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3. Il disegno della ricerca

3.4. Dalle aree concettuali alle variabil

3.4.2. Le motivazioni all’ingresso

Per declinare l’area motivazionale in termini operativi si è fatto riferi- mento, tra l’altro, ad un lavoro di Bergami (2002) nel quale l’autore non solo offre un’ampia rassegna dei fattori che entrano in gioco quando si as- suma la decisione di entrare a far parte di un’organizzazione “in uniforme” (atteggiamento verso l’appartenenza all’organizzazione, identità ed imma- gine esterna percepite della stessa, identificazione cognitiva, commitment, emozioni, work e job involvement, autostima, partecipazione organizzativa, autoefficacia, credenze estetico-ludiche, valutazione del clima organizzati-

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vo, congruenza rispetto al lavoro ideale, intenzione di restare), ma ripropo- ne anche un’articolazione della “motivazione a partecipare” – sulla scia di Moskos e Wood (1988) e di Battistelli (1996) – in tre ampie categorie: va- loriali (ideali), esperienziali (legate al contenuto delle attività e al significa- to che queste assumono) e strumentali (utilitaristiche)34. Il modello Istitu- zione/Occupazione di Charles Moskos, postula una dicotomia tra «due poli opposti, e in tensione (...). Il polo istituzionale si caratterizza per la propria autoreferenzialità e separazione dalla società civile; il polo occupazionale converge invece con la società e si fonda sul mercato» (Battistelli op. cit., p. 286). Lo studioso

ha sottolineato come il processo di mutamento storico-sociale (abbia) mutato anche il tipo di adesione (...), da un assetto prevalentemente istituzionale, in cui l’adesione (...) è fondata sui valori tradizionali di patria, spirito di sacrificio, ecc., ad un assetto occupazionale in cui l’adesione è determinata principalmente dalla ricerca di un posto di lavoro e quindi dalle regole del mercato. Fabrizio Battistelli partendo dal modello di Moskos, sposta il focus dell’analisi dal livello del cam- biamento organizzativo a quello del mutamento degli orientamenti di valore che sono alla base del tipo di adesione. (Superando) il modello bipolare giunge a for- mulare una nuova tipologia che permette di evidenziare una terza dimensione, quella in cui si collocano i bisogni individuali dell’Io, legati cioè al bisogno di au- torealizzazione che, secondo quanto messo in evidenza da Inglehart, emergono

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Con riferimento alla componente motivazionale strumentale, Bergami sottolinea come le influenze negative di quest’ultima (bisogno di un lavoro qualsiasi, pressanti difficoltà fi- nanziarie, ecc.) seguano «vie più tortuose, riconducibili forse alle motivazioni igieniche se- condo la tipologia di Herzberg (1966). (…) Il soddisfacimento di questi bisogni (…) poteva forse appagare gli individui cresciuti in periodi di crisi economica più violenta o comunque in contesti storici in cui i livelli di aspirazione venivano rigidamente determinati dall’appartenenza ad una classe sociale. Oggi le difficoltà economiche e sociali sono sempre presenti, particolarmente drammatiche in (alcune) zone del Paese, per cui non sorprende che questi gruppi siano spinti da motivazioni strumentali. Al contempo però i modelli di com- portamento e di vita più diffusi e idealizzati tendono ad enfatizzare le motivazioni all’autorealizzazione, alla crescita personale, all’affermazione di sé, sia in campo personale, sia in ambito professionale. I soggetti spinti (…) da necessità basiche hanno ben presenti le motivazioni di livello più elevato, semplicemente non riescono a coglierle (all’interno dell’organizzazione). L’appagamento dei bisogni strumentali non sarà in grado di espandere il loro effetto benefico su motivazioni che l’individuo non può non nutrire ma che non è riu- scito ad intravedere (nell’organizzazione). È importante venire incontro alle (…) componen- ti valoriali (…) ed esperienziali» (Bergami 2002, pp. 234-5).

