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Il secondo governo Abe e l’Abenomics

1.6 Le conseguenze della crisi globale del

1.8 Il secondo governo Abe e l’Abenomics

Nel contesto di un Giappone ancora in recessione a causa dello scoppio della bolla speculativa degli anni ’90 e della crisi finanziaria globale del 2008 la seconda amministrazione di Shinzō Abe nella seconda metà del 2012 si trovò a fronteggiare un Paese che versava in condizioni difficoltose.

Era chiaro che il Giappone stesse affrontando numerose sfide: una persistente de- flazione, una società che andava invecchiando in combinazione ad una decrescente forza lavoro, crescita potenziale in declino e un debito pubblico sempre in aumento resero chiara la necessità per un nuovo approccio23.

È stato in questo scenario che il Primo Ministro Abe tra la fine del 2012 e la prima metà del 2013 presentò una nuova linea d’azione, con lo scopo di ravvivare l’eco- nomia giapponese, che si diramava in tre azioni politiche o “frecce”: un forte alleg- gerimento monetario, una politica fiscale flessibile e delle riforme strutturali per fa- cilitare la crescita potenziale.

Alla base di questa manovra economica vi era l’idea che si sarebbe potuta eliminare l’endemica deflazione giapponese innescando l’alleggerimento monetario, mentre gli stimoli fiscali avrebbero abbassato i tassi di interesse reali e stimolato gli investi- menti, i consumi, e le esportazioni. Le riforme strutturali avrebbero incoraggiato la fiducia nel breve termine e assicurato una maggiore crescita sostenuta nel lungo termine24.

Per poter mantenere le aspettative era necessario portare a compimento tutte le tre linee d’azione e ottenere il successo della nuova politica macroeconomica cono- sciuta con il nome di Abenomics.

23 Cfr. Dennis Botman, Stephan Danninger, Jerald Schiff, Can Abenomics Succeed? Overcoming the Legacy of

Japan Lost Decades, 2015, International Monetary Fund, p. 2

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1.8.1 La prima “freccia”: la politica monetaria

Nell’aprile 2013 la Banca del Giappone diede inizio alla nuova politica macroeco- nomica annunciando la politica monetaria dell’alleggerimento quantitativo e quali- tativo (QQE Quantitative and Qualitative Monetary Easing) il cui scopo era il rag- giungimento di un tasso di inflazione fisso al 2% nell’arco di un biennio.

A differenza delle politiche monetarie implementate negli anni precedenti, per po- terla rendere effettiva, la Banca del Giappone decise che avrebbe perseguito il QQE per tutto il tempo necessario a raggiungere l’obiettivo di partenza, senza porre una scadenza, e inoltre fu chiaro sin da subito che per poter essere effettiva, questa nuova manovra sarebbe stata dipendente dalle azioni complementari degli stimoli fiscali e delle riforme strutturali.

La nuova politica monetaria avrebbe dovuto essere applicata ai prezzi e all’eco- nomia reale in quattro diversi modi:

 Il QQE avrebbe trattenuto i tassi reali di interesse di lungo termine, au- mentato la domanda interna e stimolato la produzione;

 L’acquisto da parte della Banca del Giappone di grandi quantità di titoli di Stato dalle istituzioni finanziarie avrebbe portato a riequilibrare il port- folio, includendo una maggiore vendita di titoli di stato sia sul mercato interno sia internazionale;

 Una maggiore comunicazione e aumento dell’attuale inflazione avrebbe di conseguenza aumentato le aspettative di inflazione futura;

 Il momentaneo deprezzamento dello yen avrebbe aiutato l’aumento dell’inflazione e ridotto a sua volta il vuoto creatosi nella produzione25.

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1.8.2 La seconda “freccia”: la politica fiscale

Il governo si trovò a fronteggiare la delicata situazione di equilibrare azioni fiscali mirate senza comprimere eccessivamente la crescita, specialmente durante il pe- riodo iniziale dello Abenomics. Fu necessario un piano chiaro e convincente per cer- care di ridurre il debito pubblico.

Già a partire dagli anni ’90 il debito pubblico netto continuò a salire da un 13% ad un 134% del PIL nel 2012, mentre l’ammontare del debito pubblico lordo corrispon- deva al 240% del PIL, il più alto tra le economie sviluppate.

Tuttavia nonostante il tasso di debito pubblico sia così alto esso è sempre stato finanziato senza problemi dati i grandi acquisti di titoli di stato da parte di investitori interni.

La riforma Abenomics propose l’uso di stimoli fiscali come primo passo economico nel breve periodo mentre prometteva i necessari aggiustamenti che sarebbero stati fatti nel lungo termine. Il ponte di collegamento sarebbe stato fornito da un piano fiscale di medio termine che sarebbe stato sufficientemente credibile nel mante- nerne la fiducia degli investitori e ad evitare bruschi picchi nei rendimenti dei titoli di stato che avrebbero minacciato l’intera operazione26.

Questo piano fiscale ovviamente sarebbe dovuto basarsi su una serie di misure volte a ridurre il deficit di debito pubblico e comprendere un aumento degli incentivi nel settore lavorativo e sugli investimenti. Allo stesso tempo avrebbe cercato di con- trollare la spesa, principalmente quella riguardante le condizioni di welfare sull’in- vecchiamento della popolazione, e contemporaneamente aumentare il reddito in- terno.

1.8.3 La terza “freccia”: riforme strutturali

Le riforme strutturali proposte dal nuovo governo Abe vengono considerate la chiave di volta dello Abenomics, il quale non potrebbe avere successo basandosi solo sulla politica monetaria e fiscale. Sin dai primi giorni dell’amministrazione Abe

36 vi fu una concreta speranza nei confronti di queste riforme, difatti lo stesso Primo Ministro, dopo il “lancio” delle prime due “frecce” ha posto una forte enfasi sulle strategie di crescita, il tutto favorito dalla maggioranza stabile del Partito Liberal Democratico in entrambe le Camere dopo le elezioni che hanno segnato la caduta del Partito Democratico, portando la popolarità di Abe a livelli altissimi.

Le strategie di crescita, successivamente rivisitate nel 2014, stanno cominciando a creare un profilo ben delineato:

 Per poter compensare il declino della forza lavoro, la strategia mira ad au- mentarla grazie alla partecipazione femminile, aumentare il numero di lavo- ratori anziani e l’assunzione di lavoratori stranieri;

 La partecipazione al TPP (Trans-Pacific Partnership) e altri accordi commer- ciali aiuterebbe il Giappone ad integrarsi rapidamente nei mercati asiatici in crescita, aumentare gli investimenti stranieri sia nell’importazione sia nell’esportazione, e incentivare la deregolamentazione del settore agricolo e di altri settori. Le cosiddette “zone economiche speciali” diventerebbero il “laboratorio” in cui testare questa rimozione del controllo governativo;

 Una più bassa imposta sui redditi di impresa e una migliorata gestione azien- dale aiuterebbero ad abbassare gli alti risparmi aziendali;

 Una rinnovata serie di azioni politiche trasformerebbero lo stabile settore fi- nanziario in un motore per la crescita.