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4. Oltre l'economia politica: “da Karl Marx ad Alfred Marshall”

4.1 Natura non facit saltum

La storia intellettuale del socialismo inglese, delle sue origini in particolare, è legata a doppio filo a quella dell'economia politica, dall'utilitarismo di Bentham ai socialisti ricardiani come William Thompson, John Francis Bray, Thomas Hodgskin, fino a Robert Owen.

Potter studia l'economia come una branca della sociologia, che osserva e analizza «only one of many social institutions engaged in or concerned with wealth production […] What need to be studied are social institutions themselves, as they actually exist or have existed...like other organic structures». Il capitalismo come sistema di profitto deve dunque essere studiato assieme alle altre istituzioni sociali che fanno parte «of what can only be regarded (and may one day be defined) as Sociology». Queste istituzioni sociali devono essere studiate «by the characteristic

state of mind which any particular institution brings about in the individual and in

the community, the character which it produces, as manifested in the conduct of

individuals and organisations»286.

Il passaggio che Potter compie dall'evoluzionismo di Spencer all'etologia di J.S. Mill e infine al socialismo deriva proprio dallo studio «of the economic behaviour of particular individual and classes»287. È proprio attraverso lo studio dell'economia

quindi che Potter sviluppa la sua sociologia, convinta della necessità di abbandonare il metodo deduttivo astratto che l'autorità di Ricardo aveva imposto agli economisti inglesi288.

In questo percorso, l'influenza del pensiero di Alfred Marshall ha un peso centrale nella sua concezione di scienza sociale.

A fondamento di tutta l’impresa teorica di Marshall c’è non a caso A System of

Logic di Mill e l'empirismo sensista. Tuttavia, Marshall è anche colui che fa un

passo oltre la tradizione classica dell'empirismo inglese: la sua non è solo una scienza del prezzo e del mercato, del contratto e della libertà individuale. Egli introduce intenzionalmente l'economia tra le scienze il cui oggetto principale è il comportamento degli individui e il cui scopo fondamentale è il cambiamento

286 B. Webb, My Apprenticeship, Appendix, cit., p. 439. Corsivo nostro. 287 Ibidem.

107 sociale.

L'influenza di Marshall non si limita perciò alla formazione economica di Potter, ma essa è in primo luogo responsabile del suo approccio gradualista e riformista al cambiamento della società. La sua influenza si estende però anche alla metodologia, in particolare per quanto riguarda la combinazione della ricerca empirica con il ragionamento teorico, e alla concezione del lavoro come fattore centrale della formazione del character individuale, punto di partenza di una possibile riconciliazione tra individualismo e collettivismo.

Il concetto di character è il filo conduttore della scienza sociale inglese all'interno delle altre discipline, il leitmotiv della fine dell'età vittoriana, un concetto-chiave per comprendere il rapporto tra individuo e società nella storia del pensiero politico e sociale inglese. Esso gioca un ruolo centrale anche nella ridefinizione dell'economic man come paradigma della scienza economica. La rilevanza del

character e dell'educazione nel pensiero di Marshall, del nesso che intrattengono

con l'organizzazione industriale, la concezione dell'individuo come sistema organizzato, l'analisi della povertà come male sociale che alimenta se stesso e che è possibile eliminare, il concetto di progresso come interazione tra elementi fisici e elementi spirituali della realtà sociale o, ancora, la concezione oggettiva delle classi sociali e la visione di una società futura senza classi – dove è la libertà soggettiva derivata dalla formazione e dall'«improvement»289 del character che realizza

l'eguaglianza e l'efficienza del sistema sociale – sono questioni che hanno un peso dirimente e duraturo sul pensiero di Potter. È a partire dalla consapevolezza dell'importanza della scienza economica per l'analisi dei mali sociali e per l'organizzazione della “vita industriale” che Potter decide di studiare le sue basi e le nuove teorie che la ridefiniscono:

«Oh! my headaches and my ambitious idea looms unreachably large and distant. Political economy is hateful – most hateful drudgery. Still, it is evident to me I must master it. What is more, I must master the grounds of it; for each fresh development [of theory] corresponds with some unconscious observation of the leading features of the contemporary industrial life. At present the form I want is not imaginable in this mass of deductions and illustrative facts. I need to understand what are in fact the data upon which political economy is based – what are its necessary assumptions»290.

