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Ieri mattina, all’alba, i lugubri rintocchi del campanone del nostro maggior Tempio annunziavano alla nostra città la dolorosa sventura che l'aveva colpita nella perdita del suo amatissimo Pri­ mate Arcivescovo.

Monsignor D. Valerio Laspro, il venerando decano dell' Epi­ scopato del mondo universo, con la serenità con la quale muoiono i giusti, alle ore 3 si era addormentato nel sonno della pace, nel­ l'età di ottantasette anni e quattro mesi, dopo cinquantacinque anni di laborioso e fecondo Episcopato, di cui ben trentasette aveva passati in mezzo a noi, governando la nostra Archidiocesi con una bontà paterna così amabile, così singolare, che sarà difficile poter avere un altro Vescovo che in questo gli rassomigliasse.

Trovatosi all'altezza dell’ Episcopale dignità in tempi diffici­ lissimi per la Chiesa di Gesù Cristo, Egli seppe così regolarsi con ogni classe di persone, che, senza urtare alcuno, e senza venir

meno al proprio dovere, aveva la forza di ottenere, che, chiunque avesse la fortuna di avvicinarsi a lui, e trattarlo, ne rimanesse su­ bito conquiso: e perfino quelli che erano indifferenti in materia di religione, si sentivano obbligati a venerarlo ed amarlo.

Modesto per quanto pieno di meriti, non aveva altra preten­ sione che quella di fare il bene a chiunque andasse da lui per consiglio od aiuto, desideroso che rimanesse occulto agli occhi degli uomini il bene che operava, e contento solo che si vedesse da quel Dio che l’aveva chiamato al governo di questa porzione eletta della sterminata cristiana famiglia.

Di animo nobile e generoso non concepì mai in sè il ri­ cordo per quanto minimo di qualche sgarbo ricevuto; ed è ri­ masta famosa la risposta che diede un giorno ad un prete, il quale, nel querelarsi presso lui di un altro sacerdote, e dicendogli quello che questo sacerdote si era lasciato sfuggir di bocca pro­ prio sul suo conto, Egli sorridente rispose : Sì, sì, è vero, ha detto

bene di me.... e questo proprio io sono.... e così disarmò colui

che aveva creduto di rincarare la mano contro il suo confratello, facendosi rapportatore di quanto aveva inteso dalla sua bocca.

Cuore pieno di umiltà, nonostante che fosse adorno di una vasta coltura letteraria e teologica, come appariva chiaro nelle magnifiche omelie che faceva nella nostra Cattedrale, non metteva mai innanzi se stesso, non si sforzava mai di far rumore intorno al suo nome, per essere circondato di onori ancora maggiori; ma si teneva sempre in disparte, sempre nel silenzio della sua vita di lavoro, pago solamente di spendere le sue cure per la salvezza delle anime.

Di vita ritiratissima, unico svago, dopo le lunghe giornate di indefesso lavoro, lo trovava nelle ore del tramonto, quando in compagnia di qualche sacerdote faceva una breve passeggiata per le vie meno popolose della città. Ed allora era bello il vedere di quale venerazione egli era circondato, perchè quanti in lui si im­ battevano, uomini e donne, vecchi e fanciulli, tutti gli facevano riverenza, mentre Egli sorridente li benediceva con affetto paterno, affetto che traspariva incantevole dal sorriso che gli sfiorava le labbra, e dallo sguardo degli occhi che ti parlavano, e ti dicevano il cuore buono che in quel petto si nascondeva!... Io ho avuto più e più volte occasione di accompagnarlo in queste sue pas­ seggiate; e ricordo i discorsi che si facevano, le rimembranze che

Egli richiamava alla memoria dei fatti successigli nella vita, spe­ cialmente di quello che soffrì nei giorni della rivoluzione ; ed ancor oggi, alla distanza di parecchio tempo, gusto la gioia di quei brevi istanti passati in sua dolcissima compagnia !

Richiesto in cose che riguardavano il suo ministero, Egli corse sempre a spendere l’opera sua, senza badare alle volte nean­ che alla sua stessa salute: ed in questo era irremovibile. Una prova ultima di tal suo diciamo attaccamento al proprio dovere, l ' a- vemmo nel giorno dell’ inaugurazione del nostro acquedotto, non sono che appena due mesi.

Era quello un giorno uggioso, un giorno piovoso. Egli di recente erasi, in certo modo, ristabilito da grave malattia. I fami­ liari lo pregarono, lo supplicarono, che non uscisse. Ma ogni preghiera fu inutile. Sapeva che quella era una festa grande per Salerno. Sapeva che i figli suoi lo volevano a parte della loro gioia, e volle uscire. Uscì, benedisse l'acquedotto, si ritirò subito, si rimise a letto.... e di lì non si è alzato più..., onde si può dire, che Egli è morto sulla breccia, è morto neH’adempimento, fino all’ultimo, del proprio dovere... Ed aveva ottantasette anni !...

E questo sentimento di stare sempre al suo posto di com­ battente 1’ ha accompagnato per tutta la vita che ha menata in mezzo a noi. Salerno nei suoi tempi di gioia come in quelli di tristezza, si è visto sempre vicino il suo amato Pastore, che par­ tecipava delle sue gioie e dei suoi dolori, immagine vera di quel buon Pastore, di cui ci parla Gesù nel Vangelo quando ci dice, che il buon Pastore non vive che della vita delle amate peco­ relle sue.

