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CAPITOLO I IL CONCETTO DI MOSTRO

CAPITOLO 2 IL MOSTRO AL CINEMA

2.1 – LA STORIA DEI FILM CON I MOSTRI

Il cinema è un mezzo d’espressione molto potente e dalla capacità pressoché illimitate, sul grande schermo ormai possiamo vedere di tutto: da storie d’amore a racconti di guerra, storie provenienti dal mondo e fuori da esso, biografie di grandi uomini e storie in cui i mostri fanno da padroni. I mostri al cinema sono diventati uno degli elementi più raccontati, esistono migliaia di pellicole in cui questi personaggi sono i protagonisti, gli antagonisti o semplicemente fanno da contesto ad un’ambientazione impossibile.

In molti pensano, erroneamente, che la storia dei mostri nel cinema inizi con l’avvento del cinema horror databile a metà degli anni Venti con Il gobbo di Notre Dame di Wallace Worsley e con i successivi mostri della Universal che hanno segnato fortemente i film di questo genere. Nonostante ciò il primo film che presenta un mostro è risalente al primo periodo pioneristico del cinema, infatti in À la conquête du Pole George Méliès fa apparire un mostro, più precisamente un gigante del ghiaccio, animato grazie ad un macchinismo che possiamo dire sia il primo animatronic della storia del cinema.63 Il film del regista

francese racconta le vicende di un gruppo di viaggiatori lungo il cammino durante l’esplorazione del polo. Il film presenta molti dei vari esperimenti grafici che Méliès aveva scoperto di poter fare con la pellicola cinematografica, ma fra i tanti la realizzazione del gigante di ghiaccio

63 Ettore Pasculli, Il cinema dell’ingegno (Milano: Edizioni Gabriele Mazzotta, 1990) p. 36.

Figura 4 Alla conquista del polo (G. Méliès, 1912). Particolare del primo animatronic.

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spicca alquanto, poiché non si limita solo ad essere un elemento scenico artificiale, bensì si muove e si anima interagendo i protagonisti.

Tra gli anni Dieci e Venti, prima dell’uscita dell’adattamento del romanzo di Victor Hugo, il cinema espressionista tedesco dà una mano all’avvento, a pochi anni di distanza, al genere horror, infatti pellicole come Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Weine, considerato il punto più alto di questo movimento artistico, e Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau, il primo film non autorizzato su Dracula, hanno avuto una grande influenza sulle produzioni degli anni Trenta che sanciranno l’avvento del film con i Mostri.

Il periodo che va dalla metà degli anni Venti alla fine degli anni Cinquanta viene considerato come quello degli anni della “Golden Age” del cinema; infatti in questo periodo escono pellicole che occupano ogni genere di narrativa. In questo arco temporale escono le cosiddette prime pietre miliari per l’horror classico. L’Universal Pictures è la casa produttrice che in questi anni produce i primi film con dei mostri, creando così i famosi “Mostri Universal”.64 Nel 1925 l’Universal fa uscire il suo primo film con un mostro: Il

fantasma dell’opera di Rupert Julian con Lon Chaney nel ruolo di Erik, il fantasma dell’opera. Il film dà origine a una serie di pellicole horror fra cui Dracula, nel 1931, diretto da Tod Browning e Karl Freund, che lancia Bela Lugosi come attore, L’uomo invisibile, nel 1933, di James Whales, in cui l’invisibilità venne ricreata bendando l’attore Claude Rains con bende nere che funzionavano da maschere negative durante le riprese65. Soprattutto,

però, in questi anni escono due film che hanno un enorme successo e lanciano, rendendolo famoso l’attore Boris Karloff: Frankestein del 1931, di James Whale e La mummia del 1932 diretto da Karl Freund.

La prima pellicola, da un punto di visto cinematografico e tecnico, è un film chiave per la realizzazione dei mostri con gli effetti speciali per il primo utilizzo effettivo dello special make-up.66 Il trucco completo di Frankenstein viene realizzato sottoponendo l’attore ad una

64 Fabio Giovannini, Mostri. Protagonisti del cinema del Novecento da Frankenstein a Godzilla, da Dracula ai cyborg (Roma: Castelvecchi, 1999), pp 84-85.

