Gli appellanti- ad esclusione di Mandato- hanno formulato motivi anche in relazione alla mancata applicazione di attenuanti generiche e alla quantificazione della pena.
Per il dettaglio dei calcoli operati dalla sentenza impugnata – che ha ravvisato il vincolo della continuazione fra tutti i reati addebitati agli imputati - si rinvia alle pagine 197-201 della motivazione.
I motivi di appello sono di seguito specificati e valutati.
NUCERA Paolo è stato condannato alla pena di anni 16 e mesi 6 di reclusione in ordine ai reati di cui ai capi 1) 5) 6) e 10) della imputazione.
Oltre alle doglianze relative alla mancata derubricazione nella fattispecie di cui all’art. 416 bis comma 1 cp, e alla mancata esclusione dell’aggravante dell’associazione armata, di cui si è già detto motivando sub capo 1), il difensore lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis cp (negate dal primo giudice per la gravità dei reati, Il ruolo apicale, il primario coinvolgimento nella vicenda delle armi, il comportamento processuale non collaborativo).
L’appellante ritiene l’imputato meritevole delle attenuanti in ragione della incensuratezza, del corretto comportamento in carcere e della “esiguità del materiale probatorio”.
Lamenta inoltre la eccessività della pena con particolare riguardo alla pena irrogata per il reato base di cui al capo 1), che ritiene superiore al minimo edittale.
I motivi sono infondati.
Come noto l’incensuratezza non costituisce di per sé motivo di applicazione delle circostanze attenuanti. Men che meno possono invocarsi le attenuanti in ragione di una
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asserita (e del tutto infondata) “ carenza probatoria” che, se esistente, avrebbe imposto pronuncia di assoluzione.
L’appellante non specifica sotto quale profilo l’imputato avrebbe mantenuto comportamento collaborativo al processo- né se ne ravvisano comunque i presupposti - e il buon comportamento in carcere , verosimilmente da intendersi come mancanza di rilievi disciplinari, è stato doveroso e comunque difficilmente evitabile dato il regime di sicurezza della detenzione.
La stessa giurisprudenza citata dall’appellante (cass. Sez II n. 2769/09) esclude l’applicabilità delle circostanze attenuanti in assenza di specifici elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio, incombendo al giudice l’obbligo di giustificare sia l’esclusione- come correttamente fatto dal primo giudice- che l’applicazione.
Per quanto attiene la pena base di quindici anni di reclusione, individuata per il capo 1), si osserva che, contrariamente a quanto lamentato dall’appellante, il Tribunale non si è discostato dal minimo edittale: il reato, permanente è strato consumato fino all’anno 2016 e la legge 69/2015 ha modificato l’art. 416 bis comma 4 cp elevando la pena minima prevista per il promotore di associazione armata ad anni 15 di reclusione
Appaiono congrui anche gli aumenti- che appaiono particolarmente contenuti se rapportati alla gravità dei fatti - per continuazione dei reati satellite
Ciò detto la riforma della sentenza impugnata con assoluzione in relazione al capo 6) impone di escludere il relativo aumento ex art. 81 cpv cp, quantificato dal primo giudice nella misura di mesi 3 di reclusione , con conseguente riduzione della pena ad anni 16 e mesi 3 di reclusione
NUCERA Antonio è stato condannato, con esclusione della recidiva, alla pena di anni 13 e mesi 6 di reclusione in ordine ai reati di cui ai capi 1) 5) 6) e 7) della imputazione.
Oltre alla doglianza relativa all’aggravante dell’associazione armata, già valutata, l’appellante lamenta la mancata applicazione delle circostanze ex art. 62 bis cp – negati dal primo giudice per i gravi precedenti penali- e l’eccessività della pena, che ritiene essere superiore, per il reato base, ai minimi edittali.
Ritiene le attenuanti dovute in ragione del buon comportamento processuale e in carcere, dell’assenza di precedenti specifici e della “esiguità probatoria”.
I motivi sono infondati.
Come osservato in motivazione dal primo giudice, i precedenti penale di Nucera Antonio, benchè non specifici, sono reiterati e gravi avendo egli riportato condanne per falsità in atti, violenza sessuale, prostituzione minorile, cessione illecita di stupefacenti , attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
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Ciò – benchè il primo giudice abbia nel dispositivo e senza motivazione alcuna “escluso” la recidiva- non consente di considerare l’imputato meritevole delle attenuanti.
Quanto al comportamento processuale e in carcere, e alla ritenuta “carenza probatoria”
valgono le medesime considerazioni formulate per Nucera Paolo.