L'economia è in questo senso un canale di accesso alla scienza sociale, attraverso il quale Potter sviluppa una teoria autonoma di società. Lo studio dell'economia è, con le parole di Virginia Woolf la sua “stanza tutta per sé”. Potter definisce infatti il

289 A. Briggs, The Age of Improvement, 1783–1867, London, Longman, 1959. 290

108 suo primo saggio sulla storia dell'economia «the little thing of my own». L'urgenza, e non certo la passione, con cui Potter si avvicina all'economia si spiega, come abbiamo detto, con il fatto che essa andava acquisendo un'importanza, non più solamente come scienza dell'economic man, ma come scienza sociale, come analisi delle condizioni dell'uomo nella società e del suo cambiamento. Nell'estate del 1886, Potter ha appena ventotto anni e, come avrebbe scritto anni dopo in My

Apprenticeship, si avvicina all'economia politica sprovvista di un metodo storico di

analisi. È allora particolarmente significativo che nel suo studio dell’economia politica il passaggio sia dalla critica della teoria del valore di Marx all'economia sociale di Marshall:

«During the summer months of 1886, which were spent with my father and sister at The Argoed, our Monmouthshire home, I turned aside to develop a train of thought arising out of the study of the writings of the political economists, from Adam Smith to Karl Marx, from Karl Marx to Alfred Marshall, a notion with regard to the relation of economics to sociology with a consequent theory of value»291.

Potter tenta di risolvere il problema marxiano con l'economia marshalliana, perciò l’approccio alla seconda permette di capire la sua critica al primo e permette anche di ricostruire le radici teoriche del passaggio controverso da Mill a Marx che riguarda più in generale lo sviluppo della scienza sociale in Gran Bretagna292.

Nel percorso di Potter tra Mill e Marx c'è proprio Marshall, erede dei problemi milliani ma anche fautore di una nuova visione del rapporto tra società e mercato e quindi capace di rispondere a quell'«oscuro desiderio di libertà»293 che minaccia il

lavoro sotto forma di scioperi e rivolte alla fine dell'età vittoriana, offrendo un'alternativa alla violenza della rivoluzione.

Mill aveva insistito in modo particolare sul legame tra l'economia politica e le altre discipline e aveva accusato l'economia classica di ratificare lo stato di cose esistente sulla base di leggi astratte e sconnesse dalla realtà. Tuttavia, il progetto di una scienza della società politica, di un'etologia sociale, è rimasto incompiuto nella sua opera. Alfred Marshall riprende, in modo diverso, questo lavoro: concepire l'economia come scienza del comportamento umano. L'etologia economica marshalliana, come vedremo, è il tentativo di “umanizzare” l'economia, di metterla in contatto con il mondo del lavoro e della povertà e quindi di metterla al servizio

291 B. Webb, My Apprenticeship, cit., p. 289.

292 M. Evans, John Stuart Mill and Karl Marx: Some Problems and Perspective, Karl Marx's Critical

Assessments, Vol. VIII, London, Croom Helm, 1987-1993.