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prepotentemente nell’era postmoderna caratterizzando una nuova generazione. La tipologia si articola in tre dimensioni: la prima è quella della Paleomodernità (ser- vire il Paese, promuovere l’immagine dell’Italia, entrare a far parte di una comuni- tà), in cui prevalgono i valori della tradizione; la seconda dimensione è quella della

Modernità in cui prevalgono le motivazioni individualiste, strumentali e utilitarist i-

che (motivazioni di natura economica e occupazionale, miglioramento della pro- pria condizione economica e sociale, benefici del “posto fisso”); infine, troviamo quella della Postmodernità, dove prevalente è sempre l’orientamento individualista ma connesso a bisogni dell’Io, autorealizzativi. Le tre dimensioni non sono da leg- gersi in senso diacronico bensì, (...) possono coesistere e sovrapporsi (Ivi, pp. 251- 2).

Mentre Moskos e Wood hanno articolato le motivazioni nelle aree isti- tuzionale, post-materialistica e occupazionale, Battistelli ha proposto una distinzione tra motivazioni pre-moderne, moderne e post-moderne. Di se- guito le combinazioni delle tre categorie tipologiche.

Fonte: Battistelli 1996, p. 255.

I Tradizionalisti cercano la realizzazione personale nel contenuto tradi- zionale (attribuendo pari importanza a tradizione e opportunità lavorativa); i Professionisti sono mossi da ragioni occupazionali e allo stesso tempo au- to-realizzative; nei Lavoratori spicca il desiderio di lavorare in un ambiente tradizionale.

Si è poc’anzi accennato agli studi di Ronald Inglehart, autore che ha ul- teriormente arricchito il dibattito. Egli considera i valori sociali come il mi-

moderne professionisti lavoratori postmoderne paleomoderne tradizionalisti mix

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glior indicatore delle caratteristiche culturali e sub-culturali: ciò a cui si da importanza nella vita costituisce il principale frame entro cui le persone de- cidono e, quindi, agiscono. Risulta, dunque, importante indagare la weltan-

schauung dell’attore organizzativo-burocratico e, per farlo, ci si può avva-

lere del criterio inglehartiano di classificazione degli orientamenti in “mate- rialisti” – più centrati sulla sicurezza e la stabilità personali e sociali ai li- velli culturale ed economico e legati ad un’immagine più tradizionale della modernità – e “post-materialisti” – maggiormente rivolti all’autorealizzazione personale.

Il primo complesso di valori comporta il rispetto dell’autorità e la disponibilità delle persone a rinunciare ad un poco della propria libertà personale in cambio del progresso materiale guidato e promesso dai grandi apparati burocratici tipici della modernità. Il secondo enfatizza la ricerca della felicità personale e la richiesta di una maggiore partecipazione alle decisioni che la collettività prende ad ogni live l- lo: al principio di autorità si sostituisce quello di autorevolezza, all’accettazione “dogmatica” l’esercizio costante della critica e della discussione, tipici di una so- cietà più esigente verso le classi dirigenti. Dagli studi di Inglehart risulta che le ge- nerazioni socializzate in periodi di penuria economica e marcata insicurezza socia- le, tendono, da adulte, ad enfatizzare i valori materialisti, mentre il post- materialismo è associato a fasi di sviluppo economico e benessere: per questo mo- tivo, le generazioni più giovani, all’interno delle società occidentali, tendono ad essere più post-materialiste di quelle anziane, diffondendo orientamenti sociali che finiscono poi per essere assorbiti anche dal resto del corpo sociale – fermo restando il parziale arresto del processo in momenti di perdurante stagnazione o recessione economica (Antonelli et al. 2013, p. 16)35.