65 Nello specifico l’invisibilità era data da una doppia ripresa: la prima fatta con l’attore su sfondo nero che indossa le bende nere per creare l’invisibilità, la seconda realizzata con il resto degli elementi in scena, senza però l’attore invisibile. In fase di montaggio le pellicole venivano unite creando la pellicola finale in cui si aveva l’invisibilità.

66Ettore Pasculli, Il cinema dell’ingegno, op. cit. pp 40-41.

Solamente negli anni ’80 viene accolto e accreditato il termine “special make-up” e “special make-up artist”. Il primo ad ottenerlo fra i credit di un film è Rick Baker per Un lupo americano a Londra.

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lunga sessione di trucco per permettere la trasformazione (vedremo più avanti, nel capitolo apposito, come è stato realizzato il mostro). Alla luce del presente studio questa pellicola costituisce una delle tappe fondamentali per la realizzazione del mostro, infatti per Frankenstein non si utilizza solamente un trucco estetico, che con il giusto chiaroscuro riesce a creare degli effetti visivi, per questo lavoro estetico Jack Pierce, il make-up artist, utilizza per la prima volta degli elementi e strumenti che permettono la trasformazione dell’attore. L’uso di protesi infatti è il punto di svolta per il cinema dell’orrore e per la creazione dei mostri; d’ora in poi l’utilizzo di elementi artificiali atti a creare un volume in più sulla pelle dell’attore saranno il punto di forza per sperimentare nuove tecniche e creare mostruosità ancora non possibili. La Mummia come possiamo vedere è la riprova che la strada dello special make-up è la via giusta e necessaria per creare l’impossibile. Anche in questa pellicola il mostro è sempre interpretato da Karloff che si rivede trasformato completamente raggiungendo un ulteriore traguardo nel campo degli effetti speciali.

Nello stesso anno dell’uscita de La mummia, la RKO, la celebre casa di produzione e distribuzione cinematografica e televisiva statunitense, fa uscire la prima pellicola di King Kong diretto da Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack. Se Frankenstein è importante per il trucco del mostro, King Kong lo è altrettanto per la creazione del mostro, ma su un fronte diverso. Il mostro primate è uno dei primi esperimenti di pupazzi e di animazione a passo uno.67 Il mostro è stato realizzato grazie alla collaborazione di due grandi maestri degli

effetti speciali Willis O’Brien e Marcel Delgado, che realizzano due modelli di Kong alti 50 centimetri con scheletro snodato, animati dallo stesso Delgado che crea dei muscoli artificiali in lattice per riprodurre una maggiore naturalezza nei movimenti della creatura. Oltre a questi modelli interi, i due artisti costruiscono, in una scala più grande, mani, testa, piedi e torso per ricreare su schermo un’interazione più realistica fra attore e mostro.68

Gli anni ’40 e ’50 segnano il cinema grazie all’avvento dei colori, ma per quanto riguarda la storia dei mostri non accade nulla di rilevante se non l’avvento del genere fantascientifico

67Réjane Hamus-Valée, Gli effetti speciali. Forma ed ossessione del cinema (Torino: Lindau, 2006) pp 45-46; Fabio Giovannini, Mostri, pp. 26-28.

Il primo vero film animato a passo uno con “pupazzi” è Il mondo perduto di Harry Hoyt del 1925. Questa pellicola viene usata dallo stesso Cooper come esempio per convincere la produzione nel progetto di King Kong.

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che va ad occupare un posto d’onore a fianco del cinema horror con gli alieni e le creature che animano questi film, generando così un genere ibrido: l’horror fantascientifico.

