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Il modello di welfare giapponese

1.6 Le conseguenze della crisi globale del

2.1 Il modello di welfare giapponese

Sebbene a seguito della Seconda guerra mondiale molti giapponesi si affidavano a risparmi personali o sul supporto dei familiari, sia il governo che compagnie pri- vate avevano già da tempo provveduto per l’assistenza di malati, disabili e per le persone anziane.

Agli inizi degli anni ’20, il governo aveva cominciato a promuovere una serie di programmi per il welfare, basandosi principalmente sul modello europeo, nel fornire assistenza medica e supporto finanziario. In quest’ottica le spese governative subi- rono un aumento dal 6% del PIL nei primi anni’70, al 18% nel 198930.

Tutte le forme di servizi per la salute sono forniti dal governo sia a livello nazio- nale che locale. Il pagamento dei servizi avviene tramite un sistema di assicurazione medica i cui costi sono decisi da una commissione governativa. A partire dal 1973 tutte le persone anziane sono state coperte da un’assicurazione promossa dal go- verno, e i pazienti sono liberi di scegliere i luoghi e i medici per la cura.

Nel 1965 le spese governative per le assicurazioni sanitarie nazionali ammontavano a circa un trilione di yen per raggiungere la cifra di circa 20 trilioni di yen nel 1985. Tuttavia un problema di questo sistema, già di per se parecchio costoso, era una cattiva distribuzione del personale medico che si concentrava principalmente nelle città piuttosto che nelle zone rurali31.

Alla metà degli anni ’70 le assicurazioni mediche, l’assistenza per gli anziani e le spese pubbliche per la salute costituivano circa il 60% dei costi per il welfare, mentre negli anni ’80 solo il mantenimento del sistema pensionistico corrispondeva al 50%

30 Cfr. Ronald E. Dolan and Robert L. Worden, Japan: A Country Study, 1994, Washington: GPO for the Li-

brary of Congress, p. 123

40 dei costi di welfare, ovviamente a causa del miglioramento delle condizioni di vita e conseguente allungamento della durata della stessa.

Verso la fine degli anni ’80 iniziarono ad effettuarsi dei cambiamenti nel sistema con tre diversi livelli di assistenza governativa distinti per ogni area geografica. Inoltre sia a livello politico che amministrativo si riconobbe l’esigenza di unificare i vari sistemi di assicurazioni e un metodo per contenere i costi.

La principale riforma nel sistema pubblico pensionistico è avvenuta nel 1986, quando si sono unificati diversi piani in un unico piano di assicurazione pensioni- stica per i lavoratori. Un altro aspetto di questa riforma è stato quello di ridurre i benefici e contenere gli aumenti dei contributi da parte dei lavoratori. Inoltre la ri- forma ha anche stabilito il diritto per le donne casalinghe di usufruire dei benefici pensionistici per loro conto e non solo in quanto dipendenti da un coniuge lavora- tore.

Chiunque avesse un’età compresa tra i 20 e i 60 anni era a tutti gli effetti membro di questo piano di riforma del sistema pensionistico32.

Durante gli anni ’90 lo scenario politico giapponese cambiò grazie alla nuova riforma elettorale che permise l’emergere di nuove realtà politiche. Grazie a questo cambiamento le politiche di welfare andarono modificandosi specialmente a causa di tre fattori:

 Il primo, appunto, prevedeva l’aumento nel numero di nuovi parlamentari che non erano appartenenti al partito egemone Liberal Democratico e che trovarono una loro affermazione;

 Il secondo si è manifestato grazie alla presenza di nuove realtà partitiche, che apriva verso nuove frontiere legislative in termine di politiche di welfare;

41  Il terzo, riguardava l’emergere delle grandi coalizioni, che basandosi sul mo-

dello europeo, permetteva il funzionamento di un sistema di riscossione delle tasse più semplice.

Certamente le riforme attuate in questo periodo andarono ad alterare il prece- dente sistema di welfare giapponese. Tutti i programmi introdotti negli anni ’90 avevano un unico fattore comune, ovvero per la prima volta, ci si concentrava sui bisogni dei lavoratori percettori di reddito e sulle loro famiglie.