293 M. Weber, Dalla terra alla fabbrica. Scritti sui lavoratori agricoli e Stato nazionale (1892-1897),

109 della società, in contrasto con una realtà che vede la società asservita alle dure leggi economiche. Egli applica il metodo milliano, assieme a quello evoluzionistico spenceriano, allo studio dell'economia per indagare prima di tutto le cause e le condizioni che agiscono e determinano la vita economica e industriale, e in secondo luogo, per agire attraverso di essa sulla vita umana e sulla sua organizzazione sociale. Può farlo perché, come Mill, non è solo un economista, ma uno scienziato sociale che intende “far reagire” lo studio matematico dell'economia con la scienza etica della società. Marshall, tuttavia, non porta a termine, o lo fa solo in modo molto ambiguo, il progetto di fare dell'economia la scienza del cambiamento della società ed è a partire da questo limite che è possibile scorgere nel lavoro di Potter i primi tentativi di costruire una teoria dell'azione sociale. Alle ragioni di questo limite interno dell'opera di Marshall sono state date interpretazioni molteplici e contrastanti. Per Talcott Parsons l'economia di Marshall sarebbe un sistema di sociologia che, nonostante gli sforzi, resta cieco rispetto ai fattori non economici che costituiscono la realtà sociale. Come Weber, Marshall fornirebbe un'interpretazione economica del capitalismo come sistema caratterizzato da un sempre più elevato livello di razionalità e frutto di un lungo processo di razionalizzazione. A differenza di Marshall però, Weber, il cui interesse centrale non sono i problemi economici, parte dal presupposto che l'economia da sola non è in grado di risolvere i problemi posti dalla società capitalistica. L'opera marshalliana è invece ancora tutta interna alla visione progressiva di una società industriale in espansione, fondata sui valori dell'etica protestante, e capace nel tempo di curare i propri mali. La sua fede incontrastata nel trionfo del capitalismo nella battaglia contro la povertà lo porta ad annunciare nel 1919, ossia in un frangente storico in cui il capitalismo mostra tutte le sue più violente contraddizioni, che il progresso verso un'organizzazione sociale ideale sarebbe presto avvenuto.

Simon Cook percorre una strada diversa rispetto a Parsons e fonda tutta la sua interpretazione del pensiero di Marshall sull'influenza della Filosofia della storia di Hegel294. Consapevole della dialettica tra economia e filosofia sociale, Marshall è

convinto che la prima non debba esprimersi in merito a una nuova utopia sociale: è questa convinzione a rimuovere dalla sua dialettica proprio quella parte

294 S.J. Cook, The Intellectual Foundations of Alfred Marshall's Economic Science. A Rounded Globe

110 fondamentale senza la quale la costruzione di una filosofia della società moderna è impossibile. Solo per questa ragione quella marshalliana resta, secondo Cook, una scienza della ordinaria vita economica295.

Per capire la natura dell'opera di Marshall, nella sua oscillazione tra economia e sociologia, e tra economia e filosofia sociale è necessario ricostruire alcuni concetti centrali della sua teoria della mente umana e dell'organizzazione industriale. Questa oscillazione, infatti, risulta dialettica solo a tratti, perché, come osserva Parsons, il pensiero sociale di Marshall non è mai attraversato dalla discontinuità e dal conflitto. Il concetto di continuità rappresenta, assieme a quello di unità nel molteplice e di molteplice nell'unità, la chiave di volta di tutta la sua opera. Nella Prefazione alla prima edizione dei Principles of Economics Marshall afferma:

«The notion of continuity with regard to development is common to all modern schools of economic thought, whether the chief influences acting on them are those of biology, as represented by the writings of Herbert Spencer; or of history and philosophy, as represented by Hegel's Philosophy of History, and by more recent ethico-historical studies on the Continent and elsewhere. These two kinds of influences have affected, more than any other, the substance of the views expressed in the present book»296.

295 Sia Groenewegen (1995) che Raffaelli (2007) mettono in luce la rilevanza di alcuni elementi

hegeliani nel pensiero di Marshall, riconoscendo l'influenza della dialettica nel modo di argomentare di Marshall, di interrelare i concetti e di osservare la loro dinamica interna, e tuttavia si mostrano cauti o negano del tutto il peso del concetto di autocoscienza nel modello marshalliano della mente, riducendo l'influenza hegeliana nel pensiero di Marshall a tendenza temporanea destinata ad afffievolirsi con il prevalere dell'influenza di Spencer e con l'adesione ai suoi Principles of

Psychology. Viene inoltre considerata l'importanza della teoria utilitaristica, seppur in una forma

revisionata. Al contrario, rianalizzando i primi saggi filosofici dell'economista (Ye Machine, Ferrier’s

