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LA FENOMENOLOGIA DI MERLEAU-PONTY E IL PROBLEMA DELL’INTENZIONALITÀ

2. IL MONDO DELLA VITA

La lettura degli inediti di Husserl e dei saggi di Fink, Landgrebe e Landsberg contenuti nella «Revue internationale de philosophie», spinsero Merleau-Ponty ad

approfondire i temi husserliani. Il soggiorno a Lovanio, infatti, si rivelò fruttuoso perché egli ha avuto l’occasione di esaminare la parte inedita della Crisi, una parte di Idee 2 e altri manoscritti.25 Su questa base, il filosofo francese affronterà un altro concetto importante, quello di mondo-della-vita. Merleau-Ponty, infatti, è stato uno dei primi studiosi a valorizzarlo e a farne, insieme con l’intenzionalità fungente, un tema basilare della sua fenomenologia. Per rendersene conto basta vedere quante volte ricorre la

23

Ivi p. 222, tr. fr. p. 240-41.

24 Ibidem.

25 Tra cui il saggio “Umsturz der kopernikanischen Lehre: die Erde als ur-Arche bewegt sich nicht“,

parola “mondo” nella Fenomenologia della percezione. Nella premessa di questa opera, Merleau-Ponty fa riferimento ad uno dei temi principali affrontati da Husserl: la crisi della scienza. Tra i compiti della fenomenologia, in quanto scienza descrivente che auspica un ritorno alle cose stesse, c’è la «sconfessione della scienza»:

Io non sono il risultato o la convergenza delle molteplici causalità che determinano il mio corpo o il mio «psichismo», non posso pensarmi come una parte del mondo, come il semplice oggetto della biologia, della psicologia e della sociologia, né chiudere su di me l’universo della scienza. Tutto ciò che so del mondo, anche tramite la scienza, io lo so a partire da una veduta mia o da un’esperienza del mondo senza la quale i simboli della scienza non significherebbero nulla (PP II, 16-7).

Merleau-Ponty vuole ricondurre la scienza verso l’alveo che la rende significativa per l’uomo, cioè il mondo vissuto di cui la scienza stessa non è altro che «l’espressione seconda». Come si può notare, il filosofo francese riprende proprio le argomentazioni husserliane. Nella Crisi delle scienze europee Husserl, infatti, afferma che il ritorno al mondo-della-vita è un obiettivo obbligato per le scienze. Operando per mezzo di leggi e teorie, esse si sono sovrapposte allo strato originario e prelogico del mondo perdendo così il legame con le proprie origini. Ma per Husserl: «la scienza è una realizzazione dello spirito umano, la quale storicamente, e anche per chiunque si disponga a conoscerla, presuppone un punto di partenza costituito dal mondo intuitivo della vita a tutti già dato, ma che insieme, in quanto è praticata e in quanto si sviluppa, presuppone questo mondo circostante il quale è costantemente dato per ogni scienziato» (K 123, 150). La scienza, dunque, ha il suo fondamento in un mondo-della-vita che è «presenza vivente», « vita operante». Dimenticando la sua origine, la scienza ha smarrito il suo ruolo ed è entrata in crisi. Certo, ci avverte Husserl, non è una crisi dei suoi aspetti teorici e pratici, visti i continui successi. È, più che altro, una crisi che riguarda il significato che la scienza ha per la vita dell’uomo. La scienza, per Husserl «non ha più niente da dirci poiché esclude, di principio, proprio quei problemi che sono i più scottanti per l’uomo, il quale, nei nostri tempi tormentati, si sente in balia del destino; i problemi cioè del senso o del non senso dell’esistenza umana nel suo complesso». (K 4, 35) La «mera scienza di fatti» non può aiutarci nella nostra vita di uomini perché, ad opinione di Husserl si preoccupa solo dei suoi risultati oggettivi e astrae da «qualsiasi