Analoghe considerazioni devono essere fatte il relazione alla doglianza circa la pena base:
anche in questo caso, il giudice ha applicato la pena base minima prevista per i partecipanti al sodalizio,, come introdotta dalla L 69/2015 . Ha quindi operato aumenti contenuti per i reati satellite.
La sentenza deve essere quindi confermata anche in punto pena.
NUCERA Francesco è stato condannato alla pena di anni 9 e mesi 6 di reclusione. In ordine ai reati di cui ai capi 1) 5) 6) e 7) della imputazione.
Sono state applicate le circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp , in ragione del ruolo di minor rilievo (che il giudice definisce “laterale”) nelle vicende dell’associazione .
Il Tribunale ha peraltro errato, omettendo di effettuare bilanciamento fra la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis comma 4 cp e le attenuanti ex art. 62 bis cp e operando la diminuzione per le attenuanti generiche sulla pena per il reato aggravato.
L’appellante lamenta la errata applicazione dell’aggravante dell’associazione armata ( già valutata sub capo 1) e la pena eccessiva che ritiene essere superiore, per il reato base, ai minimi edittali.
Il motivo relativo alla quantificazione della pena è fondato per quanto esposto in ordine all’errore nel calcolo operato dal primo giudice.
La corretta operazione di bilanciamento – con valutazione delle attenuanti come prevalenti sull’aggravante, apparendo essere stato tale l’intendimento del primo giudice che qui, comunque si condivide- comporta rideterminazione della pena, sia in relazione al corretto bilanciamento delle circostanze sia con riguardo alla riduzione degli aumenti ex art. 81 cpv cp, per effetto delle attenuanti generiche
La pena può quindi essere ridotta ad anni 7 e mesi 10 di reclusione secondo il calcolo che segue:
-p.b., con applicazione delle circostanze attenuanti ex art,. 62 bis cp prevalenti su aggravante, anni 10 di reclusione;
-ridotta ex art. 62 bis ad anni 6 e mesi 8 di reclusione
-aumentata ex art. 81 cpv cp in relazione al capo 5 ad anni 7 e mesi 6 di reclusione -aumentata ex art. 81 cpv cp in relazione al capo 6) ad anni 7 e mesi 8 di reclusione -aumentata ex art. 81 cpv cp in relazione al capo 7) ad anni 7 e mesi 10 di reclusione
RODA’ Francesco Antonio è stato condannato alla pena di anni 15 e mesi 8 di reclusione in relazione ai reati di cui ai capi 1), 3 ) 4), 5), 19), 21), 22) e 23) della imputazione
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Nell’odierno giudizio la sentenza in punto responsabilità è stata riformata con riguardo al capo 3), con esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 D.L. 152/91 e dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato relativo al prestito a Papale Alfio
L’appellante lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp, negate dal primo giudice in ragione della reiterazione e gravità dei reati, del primario coinvolgimento nelle vicende delle usure e dei prestiti e della capacità intimidatoria dimostrata ed effettivamente esplicata.
Ritiene invece il difensore che le attenuanti debbano essere concesse per l’incensuratezza, il corretto comportamento processuale e in carcere, evidenziando come le attenuanti non possano essere negate facendo esclusivo riferimenti alla “gravità” dei reati.
Lamenta comunque la eccessività della pena con particolare riguardo alla pena base che ritiene essere superiore ai minimi edittali e agli aumenti operati ex art. 81 cpv cp
I motivi sono infondati.
Benchè Rodà non sia stato considerato investito da ruolo apicale, emerge con evidenza la posizione di rilievo da lui rivestita nell’associazione criminosa: egli è interlocutore e referente diretto di Nucera Paolo, insieme a Paolo partecipa ad eventi di rilievo dell’associazione- eventi ove è prevista rappresentanza della locale- la sua posizione è accomunata a quella di Nucera Paolo in conversazioni che ineriscono la locale di Lavagna, che intercorrono fra affiliati di altre locali liguri.
Emerge inoltre la sua spiccata pericolosità e pervicacia negli illeciti, inerenti a diversi aspetti di illegalità ( usure, ed estorsioni, armi, traffico di stupefacenti).