Nel 1954 l’Universal crea un nuovo mostro, esce infatti Il mostro della laguna nera diretto da Jack Arnold.69 Il film è diventato un classico ed è considerato da molti appartenente sia

al genere horror che alla sua forma ibrida con la fantascienza; il mostro è un ibrido fra uomo e pesce, realizzato commissionando un primo modello in creta da cui sono stati fatti più costumi componibili a seconda delle riprese da fare. La creazione dei modelli in creta permette uno sviluppo più realistico del mostro; infatti rispetto a un semplice bozzetto, le sculture hanno la possibilità concreta di far comprendere al realizzatore stesso del modello se il costume, o le varie protesi, siano efficienti o possano presentare problemi se indossate o applicate all’attore.70 In questi anni gli studi di effetti speciali legati al trucco iniziano ad

usare in maniera sempre più attenta il lattice, un materiale che diventerà fondamentale per la creazione di qualsiasi tipo di special make-up e quindi dei mostri stessi.

Oltre alla pellicola precedente nel 1954, esce un altro film che segna un avanzamento sostanziale nelle tecniche d’animazione e di realizzazione dei mostri: Godzilla di Ishirō Honda. Il film giapponese instaurerà un nuovo genere filmico nel paese del Sol levante, con questa pellicola nascono i Kaiju eiga ovvero i film di mostri giganti.71 Il film presenta delle

novità rispetto alla pellicola di King Kong, nelle riprese di questo film vengono utilizzate diverse tipologie di modello per lo stesso mostro a seconda delle esigenze di copione. Per le riprese del mostro in figura intera viene usato un costume in gomma che era fatto indossare a un mimo che recitava la parte di Godzilla stesso, mentre per altre riprese, come quelle in cui il mostro distrugge la città, venivano usati vari modelli in scala che erano animati o direttamente in presa diretta come un burattino tramite fili o animati in stop motion. Sia oggi che al tempo dell’uscita al cinema di questa pellicola si può notare, e capire, che il mostro

69 Fabio Giovannini, Mostri, op. cit. pp. 72-73.

70 Un esempio è il prototipo di maschera in lattice del mostro della laguna fatta da Bud Westmore, il capo reparto degli effetti speciali del film. Infatti, sebbene il lattice fosse un materiale innovativo e la maschera fosse indossabile, questa era totalmente priva d’espressività e sarebbe risultata distaccata dal resto del corpo creando oltretutto un effetto comico per via delle fattezze della maschera.

71 William M. Tsutsui, Godzilla in my mind: Fifty Years of the King of Monsters (New York: St. Martin's Griffin, 2004).

Godzilla è considerato la prima pellicola giapponese di questo genere, ma prima di questo film ci sono state due opere che lo hanno anticipato: Wasei Kingu Kongu del 1933 e Edo ni arawareta Kingu Kongu del 1938, ma entrambe sono andate perdute durante i bombardamenti atomici statunitensi.

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ripreso a figura intera è un costume di gomma, ma il fatto che Godzilla interagisse direttamente con lo scenario e lo distruggesse ha fatto sì che, sebbene si vedesse che il mostro era un travestimento, il risultato sia efficace e diretto.72

A partire da quest’ultima pellicola abbiamo un gap temporale da colmare, fino agli anni Settanta non ci sono particolari pellicole che hanno aggiunto o dato forza ai mostri. Nel 1968 abbiamo una delle pellicole che anticipa l’espansione degli effetti speciali pratici, infatti esce Il pianeta delle scimmie diretto da Franklin J. Schaffner. Questa pellicola porta su un livello ancora più alto lo special make-up.73 Nel film, come possiamo vedere, il trucco è il

protagonista: ogni scimmia, che sia comparsa o abbia un ruolo principale, è frutto di un lavoro di molte ore che sottoponeva gli attori alla trasformazione ‘scimmiesca’. Questo trucco in particolare è da menzionare perché è realizzato con due protesi facciali per garantire una maggiore naturalezza e realisticità durante le riprese. Una protesi veniva applicata alla parte superiore del volto e l’altra alla parte mobile della bocca, così da avere la bocca libera da vincoli di movimento per la recitazione, limitazioni che erano emerse nelle riprese de Il mostro della laguna nera. Nonostante la libertà della bocca, la protesi superiore limitava comunque le espressioni facciali perché era troppo spessa.

