• Non ci sono risultati.

“the “eco” prefix to ecomuseums means neither economy, nor ecology in the common sense, but essentially human or social ecology”

Hugues De Varine

Rispetto alle tante esperienze elaborate dalla Nouvelle Muséologie e dai movimenti di democratizzazione delle pratiche museali, l’ecomuseo si caratterizzò per l’attenzione primaria ad un patrimonio culturale diffuso e condiviso tra le comunità, non racchiuso tra quattro mura, ma disseminato nel territorio circostante. Nonostante sia difficile includere li concetto di ecomuseo in categorie ben precise e determinate, vista la diversità insita in ogni realtà socio-culturale, esistono tuttavia alcuni elementi strutturali che contraddistinguono tale esperienza dai musei tradizionali, specialmente quelli di tradizione etnografica. La definizione proposta da Rivière e De Varine, i padri fondatori dell’ecomuseo, indica una comparazione con i musei tradizionali in cui si mettono in luce le essenziali differenze, da cui poi deriveranno le successive interpretazioni da parte di numerosi museologi58 (Cfr. Maggi, Murtas 2004: 7-9):

MUSEO ECOMUSEO

Edificio Territorio

Collezione Patrimonio

Pubblico Popolazione

Innanzitutto, è la struttura stessa del museo a cambiare, laddove il concetto di edificio non rappresenta più l’unico luogo deputato alle pratiche museali, ma questo si allarga all’intero territorio circostante, che

58

Cfr. anche Corsane, G. 2005: 109-111 (par. Key principals of ecomuseum ideal). Corsane individua ventuno indicatori possibili per descrivere l’ecomuseo ideale suddivisi in tre categorie: “democratic and participatory nature of

ecomuseums”; “what an ecomuseum includes and covers”; “what an ecomuseum can do and the approaches and the methods often used in ecomuseology”.

60 contribuisce ad arricchire (e diviene esso stesso) il patrimonio del museo. In secondo luogo, infatti, il museo non sarà identificato esclusivamente tramite una collezione di oggetti, ma la collezione diventerà patrimonio, naturale e culturale, materiale ed immateriale, di cui l’ecomuseo deve essere in grado di riconoscere il valore. La forma ecomuseale è attenta in questo ad adottare politiche di sviluppo sostenibile, non solo in funzione di una gestione e di un consumo responsabile delle risorse rinnovabili e non rinnovabili, ma soprattutto attraverso una consapevolezza comune del valore di queste risorse. Tali responsabilità dovranno essere prese in carico, infatti, sia dai poteri governativi, che da ciascun cittadino parte della comunità, consapevoli che il patrimonio rappresenta un insieme di risorse in continua evoluzione, ma che allo stesso tempo deve essere protetto e preservato poiché nella maggior parte dei casi è unico e dunque non rinnovabile. La terza caratteristica interessa infatti la riscoperta di una dimensione locale, in cui l’ecomuseo non si rivolge ad un pubblico passivo, ma alla comunità, alla popolazione, cui è attribuito un ruolo partecipativo, educativo e stimolante. Scrive Maggi a tal proposito: «gli ecomusei sono nati quando ci si è resi conto che esisteva un bene comune, sinteticamente definibile come “patrimonio locale”»59. L’ecomuseo diviene dunque una realtà in cui le professionalità e i rappresentanti dei gruppi sociali, insieme agli amministratori e ai poteri locali contribuiscono a formare una rete collegata di identità, idee, valori ed attività.

