7 Modelli e legami costitutivi
7.2 Modelli costitutivi
7.2.2 Modello viscoelastico lineare
Un materiale si definisce viscoelastico quando si verificano al contempo le seguenti condi-zioni: la curva di scarico è differente da quella di carico e la deformazione può venire completa-mente o solo parzialcompleta-mente recuperata in seguito alla rimozione del carico applicato in un certo tempo. Un materiale viscoelastico risponde ad una sollecitazione in modo strettamente dipenden-te dal dipenden-tempo e dalla velocità di applicazione del carico. È negli anni ’50 che ebbero inizio i primi tentativi per la rappresentazione fisico-meccanica del comportamento del conglomerato bitumi-noso mediante l’adozione delle teorie della viscoelasticità. I modelli costitutivi viscoelastici li-neari sono più adatti per rappresentare il comportamento del materiale quando le entità delle de-formazioni sono più elevate14 e il periodo di applicazione del carico prolungato. In questa situa-zione, la sua risposta sarà certamente influenzata dalla viscosità e il modello elastico lineare non può più rappresentare sufficientemente bene il comportamento del conglomerato bituminoso.
Un materiale viscoelastico presenta uno stato deformativo caratterizzato dai campi di elastici-tà iniziale, elasticielastici-tà ritardata e deformazione viscosa sotto carico costante. I modelli viscoelastici che sono nati nel passato tentavano di ricostruire una o più di queste situazioni. In linea generale si può affermare che più il modello era semplice, più presentava difetti di rappresentazione del reale comportamento del materiale.
I modelli viscoelastici lineari trattano le tensioni applicate o le deformazioni subite come se fossero la somma di una componente elastica e una componente viscosa. Le due componenti so-no descritte rispettivamente, in funzione della deformazione, dalla legge di Hooke (σ = E·ε) e, in
funzione della velocità di deformazione, dalla legge di Newton (σ = η·̇). In altre parole si può schematizzare il comportamento del materiale attraverso un modello meccanico costituito da una molla caratterizzata da una costante elastica e da un pistone caratterizzato da uno smorzamento viscoso. I due modelli viscoelastici più semplici che stanno alla base di successive complicazioni sono:
- Modello di Maxwell; - Modello di Kelvin-Voigt.
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Il modello di Maxwell è caratterizzato da una combinazione in serie di una molla e di un pi-stone. Secondo questo modello, la tensione totale agente sul sistema risulta essere uguale sia sul-la molsul-la che sul pistone:
σTOT = σE = ση
dove:
- σTOT è la tensione totale del materiale; - σE è la tensione agente sulla molla; - ση è la tensione agente sul pistone.
Il sistema subisce un allungamento che è la somma degli allungamenti di molla e pistone. Tali allungamenti, rapportati alla lunghezza iniziale di tutto il modello, rappresentano le deformazio-ni:
εTOT = εE+ εη
dove:
- εTOT è la deformazione totale del sistema; - εE è la deformazione della molla;
- εη è la deformazione del pistone.
Per come è concepito e schematizzato il modello, si riesce a studiare la deformazione elastica istantanea data dalla molla e, successivamente, la deformazione viscosa data dal pistone. Il mo-dello non è in grado di rappresentare la deformazione elastica ritardata.
111 Il modello di Kelvin-Voigt è caratterizzato da una combinazione in parallelo di una molla e di un pistone. Secondo questo modello, la tensione totale agente sul sistema risulta essere la somma di quella agente sulla molla e di quella agente sul pistone:
σTOT = σE+ ση
dove:
- σTOT è la tensione totale del materiale; - σE è la tensione agente sulla molla; - ση è la tensione agente sul pistone.
Il sistema subisce un allungamento uguale per tutti i componenti del sistema. Tali allungamenti, rapportati alla lunghezza iniziale di tutto il modello, rappresentano le deformazioni:
εTOT = εE=εη
dove:
- εTOT è la deformazione totale del sistema; - εE è la deformazione della molla;
- εη è la deformazione del pistone.
Per come è concepito e schematizzato il modello, si riesce a studiare la deformazione elastica ri-tardata in quanto il pistone costringe la molla a muoversi in modo solidale. Il modello non è in grado di rappresentare la deformazione elastica istantanea e la deformazione viscosa.
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I modelli di Maxwell e il modello di Kelvin-Voigt sono inadeguati a descrivere il reale com-portamento di un materiale con caratteristiche di viscoelasticità se non in particolari condizioni al contorno che, per un materiale con legante bituminoso, possono essere tempi di carico molto brevi e basse temperature (risulta adeguato il modello di Maxwell) o tempi di carico molto lunghi e alte temperature (risulta adeguato il modello di Kelvin-Voigt) .
Successivamente, dalla combinazione del modello di Maxwell e del modello di Kelvin-Voigt venne proposto il modello di Burger. Tale modello è costituito da una coppia molla-pistone in parallelo e una coppia molla-pistone in serie e risulta in grado di rappresentare tutte e tre le fasi deformative: elastica, elastica-ritardata, viscosa. Nel momento in cui si applica il carico si verifi-ca una deformazione elastiverifi-ca istantanea e, contemporaneamente, inizia a manifestarsi una defor-mazione viscosa. Subito dopo, ha inizio una defordefor-mazione elastica ritardata la quale, una volta esauritasi, cede il passo alla fase viscosa. Al cessare del carico si ha dapprima un recupero elasti-co, poi un recupero elastico ritardato fino al raggiungimento del grado di deformazione irreversi-bile che rappresenta la condizione si stabilità.
Figura 7.5 Modello di Burger: coppia molla-pistone in parallelo e coppia molla-pistone in serie
Anche il modello di Burger, sebbene più complesso di quello di Maxwell e di Kelvin-Voigt, risulta non sufficientemente ricco per rappresentare il fenomeno reale di viscoelasticità di un ma-teriale con un legante bituminoso o polimerico dal momento che la deformazione elastica e vi-scosa non possono essere caratterizzate da una sola costante elastica e un solo smorzatore visco-so. Per tali motivi, sono comparsi modelli composti da un sistema di n modelli di Maxwell di-sposti in parallelo che hanno preso il nome di modello di Maxwell generalizzato, oppure modelli composti da un sistema di n modelli di Kelvin-Voigt disposti in serie che hanno preso il nome di modello di Kelvin-Voigt generalizzato.
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