soggetto». La crisi della scienza è, allora, una crisi di senso. Esso può essere recuperato solo tornando sul terreno originario dell’esperienza soggettiva, che viene prima di ogni teoria o legge scientifica. Questo terreno, appunto, è il mondo-della-vita che: «è il mondo spazio-temporale delle cose così come noi le sperimentiamo nella nostra vita pre- ed extra-scientifica e così come noi le sappiamo esperibili al di là dell’esperienza attuale» (K 141, 166). Per cogliere la Lebenswelt, Husserl fa ricorso, ancora una volta, all’epoché. Tramite essa, infatti, si può sospendere sia la validità quotidiana e ovvia del mondo, sia quella naturale e scientifica che ne fa un mero mondo di fatti. In questo modo la Lebenswelt deve essere interpretata come una stratificazione di senso sulla cui base la scienza può edificare le sue teorie: «Le scienze costruiscono sopra l’ovvietà del mondo-della-vita, e se ne servono attingendo ad esso tutto ciò che volta per volta è necessario ai loro scopi» (K 128, 154). Ma il senso del mondo non può provenire dal mondo stesso, altrimenti si ricade nell’oggettivismo scientifico e in una concezione ingenua della realtà. Ecco perché Husserl parla del mondo della vita come «soggettivo- relativo»26, poiché è la soggettività che assume una funzione basilare nella fenomenologia in senso trascendentale. Le scienze moderne hanno obliato questa radice soggettiva ed hanno smarrito il loro ruolo di essere scienze per gli uomini. Bisogna, allora, ricondurre la scienza al mondo-della-vita esplicitando le sue basi pre-scientifiche che, in ultima analisi, risiedono nella soggettività. Bisogna portare alla luce, secondo Husserl, la correlazione universale tra coscienza e mondo: «[La correlazione universale] non è altro che la vita di coscienza della soggettività che produce la validità del mondo, la soggettività che nelle sue continue attuazioni (Erwerben) ha sempre un mondo ed è sempre attivamente formatrice» (K 154,179). Si tratta però, come abbiamo già evidenziato, di una «soggettività-fungente» che opera spesso al di sotto della soglia della conoscenza tetica e che richiede una nuova forma di intenzionalità. L’introduzione della Lebenswelt, quindi, permette ad Husserl di rileggere il concetto di intenzionalità nel nuovo registro dell’io fungente e, successivamente, dell’intersoggettività trascendentale:

26 A questo proposito Husserl scrive: «Quando cessiamo di essere immersi nel pensiero scientifico, ci

rendiamo conto che noi scienziati siamo tuttavia uomini e, come tali, parti integranti del mondo-della-vita che è già sempre per noi, che ci è già sempre dato; così, con noi, l’intera scienza rientra nel mondo-della- vita meramente “soggettivo-relativo”» (K 133, 159).

Così tutto ciò che è attivamente presente alla coscienza e, correlativamente, l’attivo aver-coscienza, il dirigersi-su, l’occuparsi-di, è sempre circondato da un’atmosfera di validità mute e occultate ma implicitamente fungenti, da un orizzonte vivente, su cui l’io attuale può dirigersi volontariamente riattivando vecchi risultati, considerando coscientemente i rilievi appercettivi e trasformandoli in intuizione (K 152,177).

Il mondo-della-vita, per Husserl, è attraversato anonimamente da queste «intenzionalità inconsce» e da processi nascosti di cui possiamo renderci conto solo in un successivo momento. Esso rappresenta, e qui Husserl sembra avvicinarsi alla Gestaltpsychologhie, lo sfondo irriflesso delle nostre azioni:

In questo ambito [dei modi della vita naturale-normale] noi ci muoviamo in un flusso di esperienze sempre nuove, di giudizi, di valutazioni, di conclusioni. In ciascuno di questi atti l’io si dirige sugli

oggetti del suo mondo circostante, si occupa di essi in un certo modo. In questi atti gli oggetti sono ciò

che è presente alla coscienza, ora semplici realtà e ora modalità della realtà (possibilità, dubbi, ecc.). Nessuno di questi atti, e nessuna validità in essi inclusa, è isolato; essi implicano necessariamente nelle loro intenzioni un orizzonte infinito di validità inattuali, implicitamente fungenti, in una fluente mobilità della validità. I molteplici risultati della vita attiva precedente non sono morte sedimentazioni; anche lo sfondo (Hintergrund), consaputo ma momentaneamente irrilevante e completamente trascurato (per es. quello del campo percettivo), è fungente insieme con tutte le sue implicite validità (K 152,177).

Il mondo-della-vita è allora sfondo, orizzonte non tematico di «un’esperienza possibile di cose», entro il quale si esplicano le nostre intenzionalità e si collocano le nostre azioni:

Le cose, gli oggetti (sempre intesi nella dimensione del mondo-della-vita) sono «dati» in quanto validi singolarmente per noi (in un modo qualsiasi della certezza d’essere), ma, di principio, essi sono presenti alla coscienza in quanto cose, in quanto oggetti disposti nell’orizzonte del mondo. La vita naturale, sia pre-scientifica che scientifica, sia nell’interesse teoretico che in quello pratico, è vita in un orizzonte universale non-tematico (K 146, 173).

Per Husserl, in conclusione, compito precipuo di una fenomenologia trascendentale è operare scientificamente per chiarire il modo in cui la Lebenswelt può costituire la base del nostro sapere scientifico e culturale. Ma fare ciò vuol dire portare alla luce l’aspetto soggettivo, anonimo e fungente, che informa il mondo stesso.