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4. Generazione di DSM da immagini satellitari ad alta risoluzione

4.3. Correzione geometrica

4.3.1. Modelli rigorosi

Un modello rigoroso si basa sull‟impiego delle equazioni di collinearità e conduce alla ricostruzione del segmento orbitale all‟istante di presa in funzione dei parametri orbitali, degli angoli di assetto, dei parametri di orientamento interno e di autocalibrazione, tutti valori noti in modo approssimato e le cui correzioni sono stimate col metodo dei minimi quadrati. A differenza però del caso fotogrammetrico tradizionale, l‟acquisizione da satellite comporta migliaia di linee adiacenti ciascuna acquisita da una ben precisa posizione, legata alle caratteristiche orbitali della piattaforma, e con propri angoli di assetto. Determinare dunque le relazioni tra linee adiacenti è fondamentale per ricostruire la geometria completa della scena.

Per legare dunque tutti gli elementi necessari alla soluzione del problema forniti in maniera approssimata nel file metadata, è necessaria una serie di rotazioni per mettere in relazione i diversi sistemi di riferimento in cui ogni gruppo di informazioni è espresso.

- Sistema sensore (SS): l‟ origine è nel centro di presa, l‟asse Z è parallelo all‟asse ottico ed è diretto verso il sensore, l‟asse X è diretto approssimativamente lungo la direzione di moto del satellite ed è a questa tangente, l‟asse Y completa la terna destrorsa ed è approssimativamente parallelo all‟array di elementi fotosensibili (a meno di rotazioni attorno all‟asse Z).

- Sistema immagine (SIm): bidimensionale, descrive la posizione di ciascun pixel nell‟immagine. L‟origine è nel primo pixel in alto a sinistra, l‟asse Y è parallelo all‟array con direzione concorde a quella del sistema sensore, mentre X è perpendicolare all‟array nella direzione di moto del sensore. La sua rotazione rispetto al sistema sensore è dunque nulla, si ha solo una traslazione del centro del sistema.

- Sistema satellite (SSa): allineato al sistema di volo quando i tre parametri di assetto sono nulli. - Sistema di volo (SV): origine nel centro prospettico, asse X tangente all‟orbita nella direzione di

moto del satellite, asse Z contenuto nel piano orbitale e diretto verso il centro di massa terrestre, l‟asse Y completa la terna destrorsa.

- Sistema orbitale (SO): il piano XY è quello orbitale, con asse X diretto lungo la linea nodale (intersezione tra piano orbitale ed equatoriale) ed assi Y e Z a completare la terna destrorsa (nell‟ipotesi di orbita kepleriana la coordinata Z del satellite è dunque nulla).

- Sistema geocentrico inerziale (ECI, Earth Centered Inertial system) (SI): origine nel centro di massa terrestre, asse X diretto verso l‟equinozio di primavera dell‟epoca J2000 (1 gennaio 2000, ore 12 UT), asse Z diretto verso il Polo Nord celeste sempre dell‟epoca J2000 e asse Y a completare la terna destrorsa.

- Sistema geocentrico (ECEF, Earth-Centered Earth-Fixed system) (SG): origine nel centro di massa terrestre, asse X definito dall‟intersezione del piano equatoriale e di quello del meridiano di riferimento, asse Y a completare la terna destrorsa.

- Sistema geodetico locale (SL): centrato in un punto dell‟ellissoide, asse N tangente al meridiano locale, asse E tangente al parallelo locale ed asse Up diretto lungo la normale all‟ellissoide con direzione uscente.

Figura 4-2 - Sistemi di riferimento

Definite le rotazioni attorno ai tre assi di un sistema cartesiano ortogonale, positive se orarie osservate in direzione del semiasse positivo della terna, come:

la trasformazione globale che permette il passaggio dal sistema geocentrico inerziale a quello sensore è esprimibile come:

dove:

: per passare dal sistema geocentrico inerziale a quello di volo, funzione dei parametri

orbitali kepleriani e variabile al variare del tempo, dunque della riga in acquisizione:

con (anomalia vera +

argomento del perigeo, vedi oltre);

: per passare dal sistema di volo a quello satellite con gli angoli di assetto, dunque in

funzione del tempo: ;

: per il passaggio dal sistema satellite a quello del sensore, tiene conto della perdita di

parallelismo tra i due sistemi, valore che si mantiene costante per ogni scena acquisita.