Riprendendo le parole di Rivière (1985: 182-183), l’ecomuseo deve essere uno “specchio”, uno strumento che stimola la consapevolezza delle comunità, che accresce la conoscenza di sé e della propria cultura e che incoraggia dunque allo sviluppo di una certa autostima, fondamentale per apprezzare anche gli altri, la quale, tuttavia, non deve mai riflettersi e chiudersi su se stessa, rischiando di trasformare il museo in una realtà che esalta esclusivamente il proprio orgoglio comunitario (Maure 2005: 60-70). Il museologo Marc Maure parla infatti di “finestra”, più che di specchio, aperta alle interrelazioni con il mondo esterno. E in quanto specchio-finestra, aperta al dialogo, l’istituzione museale diviene un mezzo fondamentale per presentarsi ai visitatori, per farsi conoscere, per interagire con loro attraverso diverse attività. Secondo Rivière l’ecomuseo deve assumere infatti le responsabilità di centro di conservazione, di laboratorio di ricerca e di scuola, per valorizzare il proprio patrimonio, salvaguardando il passato ed aprendosi verso il futuro. Il visitatore deve quindi essere considerato un ospite con cui commisurarsi e non un semplice cliente, per evitare che la realtà museale si trasformi in una “vetrina” per turisti (Maure 2005).

Come sostenuto da De Varine (2005c: 60), l’ecomuseo rappresenta uno dei mezzi educativi più efficaci nel condurre le singole persone alla presa di coscienza della propria responsabilità nei confronti della

59 Vedi www.ires.piemonte.it/pdf/gli-ecomusei-cosa-sono.pdf

61 comunità, della società e dell’ambiente. Questo viene confermato anche dalla definizione dell’IRES60, che

parla di “patto” tra la comunità e l’istituzione e descrive appunto l’ecomuseo come: «un’iniziativa museale dietro cui sta un patto con il quale la comunità si impegna a prendersi cura di un territorio» (Maggi, Murtas 2004: 8). Il patto risulta quindi qualcosa di informale, ma generalmente condiviso da tutti i soggetti coinvolti, i quali, nel saper “prendersi cura” di un territorio, fatto di paesaggi naturali, di storie umane e relazioni vissute, devono conservarlo, tutelarlo e valorizzarlo, consapevoli della sua continua trasformazione. Oggi l’ecomuseo può favorire la conservazione e la promozione delle realtà più svantaggiate, colpite dagli effetti della globalizzazione, tra cui la standardizzazione della cultura. in questi casi il ruolo del museo contribuisce a garantire la diversità socio-culturale, soprattutto nelle aree rurali, o nelle zone urbane più sfavorite, concorrendo a mantenere in vita lo sviluppo territoriale, sociale, culturale ed anche economico di queste zone. Non si tratta in questo caso di mantenere immutato un patrimonio per salvaguardarlo dagli effetti del tempo, ma piuttosto «di avviare localmente (…) una riflessione collettiva e virtualmente infinita, sull’identità di un luogo a partire dalla conoscenza della sua storia e dall’analisi del rapporto tra passato e presente» (Cancellotti 2011: 103).

60 IRES –Istituto Ricerche Economiche Sociali: Associazione no profit, fondata nel 1979, le cui principali attività si

riferiscono alla promozione, progettazione e realizzazione di progetti incentrati sullo sviluppo economico-sociale con attenzione alle politiche sociali e i diritti di cittadinanza, al lavoro, al territorio e alle innovazioni tecnologiche.

62

Capitolo Quinto – Il museo in Africa

Giunti a questo punto, è bene rivolgere la nostra attenzione all’Africa, per delineare la storia dei musei nel panorama africano, concentrandoci, in particolare, su quella “relazione di illegittimità”, su cui si avviò il sistema museale africano. Dovremmo quindi tornare alle origini, per comprendere più chiaramente la complessa e diversificata situazione dei musei africani oggi.

Cosa stava accadendo in Africa, mentre in Europa i manufatti etnografici andavano ad affollare le vetrine dei musei e delle esposizioni coloniali nelle capitali del vecchio continente? Come abbiamo precedentemente accennato, l’apparizione del museo in Africa vedrà la luce solamente a partire dalla fine del XIX secolo, quando il regime coloniale messo in atto dalle potenze europee verrà enormemente potenziato.