A fronte di ciò, non si ravvisano elementi che giustifichino il trattamento di favore con applicazione delle circostanze ex art. 62 bis cp che come già detto non può essere fondato sul solo dato dell’assenza di precedenti e che non pare applicabile – nel concreto- in ragione di una condotta processuale che non pare essere stata particolarmente collaborativa, di una doverosa buona condotta in carcere o di una “condizione di vita individuale, familiare e sociale” che è risultata ben lungi dall’essere difficile o disagiata . Anche in questo caso la pena per il reato base è stata contenuta nel minimo edittale e gli aumenti sono stati contenuti.
La pena, tuttavia, deve essere ridotta in ragione della riforma della sentenza sub capo 3) e può essere quindi quantificata nella misura di anni 15 e mesi 6 d reclusione, riducendo a mesi 2 di reclusione (giorni 20 di reclusione, esclusa aggravante ex art. 7 D.L. 152/91, in ordine a ciascuno dei tre prestiti per cui si conferma condanna95) l’aumento di mesi 4 di reclusione operato dal primo giudice .
PINASCO Ivana e NUCERA Giovanni di Paolo sono stati entrambi condannati alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione in relazione ai capi 6) e 7) della imputazione.
95 Prestiti a Pessagno, Mignosi e Roverano
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Il difensore di Pinasco Ivana lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp che ritiene dovute per il comportamento corretto e l’assenza d gravi precedenti. Lamenta più in generale l’eccessività della pena irrogata.
Il difensore di Nucera Giovanni di Paolo lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp- negate dal primo giudice in ragione della protrazione nel tempo degli illeciti- che ritiene dovute per l’ incensuratezza e per il minimo contributo, di carattere solo formale, all’illecito
Lamenta inoltre l’aumento eccessivo di pena ex art. 81 cpv cp per il reato sub capo 7).
I motivi sono infondati
Pinasco Ivana è gravata da precedenti specifici e reiterati in materia di illecita gestione di rifiuti e, per quanto riguarda Nucera Giovanni, la incensuratezza non è di per sé solo elemento sufficiente a fondare l’applicazione delle attenuanti generiche.
Non vengono indicati dai difensori i profili di “corretto comportamento” che giustificherebbero il trattamento di benevolenza, né sono ravvisabili elementi da valutare in ottica di particolare collaborazione nelle indagini e nel dibattimento. L’attività illecita, per entrambi gli imputati, si è effettivamente protratta per anni ed il fatto, per Nucera Giovanni, di aver rivestito un ruolo di carattere più formale non attenua la gravita dell’illecito, atteso che la violazione dei doveri inerenti la carica è stato uno degli elementi che ha consentito il protrarsi per anni degli illeciti consentendo ai coimputati di operare in situazione di apparente legalità.
La pena per il capo 6) nonostante la protrazione e la gravità degli illeciti, è stata di particolare favore, contenuta al minimo edittale, e l’aumento di soli mesi 3 per il reato di truffa continuata,, nonostante la sistematicità dei raggiri e l’entità dei profitti appare molto contenuto e senz’altro meritevole di conferma.
NUCERA Giovanni di Antonio è stato condannato, con applicazione delle attenuanti ex art.
62 bis cp, alla pena di anni 2 di reclusione ed € 2000 di multa in ordine al reato di cui al capo 5) dell’imputazione.
L’appellante lamenta la eccessività della pena con particolare riferimento agli aumenti per continuazione, ritenuti eccessivi.
Il motivo di appello deve essere accolto, apparendo congruo un aumento più contenuto e dovendosi comunque riformulare il calcolo del primo giudice96, che si ritiene abbia errato nell’operare la riduzione per le circostanze attenuanti generiche dopo l’aumento per la continuazione.
96 Così formulato:
p.b. anni 2 e euro 2.000 (da ritenersi irrogata per il pù grave reato di cui all’art. 23 L110/75)
-aumentata ex art. 7 D.L. 152/91 ( esclusa dal bilanciamento ai sensi dell’art…..) ad anni 2 e mesi 8 e euro 2.700,00 + aumentata ex art. 81 cpv ad ani 3 di reclusione ed € 3.000 di multa
Ridotta ex art. 62 bis cp ad anni 2 e euro 2.000
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L’aumento per continuazione può essere quantificato in mesi 2 di reclusione ed € 100 di multa e la pena quindi ridotta ad anni 1 e mesi 11 di reclusione ed € 1900 di multa con il seguente calcolo:
- pb. In relazione all’art. 23 L 110/75 anni 2 di reclusione ed € 2000 di multa
- aumentata ex + art. 7 D.L. 152/91 ad anni 2 e mesi 8 di reclusione ed € 2700 di multa
- ridotta ex art. 62 bis cp ad anni 1 mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed e € 1800 di multa
- aumentata ex art. cpv cp ad anni 1 e mesi 11 di reclusione ed € 1900 di multa
PALTRINIERI Paolo è stato condannato alla pena di anni 6 di reclusione ed € 10.100 di multa in ordine ai reati di cui ai capi 3), 19) 21) dell’imputazione
L’appellante lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp, negate dal Tribunale in ragione della “persistenza dell’attività criminosa e delle violenze perpetrate”.
