Capitolo 1: Rappresentazione e Televisione
5. Il mondo dei media e della televisione
La televisione non, può e non deve essere considerata fine a sé stessa e separata dalla vita di tutti i giorni, in quanto come è già stato fatto notare esercita, non solo in Giappone, un’influenza sul pubblico. Lo stesso può essere detto dei media in generale, in quanto:
“Se non esistono come spazio esterno al mondo sociale in cui si articolano, i mezzi di comunicazione di massa esistono dunque ben radicati nella vita quotidiana, e lì vanno studiati se vogliamo capirne il rapporto con le strutture di potere.”24
Nel suo “identità catodiche”, Vereni pone l’accento sul legame indissolubile che esiste tra il mondo aldilà dello schermo e quello della vita di tutti i giorni. Un legame che rende la dimensione dei media uno specchio che riflette atteggiamenti e tendenze appartenenti alla società che ha elaborato il prodotto da loro trasmesso, adattandolo, in maniera più o meno vicina al reale, a allo specifico codice del media utilizzato.
Non si deve però dimenticare che il messaggio mediato da questo specchio deformante ha comunque dall’altra parte un qualcuno che ne osserverà le forme e proverà a decodificarle nella sua specifica e personale maniera. Il pubblico è infatti parte integrante del meccanismo dei media e ne costituisce un ingranaggio essenziale che viene definito da Roger Silverstone come active audience, che si riferisce sia alla natura di interprete assunta dallo spettatore ma anche a quella di mediatore sociale, che reintroduce il messaggio recepito al di fuori della fruizione mediatica.25
Secondo Vereni, ognuno di questi prodotti che viene consumato dal pubblico può incrementare, conformare o mediare la “realtà”, la quale è comunque sempre in parte in funzione delle esperienze pregresse le quali a loro volta includono anche quelle di natura mediatica26. Si viene così a creare un circolo di influenza reciproca tra la vita di tutti i giorni e l’esperienza ottenuta attraverso i media, che rende necessario analizzare non solo la società in generale ma anche le esperienze dei singoli spettatori per comprendere al meglio quale sia l’influenza delle due realtà
23YOSHIMI, Television …, Cit., p.460 24VERENI, Identità catodiche…, Cit., p.18 25SILVERSTONE, Television…, Cit., pp.257-266
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l’una sull’altra. È vero che i le due realtà sono inscindibili, ma va considerato che pur essendo interdipendenti i due mondi non sono intercambiabili e che quindi la giusta attenzione va dedicata separatamente ad ognuno dei due.
Andrebbe comunque notato che non sarà fatta un’analisi dei programmi fine a sé stessa o al mondo dei media, in quanto:
“È altrettanto implausibile pensare alla vita reale come un’esperienza assolutamente immediata e completamente separata dalle rappresentazioni culturali, quanto pensare alla televisione come fosse “il mondo reale”27
La società esercita ed eserciterà sempre una sua influenza sui suoi prodotti. Si dovrebbero quindi tenere in conto durante questa analisi le caratteristiche della società giapponese e il rapporto di base che intercorre tra stranieri e giapponesi all’interno di essa.
I media sono infatti strumenti di potere, ed essendo legati alla società ne riflettono o sovverto in parte queste strutture. Anche il rapporto tra le diverse culture deve sottostare a questi rapporti di potere che inevitabilmente traspaiono in maniera volontaria o incidentale, che in alcuni dei casi presi in esame va creando una gerarchia ben precisa tra i giapponesi e i non giapponesi. Si vedrà come questi programmi in una certa maniera offrano ai loro spettatori uno strumento di potere al fine di ottenere una vittoria morale sulle loro controparti, che molto spesso servirà soltanto ad esaltare la grandezza giapponese in sé stessa piuttosto che a denigrare l’altro. Tutto questo discorso sarebbe però inutile se i programmi non riuscissero a fare breccia nei cuori degli ascoltatori così da divenire popolari. Per capire qual è il carattere che dà spessore alla narrazione, rendendo più interessanti questi programmi, ci si deve rifare a alle due categorie in cui gli sceneggiatori televisivi dividono il mondo della fiction: high concept e low concept. Questi due termini, che stanno principalmente a tracciare una differenza di tipo economico tra i due generi, si riferiscono il primo al tipo di fiction i cui protagonisti presentano un carattere preciso e le loro azioni coincidono con un fare specifico (come ad esempio l’indagine di un omicidio), mentre il secondo a quella che sembrerebbe ruotare strutturalmente attorno alla definizione dei personaggi perennemente alla ricerca di una loro collocazione sociale o affettiva28. Stando a Vereni è proprio il tono low di un’opera che le dà valore29.
27TOMLINSON, Jhon, Media Imperialism, in Cultural Imperialism: A Critical
Introduction, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1991, in VERENI, “Identità catodiche…”, Cit., p.17
28VERENI, Identità catodiche…, Cit., p.62 29 Ibidem p.63
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Come si è osservato quando si è parlato nello specifico del mondo della televisione in Giappone, si è notato come alla base dei suoi programmi di successo vi sia proprio un flusso di sentimenti tipico del low concept. Nello specifico i programmi che si andrà ad analizzare sono ampiamente concentrati su dei personaggi che portano avanti degli obbiettivi di vita ben precisi cercando il loro posto nel mondo o che si trovano alla ricerca di una persona speciale che li possa completare. Anche quando ovviamente si trova l’high concept a fare da filo conduttore per la narrazione, saranno sempre i sentimenti dei personaggi a rappresentare il fulcro nascosto o non di ogni episodio preso in esame.