La rotazione dal sistema geocentrico inerziale a quello ECEF è poi scomponibile in più passaggi per tenere in considerazione i movimenti spaziali terrestri ed il fatto che l‟asse di rotazione non è fisso:

con

: che descrive il moto polare (coordinate dell‟asse di rotazione relativo al polo di riferimento IERS);

: che descrive la rotazione terrestre attorno al proprio asse (e quindi descritta dal tempo siderale);

: che descrive la nutazione (oscillazione periodica ed a breve termine dell‟equatore, dovuto all‟attrazione che Sole e Luna esercitano sulla Terra);

: che descrive la precessione (cambio secolare di orientamento dell‟asse di rotazione terrestre e dell‟equinozio di primavera, dovuto all‟attrazione che Sole e Luna esercitano sulla Terra).

Il passaggio diretto dal sistema ECEF a quello del sensore avviene dunque tramite:

Come detto nel paragrafo 2.2, l‟orbita satellitare può essere descritta tramite le leggi di Keplero, secondo cui un punto materiale (il satellite) si muove in un piano descrivendo un‟orbita ellittica se soggetto ad un campo gravitazionale generato da una massa concentrata in un punto. La posizione del satellite alla generica epoca T è esprimibile mediante sette parametri orbitali:

- semiasse maggiore (a): semiasse maggiore dell‟orbita ellittica;

- inclinazione dell’orbita (i): angolo, positivo se antiorario, fra il piano orbitale e quello equatoriale (convenzionalmente valore compreso nell‟intervallo 0π);

- ascensione destra del nodo ascendente (): angolo al centro della Terra misurato dall‟equinozio di primavera al nodo ascendente, positivo se antiorario osservandolo dal Polo Nord;

- eccentricità (e): eccentricità dell‟orbita ellittica;

- anomalia vera (v): angolo misurato nel centro dell‟ellisse tra il perigeo e la posizione del satellite all‟epoca T, di valore 0 al perigeo;

- argomento del perigeo (ω): angolo tra la linea nodale ed il semiasse maggiore, misurato nel piano orbitale dal nodo ascendente al perigeo, definisce l‟orientamento dell‟orbita nel suo piano. - tempo di passaggio al perigeo (Tp): tempo riferito all‟epoca in cui il satellite è più vicino alla Terra.

Figura 4-3 - Parametri orbitali

Per calcolare tali valori sono necessarie le effemeridi (informazioni relative a velocità e posizione del satellite ad intervalli di alcuni secondi), non sempre contenute in maniera esaustiva nel metadata file rilasciato assieme alle immagini (quali quelle GeoEye-1, QuickBird Standard OrthoReady, Cartosat-1, IKONOS II), in cui si ha invece un‟unica posizione media del satellite espressa dai valori di:

- azimuth (α): positivo se orario e misurato dal Polo Nord, indica la posizione del satellite in relazione alla porzione di superficie terrestre acquisita.

Tali informazioni, assieme ad altre quali l‟inclinazione dell‟orbita ed il suo semiasse maggiore, comunque note, permettono di risalire anche agli altri valori incogniti [35].

Per quanto riguarda l‟assetto del sensore, descritto al paragrafo 4.3 ed espresso come detto nel sistema di volo, i valori approssimati degli angoli sono stimabili sempre dal file metadata; le correzioni da applicare a tali valori possono essere ricavate dall‟applicazione di polinomi di secondo ordine del tipo (che hanno dimostrato buoni risultati in diversi test eseguiti):

in cui è il tempo di acquisizione del pixel del punto a terra espresso in secondi e i coefficienti sono calcolabili con una soluzione ai minimi quadrati. In particolare, il tempo può essere espresso come con tempo di integrazione (§2.3) e è la j-esima riga di acquisizione. Nel caso di acquisizione in modalità reverse (§2.3) la relazione diventa , con numero totale delle righe dell‟immagine. Se poi, in modalità forward, lo scan azimuth a è di 90°, la direzione di acquisizione (Ovest-Est) è perpendicolare a quella di moto del satellite, per cui per ogni pixel immagine è necessario applicare la rotazione .

Passando ai parametri di orientamento interno, questi descrivono gli elementi geometrici intrinseci del sensore: per sensori pushbroom si ricorre alla definizione della distanza focale f, distanza tra centro prospettico e piano focale. Per quanto riguarda invece i parametri di autocalibrazione, essi permettono di correggere errori geometrici tipici dell‟array di CCD e del sistema ottico impiegato [44].

