• Non ci sono risultati.

Spesa pensionistica italiana sul PIL

4.6 La nuova riforma del Jobs Act

In Italia, esiste un divario ben noto tra la dimensione della flessibilità, ora ampia- mente introdotta, e la dimensione della sicurezza sociale, in quanto l’attuale sistema di indennità di disoccupazione è complesso, frammentato e disorganizzato e non in grado di coprire e sostenere tutti i disoccupati.

Una situazione del genere non è stata effettivamente risolta dalla recente riforma e dall’introduzione da parte del Ministro del Lavoro Fornero di un nuovo strumento sociale chiamato “Aspi” (una nuova indennità di disoccupazione) con la Legge n. 92 del giugno 2012116. Nei fatti, quest’ultimo non ha ampliato la platea degli aventi

diritto ai sussidi di disoccupazione, che rimangono legati alla condizione di aver posseduto un contratto di lavoro nei due anni precedenti alla data di disoccupa- zione. Inoltre, questo sussidio di disoccupazione ha una durata limitata e non copre tutti i lavoratori indipendenti che hanno terminato di lavorare per un certo progetto, collaboratori, lavoratori atipici e precari, che anzi costituiscono una grande parte di nuovi posti di lavoro, soprattutto tra i giovani.

Infine, il sistema italiano di sostegno alla disoccupazione non è collegato, in gene- rale, alle politiche attive, come i programmi di integrazione nel mercato del lavoro, i programmi di ricerca di posti di lavoro e di formazione in grado di agevolare l’in- gresso nel mercato dei disoccupati. In sostanza, sembra che possiamo dire che in Italia, la realizzazione di un “modello di flessicurezza” dovrebbe portare a migliorare gli interventi per la disoccupazione, e a incrementare gli elementi di sicurezza, come la protezione sociale e l’occupazione. A peggiorare la situazione, l’attuale crisi finan- ziaria ed economica ha portato ad un considerevole aumento dei tassi di disoccu- pazione e ad una maggiore domanda di protezione del reddito117.

116 Cfr. Legge 28 giugno 2012, n. 92 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2012/07/03/012G0115/sg 117 Cfr. Pasquale Tridico, Riforme del mercato del lavoro, occupazione e produttività: un confronto tra l’Italia

112 Nel contesto di integrazione europea verso la realizzazione del progetto “Europa 2020”, basato sull’attuazione di politiche di natura macroeconomica va ad inserirsi la riforma del mercato del lavoro promossa dall’esecutivo Renzi del Jobs Act.

Prima dell’approvazione del Jobs Act, sono stati introdotti in Italia tre importanti interventi legislativi:

 La legge 196/97118 (meglio nota come legge Treu, dal nome del ministro del

lavoro del governo Dini che l’ha proposta); questa legge introduce e regola- menta numerose forme di lavoro flessibile sottratte alla disciplina dell’arti- colo 18119 (come il lavoro interinale) e, soprattutto, estende la possibilità di

utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative come contratti atipici di lavoro subordinato;

 La legge 30/03120 (comunemente nota come legge Biagi) che accresce ulte-

riormente, rispetto alla legge Treu, le tipologie ammesse di contratti di lavoro flessibili e a tempo determinato;

 La riforma dell’articolo 18 effettuata dal governo Monti (e dal ministro For- nero), che sottraeva dall’ambito di applicazione dell’articolo i licenziamenti dovuti a un giustificato motivo oggettivo, quelli legati cioè ai problemi di funzionamento economico dell’impresa; la possibilità di ricorrere all’articolo 18 veniva limitata oltre che, naturalmente, alla (mancanza di) giusta causa ai soli licenziamenti per (mancanza di) giustificato motivo soggettivo, quelli le- gati a un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavora- tore121.

118 Cfr. Legge 24 giugno 1997, n. 196 http://www.camera.it/parlam/leggi/97196l.htm 119 Cfr. Legge 20 maggio 1970, n. 300 dello Statuto dei Lavoratori

120 Cfr. Legge 14 febbraio 2003, n. 30, http://www.camera.it/parlam/leggi/03030l.htm

121 Cfr. Giorgio Rodano, Il mercato del lavoro italiano prima e dopo il Jobs Act, Università di Roma Sapienza,

113 Sempre sulla “scia” europea, anche riforma del Jobs Act tende a seguire il corso della “flessicurezza”, in cui la tutela del posto di lavoro:

 Cresce con l’avanzamento di carriera e anzianità, attraverso la promozione per tutti i nuovi assunti, di contratto a tempo indeterminato, appunto a tutele crescenti;

 Viene generalizzata a tutti i lavoratori disoccupati, a qualunque titolo, la pos- sibilità di usufruire di sussidi di disoccupazione;

 Viene significativamente aumentata la dimensione di questi sussidi;

 Vengono potenziati gli istituti che promuovono l’incontro tra imprese e la- voratori, ossia aiutano le imprese a riempire i loro posti vacanti, e i disoccu- pati a trovare un nuovo posto di lavoro122.

È ancora tutto da valutare l’impatto sul mercato del lavoro della recente riforma del governo Renzi. Tuttavia, se da una parte emerge una volontà di ridurre o elimi- nare la varietà di forme contrattuali flessibili che hanno creato precarietà, introdu- cendo il contratto di lavoro unico a tutele crescenti, rimangono molti dubbi circa l’effettiva capacità di sostituzione di questo contratto rispetto alle forme contrattuali atipiche sicuramente più convenienti tuttora vigenti.

Probabilmente nei decreti attuativi del Jobs Act potranno esserci incentivi fiscali per favorire il contratto unico, ma è un dato di fatto che l’immensa varietà contrat- tuale atipica non sia stata eliminata. Inoltre, molti dubbi rimangono circa l’effettiva protezione offerta ai lavoratori dallo stesso contratto unico: quest’ultimo infatti in- serirà tutele crescenti per i lavoratori, ma nei primi tre anni prevede la possibilità di interruzione del rapporto di lavoro in modo diverso rispetto alla norma ordinaria vigente (articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) comunque rivista dal Jobs Act.

114 Anche rispetto agli oneri sociali a carico del datore di lavoro, il contratto unico offre nei primi tre anni protezione, contributi e diritti inferiori rispetto al contratto ordi- nario a tempo indeterminato. In questo contesto è facile immaginare che ci sarà un incentivo implicito per il datore di lavoro, di non raggiungere la scadenza per cui il contratto a tutele crescenti diventi un contratto tutelato pienamente. Infine, le forti limitazioni introdotte dal Jobs Act rispetto all’articolo18 sulla possibilità di licenzia- mento vanno nella direzione di ridurre ulteriormente la protezione legislativa dell’occupazione123.