri di orientamento del sensore da parte dei gestori delle immagini durante la loro fase di pre-elaborazione: ciò, a causa del ridotto FOV, può comportare anche bias di alcuni metri (ovviamente variabili ed indipendenti per ogni immagine analizzata) cui è appunto possibile rimediare solitamente con semplici shift (spesso non è infatti necessario ricorrere alla trasformazione affine).

Nel caso in cui gli RPCs non siano forniti assieme alle immagini, si dispone di due metodi per estrarli:

- direttamente dai GCPs (terrain dependent scenario): in tal caso il numero di punti necessari è funzione dell‟ordine del polinomio, per cui nel caso di un terzo ordine sono necessari almeno 39 punti, anche se solitamente meglio avere una ridondanza di circa il 20% per effettuare una migliore stima ai minimi quadrati. La stima ottenuta in questo caso può però non essere soddisfacente in quanto completamente dipendente dalle caratteristiche dell‟area rilevata e dai

Questa soluzione solitamente non è impiegata e, nel complesso, i valori ricavati non risultano più stabili e vantaggiosi rispetto a metodi più tradizionali quali le semplici funzioni polinomialì 2D e 3D.

- direttamente dal modello rigoroso del sensore (terrain independent scenario): in tale maniera la funzione polinomiale opera il miglior fitting possibile tra la griglia 2D dell‟immagine ed una griglia 3D creata sull‟oggetto ripreso: tale griglia, che planimetricamente ricopre l‟intera area in esame, per la determinazione della quota si basa su griglie a differenti livelli ottenuti tagliando l‟intero intervallo di quote della zona. In questo modo le coordinate planimetriche dell‟oggetto sono calcolate a partire da un punto immagine (sulla griglia 2D) impiegando il modello rigoroso del sensore (le equazioni di collinearità risolte) per una quota specificata (intersecando dunque uno degli n strati della griglia 3D), poi gli RPCs sono calcolati mediante una soluzione ai minimi quadranti con input le coordinate immagine e quelle oggetto estratte dalla griglia. In questo caso i risultati sono migliori ma è necessaria la conoscenza dei parametri del sensore, ed è pertanto il metodo solitamente impiegato dai gestori delle piattaforme per generare i coefficienti distribuiti assieme alle immagini (in questo caso si parla solitamente di “metodi grigi”). L‟accuratezza ottenuta, pari ad alcuni metri, deve comunque essere migliorata con l‟impiego di alcuni GCPs durante il processo di elaborazione eseguito dall‟utente finale.

In relazione a quest‟ultimo approccio, diverso è, ad esempio, lo standard adottato dalle due principali ditte: SpaceImaging (IKONOS II, GeoEye-1), e DigitalGlobe (QuickBird, WorldView-1). Nel primo caso l‟utente non può impiegare direttamente un modello rigoroso, sviluppato dalla ditta per creare RPC forniti insieme alle immagini e comunque applicato senza l‟impiego di GCPs, necessitando dunque di un raffinamento per eliminare effetti di bias che riducono l‟accuratezza di georeferenziazione dei dati forniti (sono di solito sufficienti due traslazioni).

Al contrario, DigitalGlobe ha fornito le caratteristiche del proprio sensore alle principali ditte di software, che hanno potuto implementare il modello per l‟ortorettificazione delle immagini, fornite con informazioni aggiuntive sull‟orbita e comunque con gli RPC per l‟uso anche di metodi polinomiali. In conclusione va comunque ricordato che, in relazione a possibili spostamenti dei sensori conseguenti al lancio (§2.3), solitamente i coefficienti sono calcolati per l‟intera immagine costituita dalla “linea virtuale” dei sensori affiancati, pertanto le deformazioni del singolo CCD non sono modellate e possono dunque generare difetti e cali della precisione ottenibile [5].

Anche applicando modelli razionali è possibile l‟orientamento di strereocoppie: in questo caso si ricorre all‟impiego della Direct Linear Transformtion (DLT) con almeno 6 GCPs per calcolare i parametri che servono all‟identificazione delle coordinate terreno approssimate dei TPs, in modo da poter poi linearizzare le equazioni e stimare la soluzione sempre con il metodo dei minimi quadrati.

Nonostante il progressivo abbandono dei modelli polinomiali ed il raffinamento di quelli razionali, i principali svantaggi legati a tale metodo sono:

- necessità di un elevato numero di GCPs nel caso non siano forniti gli RPC da raffinare; - importanza della distribuzione dei GCPs;

- possibili distorsioni in aree lontane dai GCPs; - elevata sensibilità agli outliers;

- incapacità di modellare le distorsioni locali.

Proprio per questo, solitamente, per ottenere accuratezze elevate è preferibile ricorrere ai modelli rigorosi; buoni risultati, tuttavia, sono ottenibili mediante le RFM anche con un ridotto numero di GCPs in terreni pianeggianti.