Riferendosi al sistema sensore, i principali errori dell‟array CCD sono:

- variazioni della dimensione del pixel (px, py), che comportano variazioni di scala dpx, dpy;

- traslazioni e rotazioni del CCD nel piano focale, che comportano shift costanti dpc, dpc e una rotazione ;

- incurvamento del sensore nel piano focale in direzione x>0:

con:

Np: numero di pixel del sensore

: angolo al centro sotteso dall‟intero sensore; ‟: angolo al centro relativo al generico pixel;

Relativamente agli errori del sistema ottico si ha:

- spostamento del punto principale: spostamento del punto principale P(xP, yP) di una quantità costante pari a xP, yP;

- variazioni della lunghezza focale f, per cui:

- distorsione radiale simmetrica, modellata con polinomi di ordine pari o dispari del tipo:

con riconducibile a in quanto la componente in x risulta trascurabile;

- distorsione da decentramento, modellabile a partire dalle relazioni di Brown con polinomi del tipo:

in cui solamente è significativo.

Data comunque l‟elevata correlazione fra gli errori tipici del sensore e quelli del sistema ottico, tipicamente quelli implementati nella modellazione risultano essere:

- le coordinate del punto principale (valide anche per gli spostamenti del sensore nel piano focale), I0, Y0;

- la rotazione del sensore nel piano focale, k;

- le variazioni della lunghezza focale (valide anche per la variazione della dimensione del pixel), f; - la distorsione simmetrica delle lenti in direzione y, dL.

- l’incurvamento nel piano focale,  (in realtà non sempre valutato).

Ultimo aspetto da tenere in considerazione consiste nella rifrazione atmosferica, che comporta un incurvamento del percorso del raggio ottico dovuto alla progressiva diminuzione di densità dell‟atmosfera allontanandosi dalla superficie. Tale effetto ha una differente ripercussione sulle immagini acquisite anche in funzione della risoluzione delle stesse e dell‟assetto del satellite durante le prese; in aggiunta, le variazioni possono essere quasi omogenee su tutta la zona oppure avere una distribuzione disomogenea (in questo caso trovare quindi una soluzione a tale effetto comporta una miglior stima dei parametri incogniti). Per poter dunque applicare le equazioni di collinearità in maniera corretta, ovvero con raggi rettilinei, tale effetto deve essere modellato al fine di calcolare la coordinata immagine corretta di ciascun punto terreno. La soluzione più adottata consiste in un metodo analitico [39] per il calcolo dello spostamento d di ciascun punto terreno dovuto all‟incurvamento del raggio, assumendo un‟atmosfera a simmetria sferica; tale approccio si basa su 4 equazioni fondamentali:

1. legge rigorosa sulla rifrazione per il calcolo dell‟angolo zenitale rifratto, z‟:

con:

z‟: angolo zenitale sulla superficie terrestre in P‟; z0: angolo zenitale in P;

0: indice di rifrazione dell‟aria al livello del mare.

2. equazione, discendente da relazioni geometriche, per lo spostamento del punto, d:

con:

R: raggio della Terra;

z: angolo zenitale tra il raggio non rifratto e la verticale nel punto reale di intersezione P‟. 3. formula empirica per il calcolo dell‟angolo zenitale nello spazio, z:

con W altezza dello strato a densità uniforme.

4. formula empirica per il calcolo dell‟indice di rifrazione dell‟aria, :

con rapporto tra densità ad una data altitudine e densità al livello del mare, calcolabile con un modello atmosferico che tiene in considerazione i valori caratteristici dell‟aria al variare di pressione, quota, peso molecolare, latitudine.

Con riferimento alla Figura 4-4, il raggio rettilineo è PSp (con S centro della prospettiva e p punto immagine), ma il punto terreno P è in realtà proiettato in posizione P’ a causa dell‟effetto della rifrazione. La correzione permette di calcolare la spostamento d dovuto alla rifrazione e la conseguente posizione di P’ sul terreno a partire dall‟angolo di off-nadir, da cui si calcola un primo orientamento che trascura la rifrazione e permette di stimare l‟angolo di off-nadir con cui ogni punto terreno è rappresentato. Così, da P e P’ è possibile calcolare le coordinate immagine di p e p’ per stimare le componenti di correzione per rimuovere l‟effetto di ciascun punto immagine e poter raffinare i parametri di orientamento.

