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Motivazione ed obiettivi

Designing Behaviour

fasi passive (per esempio mentre sta recependo un comando, o mentre è in fase di riposo, oppure possono farci prevedere l’emissione di un suono che può emettere quando ha bisogno di dare un messaggio affermativo o, viceversa, un messaggio negativo. La stessa risposta data da robot formalmente diversi, potrebbe rendere l'utente ampiamente confuso; in sostanza, la risposta che darebbe un robot simpatico, tenero e delicato, come può essere Cozmo, è del tutto differente dalla stessa risposta che darebbe un imponente robot

industriale. Ecco perchè il compito del designer è fondamentale: è proprio l’aspetto estetico che in primis genera in noi delle

aspettative, perchè è l’aspetto che nel 99% dei casi, notiamo prima.

“Capire cosa il robot cerca dalla sua esistenza è il primo passo per progettare la propria personalità. Creare la propria personalità significa considerare due cose: cosa il robot fa mentre non sta eseguendo alcun task, e come esegue i propri task.“

Lo User-centered design (UCD) è una intera filosofia di progettazione e un processo nel quale ai bisogni, ai desideri e ai limiti dell'utente sul prodotto finale è data grande attenzione in ogni passo del processo di progettazione per massimizzare l'usabilità del prodotto stesso. Nel caso specifico del robot, si fa riferimento alla totalità dell’interazione, a partire dai suoi movimenti compiuti nel rispetto dell’utente con cui sta interagendo.

che il robot abbia una propria coscienza, un proprio senso logico, come un essere vivente, come

insegnano F. Thomas e O. Johnston nel libro capolavoro “The Illusion of

Life”.

Queste caratteristiche del robot, ci informano sul come eseguirà i suoi task. Nel prossimo futuro, ci approcceremo ai robot come ci approcciamo ora ai nostri animali. Alcuni preferiscono i Labrador, con la loro espressione sempre felice e giocosa, altri preferiscono gli attivissimi Jack Russell. Lo stesso avverrà con i robot, sarà un po' come scegliere tra il cane o il gatto, meglio un robot più "vispo" che chiede attenzioni o uno più

tranquillo che si attiva solo quando siamo noi a richiedere tale

attenzione? Meglio una eccentrica lampada da scrivania Pixar nella propria casa o nel proprio ufficio, o forse qualcosa di più introverso che esegue le proprie faccende in

tranquillità e in maniera premuroso verso ciò che gli sta attorno? La decisione che ogni utente prenderà non dipenderà di certo dalle

specifiche tecniche del robot, dalle sue funzioni, ma dalla personalità con la quale l'utente vuole

interagire.

Motivazione ed obiettivi Designing Behaviour

1) come il robot esegue i suoi task; 2) cosa fa durante i momenti di riposo.

Il robot potrebbe agire in maniera totalmente NON user-centered, ad esempio annullare i task assegnatogli dall'utente perché la sua batteria è scarica ed è necessario tornare alla sua base di ricarica, o ancora, task

non-funzionali. Per spiegare questo

tipo di task non-funzionali, Dan Saffer fa l'esempio del suo cane: scrive che ogni mattina il suo cane attorno alle 10:30, si sveglia e si sposta nel salotto, si sdraia e approfitta dei raggi di calore del sole che invadono. Che significa questo? che un robot potrebbe avere dei propri obiettivi, agire in maniera randomica, in maniera più o meno prevedibile, oppure potrebbe vivere di vita propria e non prevedere l'intervento dell'essere umano.

Cosa fa un robot quando non sta eseguendo alcun task? È spento e si carica? O può muoversi attorno liberamente? Se si progetta anche questo, cioè quello che il robot potrebbe fare autonomamente, si fa in modo che l'utente con cui si

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Nine Old Men è il nome con cui vengono ricordati ironicamente i nove animatori storici della Walt Disney (alcuni in seguito registi), creatori delle opere Disney più famose, da Biancaneve e i sette nani a Le avventure di Peter Pan. Walt Disney scherzosamente chiamava questo gruppo di animatori il suo "Nine Old Men", che fa riferimento a Franklin D. Roosevelt e ai nove giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti: Les Clark, Ollie Johnston, Frank Thomas, Wolfgang "Woolie" Reitherman, John Lounsbery, Eric Larson, Ward Kimball, Milt Kahl, Marc Davis.

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Inizialmente pubblicato nel 1981, il libro “Disney Animation: The Illusion

of Life” documenta il lavoro che

descrive il processo tecnico e artistico di trasformazione delle immagini statiche in immagini in movimento, o perlomeno quel processo che ci da l’illusione che un disegno statico sia in movimento.

L'animazione, viene descritta come un meraviglioso inganno per l'occhio e la mente.

La prima edizione del libro del 1981 si è poi evoluta (involuta?) In due versioni successive, entrambe di qualità inferiore, una con un sottile cambio di nome. Negli anni 2000 però è stata rilasciata anche una

applicazione per computer che riesce a racchiudere in se il meglio di tutte le edizioni, qualcosa che solo la mente dei due creatori avrebbe potuto realizzare.

Tutte le sue -quasi- 600 pagine sono affascinanti, luminose e istruttive. È difficile immaginare migliori maestri dell'arte dell'animazione: Frank Thomas e Ollie Johnston erano due dei Walt Disney’s “Nine Old Men”

artisti chiave che hanno trasformato i cartoni animati in arte animata.

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