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3. IDENTIFICAZIONE DI SPECIE

3.5 Multiplex Real Time PCR

Tale metodica non è altro che una estensione di applicazione della classica Real Time PCR in cui due o più loci sono simultaneamente amplificati e analizzati all’interno della medesima reazione (56). Dalla sua introduzione negli anni ’90, tale sistema ha trovato ampia applicazione in diverse aree, in particolare quelle riguardanti la caratterizzazione di polimorfismi genetici con riferimento al settore alimentare (57-58). Tale tecnica, applicata sia per saggi qualitativi che quantitativi, è realizzabile utilizzando un numero variabile di sonde fluorescenti specifiche e dipendenti dal numero di target da identificare

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e, ancora più importante, è necessario che esse siano marcate con un unico fluorocromo in modo che il segnale emesso sia rilevato in maniera univoca. Pertanto occorrerà una strumentazione in grado di discriminare le fluorescenze emesse dai differenti reporter i quali, coniugati con una ben specifica sonda, si ritroveranno simultaneamente in un unico pozzetto di reazione. La fluorescenza emessa quindi da ciascuna sonda sarà usata per quantificare separatamente ciascun target di DNA, purchè un segnale significativo sia prodotto per ciascun amplicone. Poichè dunque più saggi di amplificazione vengono realizzati simultaneamente nel medesimo pozzetto, utilizzando quindi diverse sonde o primer oltre che differenti templati di DNA intesi come miscele, fenomeni di competizione per i reagenti (dNTPs e Taq principalmente) o di inibizione sono spesso riscontrabili e di fatto responsabili dell’esito del saggio; è per tale motivo che l’applicazione di tale metodica necessita di una messa a punto ai fini della sua validazione. Questo risulta perentorio in quanto diversi scenari possono verificarsi quando si decide di implementare un tale sistema, uno su tutti il caso in cui uno dei target risulta overespresso rispetto all’altro o agli altri presenti, portando di fatto a saturazione la reazione di amplificazione per uno dei bersagli. Tale fenomeno è strettamente relato alla quantità di templato di partenza, il quale, nel caso di una miscela di DNA in cui uno dei target è presente ad una differente percentuale rispetto all’altro, determinerà una amplificazione preferenziale del target più abbondante nella miscela, che consumerà precocemente i reagenti (dNTPs e Taq) influenzando dunque l’amplificazione della specie meno abbondante. Questo problema può essere superato limitando la quantità di primer disponibile per il target più abbondante, cosiddetto primer-limitation. In conseguenza di ciò, quella specifica coppia di primers sarà rapidamente utilizzata per la reazione andando a plateau precocemente e lasciando al contempo una sufficiente quantità di reagenti per l’amplificazione del target meno abbondante presente nella miscela. In pratica, dovrà essere determinata la quantità minima di primer per amplificare quel target di DNA che dia il più basso valore di Ct senza interferire con il medesimo valore del target meno abbondante. Chiaramente, limitare la concentrazione di una coppia di primers avrà influenze sul valore massimo di fluorescenza registrato, nello specifico, riducendolo di un certa quantità senza però comprometterne al contempo il suo valore di Ct. Congiuntamente, l’utilizzo di fluorofori dotati di alta o di bassa intensità di emissione

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del segnale, rispettivamente in funzione di quei target presenti a bassa o ad alta copia, può essere di ausilio nel compensare tale riduzione del segnale di fluorescenza. Risulta quindi intuibile che, maggiori saranno i target da identificare in una rezione multiplex, maggiori saranno le limitazioni all’applicazione della metodica, determinando di fatto alcune difficoltà alla sua implementazione. Innanzitutto la limitata disponibilità di reporter fluorescenti dotati di una spettrale di emissione non sovrapponibile in fase di analisi del dato. L’impiego infatti di diversi probe di ibridazione richiede l’uso di differenti fluorofori che siano tra di loro compatibili. Una seconda limitazione è legata alla strumentazione utilizzata, la quale sarà dotata di specifiche caratteristiche di eccitazione e rilevazione del segnale e che, di conseguenza, influenzerà la scelta dei fluorofori da utilizzare per lo sviluppo della reazione. Un altro ostacolo alla realizzazione di un sistema multiplex è associato ai già accennati fenomeni di competizione e inibizione che potenzialmente potrebbero instaurarsi nella miscela di reazione, oltre che alle concentrazioni dei reagenti impiegati. Interazioni inattese tra le coppie di primer e tra primer e sonde sono direttamente proporzionali al numero di molecole bersaglio da identificare, in grado di inficiare l’efficienza della reazione soprattutto se questi presenteranno complementarietà di sequenza per i differenti target di DNA contenuti nella miscela. In tal caso si instaurerebbero fenomeni competitivi di ibridazione di primer e sonde alle rispettive molecole bersaglio e conseguente ridotta o mancata amplificazione. Generalmente in una reazione multiplex, primer e probe per il singolo target sono utilizzati in un rapporto di 2:1 e impiegando, almeno in prima battuta, concentrazioni equimolari dei primers. Per tale motivo, risulta dunque essenziale che i dati ottenuti da una reazione di multiplex siano sempre verificati e confermati mediante esecuzione del medesimo test come singolo saggio (singleplex). Un buon compromesso ai suddetti limiti è rappresentato dall’uso di sonde TaqMan, in particolare di tipo MGB, le quali si prestano molto bene nell’impiego in reazioni multiplex, sia per sensibilità che per efficienza, ma soprattutto perchè il quencher di tali sonde non emette alcuna fluorescenza o comunque non significativamente valida, minimizzando dunque il cross-talk tra i segnali e rendendo quindi possibile l’aggiunta di più fluorofori nella medesima reazione. Di contro, la presenza di indiscussi vantaggi rende comunque la metodica applicabile su larga scala. In prima battuta l’incrementato throughput che ne deriva dalla possibilità di

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saggiare più campioni in un unico esperimento; la riduzione del consumo di materiale di partenza e di reagenti; la minimizzazione delle variabili associate alla preparazione della reazione (es. errori di pipettaggio) e dunque la maggiore precisione, oltre che la standardizzazione in quanto potenziali errori influenzeranno i diversi target al medesimo modo.

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