Proposition One e The Law of Parcimony), Cook intende dimostrare il peso della filosofia idealista, e

di Hegel in particolare, su tutto il pensiero di Marshall. Il dibattito sulle origini filosofiche del pensiero marshalliano è ampio e ricco di posizioni assai diverse. Per una recensione critica del testo di Cook si veda T. Raffaelli, On Marshall's Presumed Idealism: A Note on The Intellectual

Foundations of Alfred Marshall's Economic Science. A Rounded Globe of Knowledge by Simon Cook,

«European Journal of the History of Economic Thought», 19, 1/2012, pp. 99-108. Per i papers filosofici: A. Marshall, The Early Writings Economic Writings of Alfred Marshall, ed. J. Whitaker, 2 Vols, London, Macmillan, 1975. Raffaelli in particolare critica la concezione di dualismo che Cook attribuisce alla filosofia di Hegel; il rapporto di Marshall con la filosofia sarebbe invece più eclettico, dal momento che egli resta sempre poco incline a prendere parte ai dibattiti filosofici del suo tempo. Non c'è quindi, secondo Raffaelli, nell'opera di Marshall una presa di posizione netta rispetto all'evoluzionismo, all'utilitarismo e all'idealismo, ma una combinazione imprecisata delle tre correnti. È possibile però rilevare il peso specifico che ognuna di queste correnti ha su una parte o sull'insieme della sua opera: l'adesione alla dottrina dell'evoluzione è esplicitamente dichiarata dallo stesso Marshall, mentre la sua eredità utilitaristica e l'influenza di Bentham rimane un elemento sempre presente nella sua concezione di wants e activities, che tuttavia introduce un'analisi non edonistica, ma dinamica e storica del piacere. Il peso dell'hegelismo resta invece piuttosto difficile da definire. Su questi temi anche J.D. Chasse, Marshall, the Human Agent and Economic Growth: Wants and

Activities Revisited, in Alfred Marshall Critical Assessments, ed. by J. C. Wood, Vol. VI, 1982, pp.

308-331, oltre a T. Parsons, Economics and Sociology: Marshall in Relation to the Thought of his

Time, «The Quarterly Journal of Economics», 46/1932, pp. 316-47, ora in Alfred Marshall Critical Assessments, cit., Vol. I.

296 A. Marshall, Principles of Economics, London, Macmillan, 8th ed., 1920, p. 9 (prefazione alla

111 La continuità rappresenta il canone della biologia darwiniana e della teoria dell'evoluzione spenceriana, che Marshall sintetizza nell'epigrafe dei Principles of

Economics con il motto Natura non facit saltum. Egli applica l'analogia biologica a

tutta la sua teoria economica e il principio della continuità allo sviluppo della conoscenza e del character, in una dinamica tra spinte egoistiche e spinte altruistiche. La sua visione ottimistica del futuro deriva, come vedremo, da quella che lui concepisce come l'evoluzione dell'intera società – dal punto di vista etico, economico e sociale – e non da una fede cieca nella competizione297. Questa

evoluzione è intesa, infatti, come processo storico e filosofico, sulla base dell'influenza esercitata da Hegel. Il concetto espresso nella formula The Many in

the One, the One in the Many, epigrafe di Industry and Trade, rappresenta la

conciliazione di quei due lati dell'economia fino ad allora osservati dicotomicamente: lo studio della teoria pura e la rilevanza dell'analisi empirica. L'insistenza di Marshall sulla necessità di tenere insieme questi aspetti rappresenta un elemento costante del suo ragionamento, sia per quanto riguarda la sua visione della mente umana, sia per la sua concezione di società. Anche qui è possibile osservare una compresenza dell'enfasi sulla spontaneità, nel senso spenceriano e milliano di “condizione della libertà individuale”, e della convinzione, utilitaristica e idealistica al tempo stesso, della necessità dell'organizzazione come forma morale della struttura sociale.

Mentre studia con fatica la materia, Potter nota innanzitutto che i «principles of political economy have never been fixed – they have not only grown in number as fresh matter was brought under observation, but the principles themselves have developed with the greater care in the observation of each section of the subject- matter already subjected to generalisation»298. In modo simile, Marshall rimprovera

ai classici dell'economia di aver mancato non tanto nel trascurare la statistica o nell'ignorare la storia, ma nel fatto che «they regarded man as, so to speak, a constant quantity, and gave themeselves little trouble to study his variations»299.