Osserva il difensore che le accuse verso Paltrinieri sono state ridimensionate con assoluzione da numerosi capi di imputazione ( sub capi 1), 2), 4) 18) e 20) riportando l’imputato condanna solo per il reato di esercizio abusivo del prestito e per le usure sub capi 19) e 21): sottolinea al proposito come le due usure siano strettamente correlate e non costituiscano quindi quella “perdurante attività criminosa” in base alla quale il giudice ha negato le attenuanti generiche .
Evidenzia inoltre che la misura di prevenzione ha qualificato l’usura di cui al capo 21) come esercizio abusivo di attività finanziaria.
Sottolinea infine l’assenza di precedenti- ad esclusione di una condanna risalente al 1990 per il reato di lesioni lievi – la vita regolare, sia familiare che lavorativa, il comportamento processuale corretto, il rispetto delle misure cautelari.
Più in generale, l’appellante lamenta la eccessività della pena, sia riguardo alla pena base per il reato di cui al capo 19), che in relazione all’aumento per l’aggravante di cui all’art. 7 D.L. 152/91.
I motivi sono parzialmente fondati nei termini che seguono.
Non può accogliersi la doglianza in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti generiche.
La valutazione del primo giudice circa la persistenza dell’attività criminosa di usura e la personalità violenta dell’imputato sono infatti condivisibili: si osserva che benchè le due usure siano in parte collegate fra loro, le condotte illecite finalizzate al conseguimento del profitto si sono protratte per anni e sono state attuate anche con modalità minacciose e violente ad opera di Paltrinieri.
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Non è corretto – per i motivi esposti sul capo 21- ed è comunque qui irrilevante il riferimento dell’appellante ad una diversa qualificazione dell’usura da parte del giudice della misura di prevenzione.
Né rileva, in punto attenuanti l’assoluzione operata dal primo giudice in ordine ad altri reati.
La persistenza nelle attività criminose è ulteriormente confermata dalla condanna, in questo grado di giudizio, in ordine al reato di cui al capo 2), che evidenzia la collaborazione, a fini illeciti, con Rodà Francesco Antonio fin dai primi anni 2000, escludendosi così l’occasionalità delle condotte.
Non vi sono quindi elementi per applicazione delle circostanze attenuanti, non ravvisandosi comportamento processuale particolarmente collaborativo ed essendo doveroso ( ed opportuno ad evitare aggravamento) il rispetto delle misure cautelari attenuate
E’ parzialmente fondato, invece, il motivo attinente alla quantificazione della pena
La pena di 3 anni di reclusione individuata per il reato base, -l’usura ai danni di Mangiante e Noziglia sub capo 19) è prossima ai minimi edittali ed appare proporzionata alla gravità del fatto.
Può essere però diminuito l’aumento relativo all’aggravante di cui all’art. 7 D.L. 152/91 (operato dal primo giudice nella misura della metà) che viene attribuita a Paltrinieri non tanto in ragione di una propria ed esclusiva volontà agevolatrice dell’associazione quanto della consapevolezza di tale volontà in capo all’associato Quanto alla esplicazione di metodo mafioso, si osserva che l’imputato si è avvalso dello stato di assoggettamento promanante da associazione a lui conosciuta ma al quale non è risultato essere affiliato e che, in ogni caso, pare emergere una situazione di subalternità di Paltrinieri a Rodà- a cui infatti si rivolgono per intercessione le vittime delle violenze e minacce di Paltrinieri.
Può, inoltre, contenersi l’aumento per continuazione in relazione alla usura di cui al capo 21) in ragione della parziale correlazione, identità di persona offesa e contiguità temporale con l’usura di cui al capo 19) nonchè della mancanza di profitto.
Deve, infine, escludersi l’aumento per continuazione relativo al capo 3), per cui viene pronunciata assoluzione, e calcolarsi, viceversa la pena da irrogare in ordine al reato di cui al capo 2) per il quale si pronuncia condanna.