Nei trentasette anni che Monsignore Laspro è rimasto al go­ verno della nostra Archidiocesi, più volte la città di Salerno è stata assalita dal terribile male del colera; ed in tutte queste volte essa si è trovata sempre vicino il suo amato Arcivescovo. Altre persone fuggivano, altre si spaventavano innanzi alla morte : ma Monsignore Laspro rimase sempre impavido sul luogo del dolore, reputandosi ben fortunato se gli fosse concesso di lasciare la vita insieme con i suoi figli così terribilmente provati dalla sorte.

Non sono che ventitré giorni da che 1’ amatissimo Presule riceveva in forma solenne il santissimo Viatico. Non si può di­ menticare quel momento! Vedere il venerando Vegliardo aspettare ansioso l’ora che gli si recasse Gesù Cristo: vederlo ricevere Gesù

con la gioia di un'anima veramente santa: vederlo rimanere tutto assorto in un mistico raccoglimento dopo comunicatosi delle carni immacolate del Salvatore, fu un fatto così imponente nella sua muta eloquenza, che chiunque si trovò presente, non potè fare a meno di dire: Ecco come muoiono i giusti!

Ma quello poi che commosse tutti, e li fece prorompere in affettuose lagrime, furono le parole che rivolse al Clero, che gli faceva corona in quell’ora così solenne. Quelle parole furono il testamento del suo cuore paterno. Dopo che si fu comunicato, il Presule amatissimo si volle licenziare da noi, e ci chiese scusa se mai era venuto meno a qualche suo dovere: ci disse però, che

Egli ci aveva amati tutti, e ci aveva amati sempre.

O parole che non si cancelleranno mai dalla memoria nostra! Sì, Monsignore Laspro ci ha amati tutti, e ci ha amati sempre! Questo lo disse dopo che si era comunicato, lo disse innanzi alla morte che si avvicinava a gran passi; e poteva dirlo con tutta la sicurezza del testimonio della propria coscienza. — La vita che ha menata nei trentasette anni del suo Episcopato in mezzo a noi, sta lì ad attestare con l’evidenza dei fatti, come veramente Mon­ signore Laspro ci ha amati sempre, e ci ha amati tutti !

Pace alla sua anima elettissima!

Arturo Capone

Monsignore Laspro sortiva i natali in Baivano, paese della Diocesi di Muro Lucano, da famiglia ricca e rispettabile per an­ tiche tradizioni, il 22 luglio 1827.

Fece gli studii nel Seminario Diocesano di Muro, dove si ricorda ancora la spigliatezza dell’ ingegno, e la feconda sua in­ telligenza; e sotto l’episcopato di Monsignor Gigli, di santa e ve­ nerata memoria, veniva assunto all’onore della dignità sacerdotale. Passato in Napoli a proseguire il corso filosofico e teologico, frequentò quella università ecclesiastica, dove conseguiva prima la laurea in teologia, e poi veniva proclamato maestro nelle di­ vine lettere.

Il 23 marzo 1860, sua Maestà Francesco II Re di Napoli, con­ senziente la Santa Sede, lo nominò Vescovo di Gallipoli, ove ri­

mase fino al 1872, lasciandosi ammirare pel suo zelo e per le opere di carità che compiva.

Nel 1872, l’angelico Papa Pio IX, volendo dargli una Dio­ cesi ancora più vasta, ove meglio potesse svolgere la sua pasto­ rale attività, lo trasferiva alla Diocesi di Lecce nel 6 maggio detto anno, ove rimase sino al 20 gennaio 1877.

La Diocesi di Lecce non ha mai dimenticato il gran Vescovo, che fu Monsignore Laspro; ed ora che scriviamo, già sono nella nostra città due Canonici di quella Cattedrale, venuti a bella posta fra noi, per dirci, che Lecce piange insieme con Salerno la morte di così insigne e degnissimo Presule.

Ma la gloria di avere, sino all’ultimo respiro di sua vita, un tanto Pastore, era riserbata all’Archidiocesi di Salerno : e Pio IX lo inviava fra noi nel 1877, con quelle belle profetiche parole che io ho avuto occasione altra volta di ricordare, scrivendo di Lui : « Intende, prospere procede.... e vorrei aggiungere ancora

regna.... «

Le parole del Gran Pontefice si avverarono a capello, ma Monsignore Laspro ha pure regnato in mezzo a noi: ha regnato con la paternità del suo cuore, con l’affabilità dei suoi modi, con la carità, che fu la dote principale del suo animo. E continuerà a regnare. Regnerà nel largo desiderio che ha lasciato di sè in ogni ordine di cittadini per le sue doti di mente e di cuore; e regnerà nella magnifica tela, che riproduce al vivo le sue vene­ rande sembianze, ultimamente lavorata con mano maestra dal no­ stro prof. Landolfi, e che, donata alla Sagrestia del nostro Duomo, tramanderà ai più tardi nepoti l’effigie venerata e veneranda del­ l’amatissimo Presule, che, per trentasette anni, con lo splendore delle virtù ha accresciuto il decoro e l’ornamento della Cattedra insigne di Alfano primo, e degli illustri Vescovi che costituiscono l’aureola più bella della nostra vetusta e monumentale basilica.

Arturo Capone

Dal Giorno ’? « La Sera» di Milano :