L'errore degli economisti classici sarebbe stato quello di pensare le istituzioni e le condizioni di vita come immodificabili.

297 Su questo tema si veda J. D. Chasse, Marshall, the Human Agent and Economic Growth: Wants

and Activities Revisited, in Alfred Marshall Critical Assessments, Vol. VI, pp. 308-331.

298 BWD, July 18, 1886.

299 A. Marshall, The Present Position of Economics (1885), in Id., Memorials, London, Macmillan,

112

«But their most vital fault was that they did not see how liable to change are the habits and institutions of industry. In particular they did not see that the poverty of the poor is the chief cause of that weakness and inefficiency which are the cause of their poverty: they had not the faith, that modern economists have, in the possibility of a vast improvement in the condition of the working classes»300.

Essi non riuscirono a chiarire che ciò che stavano costruendo non era una verità universale, ma un insieme di strumenti universali applicabili nella ricerca di una certa classe di verità301. Se le condizioni economiche mutano continuamente, e la

scienza economica è scienza di sviluppo lento e continuo, non c'è una vera e propria rottura tra l'opera compiuta dalla generazione precedente e le nuove elaborazioni, anzi le nuove dottrine completano le vecchie302 e di rado le hanno

sovvertite. Questo tentativo iniziale di conciliazione tra vecchio e nuovo contiene però da subito l'esigenza di una rottura, non tanto nel merito dei contenuti della scienza economica, quanto nel suo rapporto con la società.

I Principles of Economics di Marshall sono il primo trattato a esplicitare l'uso del termine “economia politica”, sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti a partire dal 1890303, e, contemporaneamente, a rinunciare al suo aggettivo allo scopo di fare

della scienza economica una scienza separata, non nel senso di sconnessa dalla scienza sociale, ma al contrario come scienza sociale per eccellenza, «the most general of the social sciences», «the study of mankind in the ordinary business of life»304. Con questa definizione Marshall fa un passo oltre Mill e rompe con l'idea

dell'economic man, libero da influenze etiche o altruiste e comandato solo dal guadagno personale.

Alla diffusione del termine “economia politica” non corrisponde quindi una convergenza dei significati a esso attribuiti; il significato originario di economia politica lo troviamo inizialmente nel campo ristretto dell'economia di Stato,

Staatswirtschaft, che distingue nettamente tra economia e quella che più tardi viene

chiamata business economics. La stessa definizione marshalliana mostra subito un'ambiguità: è l’«ordinary business of life» a cui Marshall fa riferimento o la «ordinary life of business»? Per rispondere è necessario chiarire, come fa David Reisman, il concetto marshalliano di business: «all provision for the wants of

300 Ivi, p. 155. 301 Ivi, p. 156.

302 A. Marshall, Principles of Economics, cit., p. 139.

303 J.A. Schumpeter, Storia dell'analisi economica, Torino, Boringhieri, 1972, p. 26. Per un

approfondimento si veda M. Blaug, Storia e critica della teoria economica, Torino, Boringhieri, 1977.

113 others which is made in the expectation of payment direct or indirect from those who are to be benefited»305. È il peso e lo spazio che il business, inteso in questa

accezione ampia, ha nella vita ordinaria a definire il campo d'azione dell'economia. Una definizione più precisa la troviamo nel secondo libro:

«economics is, on the one side, a Science of Wealth; and on the other, that part of the Social Science of man's action in society which deals with his efforts to satisfy his Wants, in so far as the efforts and wants are capable of being measured in terms of wealth, or its general representative, money»306.

Qui compaiono gli elementi essenziali per capire cosa distingue l'economico dal non economico, cosa significa economia e qual è il suo specifico campo di indagine. L'economia è oltre che scienza del benessere materiale, una parte della scienza sociale che riguarda il comportamento, l'azione umana nella società,

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