La pena può quindi essere rideterminata nella misura di anni 5 e mesi 2 di reclusione ed€
8700 di multa secondo il calcolo che segue p.b. per il capo 19) anni 3 di reclusione ed € 6000
- aumentata ex art. 7 D.L. 152/91 ad anni 4 di reclusione ed € 8000 di multa
- aumentata ex art. 81 copv cp in relazione al capo 21) ad anni 4 e mesi 10 di reclusione ed € 8.500 di multa ;
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- aumentata ex art. 81 cpv cp in relazione al capo 2) ad anni 5 e mesi 2 di reclusione ed € 8.700 di multa97 .
Deve essere revocata la pena accessoria dell’interdizione legale, erroneamente applicata dal primo giudice: per costante giurisprudenza, infatti, per determinare le pene accessorie da applicare in caso di reato continuato è necessario fare riferimento ai singoli reati, scindendo il reato continuato nelle singole violazioni (si veda da ultimo Cass. Sez 3 n.
36308/19).
In tema, specifico , della interdizione legale ex art. 32 cp si è pronunciata di recente la Suprema Corte, ribadendo che “ai fini dell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione legale, nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena determinata in concreto per il reato più grave, nell'eventualità ulteriormente ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall'aumento della continuazione. (Cass. Sez. 1 n. 8126/17)
Nel caso di specie la pena irrogata per il più grave reato di cui al capo 19) è inferiore al limite previsto dall’art. 32 cp.
CALDERONE Natale è stato condannato alla pena di anni 2 e mesi 10 di reclusione ed € 2100 di multa in ordine al reato di cui al capo 5) dell’imputazione.
In motivazione il Tribunale ha escluso la recidiva avendo Calderone un precedente per il quale ha ottenuto riabilitazione.
Il difensore lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp, sottolineando che l’imputato ha solo un precedente molto risalente seguito da riabilitazione ed è privo di pendenze ed inoltre che svolge regolare attività lavorativa Lamenta inoltre l’eccessività dell’aumento operato per la continuazione- nella misura di mesi 2 di reclusione ed € 100 di multa- senza motivazione.
I motivi sono entrambi infondati.
Il trattamento di favore non può essere fondato solamente sulla mancanza di precedenti recenti né sullo svolgimento di vita regolare e non si ravvisano – né sono allegati dall’imputato- ulteriori elementi da valutare favorevolmente.
L’aumento per continuazione, considerato il numero di armi illegalmente detenute, la loro tipologia, la detenzione contemporanea di munizioni anche per armi da guerra lungi dall’essere eccessivo appare, al contrario, particolarmente contenuto
La sentenza, anche in punto pena, deve essere pertanto confermata
97 Considerata, come già osservato sub capo 2) la protrazione nel tempo dell’attività illecita a favore di Rodà e il profitto a questi procurato.
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SANGUINETi Giuseppe è stato condannato alla pena di anni 2 di reclusione con sospensione condizionale e non menzione in ordine ai reati di cui ai capi 10), 13) e 15) dell’imputazione . E’ stato assolto in ordine al capo 12)
L’appellante lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp evidenziando l’incensuratezza e il corretto comportamento processuale, avendo Sanguineti presenziato al processo ed avendo egli ammesso coraggiosamente, in interrogatorio davanti al PM, di avere subito pressioni da Nucera Antonio per il rinnovo delle concessioni relative all’attività dell’Ecocentro.
Lamenta, più in generala, la eccessività della pena
Il motivo attinente alle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cp è infondato.
La presenza o meno al processo è frutto di strategia difensiva, esplicata dall’imputato attraverso l’esame a cui si è sottoposto.
Le dichiarazioni al PM a cui fa riferimento il difensore - ove, con accuse a Nucera Antonio Sanguineti avrebbe dimostrato la concreta volontà di collaborare alle indagini anche a rischio di ritorsioni e l’effettivo allontanamento dall’ambiente dell’associazione - non risultano a disposizione di questa Corte: non risulta infatti prodotto alcun verbale di interrogatorio, né si è fatta menzione di dichiarazioni di tal genere a fine di contestazione nel corso dell’esame.
Le dichiarazioni al PM a cui fa riferimento il difensore - ove, con accuse a Nucera Antonio Sanguineti avrebbe dimostrato la concreta volontà di collaborare alle indagini anche a rischio di ritorsioni e l’effettivo allontanamento dall’ambiente dell’associazione - non risultano a disposizione di questa Corte: non risulta infatti prodotto alcun verbale di interrogatorio, né si è fatta menzione di dichiarazioni di tal genere a fine di contestazione nel corso dell’esame.