Dagli anni Settanta ai primi anni Novanta abbiamo un vero e proprio boom di pellicole con mostri, questi sono gli anni d’oro per la creazione dei mostri. In questi venti anni si assiste ad un susseguirsi di innovazioni che hanno regalato al pubblico cinematografico i mostri più famosi che si sono affacciati sul grande schermo. In questo periodo escono pellicole come King Kong, Star Wars – Una nuova speranza, Alien, L’ululato, Un lupo mannaro americano a Londra, La cosa e Terminator.74 Questi sono tutti film che hanno contribuito a portare alle

luci della ribalta gli artisti che spesso passavano in secondo piano come Stan Wiston, Rambaldi, Rick Backer, Rob Bottin e Philip Tippet che con le loro mani e la loro grande capacità inventiva hanno saputo creare mostri di ogni genere che sono diventati “canonici" nel loro esser così mostruosi.

Nasce un vero e proprio interesse per il settore degli effetti speciali che creavano mostri, infatti nel 1979 esce per la prima volta Fangoria, una rivista che tratta di film horror con

72 Creature Designer - The Frankestein Complex, Gilles Penso, Alexandre Poncet, Francia, 2015. 73 Réjane Hamus-Valée, Gli effetti speciali, op. cit. pp 41-42

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rubriche dedicate al genere, ma soprattutto con interviste ai creatori di mostri. In questo periodo, come vedremo in dettaglio nel prossimo paragrafo, nasce la tecnica dell’animatronics, in cui l’utilizzo di componenti meccaniche robotiche radiocomandate permette l’animazione di pupazzi in lattice o in altri materiali.

Nel 1989 esce The Abyss diretto da James Cameron, in cui per la prima volta viene utilizzata in maniera sostanziale la Computer Grafica. Durante la produzione viene affidato a Philip Tippet lo sviluppo della creatura tentacolare. Nel documentario The Frankestein Complex viene rivelato da Tippet stesso che la creazione di questa creatura era un compito alquanto difficile perché doveva essere creato un mostro che doveva avere il comportamento di un getto d’acqua mutabile. Se già la modellazione in creta era difficile, la vera sfida era l’animazione della creatura; infatti era quasi impossibile da realizzare a mano con una tecnica stop-motion o animatronics. La soluzione per risolvere questo problema viene affidata alla troupe della Industrial Light & Magic guidata da Dennis Murren, che grazie alla potenza, sebbene limitata, dei computer dell’epoca riesce a creare ed animare una creatura dalle fattezze impossibili. Questo episodio segna un duro colpo per le maestranze che lavorano con la materia, il loro limite manuale viene sorpassato grazie all’avvento della tecnologia digitale che acquista sempre più importanza per le potenzialità ancora inespresse. Questa potenzialità viene recepita dallo stesso regista Cameron che utilizza la tecnologia digitale per fare un ulteriore passo avanti nella storia del cinema: nel 1992 esce Terminator 2: il giorno del giudizio. Nel secondo capitolo della saga di Terminator l’uso della CGI ha permesso di digitalizzare l’attore che interpreta l’antagonista, permettendo così di creare delle sequenze che non si sarebbero potute realizzare altrimenti. Questo film inoltre mostra che la CGI e il puppeteering, inteso come la maestranza che crea i “pupazzi” e li anima sia manualmente che con animatronics, sono due tecniche che possono coesistere e che danno il loro meglio a seconda delle esigenze della produzione, nonostante la quasi infinita potenzialità creatrice della computer grafica. A riprova di ciò, negli anni successivi escono film come Jurassic Park, il primo film in cui durante la produzione viene usata la D.I.D o direct input device (un sistema che digitalizzava il modello in scala meccanico grazie all’uso di sensori applicati su tutto il modello che mandavano un input di movimento al software 3D ad esso collegato) e, soprattutto, Starship Trooper in cui vengono usate al meglio entrambe le tecniche a seconda delle esigenze e per una ricerca estetica “realistica”: in questo film la CGI viene usata soprattutto in scene di campi lunghi in cui le creature mostruose

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popolano la scena, mentre per le riprese più strette, che coinvolgono un’interazione con gli attori, sono usati mostri realizzati con gli animatronics.75

L’avanzamento tecnologico apre sempre più le porte verso la creazione di mondi fantastici e di conseguenza anche di numerose tipologie di mostri e creature. Dagli anni Novanta fino ai giorni nostri la CGI è diventata un elemento fondamentale per fare aggiunte di ogni tipo, da un semplice graffio ad un intero mondo. Questa tecnologia ha permesso di creare mostri completamente da zero e completamente in digitale; non bisogna dimenticare che la CGI nel campo videoludico è la “creta” di paragone per i maestri degli effetti speciali nel cinema. Per chiudere questa storia dei mostri va fatta menzione di un regista e di un programma televisivo: Guillermo del Toro e Face off.

