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I Mosaici nel Duomo di Cosenza

CAPITOLO 5. ROSONI, FREGI E MOSAICI

5.6 I Mosaici nel Duomo di Cosenza

Entrando in chiesa, quasi alla fine della navata di sinistra, `e stato por- tato alla luce, a seguito dei lavori di restauro conservativo a cura della FIDATA nel 1998 (cos`ı si legge sulla lapide), un frammento del pavimento originario della Cattedrale di Cosenza, in tessere di marmo policrome, di fattura normanna del sec. XII. Il mosaico indica la decorazione di una su- perficie architettonica, come il pavimento, realizzata per mezzo di piccole pietre, terrecotte e paste vitree saldamente fissate su uno strato di sup- porto. L’ispirazione era quella di creare dei motivi di riempimento, ossia una tassellatura del piano con combinazioni di forme geometriche.

Una tecnica di antichissima origine che prosegue ininterrottamente e che nasce, prima di tutto, con intenti pratici pi`u che estetici. L’argilla smaltata o i ciottoli venivano impiegati per ricoprire e proteggere i muri o i pavimenti in terra battuta.

Fig. (5.15) Frammento del mosaico pavimentale

Un aspetto particolare del rapporto tra l’architettura e la matematica `e messo in evidenza proprio dall’applicazione dei motivi geometrici nei pavi- menti decorati. In un certo senso, il pavimento `e ideale per una decorazione

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geometrica, essendo di solito la pi`u grande superficie piana ininterrotta, a differenza di pareti e soffitti che sono interrotti da porte, finestre e costo- loni.

Il mosaico pavimentale medievale `e definito il “tappeto in pietra” per sot- tolineare le qualit`a dei materiali, di tutto quell’insieme di piccoli elementi accostati per creare una superficie decorata. Tecnicamente venivano as- semblati dei piccoli frammenti di marmo costituiti da pietra e pasta vitrea, ceramica e altri materiali, formando delle tessere, disposte su un supporto, per rappresentare disegni geometrici, fiori, vegetazione, figure simboliche, antropomorfe e quant’altro. Nella stesura pavimentale compaiono sia las- trine di marmo di una certa dimensione secondo la tecnica opus sectile (os- sia giustapposte le une alle altre senza lasciare spazi intermedi), sia tessere di pietra pi`u piccole, opus tesselatum, spesso usate contemporaneamente per creare diversi effetti di superficie.

La posa in opera di questo tipo di pavimenti richiedeva l’intervento di maestranze specializzate e tempi di realizzazione abbastanza lunghi, com- portando cos`ı elevati costi di realizzazione, infatti l’utilizzo del mosaico, oltre a sottolineare l’importanza del luogo, indicava il livello economico e sociale della committenza. In genere i materiali usati erano di provenienza locale, spesso si reimpiegavano frammenti antichi, in particolare marmi, porfidi e altre pietre dure. La preparazione del materiale tassellato risale all’et`a romana, gli operai, per la realizzazione del mosaico, seduti dinanzi ad un ceppo su cui era infisso il tagliolo, un attrezzo di acciaio di sezione rettangolare con la parte tagliente rivolta verso l’alto, cominciavano il la- voro. I frammenti di pietra venivano frazionati battendo il materiale per mezzo della martellina, un attrezzo di forma affusolata con i bordi taglienti.

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Le tessere erano tagliate a forme irregolare, simili a poligoni quadrango- lari e ricavate da pietre naturali: marmi, ciottoli o da materiali artificiali, smalti, paste vitree, ori, argenti. Il supporto dove dovevano essere siste- mate le tessere era costituito da una malta grossolana mista a ciottoli. La malta, era composta da un legante (idrossido di calcio), grassello - calcespenta e da aggregati (sabbia, polvere di marmo, cotto), oggi viene sostituita o da malte “bastarde” (idrossido di calcio e cemento) o da ade- sivi complessi (cementi prescelti) pronti all’uso con la sola aggiunta di acqua o apposite soluzioni. Il numero degli strati variava da uno a tre, per uno spessore che diventava pi`u sottile salendo in superficie. Il pavi- mento a mosaico veniva eseguito generalmente al termine della costruzione dell’edificio, quando il suolo era livellato. Dopo la preparazione della malta di posa veniva eseguito un disegno o sinopia (la sinopia ha la funzione di definire la ripartizione degli spazi e creare una guida durante l’esecuzione) rappresentati sulla superficie ancora fresca.

Le fasi del lavoro dei mosaicisti, sono chiaramente identificabili su alcuni pavimenti in tassellato, che conservavano tracce delle linee di giunzione, corrispondenti al limite raggiunto dalla disposizione delle tessere lungo una linea continua che in genere era rettilinea. Queste congiunzioni cor- rispondono in genere alle stecche di legno che erano utilizzate come una specie di armatura per tenere insieme la malta di posa ancora fresca. Il disegno veniva realizzato tracciando il contorno con tessere pi`u scure, un p`o pi`u lunghe delle altre, affondate in profondit`a nella sinopia. A par- tire da questo schema compositivo di base, le superfici venivano riempite con una o pi`u file di cubetti disposti generalmente lungo il perimetro, per poi giungere progressivamente al rivestimento di tutto il fondo. Evidente- mente, il mosaico non era opera di un solo artista ma veniva realizzato in collaborazione da pi`u persone. Sebbene sia difficile distinguere le diverse mani che hanno contribuito alla realizzazione di un mosaico, da una anali- si approfondita, dalla scelta del colore, dal taglio delle tessere e dalla loro disposizione nel letto di malta, emergono in modo chiaro, le diverse scelte, anche stilistiche, di ciascun artista.

La committenza dei mosaici, quasi sempre era da parte di ecclesiastici, co- munque, se si considera che i costi per realizzare un mosaico pavimentale, anche semplicissimo, erano abbastanza onerosi, si pu`o giustamente pensare che, i finanziamenti per effettuare i lavori non provenissero esclusivamente

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dalle chiese del territorio. Queste ultime divennero ricche e potenti, soprat- tutto nel periodo normanno, in cui i nuovi conquistatori, per legittimare il loro potere, patrocinarono le costruzioni di chiese e monasteri ottenendo in tal modo l’appoggio del clero e delle comunit`a locali.

Il mosaico pavimentale della Cattedrale di Cosenza lascia intravedere l’esi- gua traccia di una decorazione a motivi geometrici con tessere di varie dimensioni in marmo bianco (la pietra naturale per eccellenza, una roccia metamorfica composta prevalentemente di carbonato di calcio) e ardesia (classificata come roccia tenera o semidura in quanto facilmente scindibile in lastre piane, leggere e sottili di colore tipico nero-grigiastro).

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