Nonostante i continui problemi fiscali, dovuti allo scoppio della bolla speculativa, vi furono meno tagli alle spese di welfare negli anni ’90 piuttosto che durante gli anni ’80. Al contrario, il sistema andò espandendosi in quegli anni, con nuovi pro- grammi sociali che includevano l’assistenza all’infanzia con l’introduzione di benefici economici (dato che prima non erano retribuiti), un nuovo piano della durata di dieci anni per combattere il basso tasso di fertilità (il cosiddetto “Angel Plan”), be- nefici per la reintroduzione nel mercato del lavoro per i lavoratori anziani, e un si- stema di assicurazione di lungo termine33.

In Giappone le compagnie, come si è detto precedentemente, sono responsabili nel fornire ai propri impiegati le varie tipologie di sistemi assicurativi, includendo assicurazioni sanitarie, assicurazioni pensionistiche, assicurazioni di impiego, e assi- curazioni sui risarcimenti dei danni subiti a lavoro. Di norma il datore di lavoro copre tutti i costi relativi a quest’ultima tipologia di assicurazione, ma tutte le altre tipolo- gie prevedono che le spese siano condivise in maniera equa sia dal datore di lavoro che dall’impiegato.

Un’importante tassello nel mosaico del sistema di welfare e tutela dei lavoratori è costituito dalla Legge per il Salario Minimo, introdotta nel 1947, anche se venne applicata a partire dal 1959, il cui scopo era quello di proteggere i lavoratori con un basso salario. Il livello minimo veniva stabilito da Consigli Speciali costituiti da mem- bri del governo, lavoratori, e rappresentanti degli impiegati.

In questo senso fino alla metà degli anni ’80 vi erano quattro principali federazioni di lavoratori:

33 Margarita Estevéz-Abe, Welfare and Capitalism in Postwar Japan, 2008, Cambridge University Press, p.

42  Il Consiglio Generale dei Sindacati del Giappone (General Council of Trade Unions of Japan), Nihon Rōdō Kumiai Sōhyōgikai, conosciuto come Sōhyō, che rappresentava una grande porzione di impiegati nel settore pubblico;  La Confederazione Giapponese del Lavoro (Japan Confederation of Labor),

Zen Nihon Rōdō Sōdōmei conosciuto come Dōmei;

 La Federazione dei Sindacati Indipendenti (Federation of Independent Labor Unions), conosciuto con il nome di Churitsu Roren;

 La Federazione Nazionale delle Organizzazioni Industriali (National Federa- tion of Industrial Organizations), conosciuta come Shinsanbetsu.

Nel 1987 il Dōmei e il Churitsu Roren furono sciolti e amalgamati in un nuova strut- tura di sindacato: la Federazione Nazione dei Sindacati del Settore Privato (National Federation of Private Sector Unions), il cui nome era abbreviato in Rengō, al quale nel 1990 si unì lo stesso Sōhyō formando così una nuova entità sindacale lo Shin Rengō.

La partecipazione dei lavoratori a queste organizzazioni sindacali era il 35,4% nel 1970, percentuale che andò sempre più diminuendo nel corso degli anni ’80. Il motivo alla base di questo declino nella partecipazione era dovuto a numerosi fattori, ma principalmente la causa fu dettata dalla riorganizzazione dell’industria giapponese dalla precedente forma di industria pesante. Infatti negli anni ’80 molte persone che iniziarono a partecipare alla forza lavoro del Paese venivano assunti in più piccole compagnie del settore terziario, nel quale vi era una generale inclina- zione a non partecipare alle organizzazioni sindacali.

Le relazioni tra le organizzazioni lavorative e le compagnie sono usualmente molto strette tra loro. Sia i lavoratori d’azienda che non, delle maggiori compagnie, parte- cipano in modo automatico alle unioni sindacali. Tuttavia i lavoratori temporanei

43 vengono esclusi da questo meccanismo automatico, e lo staff manageriale spesso è costituito da precedenti membri delle unioni sindacali34.