Il messicano Guillermo Del Toro, per gli esperti del genere horror e dei mostri, è uno dei registi che ha portato sul grande schermo mostri che hanno colpito l’audience per il loro aspetto, ma anche per la propria caratterizzazione. Nel docufilm Creature Designer - The Frankestein Complex Del Toro dichiara: «You design a monster not to be a monster but to be a character».76 Come possiamo capire dalla citazione, Del Toro ha a cuore ogni aspetto del

mostro che andrà in scena, non a caso è lui stesso l’autore dei mostri che popolano i propri film. Durante la produzione del film il regista segue gli sviluppi della creazione in fase di progettazione e di realizzazione, coordinandosi con gli artisti. Lui vuol fare vivere i suoi mostri creandoli con la giusta tecnica; per lui la CGI e la realizzazione in animatronics o tramite trucco sull’attore sono tecniche che hanno la loro migliore resa a seconda del personaggio o mostro, ma anche a seconda dell’esigenze di ripresa. Infatti, in Pacific Rim

sia gli Jager (i robot Giganti) che i kaiju sono realizzati in CGI per poter dare il massimo della spettacolarizzazione, mentre per Il labirinto del Fauno o Hellboy i personaggi mostruosi sono fatti in carne ed ossa adattando il trucco agli attori stessi.77

Infine, Face off è un programma televisivo di stampo “reality show”. La particolarità di questo programma è che ogni partecipante è uno special make-up artist e in ogni puntata ogni concorrente si sfida a colpi di creazione di mostri mettendo in mostra le proprie abilità di creatore e di designer. Il programma vuol riportare in auge l’arte di creare i mostri in

75 Creature Designer - The Frankestein Complex, Gilles Penso, Alexandre Poncet. 76 Trad. “Tu realizzi un mostro non per esser un mostro, ma per essere un personaggio”. 77 Creature Designer - The Frankestein Complex, Gilles Penso, Alexandre Poncet.

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maniera concreta, mostrando al pubblico del piccolo schermo i processi vari per la creazione di mostri e facendo capire l’importanza delle maestranze che stanno dietro alla produzione di film di genere.

2.2 – LE TECNICHE ED I MATERIALI PER I MOSTRI

Nella storia del cinema il progresso tecnologico ha segnato il passaggio dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui il passaggio al digitale ha quasi completamente preso il sopravvento sostituendo la pellicola.

L’evoluzione dei mezzi professionali ha permesso di raggiungere nuove vette in termini di qualità cinematografica, puntando sempre a poter dare un prodotto di qualità. Questo stesso pensiero lo si può applicare alle varie tecniche utilizzate per creare i mostri nei vari laboratori e camerini cinematografici. Lo sviluppo di tecniche e tecnologie coinvolge due abiti specifici in merito della categoria dei mostri, ovvero il trucco ed il puppeteering. Come già detto il primo effettivo trucco speciale del cinema è da accreditare a Jack Pierce per la realizzazione del mostro di Frankenstein, ma un primo accenno a questa arte, intesa come capacità di modificare i lineamenti di un attore, lo possiamo notare nelle interpretazioni di Lon Chaney.

L’attore, interprete dei primi mostri apparsi sul grande schermo come Il gobbo di Notre Dame e Il fantasma dell’opera, va ricordato per la potenza espressiva che riusciva ad ottenere con la sua faccia, infatti, nonostante non si applicasse nessun special make-up, riusciva con i suoi trucchi e con un’incredibile gestione della mimica facciale a cambiarsi i

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