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Il dato riscontrato da Inglehart con riferimento ai Paesi occidentali – nell’ambito della monumentale World Values Survey –, ovvero la diffusione di valori post-materialisti ed ibri- di, è rilevante ai fini delle osservazioni svolte da Antonelli: ordinamento militare, autoritari- smo, mantenimento dell’ordine pubblico e controllo dei conflitti sociali costituiscono i tratti salienti associati alla Polizia di Stato per buona parte del secondo dopoguerra. Dopo la ri- forma di quest’ultima, a partire dagli anni Ottanta, sicurezza civile, human security e diritti umani sono i principi divenuti prioritari rispetto alla “Ragion di Stato”. «Ciò che andava ve- rificato era la presenza o meno di una significativa componente valoriale post-materialista (...), indicatore chiaro di una visione del mondo non più centrata sul primato dell’autorità delle istituzioni gerarchiche, ma su una visione più complessa e democratica della società. Un’ulteriore questione aperta rimaneva quella di indagare le caratteristiche ideologico- culturali che i complessi valoriali (dei poliziotti) avrebbero rivelato. (...) Una Polizia di Stato più aperta, meno autoritaria e, dunque, anche meno certa del suo primato istituzionale, do- vrebbe essere una polizia più “rappresentativa” della società italiana. Dunque, tenuti nel de-

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Infine, è anche ipotizzabile (e questo conduce alla domanda 10., di cui si dirà a breve)

che ci sia un effetto della socializzazione alla vita dell’organizzazione (...), secondo cui, probabilmente, l’esperienza vissuta lascia meno spazio agli aspetti ideali, non necessariamente perché l’esperienza risulta deludente, ma perché impone il con- fronto tra aspettative e realtà. (È inoltre possibile) che le differenze siano in parte attribuibili al genere e agli orientamenti di valori di uomini e donne. (Si tratta del fenomeno del) gender gap, che consiste in una sistematica distanza negli atteggia- menti che uomini e donne manifestano (...), in parte, spiegata anche con una diver- sa visione del mondo attribuibile a fattori di genere (Battistelli op. cit., p. 254).

L’evidente complessità del fenomeno in questione ha indotto alla for- mulazione della domanda n. 18. Si tratta non solo di un quesito “di control- lo” dell’item n. 9, ma, soprattutto, di una più opportuna articolazione della dimensione in esso implicata. Non si sono sottovalutati i limiti che ogni domanda “retrospettiva” reca con sé36, ma si è voluto comunque tentare di ottenere una (ri-)lettura delle motivazioni alla base della “decisione di par- tecipare”.

Si riporta il testo della domanda.

18. In conclusione, la invitiamo a riflettere sulle motivazioni che la spinse- ro ad entrare nella Forestale e ad esprimere il grado di disaccor- do/accordo rispetto alle seguenti affermazioni, posizionandosi su una scala che va da “1” (totalmente in disaccordo) a “5”(totalmente d’accordo)

bito conto gli effetti derivanti dal processo di selezione e auto-selezione degli appartenenti alle forze di polizia e quelli relativi alla particolare cultura organizzativa, gli orientamenti valoriali di una polizia post-militare e post-autoritaria dovrebbero essere tendenzialmente vicini a quelli del resto della popolazione italiana» (Antonelli et al. 2013, p. 17).

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Il riferimento è alla “qualità” ed alla “fedeltà” del dato, cioè alla sua adeguatezza ri- spetto alle esigenze conoscitive e informative ed alla corrispondenza all’effettivo stato riferi- to dal soggetto, caratteristiche massimamente significative dell’informazione statistica che possono diminuire in misura direttamente proporzionale alla lontananza nel tempo dello sta- to – emotivo, affettivo, comportamentale, cognitivo – riferito. Inoltre, gli individui interpre- tano il proprio comportamento passato in un modo condizionato dalla sequenza di eventi che si sono succeduti ed è variabile la quantità di informazioni che si possono ricordare in una sola occasione.

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Gli item rispetto ai quali si è chiesto agli intervistati di esprimersi erano i seguenti: “Puntavo ad un lavoro che mi permettesse di programmare il fu- turo personale e familiare”, “Puntavo ad entrare in un corpo prestigioso e portatore di valori importanti”, “Puntavo ad entrare in un’organizzazione che mettesse a frutto le mie capacità e/o competenze specifiche”, “Puntavo ad un lavoro stimolante, che implicasse decisioni e responsabilità”, “Punta- vo ad un lavoro che mi garantisse sicurezza e stabilità”, “Puntavo ad entrare in un’organizzazione che mi garantisse una crescita professionale e della personalità”.