Figura 4-4 - Effetto della rifrazione atmosferica

La Tabella 4-1 mostra in conclusione l‟ordine di grandezza dell‟incurvamento dei raggi sul posizionamento di un punto a terra al variare dell‟angolo zenitale (arrestato ad un valore di 50°, limite per le acquisizione ad esempio di immagini IKONOS II).

Angolo zenitale non rifratto z0 [°] Angolo zenitale rifratto z’ [°] Rifrazione Spostamento per rifrazione d [m] z0 – z’ [°] 10 9.9971 0.0029 0.47 20 19.9939 0.0061 1.06 30 29.9904 0.0096 1.97 40 39.9860 0.0140 3.62 45 44.9834 0.0166 5.03 50 49.9802 0.0198 7.21

Tabella 4-1 - Effetto dell'incurvamento dei raggi, dovuto alla rifrazione atmosferica, sul posizionamento di un punto a terra in funzione dell’angolo zenitale

Definiti quindi tutti i parametri, è possibile esprimere in forma vettoriale la soluzione del problema come:

Figura 4-5 - Modello per la proiezione centrale (a); equazioni di collinearità nel sistema ECI

con cui scrivere le equazioni di collinearità che legano, tramite una proiezione centrale, le coordinate del satellite (XS, YS, ZS) con le coordinate di un punto P nello spazio immagine (xI, yI, f) (f è la distanza focale) e del corrispondente punto terreno (XT, YT, ZT), per comodità tutte espresse nel sistema ECI:

da cui

con d distanza del centro del satellite dal punto terreno e ux, uy, uz componenti del versore u diretto dal satellite al punto terreno. Esprimendo le relazioni nel sistema sensore si ha:

da cui

dove dI è la distanza tra centro prospettico e punto immagine, .

Dividendo infine la prima e la seconda relazione per la terza, si ottiene la forma classica delle equazioni di collinearità:

che possono anche essere riscritte esplicitando alcuni dei parametri descritti in precedenza:

Figura 4-6 - Parametri per la scrittura delle equazioni di collinearità

Quindi tutti i parametri descritti in precedenza e che compaiono nella formulazione descritta devono essere introdotti a partire dal metadata (a, i, , e, v, ω, , θ, Ψ, f, I0) oppure per semplicità posti pari a zero (ai, bi, ci, J0, k, dL).

Le correzioni dei valori approssimati di tali parametri sono stimate basandosi su un congruo numero di GCPs, per i quali è appunto possibile scrivere le equazioni di collinearità, essendo di coordinate note a terra e facilmente riconoscibili sulle immagini. Poiché però il tempo di acquisizione è assai ridotto, l‟orbita percorsa dal satellite nel frattempo è di poche decine di chilometri, per cui alcuni parametri kepleriani sono trascurabili (a, e, ω), mentre altri (i, , TP) sono correlati sia tra di loro che con l‟assetto del sensore ed i parametri di orientamento interno e di auto calibrazione (f, I0, J0, k, dL): i parametri effettivamente stimabili risultano quindi (ai, bi, ci, TP, f, I0, J0, k, dL). Per ottimizzare dunque tale fase, controlli statistici possono essere introdotti per evitare instabilità dovuta ad eccessiva correlazione e calcolo di parametri non significativi. Con il metodo dei minimi quadrati è poi possibile stimare i parametri incogniti del modello per ricostruire la geometria di presa dopo aver opportunamente linearizzato le equazioni di collinearità, oltre a residui sui GCPs impiegati.

Nel caso di immagini stereoscopiche, il modello risulta nella sostanza invariato: è bene pre- elaborare le due immagini separatamente, tenendo in considerazione il fatto che solo se sono state acquisite in modalità in-track i parametri orbitali sono i medesimi. Dopo questo primo step, un raffinamento con un block adjustment è necessario, valutando anche il possibile ricorso a Tie Points (punti omologhi riconosciuti esclusivamente sulle immagini, di cui non sono dunque note le

coordinate terreno) per irrigidire il modello: per ottenere le coordinate terreno di tali punti, dato che non si avrà una perfetta intersezione dei raggi omologhi, si identificano i due alla minima distanza, per poi mediarne le coordinate.